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TRUMP HA SBEFFEGGIATO L’UCRAINA INVITANDOLA A FARE UN ACCORDO RAPIDO PER LA PACE E RICORDANDO CHE LA RUSSIA “È DAVVERO UNA GRANDE POTENZA”

Agosto 16th, 2025 Riccardo Fucile

L’UE FA LA SOLITA FIGURA DA SPETTATORE SGRADITO: PUTIN E TRUMP HANNO DETTO CHIARAMENTE DI NON VOLERE ”INTERFERENZE” E DI RISPETTARE LE DECISIONI DI CHI COMANDA DAVVERO

Come spesso accade alla vigilia di grandi eventi politici, i fiumi di parole di analisti e opinionisti sono spesso facilmente smentiti o superati dalla realtà, ma questa volta era abbastanza prevedibile “un nulla di fatto” sulla questione del cessate il fuoco nella guerra contro l’Ucraina.
Politicamente, economicamente e militarmente a Putin non conviene concedere nulla all’Ucraina e ai suoi alleati europei in questa fase del conflitto, ma da politico pragmatico ed esperto il presidente russo non poteva perdere l’occasione di sfruttare la grande visibilità e legittimità internazionale che l’invito in Alaska di Donald Trump ha rappresentato.
Al di là delle posture dei due presidenti all’arrivo nella base militare e nella sede della conferenza stampa che lasciamo interpretare agli esperti di etologia, non vi è dubbio che il clima cordiale, i sorrisi e le strette di mano ci hanno offerto un’immagine potentissima che segnerà la politica di questo secolo: il leader di un regime autoritario che sfila accanto al presidente del regime democratico più ammirato e ambito nel mondo (quanto meno prima dell’arrivo di Trump in politica!)
Ciò a cui abbiamo assistito ieri è la sintonia politica dei due leader, che va oltre la dicotomia regime democratico vs autoritario, ma è, invece, basata sul realismo politico e il linguaggio del “business”.
Ma, se passiamo dalle immagini alle parole espresse durante la conferenza stampa, la percezione è diametralmente opposta: le parole di Putin hanno legittimato e rafforzato il ruolo di Trump
quale mediatore di conflitti , ribadito il refrain trumpiano che «se Trump fosse stato presidente nel 2022 al posto di Joe Biden non ci sarebbe stata la guerra in Ucraina».
Inoltre, il capo del Cremlino ha espresso soddisfazione per la ripresa delle relazioni bilaterali con gli Usa e ha invitato il presidente americano ad un prossimo incontro a Mosca.
Con queste parole e con la sua presenza nel suolo americano, Putin è riuscito ad evitare le sanzioni secondarie, ribadire ancora una volta alla propria opinione pubblica che grazie alla sua politica la Russia è tornata “alla pari degli Usa” nello scenario internazionale dopo gli anni Novanta, contraddistinti della umiliazione della “sconfitta” dell’Urss, e dopo l’isolamento occidentale con l’aggressione contro l’Ucraina.
In sostanza, il Cremlino può ritenersi molto soddisfatto perché ha mantenuto le proprie posizioni sulla necessità di risolvere le “ragioni di fondo” del conflitto, non ha ceduto su alcun punto, ma ha guadagnato altro tempo per capitalizzare il successo militare delle truppe russe che si stanno ormai avvicinando al Dnipro.
Al contrario, sul piano politico-diplomatico e considerando le dichiarazioni sul “cessate il fuoco”, antecedenti il summit, chi aveva più probabilità di uscirne sconfitto era Trump
Tuttavia, l’umorale presidente americano ha “glissato” la questione, affermando che il “meeting è andato molto bene” e rilanciando la palla nel campo del presidente ucraino.
Trump ha, infatti, ricordato a Volodymyr Zelensky che «la Russia è davvero una grande potenza», mentre Kyiv non lo è e, di conseguenza, ha sollecitato il governo ucraino a «fare un accordo» per arrivare alla tregua, svincolandosi da un coinvolgimento più diretto in un eventuale meeting a tre teste presidenziali, ma ponendosi come garante che l’incontro tra Putin e Zelensky abbia effettivamente luogo.
Anche Trump può permettersi di temporeggiare sulla mancata risoluzione del conflitto, perché le prossime elezioni di mid term del Congresso nel 2026 sono ancora relativamente lontane, proseguendo nella sua strategia di dialogo con l’avversario storico nella speranza che questa situazione possa anche avere ricadute (decisamente illusorie) sul rapporto Putin e Xi Jinping.
Il summit in Alaska è l’ulteriore conferma che chi sta effettivamente perdendo sul piano politico e militare è non solo il presidente Zelensky, ma l’Unione Europea verso la quale esplicitamente Putin e implicitamente Trump hanno fatto chiaramente capire che non vogliono “interferenze” in questo processo e devono sottostare alle decisioni delle superpotenze.
(da Editorialedomani)

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A MOSCA HANNO STAPPATO LE BOTTIGLIE DI VODKA: COMMENTI ENTUSIASTI DI GIORNALI E TROMBETTIERI DEL CREMLINO, CHE GODONO DOPO IL SUMMIT IN ALASKA: “PUTIN, COME SEMPRE, È IL MIGLIOR NEGOZIATORE AL MONDO: PACE CON L’AMERICA, E NEL DONBASS CONTINUIAMO AD AVANZARE. UN GRANDE RISULTATO”

Agosto 16th, 2025 Riccardo Fucile

PUTIN OTTIENE LA RIABILITAZIONE CHE ATTENDEVA, E GUADAGNA TEMPO: IN UCRAINA L’ARMATA RUSSA CONTINUA A MARTELLARE VIA CIELO E VIA TERRA: COSA VOLERE DI PIÙ?”

Puntare al rublo, ma ottenere un copeco. A volte gli estremi si toccano. Con questa vecchia espressione popolare, l’opposizione
russa e i loro media intendono sottolineare come a dispetto di aspettative ben alte, ad Anchorage non sia stato concordato nulla di concreto.
Facendo invece riferimento alla vecchia moneta di rame che ancora oggi sarebbe la centesima parte del rublo, la galassia ultranazionalista, il cosiddetto partito della guerra per sempre che temeva come la peste un immediato cessate il fuoco, mette in risalto lo scorno di Donald Trump, che voleva ottenere molto e si è dovuto accontentare di quasi niente.
Ma entrambi i fronti concordano su un punto. Vladimir Putin ha guadagnato altro tempo, senza concedere niente, ma ottenendo invece, e gratis, la foto del tappeto rosso steso sotto ai suoi piedi e una storica stretta di mano, che di per sé sono già il segno di una vittoria importante per la Russia.
E se per i media e per la politica ufficiale il presidente russo per definizione non sbaglia mai, figurarsi quando vince per davvero. Calmo, quasi olimpico, il commento mattutino dell’incendiario Dmitri Medvedev. Forse perché quando le cose vanno così bene, almeno secondo la sua visione aggressiva, non è necessaria l’invettiva.
«È stato ripristinato un vero e proprio meccanismo di incontri tra Russia e Stati Uniti ai massimi livelli. Calmo, senza ultimatum e minacce. Il presidente della Russia ha esplicato personalmente e dettagliatamente al presidente degli Stati Uniti le nostre condizioni per porre fine al conflitto in Ucraina.
Il capo della Casa Bianca si è rifiutato di esercitare pressioni sulla Russia. Almeno per ora. Importante: l’incontro ha dimostrato che i negoziati sono possibili senza precondizioni e contemporaneamente con la continuazione dell’Operazione militare speciale. La cosa principale: entrambe le parti hanno esplicitamente addossato la responsabilità per raggiungere la cessazione delle ostilità, sulle spalle di Kiev e dell’Europa».
La rete del sito Tsargrad, galassia mediatica punto di riferimento dei falchi, creata e sostenuta dall’oligarca mistico Kostantin Malofeev, che nel 2014 finanziò gli omini verdi che invasero il Donbass, si è dedicato a una diretta che sembrava una marcia trionfale.
Con Oleg Tsarev, ex deputato della Rada per quattro legislature per il Partito delle regioni di Yanukovich, tra i più incalliti oppositori del «regime di Kiev» che ha esibito il proprio compiacimento per aver previsto questo esito.
«La Russia non è interessata al cessate il fuoco. Lo Stato Maggiore riferisce ogni giorno al presidente che la nostra vittoria sul fronte può essere rapida. Metterci d’accordo quando continuiamo ad avanzare su un arresto delle ostilità, sarebbe stato scorretto. In questo momento contano solo i rapporti di militari al Cremlino e poi i colloqui nel silenzio di alte stanze, resi possibili non certo grazie al “pacificatore” Trump ma solo per merito al soldato russo che nonostante tutto si spinge in avanti».
In mattinata è giunto anche l’editoriale del fondatore Malofeev, che in passato non ha risparmiato critiche al Putin «temporeggiatore» ma che dopo l’Alaska è in visibilio. «Vediamo se l’amministrazione Usa saprà costringere il regime di Kiev alla pace. Intanto, noi dobbiamo constatare che Putin, come sempre, è il miglior negoziatore al mondo: pace con l’America, e nel Donbass continuiamo ad avanzare. Un grande risultato».
Se il nulla di fatto sull’Ucraina è un obiettivo raggiunto, alla politica ufficiale viene affidato il compito di porre l’accento sul carattere globale del vertice, che non si è limitato alla sola Ucraina, questa è la parola d’ordine.
Andrey Klishas, presidente della Commissione per la legislazione costituzionale del Senato, assolve al compito parlando di «visione larga» che secondo lui confermerebbe l’aspirazione della Russia alla pace duratura ed equa.
«All’ordine del giorno c’è una nuova architettura della sicurezza europea e internazionale, e tutti lo devono accettare. I compiti della Operazione militare speciale saranno assolti o per via
militare o per quella diplomatica. Non ci sarà alcun cessate il fuoco senza precondizioni, sebbene il fronte stia crollando e le truppe russe stiano liberando sempre nuovi territori».
Anche il suo collega Andrey Klimov, capo della Commissione per la difesa della sovranità statale, diplomatico con reputazione di colomba, si unisce al coro. «Vedo che gli americani nelle ultime settimane hanno vagliato molto seriamente le possibilità di conseguire un grande risultato strategico, economico e finanziario che può provenire da un eventuale ripristino di rapporti normali con la Russia.
Va riconosciuto agli Usa di aver fatto il possibile per non lasciare spazio ai loro partner minori europei, e tanto meno alla marionetta Zelensky. Li tengono a bada imponendo i propri passi e le proprie scelte, come questo vertice, per evitare un’altra spirale di tensione con la Russia». Intanto, in questi giorni il rublo ha ricominciato a volare, e non succedeva da mesi. Altro che copechi.
(da agenzie)

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PERCHE’ IL MODELLO FINLANDESE SAREBBE UNA TRAPPOLA PER L’UCRAINA

Agosto 16th, 2025 Riccardo Fucile

PARLA L’EX AMBASCIATORE DI HELSINKI A MOSCA: “SENZA VERE GARANZIE MILITARI, SIGNIFICHEREBBE RESA”… “L’UE E’ PRIVA DI CAPACITA’ DIFENSIVE CREDIBILI, NON PUO’ ASSICURARE SOVRANITA’ NE’ SICUREZZA”

“Il modello Finlandia del dopoguerra non è applicabile a Kiev”, avverte Hannu Himanen, già ambasciatore di Helsinki a Mosca. “La neutralità sarebbe solo una trappola, nella situazione attuale”. E un’eventuale entrata nell’Unione Europea “non garantirebbe sovranità e sicurezza”.
Parole che si inseriscono nel dibattito aperto nelle cancellerie e su media internazionali come il Financial Times sul “framework” delineato dal presidente finlandese Alexander Stubb: un’ipotesi di compromesso ispirata all’Armistizio di Mosca del settembre 1944, basata su tre pilastri — indipendenza,
sovranità, concessioni territoriali “de facto” — che alcuni osservatori propongono oggi come modello “realistico” per il conflitto russo-ucraino
Himanen, che conosce bene sia le dinamiche di Mosca che le vulnerabilità di Kiev, smonta punto per punto il paragone storico, spiegando perché una “finlandizzazione” senza reali garanzie militari, sarebbe per l’Ucraina una resa mascherata.
Che quella della neutralità di questi tempi sia una strada sempre meno percorribile lo dimostra l’adesione alla Nato della stessa Finlandia e della Svezia — altro Paese tradizionalmente neutrale — in seguito alle preoccupazioni sollevata dall’aggressione russa all’Ucraina. La geografia della sicurezza europea è cambiata.
Sulla possibilità che il “Ferragosto in Alaska” di Trump e Putin getti le basi di una sicurezza stabile nel Vecchio Continente, Himanen è parecchio scettico: “Trump sbarca ad Anchorage con una squadra di dilettanti, mentre Mosca schiera esperti diplomatici di lungo corso”, nota. E poi, per i due leader le priorità sembrano proprio essere altre.
Ambasciatore, il presidente Stubb propone di ispirarsi all’accordo postbellico tra Finlandia e URSS: indipendenza, sovranità e concessioni territoriali “de facto”. È un paragone valido per l’Ucraina?
La somiglianza è solo superficiale. Già all’inizio dell’invasione, nel 2022, il parallelo con la Guerra d’Inverno del 1939-40 era stato evocato, persino da Zelensky davanti al Parlamento finlandese. Ma se guardiamo alla storia, le condizioni erano radicalmente diverse. Allora lo scontro tra Helsinki e Mosca era un fronte secondario in un conflitto globale dominato dalla lotta tra Hitler e Stalin. La pace del settembre 1944 arrivò soprattutto perché Mosca aveva urgenze militari ben più pressanti contro la Germania nazista.
Oggi, per Putin, l’Ucraina non è un fronte marginale: è il campo di battaglia principale in quella che presenta come una guerra difensiva contro Stati Uniti, Nato e l’Occidente intero.
Ma la Finlandia, pur cedendo il 10-11% del territorio e della popolazione, salvò la propria indipendenza. Kiev non potrebbe fare lo stesso?
All’epoca si trattò di una scelta amara: cedere territorio in cambio della pace. I territori persi furono evacuati e integrati nel resto del Paese. Ma il contesto era diverso: l’Urss non puntava alla completa annessione e il sostegno occidentale era irrilevante.
L’Ucraina combatte oggi per la propria sopravvivenza e, di fatto, anche per gli interessi strategici dell’Occidente. Ha ricevuto enormi aiuti militari, finanziari e umanitari, ma insufficienti a invertire il corso della guerra. Le restrizioni sull’uso di
armamenti a lungo raggio e la mancanza di continuità negli aiuti hanno pesato. Politicamente, però, Kiev non ha motivo di accettare perdite territoriali: anche mantenendo l’indipendenza, significherebbe una sconfitta strategica.
Davvero ogni concessione territoriale mina la sovranità? A voi non andò così?
È il caso di ricordare che l’Ue ribadisce l’inaccettabilità di ogni guadagno territoriale ottenuto con la forza, richiamandosi alla Carta dell’Onu e all’Atto finale di Helsinki. Ma Mosca vuole demolire l’ordine di sicurezza europeo e imporre le proprie regole.
Il modello Finlandia è ingannevole: dopo il 1944 restammo formalmente indipendenti, ma con sovranità compromessa. Il Trattato di Parigi del 1947 e il Trattato di amicizia del 1948 sancirono un rapporto asimmetrico: la Commissione Alleata, in realtà sovietica, governò di fatto fino al 1947 e, anche dopo, l’ambasciata sovietica continuò a interferire molto a lungo. Avevamo una sovranità limitata. Fin verso la fine della Guerra Fredda.
Nel team di Trump in Alaska mancano specialisti della Russia. Nel suo precedente mandato, Trump, poteva contare su una delle figure migliori in questo campo: Fiona Hill. Che però fu talmente frustrata da come nel 2018 Trump gestì il summit di
Helsinki con Putin che voleva far finta di star male e andarsene — ha raccontato. Poi, si dimise. Cosa comporta l’assenza di specialisti e diplomatici di lungo corso?
È grave. Mosca ha negoziatori come Lavrov e Ushakov, professionisti esperti e spregiudicati, legati all’Fsb, Svr e Gru (i servizi segreti interno, esterno e militare di Mosca, ndr). Dall’altra parte, figure come Steve Witkoff, privo di qualsiasi esperienza diplomatica, o lo stesso Trump, sono vulnerabili a illusioni pericolose.
Il summit serve a Putin per ottenere legittimazione internazionale, si è subito detto. Ma almeno si parlerà di soluzioni per l’Ucraina. Gli scambi di territori sbandierati da Trump sono un’ipotesi realistica?
Il solo fatto che l’incontro avvenga è una vittoria, per Putin. Non ha fatto concessioni, e il “territory swap” di cui parla Trump non è uno scambio: è un diktat per ottenere tutto il Donetsk e il Luhansk, forse con parti di Kherson e Zaporizhzhia, in cambio di concessioni marginali come la centrale di Zaporizhzhia.
Cos’altro vuole assolutamente ottenere Mosca per far tacere le armi?
Demilitarizzazione dell’Ucraina, riduzione drastica delle forze armate, impegno formale alla neutralità e, probabilmente, veto sull’adesione all’UE. Anche l’articolo 42.7 del Trattato di
Lisbona (Tue)— che prevede assistenza reciproca tra i Paesi Ue in caso di aggressione, ferma restando la Nato come fondamento della difesa collettiva — è visto da Mosca come un’alleanza inaccettabile.
E allora non resta che accettare la neutralità, no?
Accettare la neutralità significherebbe permettere a Mosca di mantenere una minaccia militare permanente.
Ma l’Ue potrebbe davvero garantire la sovranità e la sicurezza dell’Ucraina, con l’articolo 42.7 Tue da lei appena citato?
No. Neppure se la Russia accettasse Kiev nell’Unione. L’Ue non è un’alternativa alla Nato. Se gli Stati Uniti si ritirassero dall’articolo 5, Bruxelles non potrebbe colmare il vuoto.
La difesa europea è indebolita da decenni di disinvestimento: produzioni insufficienti di munizioni e mezzi, lentezza nell’aumentare le capacità industriali. Germania e Francia parlano molto, ma agiscono poco. Secondo l’analisi dell’esperto delle forze armate russe Keir Giles, solo Polonia e Finlandia hanno oggi livelli di preparazione militare adeguati ad affrontare eventuali minacce di Mosca, o peggio.
Quale alternativa vede, per la sicurezza ucraina?
Solo una rete di garanzie bilaterali da parte di singoli Stati, forse anche membri NATO. Ma significherebbe impegnarsi a combattere la Russia in caso di nuova aggressione: un passo che pochi Paesi sono pronti a compiere davvero.
Insomma, che si aspetta dal summit?
Potrebbe portare a un cessate il fuoco alle condizioni russe, non a una pace giusta e durevole. Con il rischio che, in cambio di un miglioramento delle relazioni Usa-Russia, Trump conceda a Putin riconoscimento politico, vantaggi economici e parte dei suoi obiettivi strategici, lasciando l’Ucraina in una vulnerabilità permanente.
(da Fanpage)

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IL VERTICE DI ANCHORAGE, IN ALASKA, È UN FLOP COLOSSALE E DONALD TRUMP ESCE DAL RING COME UN PUGILE SUONATO

Agosto 16th, 2025 Riccardo Fucile

PUTIN VINCE SU TUTTA LA LINEA: OTTIENE LA RIABILITAZIONE DALLA SUPERPOTENZA AMERICANA, NON PROMETTE ALCUNA CONCESSIONE E CONTINUA A BOMBARDARE L’UCRAINA… IL FALLIMENTO È CERTIFICATO DALLA CANCELLAZIONE DELL’INCONTRO TRA LE DELEGAZIONI ALLARGATE, E DALLA CONFERENZA STAMPA SENZA DOMANDE

Il presidente Trump ha accolto il suo omologo russo in Alaska con la stravaganza tipica dell’ex showman: tappeto rosso, volo militare e giro sulla limousine presidenziale.
Ma Trump è tornato a Washington con ben poco da mostrare dopo tutta quella pompa magna.
Il presidente degli Stati Uniti e il leader russo Vladimir Putin hanno concluso il loro attesissimo incontro senza annunciare alcuna svolta, lasciando incerto il percorso verso la fine della guerra in Ucraina.
Venerdì sera, Trump, che aveva corso un rischio invitando negli Stati Uniti il leader del Cremlino soggetto a sanzioni, si è ritrovato nella stessa situazione in cui si trovava giorni prima: Putin rimane riluttante a porre fine alla guerra durata tre anni e mezzo senza concessioni sul futuro dell’Ucraina
Entrambi hanno messo in gioco la loro reputazione politica per il successo del vertice, e Putin sembra aver avuto la meglio. Il presidente russo è stato trattato da pari sul suolo americano, è riuscito a evitare per ora qualsiasi potenziale sanzione americana e non ha annunciato alcuna concessione sul campo di battaglia.
Trump, che durante la campagna elettorale aveva promesso di porre fine alla guerra il primo giorno del suo mandato, non è riuscito a ottenere nemmeno un cessate il fuoco temporaneo.
Resta da vedere se le discussioni potranno gettare le basi per futuri progressi verso la fine della guerra. Trump, davanti a uno sfondo con la scritta “PURSUING PEACE” (Alla ricerca della pace), ha affermato che i due hanno compiuto “alcuni progressi
e si è detto ottimista sul proseguimento delle discussioni.
“Ora spetta al presidente Zelensky portare a termine l’accordo”, ha detto Trump a Hannity, aggiungendo che gli Stati Uniti e la Russia hanno trovato un accordo su diversi punti, ma devono ancora trovare un consenso su “uno o due aspetti piuttosto significativi”.
Trump ha chiarito che la strada da percorrere è ancora lunga. “Non c’è accordo finché non c’è accordo”, ha detto Trump ai giornalisti durante una conferenza stampa dopo il vertice.
Il presidente degli Stati Uniti, solitamente loquace, non ha risposto alle domande delle decine di giornalisti riuniti davanti a lui. Ha affermato che le delegazioni hanno compiuto progressi su questioni chiave, ma ha aggiunto: “Non siamo ancora arrivati al traguardo”.
Putin, nelle dichiarazioni rilasciate dopo l’incontro, non ha dato alcuna indicazione di essere disposto ad accettare un cessate il fuoco, ribadendo che Mosca voleva che fossero affrontate le cause profonde del conflitto, una frase che si riferisce alle richieste di Mosca di smilitarizzare Kiev e bloccare le sue speranze di adesione alla NATO.
Il leader russo, tuttavia, ha offerto a Trump una foglia di fico politica, facendo eco all’affermazione del presidente degli Stati Uniti secondo cui la Russia non avrebbe invaso l’Ucraina nel
2022 se al posto dell’ex presidente Joe Biden fosse stato in carica un repubblicano. “Posso confermarlo”, ha detto Putin.
In contrasto con le strette di mano e i sorrisi che hanno caratterizzato l’inizio del loro incontro sulla pista di rullaggio della Joint Base Elmendorf-Richardson, Putin e Trump sono rimasti impassibili per gran parte della conferenza stampa. Putin ha parlato per circa otto minuti. Trump ha poi parlato per tre minuti, prima che entrambi se ne andassero.
L’incontro ha sottolineato la difficoltà di porre fine al conflitto. Secondo l’aviazione ucraina, mentre le delegazioni erano riunite, le forze militari russe hanno lanciato nuovi attacchi contro le regioni orientali dell’Ucraina.
Ancor prima dell’inizio ufficiale dell’incontro, Putin, che è stato sanzionato dagli Stati Uniti e largamente snobbato sulla scena mondiale, ha collezionato una serie di vittorie simboliche.
Trump ha atteso a bordo dell’Air Force One per 30 minuti prima che l’aereo del presidente russo atterrasse. Il presidente degli Stati Uniti ha accolto calorosamente il suo omologo russo, applaudendolo mentre camminava sul tappeto rosso e stringendogli la mano. Dopo aver posato per le foto, entrambi sono saliti sulla limousine blindata del presidente degli Stati Uniti, nota come “The Beast”, concedendo a Putin il tempo di stare a tu per tu con Trump che alcuni consiglieri del presidente
americano avrebbero voluto evitare.
I fotografi hanno immortalato il leader russo sorridente mentre era seduto accanto a Trump nella limousine. Non è insolito che un presidente americano inviti un leader straniero a un giro intimo nel corteo presidenziale. Ma Putin ha ripetutamente ignorato le richieste di Trump di fermare la guerra in Ucraina, che ha causato più di un milione di morti e feriti da entrambe le parti.
“L’adulazione non funziona per far cambiare idea a Putin. Lui la vede come una debolezza”, ha detto Mick Mulroy, ex funzionario del Pentagono durante il primo mandato di Trump. “E quindi qualcosa da sfruttare”.
L’accoglienza riservata da Trump a Putin è stata nettamente diversa dal trattamento riservato dal presidente degli Stati Uniti a Zelensky durante una visita allo Studio Ovale nel mese di febbraio. Trump e il vicepresidente JD Vance hanno rimproverato il presidente ucraino per non aver mostrato, a loro avviso, sufficiente gratitudine per il sostegno degli Stati Uniti nella guerra. Successivamente, i rapporti tra Trump e Zelensky sono migliorati.
L’apparente assenza di misure vincolanti che la parte russa debba adottare a seguito dell’incontro offre a Putin l’opportunità di continuare la sua guerra in Ucraina, dove le truppe russe stanno
§conquistando posizioni strategiche nella parte orientale del Paese.
L’obiettivo più ampio di Putin di cercare di mettere la Russia su un piano di parità con gli Stati Uniti, tuttavia, è già stato raggiunto semplicemente con la conclusione dell’incontro, in particolare in Alaska, che la Russia ha venduto agli Stati Uniti nel 1867.
(da agenzie)

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L’EDITORIALE DI FUOCO DEL “KYIV INDEPENDENT”: “IL SUMMIT È STATO DISGUSTOSO, VERGOGNOSO E INUTILE. TRUMP NON HA OTTENUTO CIÒ CHE VOLEVA. MA PUTIN SÌ. NON PIÙ UN PARIA INTERNAZIONALE, MA RISPETTATO, DAL LEADER DEL MONDO LIBERO”

Agosto 16th, 2025 Riccardo Fucile

“ZELENSKY ALLA CASA BIANCA SUBÌ UN’UMILIAZIONE PUBBLICA, MENTRE IL PRESIDENTE RUSSO È STATO COCCOLATO” – MOSCA “FESTEGGIA” CON 85 ATTACCHI CON DRONI E MISSILI SU KIEV, NELLA NOTTE

In attesa di un commento ufficiale del presidente ucraino Voloydmyr Zelensky, il ‘Kyiv Independent’ ha pubblicato un editoriale di fuoco sul vertice Trump-Putin che non lascia spazio a dubbi sul suo giudizio, bollando il summit come “disgustoso, vergognoso, alla fine inutile”.
Trump non ha ottenuto ciò che voleva. Ma Putin? Lui sì – sottolinea il quotidiano americano – Nel momento in cui è sceso dall’aereo sul suolo americano, il dittatore russo era raggiante”. “Non più un paria internazionale – scrive il Kyiv Independent del presidente russo – finalmente Putin, e rispettato, dal leader del mondo libero. Il predecessore di Trump una volta definì Putin un assassino, Trump gli ha riservato un’accoglienza da re”.
E il giornale sottolinea la disparità di trattamento con Volodymyr Zelensky, che nell’incontro del febbraio scorso nello Studio Ovale della Casa Bianca “subì un’umiliazione pubblica”, mentre quello russo ieri “è stato coccolato: entrambi gli episodi sono stati vergognosi”.
Trump – è la conclusione dell’editoriale – non riesce a capire che Putin non ha un approccio transazionale nei confronti dell’Ucraina, ma messianico. Vuole l’Ucraina per la Russia, punto. Per Putin e la sua cerchia ristretta, l’indipendenza dell’Ucraina è un incidente di percorso, e stanno provvedendo a correggerlo”.
(da agenzie)

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AL VERTICE IN ALASKA, PUTIN HA VOLUTO ESCLUDERE LA POSSIBILITÀ DI UN TRILATERALE: AL PRESIDENTE RUSSO INTERESSAVA SOLO OTTENERE UNA LEGITTIMAZIONE POLITICA DA PARTE DI TRUMP. AVUTA QUELLA, NON HA MOSTRATO ALCUNA VOLONTÀ DI APRIRE UN NEGOZIATO: LA GUERRA, PER LUI, PUÒ CONTINUARE, FINO ALLA RESA DI KIEV

Agosto 16th, 2025 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE UCRAINO VOLERÀ A WASHINGTON LUNEDÌ, PER INCONTRARE DONALD TRUMP. E CHIEDE DI COINVOLGERE GLI STATI UE “PER GARANTIRE GARANZIE DI SICUREZZA AFFIDABILI”

«There’s no deal until deal». Non c’è accordo sino a quando non lo si fa: la categoria lessicale non lascia spazio a dubbi, almeno per quanto riguarda il cessate il fuoco (totale o aereo che dir si voglia), l’obiettivo che Donald Trump si era preposto alla vigilia del vertice di Anchorage con Vladimir Putin.
A dispetto del cerimoniale di benvenuto, che sembrava incanalare il summit su un binario costruttivo – tappeto rosso, mini applauso di circostanza del presidente degli Stati Uniti al collega russo che si avvicinava (frammento successivamente cancellato dai video ufficiali), strette di mano e sorrisi all’interno dell’auto – l’epilogo è stato quanto meno sibillino. Se non deludente.
Non solo perché non è arrivato l’annuncio di un cessate il fuoco (in realtà era presuntuoso aspettarselo) non sono giunte neppure indicazioni sull’avvio di un percorso di convergenze verso una tregua.
Altri due elementi da evidenziare sono il fatto che al bilaterale a tre (Trump + 2 vs Putin + 2), non ha fatto seguito la colazione ufficiale, ovvero il momento in cui il confronto si sarebbe allargato anche agli altri membri delle rispettive delegazioni.
«Non per mancanza di appetito», commentano sarcastici alcuni osservatori al «Dena’ina Civic and Convention Center», i
quartier generale dove sono assiepati i giornalisti qui ad Anchorage.
«La mancanza – proseguono – potrebbe essere stata di argomenti validi». Il fatto poi che il confronto fiume di quasi tre ore sia stato consegnato ai media con una conferenza di 12 minuti fa sorgere qualche dubbio, aggravato dal fatto che a parte le rispettive dichiarazioni, l’inquilino della Casa Bianca e il leader del Cremlino non hanno dato spazio alle domande dei giornalisti.
«È stato un incontro molto produttivo. Abbiamo discusso diversi punti, alcuni molto importanti. Ci sono stati grandi progressi», dice Trump mentre Putin parla di faccia a faccia «costruttivo». Quali siano i passi in avanti e i progressi non è chiaro, forse la fragilità della trattativa impone un momentaneo riserbo.
«Abbiamo avuto un incontro estremamente produttivo e molti punti sono stati concordati. Ne mancano solo pochi. Alcuni non sono così significativi, uno è probabilmente il più significativo, non ci siamo arrivati, ma abbiamo ottime possibilità di arrivarci», si limita a dire il presidente Usa. Nello scambio diretto sugli scranni della base militare di Elmendorf-Richardson, ci sono anche attestati di stima reciproca tra i due leader. «Ho sempre avuto un fantastico rapporto con Putin», chiosa Trump. A cui il presidente russo dà ragione quando dice che se fosse stato presidente degli Stati Uniti lui al posto di Joe
Biden la guerra in Ucraina non sarebbe mai iniziata.
Poi però la doccia fredda quando l’inquilino della Casa Bianca afferma che incontrerà di nuovo «Vladimir». «Next time in Moscow»: la prossima volta a Mosca, replica in inglese Putin, bruciandolo sul tempo. Quasi a escludere al momento formati più ampi di trattative, come quello trilaterale su cui puntava Trump includendo anche il presidente ucraino Volodimyr Zelensky.
Sul fatto che vi siano stati dei progressi, tuttavia, le parti sono d’accordo. «Ci sono ottime chance per un accordo» in Ucraina, afferma l’inquilino della Casa Bianca, mentre lo «zar» auspica che «gli accordi raggiunti oggi aprano la strada alla pace in Ucraina».
Per il tycoon ci sono «pochissimi» problemi irrisolti con la Russia, che saranno discussi nel prossimo incontro tra i due. Il Ferragosto più caldo della storia dell’Alaska finisce così, senza appendici da parte delle delegazioni – spiegano a La Stampa fonti informate –, al contrario di quanto si credesse.
Solitamente quando i vertici individuano le intese quadro i delegati lavorano al loro interno per perfezionarne gli aspetti più tecnici. Un passaggio che per ora è rinviato, come rimane in sospeso la data della presunta missione moscovita di Trump. Lui vorrebbe avvenisse il prima possibile per inviare un segnale di
continuità all’indomani di un summit in chiaroscuro. Per Putin fretta non c’è, la Russia è tornata al centro delle relazioni internazionali, lui è stato accolto col tappeto rosso negli Usa dopo lustri di assenza e di fatto riabilitato dopo la discesa agli inferi post invasione, e sul terreno l’Armata di Mosca avanza inesorabile. Al momento allo «zar» va bene così.
(da La Stampa)

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UN ALTRO SOVRANISTA PATACCARO: DOPO LA FIGURACCIA CON PUTIN TRUMP TORNA A WASHINGTON E AD ASPETTARLO TROVA I REPUBBLICANI CON IL FUCILE PUNTATO, A CHIEDERGLI CONTO DELL’IMBARAZZANTE ESITO DELL’INCONTRO TRA DUE CRIMINALI

Agosto 16th, 2025 Riccardo Fucile

IL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO, FORTE CON I DEBOLI E DEBOLE CON I FORTI, AVEVA PROMESSO “CONSEGUENZE GRAVI” IN CASO DI MANCATO ACCORDO. E INVECE NICCHIA, E FA SUA LA POSIZIONE DI MOSCA SUL CESSATE IL FUOCO… I COMMENTATORI CONSERVATORI CHIEDONO DI SOSTENERE L’UCRAINA: “IL PRESIDENTE DEVE AUMENTARE LA PRESSIONE ECONOMICA. IL TEMPO NON GIOCA A FAVORE DI TRUMP”

Donald Trump è tornato a Washington tra le polemiche politiche per la sua gestione dell’incontro con Vladimir Putin, dopo non aver dato seguito alla minaccia di “conseguenze gravi” se il presidente russo si fosse rifiutato di accettare un cessate il fuoco in Ucraina.
Trump è rientrato nella capitale dopo un incontro di tre ore in Alaska, venerdì, il primo di Putin con un presidente americano dall’invasione su vasta scala dell’Ucraina nel 2022, sostenendo che qualche progresso era stato fatto verso un accordo.
Ma i combattimenti sono proseguiti sulla linea del fronte ucraina e, anche in ambienti a lui non ostili, il presidente americano è
stato criticato per aver riservato a Putin un trattamento da tappeto rosso senza risultati evidenti.
Bill O’Reilly, commentatore conservatore, ha deplorato la mancanza di “progressi concreti” dal vertice. «A questo punto, il presidente deve aumentare la pressione economica. Il tempo non gioca a favore di Trump», ha detto.
Lindsey Graham, senatore repubblicano della Carolina del Sud, ha elogiato Trump per l’incontro con il leader russo ma ha dichiarato che il suo scenario migliore ora è un cessate il fuoco “ben prima” di Natale.
Trump, contrariamente ai timori dei critici, non sembra aver confezionato un accordo di pace con Putin da imporre al presidente ucraino Volodymyr Zelensky e agli alleati europei.
Ma ha accolto Putin, ricercato dalla Corte Penale Internazionale come criminale di guerra, con un saluto entusiastico, un passaggio in auto a tu per tu e una descrizione ossequiosa della loro “relazione fantastica”.
In brevi dichiarazioni alla stampa dopo l’incontro, Putin ha suggerito che i due presidenti avessero raggiunto un’intesa, parlando di “accordi” che costituirebbero un punto di partenza per risolvere la “questione ucraina” e migliorare i rapporti USA-Russia.
Trump, di solito prolisso, non si è spinto tanto oltre. Ha detto che avevano concordato “molti, molti punti”. Ma la dura realtà per il presidente USA è stata: «Non c’è accordo finché non c’è un accordo».
La Casa Bianca non ha risposto alle richieste di commento sulla sostanza dei colloqui, ma i critici democratici hanno già
stroncato il presidente.
«Sostengo l’impegno attivo e la diplomazia. Tutti vogliono la pace, ma il processo di pace deve essere condotto in modo responsabile», ha dichiarato Jack Reed, il principale democratico nella Commissione Forze Armate.
«Non ho gradito il trattamento da tappeto rosso riservato a Putin o il segnale che Trump ha mandato accogliendolo con applausi. E credo che tutti siano rimasti un po’ sorpresi dalla mancanza di dettagli e dalla conferenza stampa atipica dopo l’incontro», ha aggiunto.
Mike Quigley, democratico dell’Illinois, ha detto: «Trump ha steso il tappeto rosso per Putin – letteralmente – e lui se n’è andato con il via libera a continuare la sua conquista».
Ma, fatto più importante per Trump, si sono levati mugugni e cautela anche a destra.
Brian Fitzpatrick, repubblicano della Pennsylvania, ha detto che era giunto il momento di fare i conti con una conclusione: «Resta questo semplice fatto: una sicurezza vera e duratura può essere raggiunta solo con i nostri alleati – soprattutto con l’Ucraina – al tavolo».
Defense Priorities, think tank di politica estera non interventista, ha affermato che nell’incontro qualche progresso c’è stato, ma che la realtà rema contro gli sforzi di Trump.
«I combattimenti probabilmente continueranno ancora per un po’, perché Putin non ha alcun incentivo a porre fine alla guerra finché ha un vantaggio militare, soprattutto ora che le linee del fronte ucraine sembrano sul punto di crollare in alcuni punti», ha detto Jennifer Kavanagh, direttrice dell’analisi militare.

–

James Politi e Amy Mackinnon
per www.ft.com

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“SALVINI HA PAURA DEL DISSENSO. MI HANNO AUGURATO LA MORTE”

Agosto 16th, 2025 Riccardo Fucile

LO STUDENTE SBEFFEGGIATO DAL MINISTRO RISPONDE CON UN VIDEO… IL GIOVANE AVEVA CONTESTATO IL LEGHISTA IN VISITA A MESSINA PER IL PONTE SULLO STRETTO… LA SOLITA FECCIA SOVRANISTA CHE MINACCIA E INSULTA E CHE POI PIAGNUCOLA IN TRIBUNALE

Mi hanno augurato la morte, l’infarto, la castrazione chimica, tumori e mi hanno minacciato di pestaggio”. Così Dario Costa lo studente di Messina di 21 anni messo alla gogna sui social dal vice premier, Matteo Salvini. “Condivido con voi le argomentazioni pacate e approfondite di questo esperto in opere pubbliche. Sarà forse il caldo…?”, aveva ironizzato Salvini nel post in cui mostrava Costa in protesta di fronte al Grecale, il locale in cui il leader della Lega è arrivato mercoledì 6 agosto per festeggiare l’ok del Cipess al ponte sullo Stretto.
Il ragazzo era stato ripreso mentre di fronte all’entrata del locale messinese contestava il ministro con toni molto accesi, le immagini erano poi state montate ad hoc per il post.
Dopo la pubblicazione del post da parte del vice premier sono fioccati gli insulti e le minacce nei confronti del ragazzo: “Presenterò senza dubbio una formale denuncia alla polizia postale”, ha spiegato Costa. Ex rappresentante di Istituto del Liceo Classico Giuseppe La Farina di Messina, adesso studente di psicologia a Firenze, Costa ha pubblicato un video in risposta al ministro: “Caro Matteo, lei non è un ministro bensì un uomo a cui è stato dato troppo potere in mano e quello che ha fatto nei miei confronti ne è la dimostrazione”, ha esordito. Un video di quasi 5 minuti in cui Costa incalza il leader della Lega: “La verità è che Salvini ha fatto tutto questo perché ha paura del dissenso”, ha sottolineato il ragazzo
(da agenzie)

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IL MINISTRO DELLA SALUTE ORAZIO SCHILLACI FIRMERÀ IL DECRETO DI REVOCA DEL COMITATO SULLE VACCINAZIONI, DOPO LE POLEMICHE PER LA NOMINA DI DUE NO-VAX, EUGENIO SERRAVALLE E PAOLO BELLAVITE

Agosto 16th, 2025 Riccardo Fucile

IL MINISTRO È FRUSTRATO DAI CONTINUI BLITZ POLITICI: A INSERIRE QUEI DUE NOMI SONO STATI ESPONENTI DI FRATELLI D’ITALIA – SULLA VICENDA SI È MOSSO ANCHE FAZZOLARI, CHE HA PROVATO A FAR CAMBIARE IDEA A SCHILLACI, CHE, IN RISPOSTA, HA PAVENTATO LE SUE DIMISSIONI

La decisione è presa. Orazio Schillaci firmerà il decreto di revoca del Nitag, il gruppo tecnico consultivo sulle vaccinazioni del ministero alla Salute, che è pronto da mercoledì. Le polemiche da parte del mondo medico e scientifico per la scelta di inserire due membri, su 22, ritenuti contrari ai vaccini,
addirittura definiti dai critici “ultrà No-Vax”, cioè Eugenio Serravalle e Paolo Bellavite, sono andate avanti per giorni.
C’è stato un tentativo di far dimettere i due “esperti”, che non ha dato risultati, e così Schillaci ha scritto un decreto per annullare quello di nomina, che risale al 6 agosto e che lui ha probabilmente firmato con troppa leggerezza, fidandosi dei suoi uffici e senza studiare i profili dei componenti. Erano stati esponenti di Fratelli d’Italia a far inserire, attraverso la capa della segreteria politica del ministero Rita Di Quinzio, quei due nomi.
Mercoledì il sottosegretario alla presidenza del consiglio Giovanbattista Fazzolari aveva espresso dubbi riguardo alla sua presa di posizione, chiedendo di rimandare ogni decisione a dopo l’estate. Altri esponenti di FdI erano addirittura dell’idea di non toccare niente, lasciare il Nitag così com’è. Schillaci aveva fatto capire di essere disposto a lasciare l’incarico se non avesse potuto fare subito il nuovo decreto.
La firma sull’atto potrebbe essere messa oggi stesso, ma visto che è Ferragosto non si esclude uno slittamento, a questo punto a lunedì 18. Poi, dopo l’estate, verranno rifatte tutte le nomine. Le parole di Schillaci sul «rigore scientifico» che deve guidare le scelte sulla salute dei cittadini non lasciano comunque dubbi sulle sue intenzioni. A questo punto, se qualcuno dentro Fdi o al governo volesse fermare il decreto costringerebbe il ministro tecnico, da sempre apprezzato dal Quirinale, a dimettersi e farebbe partire la complessa ricerca del sostituto.
C’è anche da valutare la questione di Forza Italia. Oltre alle voci fortemente critiche delle opposizioni, che si sono mosse appena reso noto il primo decreto, ci sono state le rimostranze per la
presenza di Serravalle e Bellavite di società scientifiche e della Federazione che raccoglie gli Ordini dei medici.

(da La Repubblica)

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