Settembre 29th, 2025 Riccardo Fucile
IL VOTO AI PARTITI DIMOSTRA CHE FDI E LEGA HANNO PERSO CONSENSI, IL PD NO… CALA AVS E SOLITO DISASTRO M5S … RICCI HA PERSO A PESARO E VINTO AD ANCONA: E RITORNIAMO ALLA NOSTRA TESI…
Qualche breve considerazione sulla vittoria del centrodestra nelle Marche e sulla sconfitta annunciata di Ricci. Partendo da un dato di fatto: prima della operazione giudiziaria montata contro di lui, Ricci era poco avanti o poco indietro nei sondaggi rispetto ad Acquaroli. Il governo non poteva permettersi di perdere le Marche (primo step di altre Regioni al voto) ed è scattato il soccorso grigio (chiamarlo nero sarebbe già un complimento).
Ed ecco che Ricci viene indagato sul nulla (infatti ora che lo scopo è stato raggiunto la sua posizione sarà archiviata) e contestualmente il governo promette 70 milioni per le Marche annunciando opere mirabolanti o inevase da anni.
Piovono soldi accompagnati dalla grancassa, vengono spesi vagonate di quattrini per pubblicizzare il tutto, poco di mancava che Meloni gettasse banconote dal palco dei comizi tenuti in Regione.
Operazione a tenaglia; sputtanare Ricci e circuire i pirla, macchina del fango e promettere la Luna, strategia in cui i sovranisti sono maestri, magari anche con le lacrime versate per la perdita di un razzista diventato milionario facendo il razzista (rende, rende…).
E’ finita come sapevamo da diverse settimane, ma andiamo avanti, diamo un’occhiata ai voti ai partiti.
Lasciate perdere il raffronto con le Regionali di 5 anni, ormai in politica 5 anni sono 20 anni luce. Guardiamo al voto europeo nelle Marche un anno fa.
Fdi passa dal 32,9% al 28,1% (non esiste una lista civica sovranista di appoggio ad Acquaroli per giustificare il calo)
La Lega cala ancora dall’ 8,2% al 7,1%.
Fora Italia sale dal 7% all’8,2%
Si aggiungono briciole percentuali da 4 liste civiche di centro moderato.
Il Pd aveva un anno fa il 25,5% ora ha raccolto il 22,8% a cui va aggiunto la lista di sinistra per Ricci presidente con il 7,1%, totale 29,9%.
Avs scende dal 5,7% al 4,2%. Il M5S dal 9,7% al 5,2%.
Anche qui percentuali ridotte per varie liste civiche di centrosinistra.
Piccola nota: Ricci, che persino gli avversari ammettono che ha governato bene Pesaro, indovinate dove ha perso di 6 punti? Nella provincia di Pesaro a causa delle astensioni (effetto della inchiesta giudiziaria, è evidente).
Mentre ha vinto di tre punti in provincia di Ancona, tanto per rendere l’idea (scontate le vittoria di Acquaroli ad Ascoli e Macerata).
Poi ognuno faccia le proprie riflessioni, ma abituati ad analizzare i dati come siamo, pensiamo di aver fornito elementi utili.
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Settembre 29th, 2025 Riccardo Fucile
L’UNICO A NON RIDERE NEL CENTRODESTRA È MATTEO SALVINI
Una sconfitta netta nel Pd e nel team di Matteo Ricci nessuno se l’aspettava. Con le
proiezioni che lo danno dai sette agli otto punti sotto il presidente uscente Francesco Acquaroli, il dato è senza appello. Il calo dell’affluenza di quasi dieci punti, rispetto a cinque anni fa, ha colpito in maniera orizzontale, senza avvantaggiare quello che si riteneva il candidato con l’elettorato più fidelizzato e politicizzato.
Niente da fare, nemmeno il finale di campagna elettorale tutto virato sul sostegno a Gaza è servito a Ricci a risalire la china e anche il deludente dato di Alleanza Verdi e Sinistra, sotto il 5%, dimostra che la Palestina per i marchigiani resta lontana.
Ha funzionato il presentarsi di Acquaroli come l’uomo tranquillo, quello della aurea mediocrità, L’amico di gioventù di Giorgia Meloni ma anche l’uomo “dei fatti e dell’umiltà”, come lo descrive una raggiante Lucia Albano, la prima a presentarsi al comitato elettorale ad Ancona, contro un campione nazionale come Ricci.
Non è servito l’impegno molto forte di Elly Schlein, che nelle Marche è venuta sette volte a sostegno del suo candidato. E non c’è dubbio che la sconfitta sia anche sua oltre che del Pd locale, che anzi tiene con un dignitoso 22,8% a cui va sommato un lusinghiero 7,1% della lista civica di Ricci. E non ha funzionato la presenza di Giuseppe Conte, con il misero 5,2% del Movimento Cinque Stelle.
Ha funzionato soprattutto la martellante campagna governativa di promesse a favore delle Marche, dall’inserimento della regione nella Zona Economica Speciale (per ora solo un disegno di legge, ma almeno è qualcosa), ai 60 milioni last minute decisi da palazzo Chigi dieci giorni prima del voto.
L’unico a non ridere in questa serata anconetana è forse Matteo Salvini. Il crollo rispetto a cinque anni fa è verticale, dal 22 al 7,1 per cento, Forza Italia sorpassa il Carroccio 8,2% a 7,1% evidentemente la presenza fissa di Salvini nell’ultima settimana non ha portato il boost sperato al risultato della lista leghista.
(da Repubblica)
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Settembre 29th, 2025 Riccardo Fucile
PUTIN SI PREPARA ALLA PROSSIMA GUERRA: DA GENNAIO HA RECLUTATO TRECENTOMILA SOLDATI, CHE NON SONO STATI DISPIEGATI AL FRONTE NEL DONBASS, MA VENGONO ADDESTRATI NELLE ZONE DI CONFINE CON FINLANDIA E POLONIA
Chi dice che il Regno Unito e l’occidente siano già in guerra con la Russia “potrebbe avere ragione”. Parola della 77enne baronessa Eliza Manningham-Buller, spia britannica di carriera e capo dei servizi segreti interni di Sua Maestà dell’MI5 fra il 2002 e il 2007.
In un intervento scritto per una pubblicazione della Camera dei Lord, di cui fa parte con diritto al titolo di baronessa, Eliza Manningham-Buller riprende sull’argomento le posizioni di Fiona Hill, cremlinologa britannica naturalizzata americana in fama di falco ed ex membro del Consiglio di sicurezza nazionale Usa per due anni ai tempi della prima presidenza di Donald Trump (del quale oggi è una durissima critica): “Fin dall’invasione dell’Ucraina, e basandomi su varie cose che ho letto riguardo al sabotaggio russo qui da noi, Fiona Hill –
conclude – potrebbe avere ragione nel dire che siamo già in guerra con la Russia”.
Nello stesso scritto, Manningham-Buller ricorda poi di avere incontrato Vladimir Putin a margine del G8 del 2005. Allora, sotto la premiership di Tony Blair, “speravano che la storia passata della Russia non avrebbe prevalso e che, finita l’Urss, saremmo potuti diventare partner”, afferma.
“Ma ci siamo sbagliati perché Mosca è estremamente ostile all’Occidente, lo possiamo vedere in tutta una serie di forme” prosegue, ammettendo in prima persona di non aver “previsto” che solo un anno dopo, nel 2006, Putin “avrebbe dato l’ordine di far uccidere nelle strade di Londra” l’ex spia russa dissidente Aleksandr Litvinenko.
Quasi trecentomila nuovi soldati in meno di nove mesi. C’è uno studio che negli ultimi giorni circola insistentemente tra le scrivanie della Nato a Bruxelles e nelle Istituzioni dell’Unione europea.
Si tratta di un rapporto elaborato dall’Institute for the Study of War che ha sede a Washington. Presenta una serie di dati numerici sull’impegno militare della Russia. E l’elemento che ha colpito diversi esponenti dell’Alleanza Atlantica e dell’Ue consiste nell’azione di reclutamento messa in opera da Mosca.
Dal primo gennaio al 15 settembre 2025, ossia fino a due settimane fa, il ministero della Difesa russo ha firmato contratti di “assunzione” di nuove reclute per circa 292 mila unità. Con un ritmo di 7900 a settimana. Il che vuol dire che ad oggi potrebbero aver superato i trecento mila reclutamenti. Dati che non hanno precedenti nel recente passato.
L’aspetto più inquietante è che questa immensa quantità di nuovi soldati (tanto per usare un termine di paragone, tutti i militari italiani sono poco più di 160 mila) non è stata dispiegata in Ucraina. Ma va a ingrossare le file complessive dell’esercito
Sostanzialmente si tratta una gigantesca costruzione di «riserva strategica». E dietro la definizione «riserva strategica» si può stagliare qualsiasi tipo di futuro.
Nessuno si azzarda a interpretare apertamente le scelte del Cremlino come l’avvio di un conflitto ad ampio raggio. Ma di certo come una garanzia da utilizzare in qualsiasi momento e per qualsiasi occasione.
Dalla scorsa primavera i russi hanno ridotto al minimo l’impiego in battaglia dei mezzi corazzati e usano quasi esclusivamente i modelli più vecchi. Dove sono finiti i T90M, i tank migliori che vengono prodotti in oltre venti esemplari al mese?
Si calcola che il Cremlino ne abbia accumulati almeno cinquecento e non compaiono quasi mai nei combattimenti. Lo stesso sembra accadere con i cingolati che danno il supporto di fuoco alla fanteria, come i BMPT o gli ultimi BMP-3 sfornati dalle fabbriche: non si vedono né nel Donbass né a Zaporizhzhia.
Ci sono indiscrezioni di intelligence che li vogliono schierati nelle nuove basi sulla frontiera finlandese e in quelle siberiane, dove i reparti ricevono un addestramento molto accurato: quattro-sei mesi di formazione, contro i 30 giorni dei fanti anzianotti mandati nel tritacarne del Donetsk.
L’ipotesi prevalente è che Mosca stia costituendo nuove unità, con uomini ed equipaggiamenti che fanno tesoro dell’esperienza del conflitto ucraino – ad esempio nella guerra di droni – ma
restano in riserva per scenari ancora non definiti.
«L’Ucraina di oggi non è il terreno ideale per mettere in campo grandi forze corazzate – commenta un ufficiale dell’Alleanza che chiede l’anonimato – ma sono le uniche con cui si possono tentare operazioni come un attacco al corridoio di Suwalki».
E’ l’incubo della Nato: la striscia di boschi tra la Polonia dai Paesi Baltici, un tragitto compreso tra 65 e 100 chilometri che può riportare Mosca alla vecchia frontiera sovietica
L’interrogativo è stato sollevato anche nel dossier presentato a luglio dall’Us Army Europe sull’aggiornamento delle tattiche russe: il comando del generale Gerasimov dall’inizio dell’anno non fa più intervenire al fronte i “complessi militari maggiori” – corpi d’armata o divisioni, ma neppure brigate – e usa invece gruppi composti di battaglioni eterogenei.
Domande sono state poste pure sul numero crescente di soldati di leva [che firmano per il passaggio nelle forze professionali. C’è chi ipotizza che vengano obbligati a farlo, in modo da sopperire al calo dei volontari spinti ad arruolarsi dalle ricche paghe. Ma c’è anche chi ritiene che siano scelte spontanee di giovani convinti ad entrare nei corpi scelti, come i dronisti delle squadre Rubikon, i parà o i marines. Diciottenni a cui è stato promesso di non finire nel tritacarne ucraino, ma di prepararsi a contribuire al futuro della patria russa.
Anche la Commissione Ue ha predisposto un documento in cui elenca tutte le nuove intrusioni russe, sia dal punto di vista tradizionale (i Mig che sorvolano l’Estonia) sia da quello nuovo senza il coinvolgimento di soldati: i droni, la guerra ibrida, l’interferenza nelle comunicazioni, i possibili attentati alle
infrastrutture. E nel quale si evidenzia che è in corso un incremento consistente di queste operazioni.
(da agenzie)
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Settembre 29th, 2025 Riccardo Fucile
VA PEGGIO SE SI SOMMANO LE RETI: IN PRIMA SERATA LE TRE GENERALISTE MEDIASET SUPERANO DI OLTRE 250MILA SPETTATORI LE TRE RAI – AL SERVIZIO PUBBLICO È ALLARME ROSSO
Inizio stagione da dimenticare per la Rai. Trainato da un’estate non esattamente brillante
— inzeppata di repliche e vecchi format come Techetecheté che ha affossato l’access prime time, la fascia d’ascolto più pregiata ai fini pubblicitari — l’avvio dei palinsesti autunnali ha trasformato in un settembre nero il mese destinato a dare slancio all’intero anno televisivo.
La fotografia scattata dallo Studio Frasi su dati Auditel conferma infatti il sorpasso di Mediaset sulla tv di Stato nel confronto fra gruppi editoriali, inclusi cioè i canali tematici.
E sebbene le tre reti generaliste Rai risultino ancora davanti ai principali concorrenti, lo scarto si è ridotto all’osso, scendendo a meno di 40mila spettatori: 27,99% di share contro 27,52 sul giorno medio.
Al punto da regalare al Biscione, come mai avvenuto prima, la vittoria in prima serata, quella che rende più di tutte in termini di incassi da spot e sponsor. Ergo: se il buongiorno si vede dal mattino, in viale Mazzini — che, non per caso, ha già dedicato ben due cda al calo degli ascolti — c’è poco da stare allegri.
Spiega Francesco Siliato, partner dello Studio Frasi: «Nel settembre di quest’anno Rai 1 perde il primato che deteneva con buon vantaggio nel settembre dello scorso anno. A superarla nelle preferenze dei pubblici televisivi è Canale 5, che la sopravanza di 153mila spettatori in prima serata e di 69mila nell’intera giornata».
Il report parla chiaro: nel mese Auditel di settembre (dal 31/08 al 27/09) la rete ammiraglia del servizio pubblico si lascia sfuggire nel prime time oltre trecentomila spettatori (-8% sugli ascolti del settembre 2024).
Nell’arco dell’intera giornata di 24 ore, Rai 1 limita le perdite al -3%, ma Rai 3 — ormai completamente snaturata rispetto all’identità originaria plasmata da Angelo Guglielmi — crolla, registrando il -9% in prima serata nel confronto tra i due settembre Auditel.
Nel quadro di una fuga generalizzata dalla tv, tuttavia, il calo degli ascolti di Rai 3 ma anche di Rai 2 nell’arco delle 24 ore è speculare a quello di Italia 1: circostanza che consente al servizio pubblico di far prevalere le proprie reti generaliste su quelle Mediaset.
Va diversamente nella fascia oraria più ricca di pubblico e investimenti pubblicitari: in prima serata le tre generaliste Mediaset superano di oltre 250mila spettatori le tre Rai.
«A settembre 2025 su settembre 2024 Canale 5 è l’unica rete generalista ad incrementare il proprio pubblico, tutte le altre perdono». Un successo dovuto in gran parte ad un vecchio game show rivisto ed aggiornato, La ruota della fortuna, condotto da un navigato Gerry Scotti.
«Mediaset ha inserito il programma in palinsesto in piena estate (14 luglio) con l’idea di testarlo per una eventuale sostituzione di una stanca Striscia la notizia: mossa indovinata», spiega il data analyst.
Partito Affari tuoi, la vittoria di fascia è rimasta a Canale 5: finora la Ruota della fortuna ha vinto tutte le sfide dirette. E dire che Rai 1, a inizio della scorsa stagione godeva di un vantaggio di oltre un milione di spettatori (1.1005.025), mentre in queste prime due settimane (14-27 settembre) è sotto di 412mila in prima serata
Un’autentica debacle per Stefano De Martino, dipinto ai piani alti della Rai come il successore di Pippo Baudo e Mike Bongiorno, degno erede di Fiorello.
Da qui la necessità di correre ai ripari: intanto chiudendo programmi che al debutto hanno fatto flop, a cominciare dall’edizione serale di BellaMa, condotto alla domenica da Pierluigi Diaco
E provando a spacchettare le trasmissioni in due parti per gonfiare gli ascolti: è il caso de La Volta buona di Caterina Balivo subito dopo il Tg1 delle 13,30, che continua a restare parecchio sotto le soap turche trasmesse da Canale 5. E lo stesso dicasi per Agorà, al mattino di Rai 3, battuto per quasi tutta l’estate — e spesso anche in questo primo scorcio di stagione — da Omnibus su La7.
(da agenzie)
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Settembre 29th, 2025 Riccardo Fucile
“LA GUERRA NON È VINTA DALLA PARTE CHE CONQUISTA PIÙ TERRE O UCCIDE PIÙ PERSONE, MA DA CHI REALIZZA I PROPRI OBIETTIVI. E PUTIN NON È RIUSCITO A RAGGIUNGERE IL SUO”
Contrariamente alla narrativa diffusa dalla propaganda russa, finora l’Ucraina sta
vincendo la guerra. Perfino il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che nel febbraio 2025 aveva ammonito il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che doveva cedere alle richieste russe perché “non hai le carte in mano”, questa settimana ha dichiarato che “l’Ucraina, con il sostegno dell’Unione Europea, è in condizione di combattere e VINCERE”.
Quando il conflitto è iniziato nel 2014, l’Ucraina sembrava completamente indifesa di fronte all’aggressione russa, e i russi conquistarono facilmente la Crimea e altre parti dell’Ucrain orientale. La guerra è entrata in una fase più intensa il 24 febbraio 2022, quando la Russia ha lanciato un assalto totale, con l’obiettivo di sottomettere l’intera Ucraina e porre fine alla sua esistenza come nazione indipendente.
All’epoca, la leadership russa e molti osservatori in tutto il mondo si aspettavano che la Russia conquistasse Kyiv e sconfiggesse in modo decisivo l’esercito ucraino in pochi giorni. Perfino i sostenitori occidentali dell’Ucraina erano così incerti sulle sue possibilità di resistenza che offrirono di evacuare il presidente Zelensky e la sua squadra e aiutarli a stabilire un governo in esilio.
Ma Zelensky scelse di restare a Kyiv e combattere, dicendo secondo quanto riportato agli americani: “Ho bisogno di munizioni, non di un passaggio”. Le forze ucraine, nettamente inferiori per armamenti, sbalordirono il mondo respingendo l’assalto russo a Kyiv
L’esercito ucraino contrattaccò poi alla fine dell’estate del 2022, vinse due grandi battaglie nelle regioni di Kharkiv e Kherson, e liberò gran parte del territorio conquistato dai russi nella prima fase dell’invasione.
Da allora, a parte guadagni limitati da entrambe le parti, la linea del fronte non si è spostata molto. I russi cercano di creare l’impressione di un’avanzata inesorabile, ma il fatto è che, dalla primavera del 2022, non sono riusciti a conquistare alcun obiettivo di grande importanza strategica come le città di Kyiv, Kharkiv o Kherson.
Nel 2025, al costo di circa 200.000-300.000 soldati uccisi e feriti, l’esercito russo è riuscito finora a conquistare solo una
sottile striscia di zona di frontiera che, secondo le fonti più affidabili, ammonta a circa lo 0,6 per cento del territorio totale dell’Ucraina.
Al ritmo con cui stanno procedendo nel 2025, ci vorrebbero teoricamente circa 100 anni e decine di milioni di vittime per conquistare il resto dell’Ucraina. In realtà, nell’agosto 2025, la Russia controllava meno territorio ucraino di quanto non facesse nell’agosto 2022.
La verità è che l’Ucraina è riuscita a portare la Russia a uno stallo. Come ha scritto di recente il generale maggiore australiano in pensione Mick Ryan, è come se, a più di tre anni dall’invasione dell’Iraq nel 2003, gli Stati Uniti fossero riusciti a conquistare solo il 20 per cento del paese subendo nel frattempo un milione di vittime. Qualcuno considererebbe questa una vittoria americana?
In mare, il successo ucraino è stato altrettanto impressionante. Il 24 febbraio 2022, la Flotta russa del Mar Nero aveva completa superiorità navale, e sembrava che l’Ucraina non avesse alcun mezzo per contrastarla. Uno degli episodi più famosi di quel giorno si verificò sull’Isola dei Serpenti. La nave ammiraglia della flotta russa del Mar Nero, l’incrociatore Moskva, inviò un messaggio radio alla piccola guarnigione dicendo: “Sono una nave da guerra russa. Vi consiglio di deporre le armi e arrendervi per evitare spargimento di sangue e vittime inutili”. In risposta, la guarnigione inviò il messaggio: “Nave da guerra russa, vai a farti fottere”.
Anche se l’Isola dei Serpenti fu rapidamente conquistata dai russi, alla fine di giugno 2022 gli ucraini la riconquistarono. A quel punto, la Moskva e numerose altre imbarcazioni russe giacevano sul fondo del Mar Nero. Con un uso innovativo di missili e droni, gli ucraini riuscirono a neutralizzare la superiorità navale della Russia, a cambiare la stessa natura della guerra navale e a costringere ciò che restava della flotta russa del Mar Nero a cercare rifugio in porti sicuri lontani dal fronte.
Anche in aria, la Russia ha fallito. Mentre nella sua guerra di 12 giorni contro l’Iran nel giugno 2025 Israele conquistò il controllo dei cieli iraniani in circa 36 ore senza perdere un solo aereo con pilota, la Russia finora non è riuscita a ottenere il controllo dei cieli ucraini. L’aeronautica russa ha subito perdite devastanti — non ultime nello strike ucraino contro la flotta di bombardieri strategici russi a giugno.
La Russia ha reagito affidandosi a missili a lungo raggio e droni per terrorizzare le città ucraine. L’Ucraina si è astenuta dal rispondere nello stesso modo ed evita in gran parte di colpire obiettivi civili in Russia, ma i droni ucraini hanno dimostrato una notevole capacità di colpire aeroporti e infrastrutture, in particolare raffinerie di petrolio, a centinaia di chilometri all’interno della Russia.
Va anche notato che prima del 24 febbraio 2022 e per molto tempo dopo, i paesi della Nato si rifiutarono di fornire all’Ucraina molti tipi di armi pesanti più sofisticate e ne limitarono l’uso. Alcune di queste restrizioni sono ancora in vigore.
Di conseguenza, nel 2022 gli ucraini vinsero le battaglie di Kyiv, Kharkiv e Kherson con armamenti solo limitati. Se avessero ricevuto pieno sostegno dall’inizio, avrebbero potuto vincere la
guerra già alla fine del 2022 o nell’estate del 2023, prima che la Russia potesse ricostruire il suo esercito e la sua economia di guerra.
Nel 2025, l’anello debole delle difese ucraine risiede ancora nelle menti dei suoi amici occidentali. Poiché la Russia non è riuscita a ottenere la superiorità aerea e navale né a sfondare le difese ucraine via terra, la strategia russa cerca di aggirare la posizione ucraina attaccando la volontà di americani ed europei.
Diffondendo propaganda sull’inevitabilità della vittoria russa, i russi sperano che americani ed europei perdano coraggio, ritirino il loro sostegno all’Ucraina e la costringano ad arrendersi. Soccombere a questa propaganda sarebbe un disastro non solo per l’Ucraina, ma anche per i paesi della Nato che perderebbero gran parte della loro credibilità, oltre che la loro migliore difesa contro le crescenti minacce russe.
Mentre la Russia continua ad espandere il proprio esercito e la sua economia di guerra, l’Europa si affanna a riarmarsi, ma nel frattempo la più grande e più esperta forza combattente tra l’esercito russo e Varsavia, Berlino o Parigi è l’esercito ucraino. Gli eserciti polacco, tedesco e francese contano ciascuno circa 200.000 soldati, la maggior parte dei quali non ha mai visto il combattimento. L’esercito ucraino, al contrario, ha circa 1 milione di soldati, la maggior parte dei quali sono veterani esperti.
Dopo due settimane in cui si sono registrate incursioni di jet russi in Estonia e droni russi sopra Polonia e Romania (e forse anche Danimarca), gli europei dovrebbero riflettere sul fatto che se la Russia attaccasse l’Europa domani, e gli Stati Uniti
scegliessero di restarne fuori, il più grande asset militare europeo sarebbe l’esercito ucraino.
Anche l’esercito americano ha molto da imparare dall’esperienza ucraina sul campo di battaglia e dall’industria bellica d’avanguardia. In particolare nel campo della guerra con i droni, le innovazioni ucraine e la mole di dati raccolti la rendono un leader mondiale. È probabilmente anche per questo che il presidente Trump è diventato recentemente più favorevole all’Ucraina. Gli piace sostenere i vincitori.
È impossibile dire come si svilupperà la guerra, poiché dipende dalle decisioni future. Ma sotto un aspetto cruciale, la vittoria ucraina è già decisiva e irreversibile. La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è vinta dalla parte che conquista più terre, distrugge più città o uccide più persone. La guerra è vinta dalla parte che realizza i propri obiettivi politici. E in Ucraina è già chiaro che Putin non è riuscito a raggiungere il suo obiettivo principale — la distruzione della nazione ucraina.
In molti dei suoi discorsi e saggi, Putin ha sostenuto che l’Ucraina non è mai stata una vera nazione. Questo, ad esempio, era il messaggio principale del suo lungo saggio intitolato Sull’unità storica di russi e ucraini, pubblicato nel luglio 2021. Secondo Putin, l’Ucraina era un’entità fittizia, incoraggiata dalle potenze straniere come stratagemma per indebolire la Russia. Putin ha lanciato la guerra per dimostrare al mondo che la nazione ucraina non esiste, che gli ucraini sono in realtà russi e che, data la possibilità, gli ucraini sarebbero stati felici di essere assorbiti dalla Madre Russia
Nessuno sa quante altre persone moriranno a causa delle illusioni e delle ambizioni di Putin, ma una cosa è stata resa abbondantemente chiara a tutto il mondo: l’Ucraina è una nazione molto reale, e milioni di ucraini sono disposti a combattere con le unghie e con i denti per rimanere indipendenti dalla Russia.
Le nazioni non sono fatte di zolle di terra o di gocce di sangue. Sono fatte di storie, immagini e ricordi nella mente delle persone. Non importa come si evolverà la guerra nei prossimi mesi, la memoria dell’invasione russa, delle atrocità russe e dei sacrifici ucraini continuerà a sostenere il patriottismo ucraino per le generazioni a venire.
Yuval Noah Harari
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Settembre 29th, 2025 Riccardo Fucile
CENTRODESTRA FALLISCE OBIETTIVO
L’Unione Valdôtaine riprende vigore e dopo il brusco calo del 2020 torna essere il
primopartito alle regionali in Valle d’Aosta. Quando lo spoglio è ancora in corso, l’Uv supera il 30%.
In testa fin dall’inizio dello spoglio c’è l’Union Valdotaine (Uv). Con l’85% delle schede scrutinate, il partito autonomista storico,
già traino della maggioranza nella legislatura uscente, è il primo partito con il 31,16% dei voti. Fanno bene anche gli Autonomisti di centro (14,15%) con cui è facile ipotizzare una nuova alleanza con Uv. A chiudere la coalizione nella passata legislatura c’era il Partito democratico, che pure all’inizio dello spoglio viaggiava a rilento rispetto agli altri due potenziali alleati, con l’8,08%. L’alleanza dei tre (che pure non si sono presentati in coalizione) rappresenta oggi oltre il 50% dei voti regionali.
Di contro, c’è grande attenzione per la performance del centrodestra, che si presenta nella classica formazione: Fratelli d’Italia, Lega Vallée d’Aoste e Forza Italia. La coalizione è seconda rispetto all’Uv con il 30,06%. L’obiettivo (ambizioso) del centrodestra era quello di arrivare al 42% dei consensi, che gli avrebbe permesso di accaparrarsi il premio di maggioranza (e 21 posti dei 35 in consiglio). Anche l’eco del governo Meloni sembra non aver convinto del tutto i valdostani.
Oggi la coalizione punta molto su Forza Italia (10,40%), . Fratelli d’Italia si ferma all’11,11%, mentre la Lega appare in forte calo, con il 8,56%.
Al momento, entrerebbe in Consiglio anche la lista Valle d’Aosta Aperta (5,57%), che include il Movimento Cinque Stelle; mentre l’Alleanza Verdi e Sinistra fa il 6,29%. Resterebbe fuori solo Valle d’Aosta Futura con il 4,68%.
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Settembre 29th, 2025 Riccardo Fucile
A DORTMUND, STORICA ROCCAFORTE DELLA SPD: DOPO 80 ANNI HA VINTO IL CANDIDATO DELLA CDU, ALEXANDER OMAR KALOUTI
Dopo 79 anni, cade la roccaforte rossa di Dortmund. Nessuno si aspettava che la Spd cedesse una delle città dove ha dominato tutto il dopoguerra e certificasse, rendendola visibile, la sua progressiva e inarrestabile ritirata.
Tutti guardavano al risultato dell’estrema destra AfD — se passando ai ballottaggi in tre città, avrebbe potuto ambire a un sindaco anche nell’Ovest della Germania.
Non è successo: chiaramente respinti i suoi tre candidati a Duisburg, Gelsenkirchen e Hagen. Il Nordreno-Vestfalia, dove ieri si è votato per il secondo turno in 150 comuni, resta legato ai partiti tradizionali. Ma per i socialdemocratici al governo è una batosta.
Il Nordreno-Vestfalia non è solo la più popolosa regione tedesca, con i suoi 18 milioni di abitanti. Da sola ne ha più di tutta la Germania Est . È anche la regione dell’industria, il cuore renano legato alla Francia e all’Occidente, la terra delle tante città che
quasi senza interruzione si succedono una all’altra.
Ben 13 hanno più di 250 mila abitanti (tutta l’Italia ne ha 14): un infinito circondario urbano e la terra dei mille derby calcistici. È qui, nella Ruhr, dove avanza la deindustrializzazione, che l’AfD si è insediata nelle aree operaie: e se a Duisburg l’ha votata il 21,4%, a Hagen è salita al 28,3% e a Gelsenkirchen al 33,1%. Un elettore su tre, un record. Dal canto suo, la Cdu resiste, espugna Dortmund con Alexander Omar Kalouti, vince tanti ballottaggi. È la padrona del Land da ormai 25 anni, da quando la Spd ha iniziato a cedere.
I Verdi prendono per la prima volta la città universitaria di Münster, ma non riescono nel colpaccio di Colonia: sarebbe stato il loro primo capoluogo con più di un milione di abitanti E perdono tutti gli altri ballottaggi (Bonn, Aachen, Düsseldorf, dove sono sempre arrivati in finale al posto della Spd).
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Settembre 29th, 2025 Riccardo Fucile
È A CAMPATA UNICA SOSPESA SOPRA UN FIUME, A UN’ALTEZZA DI 625 METRI, ED È LUNGO QUASI TRE CHILOMETRI …UN’IMPRESA INGEGNERISTICA DURATA APPENA TRE ANNI
Il ponte più alto del mondo è stato inaugurato nella provincia montuosa di Guizhou, nel
sud-ovest della Cina. Il Huajiang Grand Canyon Bridge, sospeso a 625 metri sopra il fiume Beipan, ha ridotto il tempo di attraversamento della gola da due ore a due minuti.
Lungo 2.890 metri, con una campata principale di 1.420 metri, è il più esteso ponte sospeso con travi reticolari in acciaio mai realizzato in territorio montuoso.
Per la sua imponenza è stato paragonato a nove Golden Gate impilati l’uno sull’altro, e ha strappato il primato al Beipanjiang Bridge, distante un centinaio di chilometri e alto “solo” 565 metri.
Frutto di tre anni di lavori, il ponte è un concentrato di innovazioni: dal sistema di “smart cables” incorporati nei cavi principali, che monitorano in tempo reale pressione, temperatura e umidità attivando deumidificatori automatici. In totale sono stati ottenuti 21 brevetti applicati alla costruzione ad alta quota, tra cui soluzioni antivento, materiali ad altissima resistenza e strumenti di precisione guidati da droni e satelliti.
La struttura che attraversa quella che viene definita “la crepa della Terra” non è solo un’arteria strategica: ospita anche ascensori panoramici, sale di osservazione in vetro e spazi per sport estremi, dal bungee jumping al paracadutismo, oltre a un bar sulla sommità delle torri.
(da agenzie)
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Settembre 29th, 2025 Riccardo Fucile
“HANNO LA RABBIA DENTRO. VEDONO LA MAMMA E IL PAPÀ SFRUTTATI, CHE LAVORANO COME MATTI E NON RIESCONO AD ARRIVARE A FINE MESE. E NON LO ACCETTANO”… “LO STATO? VIENE FUORI SOLO SE CI SCAPPA IL MORTO”
E’ giorno di mercato in via Oglio. Shawky Geber da quattro anni è capolega per la Cgil a Corvetto, ma da quando è arrivato in Italia dall’Egitto nel 1973 si impegna per i diritti dei lavoratori. «Ho fatto il sindacalista nell’edilizia per vent’anni, non sono uno che si fa mettere i piedi in testa ma ho sempre cercato di rispettare le regole del gioco. A chi si rivolge a me dico di lavorare regolarmente e in sicurezza. Ma quando parlo con i giovani mi rispondono che sono matto, che ormai ragiono come un italiano», racconta Geber.
Quando il sindacalista pensa ai giovani del quartiere, quei ragazzi italiani di seconda generazione spesso chiamati “maranza”, scuote convinto la testa: «Hanno la rabbia dentro. Si comportano male, fanno cose brutte che non appartengono alla nostra cultura». La rabbia di cui parla Geber l’hanno sfogata anche durante le ultime manifestazioni per Gaza.
Ed era già venuta fuori nel novembre scorso, quando il 19enne di origine marocchina Ramy Elgaml è morto cadendo da uno scooter alla fine di un inseguimento dei Carabinieri. La protesta, come quella pro-Palestina, era finita con atti di vandalismo, tra cassonetti dati alle fiamme, fumogeni e lanci di bottiglie. Ma da dove arriva questa collera?
Per Geber la risposta è semplice: «Vedono la mamma e il papà sfruttati, che lavorano come matti e non riescono ad arrivare a fine mese. E non lo accettano». Ma non c’è solo lo sfruttamento per il sindacalista: «Inutile nasconderlo, un po’ di razzismo c’è. C’era anche quando sono arrivato io, cinquant’anni fa, ma era nascosto. Ora non hanno più paura a farlo vedere. Molti, specie in questo quartiere dove sono tante le case popolari, vedono l’immigrato come chi è venuto a rubare il poco che si ha».
Geber accoglie nel suo ufficio Magda, una donna di origini egiziane che abita nella zona. Mamma di due adolescenti, anche lei al sentire parlare di maranza scuote rapidamente il capo. «Me l’ha spiegato mio figlio cosa vuol dire maranza. Sono quei
ragazzi che vogliono fare i fighi, che si vestono in un certo modo. Però è tutta facciata: si mostrano forti, ma dentro hanno paura», dice Magda.
Per lei il quartiere non è sicuro, troppo odio e maleducazione in giro. «Poveri ragazzi», continua a ripetere, perché non è colpa dei giovani di Corvetto se sono nati in quest’ambiente. «Le mamme di questi giovani sono le prime a stare male. E non riescono a passare dei buoni insegnamenti. I ragazzi escono pieni d’odio, vogliono spaccare tutto. Pensano che sia giusto, ma non è così. La guerra a Gaza, le immagini che vedono online dalla Striscia, hanno acceso ancora di più la loro rivolta».
E lo Stato? Geber e Magda concordano, qui non esiste. «Viene fuori solo se ci scappa il morto», commenta il sindacalista. «Quando ho chiamato la polizia per denunciare un punto di spaccio davanti alla scuola di mio figlio, mi hanno detto che sapevano già tutto. Ma non hanno mai fatto niente», conclude la donna.
(da La Stampa)
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