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SONDAGGIO IZI SU GUERRA UCRAINA: IL 66% AUSPICA SOLUZIONE DIPLOMATICA CON RINUNCE TERRITORIALI, IL 21% RITIENE CHE KIEV DEBBA CONTINUARE A DIFENDERSI A OLTRANZA

Novembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

PERFETTO QUADRO DI UN PAESE VILE E DEL MOTTO “FRANCIA O SPAGNA PURCHE’ SE MAGNA”

Per far finire la guerra, secondo il 66% degli italiani bisogna “cercare una soluzione diplomatica, anche a costo di qualche rinuncia territoriale dell’Ucraina”, mentre per il 21% Kiev deve continuare a difendersi a oltranza. È quanto emerge da un sondaggio realizzato da Izi, azienda di analisi e valutazioni economiche e politiche, presentato nel corso della trasmissione l’Aria che Tira condotta da David Parenzo su La 7.
“Alla domanda su cosa pensano gli italiani del conflitto in corso tra Russia e Ucraina – viene spiegato in una nota – il 44% degli intervistati risponde che ‘la Russia è il Paese invasore senza alcuna giustificazione’, mentre per il 24,4% le responsabilità sono da attribuire a entrambi i Paesi in guerra”.
Per il 47% degli intervistati l’Italia dovrebbe aiutare l’Ucraina “solo diplomaticamente per arrivare a un cessate il fuoco” mentre per il 15,6% l’intervento deve essere “sia con un aiuto economico che con la fornitura di armi”.
(da agenzie)

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TAJANI DICE CHE IL PONTE SULLO STRETTO SARA’ UTILE PER L’EVACUAZIONE “IN CASO DI UN ATTACCO DAL FRONTE SUD”

Novembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

A PARTE CHE NON SI CAPISCE CHI DOVREBBE “ATTACCARCI DAL SUD”, NON VEDIAMO IL PROBLEMA: IL GOVERNO SAREBBE PRONTO AD ARRENDERSI AL PRIMO SCOPPIO DI PETARDO, QUINDI NON E’ NECESSARIA ALCUNA EVACUAZIONE

Il Ponte sullo Stretto tornerà utile se dovesse essere necessario far evacuare i cittadini italiani in caso di un attacco da Sud. A ipotizzare questo scenario è stato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, intervenuto ieri in un punto stampa in uscita del Consiglio affari esteri dell’Unione europea a Bruxelles.
Il Ponte sullo Stretto “quando ci sarà, rappresenterà un punto importante per il trasporto, per l’evacuazione e per garantire la sicurezza nel caso di un attacco da Sud del fronte Nato”, ha detto rispondendo a una domanda sul progetto fortemente sostenuto da
Matteo Salvini.
“Ho una visione della sicurezza molto ampia. Le infrastrutture sono fondamentali per garantire la sicurezza. Credo che si debbano inserire anche ospedali militari, e non solo. Negli interventi e nel conto della percentuale di spese per la sicurezza. Immaginiamo un ospedale spercializzato per le vittime di attacchi Nbc (nucleare-batteriologico e chimico). Speriamo che non accada ma bisogna essere pronti”, ha aggiunto.
Non è chiaro che cosa intendesse precisamente il titolare della Farnesina quando ha parlato di “un attacco da Sud”, se si riferisse a uno scenario lontano o a un’ipotesi in qualche modo plausibile. Il leader di Forza Italia infatti, si è limitato a un accenno generico e non ha specificato in quali circostanze potrebbe verificarsi una situazione simile.
Le dichiarazioni di Tajani hanno suscitato la reazione del leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, che le ha definite un maldestro tentativo di giustificare un progetto “fallimentare”. “Non sanno più cosa inventare per giustificare oltre 13 miliardi bloccati su progetti fallimentari, sonoramente bocciati. Credo sia più urgente evacuare la Sicilia dalla malagestione del centrodestra fra infrastrutture e servizi colabrodo, liste d’attesa infinite e le notizie inquietanti sugli appalti truccati in sanità”, ha concluso.
(da Fanpage)

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“NON SONO STATI PUNITI I GENITORI, SI E’ TUTELATA LA CRESCITA DEI MINORI”

Novembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

IL GIURISTA DANIELE BOCCOLINI SPIEGA PERCHE’ I BAMBINI CHE VIVEVANO NEI BOSCHI SONO STATI ALLONTANATI DAI GENITORI: “E’ STATO CONSIDERATO IL FUTURO SVILUPPO PSICOFISICO DEI MINORI”

La storia dei tre bambini cresciuti in una casa nei boschi di Palmoli, senza elettricità, acqua corrente né servizi igienici e ora allontanati dalla loro abitazione in seguito alla pronuncia del Tribunale per i minorenni dell’Aquila continua a far discutere.
La vicenda ha scatenato un’ondata di polemiche soprattutto da parte di chi considera ingiusto sottrarre i minori ai genitori in virtù dello stile di vita alternativo da loro scelto. Molti hanno letto la decisione come un’ingerenza dello Stato nelle scelte personali di una famiglia che aveva preferito un’esistenza
essenziale, immersa nella natura e lontana dai centri abitati.
Per fare chiarezza sulla questione Fanpage.it ha intervistato l’avvocato penalista Daniele Bocciolini, esperto in diritto penale minorile e componente della Commissione Famiglia e Minori dell’Ordine degli Avvocati di Roma.
“Ogni volta che un tribunale valuta l’idoneità di un ambiente familiare,” spiega Bocciolini, “l’unico parametro che orienta la decisione è l’interesse del minore”. Non si tratta dunque di giudicare uno stile di vita o una scelta educativa astratta, ma di verificare se la condotta dei genitori esponga i figli a un possibile pregiudizio. L’apparente serenità dei bambini non può dunque sostituire un’analisi concreta dell”ambiente in cui crescono, né garantire, da sola, che quel contesto sia adeguato al loro sviluppo.
La fragilità delle condizioni abitative
Nella vicenda di Palmoli, il disagio abitativo è stato senz’altro un elemento centrale: la totale assenza di acqua corrente, elettricità, riscaldamento, servizi igienici e una struttura domestica precaria possono rappresentare un rischio concreto per la salute e l’incolumità dei minori. “L’adeguatezza delle condizioni abitative è uno degli elementi valutati dal Tribunale”, chiarisce Bocciolini. “Nel caso di specie, sussisterebbe a parere dei giudici un pericolo per l’incolumità e l’integrità fisica dei minori derivante dalla condizione abitativa alla luce delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità dell’abitazione”.
Secondo il giudice dunque, proprio queste condizioni, unite alla collocazione in un luogo isolato, configuravano un potenziale danno fisico e igienico-sanitario e il diritto alla libertà di scelta dei genitori non può estendersi fino a esporre i figli a situazioni prive dei requisiti minimi di vivibilità.
Il nodo dell’istruzione e della socialità negata
Uno degli aspetti più contestati da chi ha letto nella decisione del Tribunale una prevaricazione del diritto dei genitori di crescere i figli secondo il proprio stile di vita riguarda la segnalazione alla Procura dello scorso luglio, nella quale si evidenziava che i bambini non frequentavano la scuola.
I critici del provvedimento hanno infatti ricordato come l’istruzione parentale – impartita cioè dai genitori o da un insegnante privato scelto dai genitori, senza che i minori frequentino una scuola – sia prevista dal nostro ordinamento. In effetti, l’articolo 34 della Costituzione (“la scuola è aperta a tutti”) e i vari decreti legislativi che dal 1994 al 2021 hanno regolato la materia consentono ai genitori di educare i figli in casa.
Come Fanpage.it ha già spiegato in un precedente articolo, la coppia anglo-americana di Palmoli aveva però optato per la variante dell’unschooling, che non prevede programmi definiti (è il bambino a decidere quando e cosa apprendere) e può presentare maggiori problematiche per il rispetto dei criteri minimi previsti dalla legge.
Soprattutto, sottolinea Bocciolini, il Tribunale ha ravvisato una lesione del diritto alla vita di relazione, garantito dall’articolo 2 della Costituzione. “La deprivazione del confronto fra pari in età da scuola elementare sarebbe pregiudizievole perché potrebbe avere effetti significativi sullo sviluppo del bambino, che si manifestano sia in ambito scolastico che non scolastico”.
Perché l’apparente felicità non basta
Un’altra obiezione riguarda infine l’immagine di bambini sereni, abituati a vivere nella natura e circondati dall’affetto genitori. Perché dunque – si sono chiesti molti, tra cui lo stesso ministro Salvini – intervenire per rompere arbitrariamente questo equilibrio? Anche qui la spiegazione dell’avvocato Bocciolini aiuta a chiarire la situazione.
“L’apparenza nulla ha a che fare con il diritto. La decisione del Tribunale è stata adottata sulla base delle relazioni dei servizi sociali e, quindi, sulla base della valutazione degli esperti sul punto. Nessuno ha accusato i genitori di maltrattamenti. Nessuno ha mai sostenuto che questi genitori abbiano fatto mancare i mezzi di sussistenza ai propri figli”, conclude il giurista. “La famiglia è stata osservata per molto tempo e all’esito di questi incontri, è stato rilevato un pericolo, un eventuale pregiudizio circa il loro sviluppo psicofisico. Tutte situazioni, a mio giudizio, che possono essere ampiamente superate, senza la necessità di decisioni drastiche”.
Il provvedimento non è dunque punitivo e, come sottolinea l’avvocato, non preclude la possibilità di un rientro nella vita familiare. Le criticità individuate possono essere superate senza ricorrere a decisioni drastiche e l’obiettivo del collocamento i
comunità è osservare, valutare e favorire un percorso di tutela. Il diritto, insomma, non interviene per sanzionare uno stile di vita, ma per garantire che la libertà dei genitori non metta a rischio lo sviluppo dei figli, al di là di ciò che appare.
(da Fanpage)

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UN NUOVO AUDIO DIFFUSO DA REPORT INCASTRA I GARANTI DELLA PRIVACY: ERANO A CONOSCENZA DELLO SPIONAGGIO DEL SEGRETARIO GENERALE FANIZZA NEI CONFRONTI DEI DIPENDENTI

Novembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

FANIZZA: “NON HO AGITO DA BATTITORE LIBERO, MA SU PRECISO MANDATO DEI VERTICI”

«Io non mi muovo come battitore libero. Il collegio mi ha giustamente responsabilizzato di avviare delle responsabilità di discovery». A parlare è Angelo Fanizza, l’ex segretario generale del Garante della Privacy dimessosi pochi giorni fa.
In un audio diffuso da Report, si sente l’ex segretario intervenire durante la riunione tra dipendenti e collegio del Garante della Privacy. In quell’occasione, Fanizza nega di aver agito da solo e parla di una decisione presa di comune accordo con il collegio dell’ente per la protezione dei dati personali. Una posizione che smentisce il comunicato dello stesso collegio pubblicato poco dopo le sue dimissioni.
Tutti i guai del Garante
Per capire la vicenda occorre fare qualche passo indietro. Il Garante della Privacy è da settimane sotto i riflettori mediatici per via di alcuni dubbi su eventuali conflitti di interesse da parte dei membri del suo collegio. In seguito ad alcune inchieste di Report, trasmissione Rai condotta da Sigfrido Ranucci, diversi leader politici hanno chiesto l’azzeramento dei vertici dell’Autorità, che però non c’è stato. Nei giorni scorsi, però, è arrivata un’importante novità: le dimissioni del segretario generale Angelo Fanizza, Oggi i dipendenti del Garante della Privacy hanno chiesto le dimissioni dei membri del Collegio. Membri che i membri del collegio avevano scelto all’unanimità lo scorso ottobre.
Il nuovo audio di Fanizza diffuso da Report
Secondo quanto rivelato da Report, le prime inchieste giornalistiche avrebbero fatto scattare una sorta di caccia alle streghe in piazza Venezia. Con lo stesso Fanizza che avrebbe chiesto al dipartimento per la sicurezza informatica di spiare i dipendenti del Garante della Privacy per scovare la talpa che ha fornito informazioni ai giornalisti di Report.
Nei giorni scorsi, i dipendenti hanno chiesto le dimissioni dell’intero collegio, ma sono arrivate solo quelle di Fanizza. Che ora, nell’audio diffuso sempre dal programma Rai, fa capire di aver agito su mandato dell’intero collegio e non per conto proprio: «Si è parlato, non si è deciso, se fosse necessario individuare un soggetto istituzionale tipo la magistratura, oppure se incaricare ufficialmente una società privata. Sfido chiunque a dire se io, in quella sede, quando si è parlato di soggetti privati, non mi sono fermamente opposto alla possibilità che un privato potesse conoscere alcuni appuntamenti».
(da agenzie)

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MARJORIE TAYLOR GREEN ANNUNCIA LE SUE DIMISSIONI CONTRO TRUMP

Novembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

LA DEPUTATA MAGA DA ULTRAS DI TRUMP A SUA ACCUSATRICE: “HO UNA MIA DIGNITA’, IL COSTO DELLA VITA IN AUMENTO LA STANNO PAGANDO GLI AMERICANI, TRUMP HA DELUSO LA SUA BASE”

La deputata statunitense Marjorie Taylor Greene ha annunciato venerdì le sue dimissioni dalla Camera dei Rappresentanti dopo la lite con Donald Trump sugli Epstein Files. Taylor Greene ha detto che non vuole essere trattata come una «moglie maltrattata». Greene, repubblicana della Georgia, un tempo una delle più strette alleate di Trump e sostenitrice del suo programma “America First”, ha litigato con il presidente a causa dei documenti governativi relativi al molestatore Jeffrey Epstein e sul sostegno a Israele.
Le dimissioni di Marjorie
Marjorie Taylor Greene ha spiegato in un video sui social media le sue dimissioni. Ha affermato che non vuole affrontare uno sfidante repubblicano alle primarie sostenuto da Trump. E che i Democratici potrebbero prendere la Camera alle elezioni mid-term. Ricordando che il Congresso è stato «messo da parte» da quando Trump è tornato presiddente. «Ho troppa autostima e dignità, amo troppo la mia famiglia e non voglio che il mio distretto debba sopportare primarie dolorose e piene di odio contro di me da parte del presidente per cui tutti abbiamo
combattuto, solo per poi lottare e vincere le mie elezioni mentre i repubblicani probabilmente perderanno le elezioni di medio termine», ha spiegato Greene.
«Mi rifiuto di essere una moglie maltrattata sperando che tutto passi e migliori», ha aggiunto. Lamentando lo stato della politica americana, e sostenendo che né i repubblicani né i legislatori democratici stanno lavorando per risolvere i problemi della nazione. Tra cui l’aumento del costo della vita.
Secondo Greene gli elettori si disinteressano di Washington perché «sanno quanto debito hanno sulle carte di credito, sanno quanto sono aumentate le loro bollette negli ultimi cinque anni, fanno la spesa da soli e conoscono troppo bene il costo del cibo, il loro affitto è aumentato progressivamente, sono stati superati troppe volte dai gestori patrimoniali aziendali quando hanno presentato un’offerta per l’acquisto di una casa».
(da agenzie)

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BOLOGNA, GUERRIGLIA IN CENTRO, 100.000 EURO DI DANNI E IL SINDACO LEPORE: “MANDO LA FATTURA A PIANTEDOSI”

Novembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

UNA GESTIONE DELL’ORDINE PUBBLICO PESSIMA, QUANDO SI POTEVA EVITARE DI FAR DISPUTARE LA PARTITA VIRTUS-MACCABI’ IN CENTRO CITTA’… QUALCUNO CERCA I DISORDINI PER ALIMENTARE L’INSICUREZZA DEI CITTADINI?

Dopo la serata di scontri tra manifestanti e forze dell’ordine mentre Virtus e Maccabi disputavano il match di Eurolega al Paladozza, è il giorno della politica e dei commenti sugli episodi di guerriglia urbana andati in scena in pieno centro storico.
Mentre il ministro dell’interno Matteo Piantedosi condanna “l’inaccettabile violenza” degli attivisti a favore della Palestina, il sindaco di Bologna Matteo Lepore si dice pronto “a mandare al ministro Piantedosi la fattura dei danni” causati dai disordini, che ammonterebbero a oltre 100mila euro solo per i beni pubblici.
Venerdì sera centinaia di persone hanno partecipato al corteo organizzato da Potere al popolo, Usb, Giovani palestinesi e movimenti e collettivi cittadini. Partiti da piazza Maggiore, la tensione è esplosa quando manifestanti e polizia si sono incrociati sul confine della ‘zona rossa’ intorno al Paladozza
presidiata dalle forze dell’ordine.
Nel tentativo di entrare nell’area blindata, i manifestanti hanno iniziato a lanciare petardi e vernice contro le forze dell’ordine. I primi respingimenti sono avvenuti “a distanza” con lacrimogeni e idranti. Su via Riva di Reno è partita una violenta carica degli agenti in antisommossa che ha disperso l’ultimo gruppo di attivisti. I partecipanti più violenti hanno reagito lanciando sampietrini, spaccando vetrine e dando fuoco a cassonetti e automobili parcheggiate. Nei disordini una ventina di agenti sono rimasti feriti e altrettanti manifestanti sono stati identificati.
Per Lepore sono stati “scontri che si potevano evitare. Chiedo io scusa ai cittadini a nome delle istituzioni, perché nessuno lo sta facendo a partire dal ministro Piantedosi”.
Nei giorni precedenti alla partita, sindaco e ministro si erano duramente criticati a vicenda: se per Lepore era meglio spostare il match all’Unipol Arena per evitare che i disordini causassero il caos in centro città, il ministro ha dato il placet a mantenere la partita al Paladozza.
“Una partita – ha aggiunto Lepore nel punto stampa indetto in mattinata – non può essere vietata dal sindaco, perché l’ordine pubblico è in mano a prefetto e questore. Il ministro ha sovvertito gli orientamenti, è intervenuto in modo irrituale e ha creato questa situazione”. Per questo, ha detto “domani manderò la fattura dei danni a Piantedosi” attaccandone “la gestione sconsiderata dell’ordine pubblico”.
Nel condannare le violenze e nell’esprimere solidarietà ai cittadini danneggiati, il primo cittadino ha spiegato che “l’80% delle persone che ieri ha partecipato agli scontri veniva da fuori città”. Nelle ore precedenti al corteo, sui social e in varie chat della sfera degli organizzatori del corteo è circolato anche l’allarme riguardo presunti militanti di estrema destra in trasferta a Bologna per attaccare deliberatamente i manifestanti, ma durante i disordini non si sono verificati episodi del genere.
La solidarietà ai bolognesi
Ha ripreso Lepore: “Bologna si è trovata in mezzo a uno scontro muscolare, testosteronico, tra un gruppo di estremisti e il ministero degli Interni. Questo non deve accadere più. Piena solidarietà ai cittadini bolognesi che ieri sera non sono potuti rientrare a casa, perché c’è stato un vero e proprio coprifuoco”.
(da Bologna Today)

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ORNELLA VANONI, IL RICORDO DI GINO PAOLI E UN AMORE SENZA FINE

Novembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

IL POST CON L’IMMAGINE ACCOMPAGNATA DA UN SOLO CUORE NERO… UNA VOCE UNICA E LA SENSIBILITA’ DEL CANTAUTORE HANNO DATO VITA A UN CONNUBIO ARTISTICO CHE HA INFLUENZATO GENERAZIONI

Ha scelto la potenza di un’immagine in bianco e nero, l’icona del cuore nero, e nient’altro, Gino Paoli, per omaggiare sui social Ornella Vanoni, scomparsa a Milano all’età di 91 anni. Il cantautore ha postato una foto che li ritrae giovanissimi al pianoforte, con lui che suona e Vanoni appoggiata sullo strumento con indosso una collana di perle. Negli anni ’60 i due vissero una relazione intensa e tormentata, che ispirò canzoni immortali come Senza fine e Che cosa c’è. Pur separandosi, sono stati legati da stima e affetto per tutta la vita.
La storia d’amore
La storia d’amore tra Ornella Vanoni e Gino Paoli è una delle più emblematiche e articolate della canzone italiana: un legame tanto tormentato quanto fertile, capace di trasformare la passione privata in musica eterna. Il loro incontro risale al 1960, quando entrambi erano legati all’etichetta Ricordi: da quel momento nasce non solo una collaborazione professionale, ma anche una relazione sentimentale intensa.
Paoli, già sposato in quel periodo, scrive per Ornella alcuni dei suoi brani più importanti, come “Senza fine” e “Che cosa c’è”, che rimangono tra i pilastri del repertorio della Vanoni. Secondo Vanoni, la relazione fu dolorosa e controversa: «Quando è scoppiato l’amore con Gino Paoli, lui era sposato e io mi sono sposata poco dopo. Una sofferenza tremenda, altro che scandalo» ha raccontato in varie interviste.
Nonostante la complessità sentimentale, il loro rapporto ha generato una delle canzoni più eleganti e delicate della musica italiana: Senza fine, scritta da Paoli, è una ballata romantica dallo stile quasi valzer, e si chiude con un delicato fade‑out, simbolo di un amore che sembra non finire mai. Anche “Che cosa c’è”, un altro valzer sentimentale, è nato dal loro legame: il testo, intriso di tenerezza e malinconia, sembra riflettere proprio la complessità della loro unione.
Da Strehler a Gino Paoli, e poi il matrimonio con Lucio Ardenzi: i grandi amori di Ornella Vanoni
Nel 1961, Ornella Vanoni pubblica il suo primo album, che contiene “Cercami”, brano che diventa il suo primo grande
successo commerciale. Questo pezzo, dedicato idealmente a Paoli, segna una svolta nella carriera della cantante, consolidando la sua voce come una delle più intense e sofisticate del panorama italiano. La loro collaborazione professionale non si esaurisce con la fine della relazione sentimentale. N
egli anni a seguire, Paoli e Vanoni continuano a duettare ea esibirsi insieme: un esempio è l’album live “Insieme”, pubblicato nel 1985, che raccoglie molti dei loro pezzi più famosi, come “Senza fine”, “Che cosa c’è”, “L’appuntamento” e “Non andare via”.
Nonostante la sofferenza vissuta, Ornella ha dichiarato che il legame con Paoli non è mai davvero svanito: nel corso degli anni, i due hanno costruito un rapporto di amicizia e stima reciproca che durava ancora oggi. Quando nel 2024 hanno festeggiato i 90 anni (lei il 22 settembre, lui il 23 settembre), il loro scambio di auguri ha commosso il pubblico: due artisti che, pur avendo vissuto un amore tempestoso, restano indissolubilmente legati nella memoria della musica italiana. Quel periodo d’oro (gli anni Sessanta) con Paoli è entrato nel cuore del pubblico non solo per il romanticismo della loro love story, ma anche perché ha generato alcune delle canzoni più belle e durature del repertorio italiano.
Ornella, con la sua voce unica e sofisticata, e Gino, con la sua sensibilità da cantautore, hanno dato vita a un connubio artistico che ha influenzato generazioni.
(da La Stampa)

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“IL CODICE GENETICO DELL’UOMO NON ACCETTA LA PARITÀ”: PRESTO, TOGLIETE LO SPRITZ A NORDIO! IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA CIANCIA DI “GENETICA” E “DARWINISMO”

Novembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

“POICHÉ LA NATURA HA DOTATO I MASCHIETTI DI UNA FORZA MUSCOLARE MAGGIORE DI QUELLA DELLE FEMMINUCCE, QUESTO UNICO CRITERIO DI SUPERIORITÀ HA FONDATO IL COSIDDETTO MASCHILISMO” … L’IRA DI MARIA ELENA BOSCHI: “PAROLE IMBARAZZANTI. E’ QUESTO È IL CONTRIBUTO CHE IL GOVERNO MELONI OFFRE ALLA CONFERENZA CONTRO I FEMMINICIDI?”

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio interviene alla Conferenza internazionale contro il femminicidio in corso alla Camera dei Deputati, organizzata a ridosso della Giornata contro la violenza sulle donne, il 25 novembre, che prevede mobilitazioni e manifestazioni in tutto il Paese.
«Io mi sono sempre chiesto – ha detto Nordio – da modesto studioso anche di storia, come mai siamo arrivati a questa prevaricazione continua, ininterrotta, secolare, millenaria, dell’uomo nei confronti della donna: è una risposta se vogliamo un po’ darwiniana della legge del più forte. Nel senso che dai primordi l’unico criterio di forza era quello della forza fisica, della forza muscolare. E poiché la natura ha dotato i maschietti di una forza muscolare maggiore di quella delle femminucce dai primordi dei tempi, questo unico criterio di superiorità ha diciamo fondato il cosiddetto maschilismo. Se andiamo a guardare la storia dell’umanità, vediamo che purtroppo, salvo rare eccezioni, è un continuo dominio maschile».
«Tutto questo – ha proseguito il Guardasigilli nel suo intervento alla Camera dei Deputati, dove si è tenuto l’evento – ha comportato una sedimentazione anche nella mentalità dell’uomo, intendo proprio del maschio, che è difficile da rimuovere perché
è una sedimentazione che si è formata in millenni di superiorità. Quindi anche se oggi l’uomo accetta, e deve accettare, questa assoluta parità formale e sostanziale nei confronti della donna, nel suo subconscio, nel suo codice genetico trova sempre una certa resistenza».
Alle parole di Nordio replica via social la deputata M5S Chiara Appendino: «Violenza di genere nel codice genetico maschile: dopo aver demolito la giustizia, garantito impunità ai soliti noti, liberato uno stupratore di bambini e preso a modello Gelli, Nordio ci regala un’altra perla. La prossima sarà propagandare Lombroso? Se questo è un ministro…»
«Medioevo», critica anche Angelo Bonelli, parlamentare Avs e
co-portavoce di Europa Verde. «I nuovi dati diffusi oggi dall’Istat sono la fotografia di un Paese che precipita indietro nel tempo: 6 milioni e 400mila donne italiane, quasi una su tre, hanno subito violenze fisiche o sessuali. A fronte di questa realtà drammatica, le parole di Nordio — che tira in ballo un presunto “codice genetico maschile” — e la minimizzazione della ministra Roccella rappresentano un arretramento culturale pericoloso: si deresponsabilizzano gli aggressori e si nega il carattere strutturale della violenza di genere».
Interviene anche la presidente dei deputati di Italia Viva Maria Elena Boschi: «Imbarazzanti. E’ questo è il contributo che il governo Meloni offre alla Conferenza contro i femminicidi? Ora capiamo perché l’Italia arretra. Le donne non hanno bisogno di teorie ottocentesche, ma di leggi applicate, fondi certi, centri antiviolenza sostenuti e una cultura del rispetto che si costruisce proprio a scuola. La parità non è un’idea né un’eccezione biologica, è un dovere costituzionale».
(da agenzie)

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FACEVA CAMPAGNA ELETTORALE PER CIRIELLI DAGLI UFFICI DEL MINISTERO DI GIULI: SI E’ DIMESSO IL CAPO UFFICIO STAMPA DEL MINISTRO

Novembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

“HO SBAGLIATO A USARE STRUMENTI ISTITUZIONALI PER COMUNICAZIONI POLITICHE”… DOVE LI VA A CERCARE GIULI SOGGETTI DEL GENERE?

“Ho appena comunicato al ministro della Cultura, Alessandro Giuli, le mie immediate e irrevocabili dimissioni dall’incarico di capoufficio stampa del Mic”. Lo afferma in una nota lo stesso Piero Tatafiore sottolineando che “l’utilizzo di strumenti istituzionali per comunicazioni di natura politica è stato da parte mia un errore improprio di cui mi scuso prima di tutto con il Ministro, che ringrazio per l’opportunità di crescita lavorativa che mi ha concesso, e con l’intero Gabinetto”.
L’ufficio stampa del ministero della Cultura aveva diramato tre comunicati a sostegno della candidatura di Cirielli alla
presidenza della Regione Campania.
“Chiederemo conto nelle sedi opportune dell’utilizzo degli uffici ministeriali per finalità politiche da parte del ministro Giuli. I comunicati diffusi oggi dall’Ufficio stampa del ministero della Cultura, che invitano espressamente al voto per il candidato Cirielli, sono un fatto gravissimo, che non può passare inosservato. Il ministro Giuli dovrà rendere conto di quanto accaduto. È inaccettabile che uffici pubblici, finanziati dai cittadini per svolgere funzioni istituzionali, vengano piegati a fini di propaganda politica. Un episodio che solleva interrogativi profondi sul rispetto delle regole e sull’autonomia della macchina pubblica”. Così in una nota il deputato e segretario del Pd in Campania, Piero De Luca.
(da agenzie)

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