Destra di Popolo.net

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE È UNA MANNA DAL CIELO PER CHI VUOLE DIFFONDERE FAKE NEWS E FARE PROPAGANDA ANTI-MIGRANTI O SESSISTA

Dicembre 4th, 2025 Riccardo Fucile

SUL WEB CI SONO MIGLIAIA DI BUFALE, CREATE CON L’IA, CHE GENERANO MILIARDI DI VISUALIZZAZIONI… IL PROBLEMA È CHE DALL’ALTRA PARTE CI SONO ALLOCCHI “IN CARNE E OSSA” CHE ABBOCCANO – LE PIATTAFORME NON FANNO NIENTE PER FERMARE QUESTI POST, VISTO CHE GENERANO MILIARDI DI INTERAZIONI E PORTANO BEI SOLDONI NELLE LORO TASCHE

Nel 2016 la truffa aveva la forma di un tipico bus rosso britannico a due piani, ricoperto dalla gigantesca scritta: «Mandiamo ogni settimana 350 milioni all’Ue. Diamoli invece al Servizio Sanitario Nazionale. Vota Leave». Il giorno successivo alla vittoria del Referendum sulla Brexit, Nigel Farage, capo delle falangi brexitare, andò in televisione e disse candidamente
che era una balla e nessuno avrebbe dato 350 milioni agli ospedali. «Non era un mio slogan» disse ridendo.
Ma la gente ci aveva creduto. Su quanto la fake news del Brexit Bus abbia contribuito a spostare l’ago della bilancia in quell’occasione si discute ancora. Se vi interessa la risposta è “sì”, la fake news era stata creduta.
Questo caso di scuola è stato in qualche modo uno spartiacque, l’inizio di una deriva dove il reale si confonde con il falso, dove la realtà si scioglie nel virtuale, dove anche i meno tecnologici hanno capito la potenza degli algoritmi, dei bot, degli hacker al servizio della politica, della manipolazione.
Oggi non c’è più bisogno del bus rosso. Ci pensa l’intelligenza artificiale, con la sua velocità e potenza micidiale a creare contenuti falsi che ottengono miliardi di visualizzazioni su TikTok. Ieri il Guardian ha pubblicato un inquietante rapporto di AI Forensic, organizzazione no profit con sede a Parigi.
Questi benemeriti ricercatoti hanno scoperto 354 account che hanno pubblicato in un anno 43mila post con contenuti generati dall’intelligenza artificiale, per lo più materiale anti immigrati e sessista, totalizzando in un mese 4,5 miliardi di visualizzazioni. […] Uno di questi account postava anche 70 volte al giorno (neppure il sonnambulo Trump o il vorace Salvini sono mai arrivati a tanto), sempre negli stessi orari, segno che è un account automatizzato.
Là fuori, dentro la rete, è sempre più labile il confine tra contenuti autentici generati da esseri umani e contenuti sintetici generati dall’intelligenza artificiale, in un ecosistema virale che ha dimensioni gigantesche. E l’Ai dilaga indisturbata, perché è pieno di gonzi virtuali, ai quali corrispondono dei gonzi reali, disposti a credere a tutto.
E le piattaforme, seppure dichiarano di essersi attivate per dividere il reale dal virtuale, non lo fanno. I contenuti generati da Ai non hanno un bollino blu o una scritta di avviso. TikTok si difende dicendo di dare agli utenti la possibilità di ridurre la quantità di contenuti Ai che vedono, ma non è vero o almeno non lo fanno abbastanza.
Come ormai sappiamo si fanno soldi facili con storie che creano rabbia, divisione, risentimento verso gruppi etnici o di genere e via dicendo. Non per niente la parola dell’anno scelta dall’Oxford Dictionary è “rage bait”, dove rage è la rabbia e il bait è l’esca. Con “rage bait” si indica «il contenuto online creato appositamente per provocare rabbia o indignazione sui social per aumentare il traffico è l’interazione online».
Il tema immigrazione va fortissimo. Ma anche la sessualizzazione del corpo femminile tiene il passo. Falso, finto e menzognero si confondono in un flusso di fake (alcune addirittura con marchi di Sky News o della ABC) e di video e foto demenziali, i cosiddetti “slop”. Imparate anche questo termine: sono quei post senza senso, strani, divertenti o così carini, tipo i gattini che ruzzolano, i cavalli che si tuffano da un trampolino, gli influencer virtuali o i bambini parlanti.
(da agenzie)

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CUFFARO CHIAMA IN CAUSA SCHIFANI E COINVOLGE IL GOVERNATORE DELLA SICILIA: “MA QUALE PATTO CORRUTTIVO CON L’EX DG DI ‘VILLA SOFIA’ ROBERTO COLLETTI. SONO STATO IO A CONSIGLIARLO AL PRESIDENTE DELLA REGIONE SCHIFANI”

Dicembre 4th, 2025 Riccardo Fucile

IN EFFETTI, TOTÒ SI È INTERFACCIATO CON SCHIFANI PER LA NOMINA DI COLLETTI

Quando si è trovato davanti alla giudice che doveva decidere sul suo arresto, Totò Cuffaro ha provato a lanciare il suo colpo di teatro. «Ma quale patto corruttivo con l’ex direttore generale di Villa Sofia Roberto Colletti – ha esordito – Non ho nulla da nascondere, sono stato io stesso a consigliarlo al presidente della Regione Renato Schifani, perché avrebbe potuto utilizzare un professionista di prim’ordine nella gestione della sanità in Sicilia».
Così, l’ex governatore ha provato a smontare quanto emerso dalle intercettazioni del Ros che lo accusano di avere stretto un “patto corruttivo” con Colletti, pure lui ai domiciliari: il manager avrebbe fatto vincere il concorso per operatore socio sanitario ai raccomandati di Cuffaro, in cambio il politico gli avrebbe garantito la conferma all’azienda sanitaria Villa Sofia.
Conferma ottenuta grazie alla segnalazione fatta da Cuffaro al presidente Schifani. Lo scrive chiaramente la giudice Salustro nell’ordinanza di custodia cautelare: «Cuffaro si interfacciava con il presidente Schifani per la nomina di Colletti a direttore generale». Schifani non è indagato, soprattutto non c’è alcuna prova che fosse consapevole delle manovre fra Cuffaro e Colletti.
Ma ora la storia della segnalazione dell’ex manager di Villa Sofia è destinata a riaprire le polemiche all’indomani della mozione di sfiducia al governatore presentata dall’opposizione. Mozione bocciata dalla maggioranza.
«Cuffaro contattava Colletti – prosegue la giudice – rassicurandolo che il lunedì successivo avrebbero formalizzato la delibera per la sua conferma». Ecco le intercettazioni del Ros: «Io alle tre vado da Schifani», diceva l’ex governatore. Colletti, prossimo alla pensione, era preoccupato: «Se si supera il 4 luglio non posso essere nominato». Arrivò il giorno in cui Cuffaro lo rassicurò: «Tutto apposto, lunedì fanno la delibera e subito ti contrattualizzano. Va bene? Puoi dormire sogni tranquilli»
Il 20 giugno 2024, Colletti ebbe la notizia della riconferma da Salvatore Iacolino, il dirigente generale del Dipartimento per la pianificazione strategica dell’assessorato regionale alla Salute: «Sono stato oggi tutta la giornata in presidenza – disse Iacolino, facendo riferimento alla presidenza della Regione – abbiamo accelerato… i decreti di nomina sono stati firmati». La segnalazione a Schifani era andata a buon fine.
Cuffaro si diede davvero un gran da fare per piazzare i suoi raccomandati. E il giorno dopo le perquisizioni disposte dalla procura di Palermo si sfogò con i carabinieri: «Ho fatto una minchiata».
(da agenzie)

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“SIAMO STUFI DI VEDERE PERSONE CHE PREGANO CON IL CULO PER ARIA” ; PUTIFERIO PER LE PAROLE DI ALEX VOYAT, CONSIGLIERE COMUNALE DI FRATELLI D’ITALIA

Dicembre 4th, 2025 Riccardo Fucile

IL SINDACO DI TRENTO HA PARLATO DI “OLTRAGGIO ALLA CITTÀ” E L’IMAM HA AGGIUNTO: “E’ UN’OFFESA NON SOLO AI MUSULMANI, MA ALLA SOCIETÀ TRENTINA”. ALLA FINE IL CONSIGLIERE CUOR DI LEONE È STATO COSTRETTO A SCUSARSI

«Siamo stufi di vedere persone che pregano con il culo per aria». Questa l’espressione con cui, martedì sera, in Consiglio comunale a Trento, Alex Voyat, consigliere comunale di Fratelli d’Italia – e marito dell’assessora provinciale Francesca Gerosa, che è anche neo presidente provinciale del partito di Giorgia Meloni – ha parlato di un centro culturale islamico che esiste in città. A suo dire una «moschea occulta». Per cui sentenziare: «Non è ammesso dalla legge – ha ripetuto più volte Voyat- Se vogliono venire qui e integrarsi rispettino le nostre leggi».
E in aula non ha sortito effetti la richiesta della presidente Silvia Zanetti di rettificare la dichiarazione. L’esponente meloniano ha ripetuto la stessa frase cambiando un solo termine e cioè «sedere». Ed è scoppiato il caso: in tanti hanno condannato le sue parole, tra incredulità e indignazione.
«Il consigliere Voyat non ha offeso solo i musulmani di Trento ma tutta la società trentina – ha sbottato l’Imam di Trento Aboulkheir Breigheche -. Una grave offesa non solo ai due miliardi di musulmani nel mondo ma a tutte le forme di culto che praticano la prosternazione e cioè il gesto di toccare terra con la fronte o il corpo come segno di sottomissione a Dio. Noi non intendiamo scendere a questi livelli di dialogo e confronto». Breigheche ha raccontato anche di aver ricevuto la chiamata dell’assessora Gerosa.
«Mi ha fatto piacere il suo gesto, al telefono mi ha confermato l’importanza del rispetto reciproco e annunciato le scuse ufficiali di Voyat – ha spiegato l’imam – Se così fosse ci farebbe piacere: abbiamo bisogno di un clima sereno e non di esasperare gli animi». E infatti a stretto giro è arrivato il messaggio stringato del consigliere FdI attaccato da più parti: «Mi dichiaro dispiaciuto di aver utilizzato parole forti e non consone, che sono state il frutto di un momento di tensione in aula. L’intenzione non era certo quella di offendere la comunità islamica e me ne scuso».
Ad aspettarsi le scuse era anche il sindaco di Trento, Franco Ianeselli, che con un post social aveva condannato pubblicamente le parole di Voyat, spiegando di essersi vergognato per il consigliere che con quella sua espressione ha oltraggiato la città di Trento.
Per il sindaco Voyat «ha minato i principi della convivenza e del pluralismo, che dal secondo dopoguerra sono imprescindibili non solo per la politica, ma per tutta la comunità cittadina. Ha irriso un atto intimo e pacifico come la preghiera. Spero davvero
che qualcuno oggi si senta in dovere di chiedere scusa». Ad intervenire anche Xheik Shero, consigliere di Insieme per Trento. «Da consigliere, consigliere di origine albanese, e musulmano, mi sono sentito offeso».
(fa La Stampa)

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FORZA ITALIA O FORZA MARINA? MENTRE IL FRATELLO PIER SILVIO MEDITA SULLA DISCESA IN CAMPO, MARINA BERLUSCONI STA IMPRIMENDO UN’ACCELERAZIONE AL CAMBIO DI LEADERSHIP IN FORZA ITALIA

Dicembre 4th, 2025 Riccardo Fucile

IL PRESCELTO PER SVECCHIARE LA LEADERSHIP DI TAJANI È ROBERTO OCCHIUTO … MARINA BERLUSCONI FA LE PRIMARIE A PRANZO: OCCHIUTO, CIRIO, ZANGRILLO. TAJANI SOFFRE. GIANNI LETTA SI DIVERTE

Tony Tajani fa volare. Forza Italia è il nuovo Pd. Meloni ha il burraco, ma Marina Berlusconi ha Tony ballerino. Desiderano tutti andare a pranzo dalla Cavaliera per accreditarsi e mangiare gli gnocchi dello chef Ruggero.
Marina li lascia fare (e fa le primarie) ma Tony Tajani soffre. Roberto Occhiuto (che è vice di FI) si vede già segretario, ma Tony, che capisce la musica, chiama Alberto Cirio (altro vice di Fi) e gli suggerisce: “Vai a prendere un pasticcino con Marina”.
Tony che combina? Corre pure lui a Corso Venezia. L’effetto è “vanno e vengono”, i retroscena aumentano. Ne torna uno e dice: “Marina vuole me”. Torna l’altro “eh, no. Sono io”. Il ministro Zangrillo tace perché ha un rapporto personale (anche lui è andato da Marina). Gianni Letta si diverte come un bimbo. E’ adrenalina e calorie.
Cominciamo dalla svolta di Napoli. Avete presente il video virale di Tony Tajani che saltella, insieme a Meloni, al grido “chi non salta comunista è”. Ebbene, quando lo hanno visto dalle
parti della Cavaliera è stato un “cribbio”.
Il resto lo fa l’infinito Gianni Letta che ha un’idea ben precisa: “Non vogliono appartenenza ma solo militanza”. Ergo, il partito del fu Cav. deve lottare (anche perché Meloni non ha ascoltato i consigli saggi quando ha fatto le nomine in Sace).
Marina cosa chiede a Tony, da sempre? Un partito più liberale, dai diritti, al fisco. Ogni volta che Tony va a trovarla (ultima questo fine settimana, la notizia la dà Vittorio Amato dell’Adnkronos) la Cavaliera risponde che c’è piena fiducia accompagnata dai risultati fin qui conseguiti. Solo che poi incontra anche Occhiuto (che sta organizzando un mega evento a Palazzo Grazioli) ed esprime pieno gradimento anche a Occhiuto. Non serve neppure dirlo: pagine di quotidiani per OcchiuIl nord può essere da meno?Anche Cirio, presidente del Piemonte, che vuole fare il ministro, si fa ricevere da Marina.
Altre pagine “Cirio da Marina”. Se permettete al nord, c’è il ministro Zangrillo, Paolo, fratello di Alberto, medico che ha tenuto la mano di papà Silvio.
Marina stravede anche per Zangrillo. Come stravede per Cristina Rossello, che ha curato la gestione dell’eredità. Volete mettere che si dimentichi anche di Alessandro Cattaneo, Deborah Bergamini, Stefania Craxi, Letizia Moratti? La Cavaliera incontra anche loro.
Tony Tajani è disperato. Tra i preferiti di Marina c’è anche Giorgio Mulè, ex direttore di Panorama, vicepresidente della Camera. Che fa Tony? Lo nomina a capo della campagna
referendaria sulla giustizia e da giorni dicono che Tony e Mulè si mandano i cuoricini sul telefono.
Tajani aveva annunciato i congressi regionali per blindarsi, ma obiezione. Il tesseramento scade il 19 dicembre e i congressi cadrebbero in piena campagna referendaria.
Non si può fare. Non dimentichiamo che in Veneto la spallata di FI non c’è stata e Flavio Tosi […] è stato surclassato da Zaia. Ancora giornali, pagine (cara Marina, ma comprati Repubblica! L’editoriale del lunedì di Paolo Gentiloni lo affidiamo a Gianni Letta e Gentiloni inviato a Montepulciano da Elly Schlein).
I parlamentari di Forza Italia hanno capito il gioco. Siete scontenti? Andate da Gianni Letta che magari poi gira la vostra richiesta a Marina B. Si sta mettendo alla grande. Prima c’era solo Tony Tajani ma adesso abbiamo almeno cinque possibili leader: Occhiuto, Cirio, Zangrillo, Bergamini, Mulè.
La morale: Marina si diverte e oltre ai libri Adelphi adesso, grazie a Occhiuto, il calabrese, legge anche Corrado Alvaro. Si mangia a più non posso, si impaginano i giornali. Resta solo una domanda: aumenteranno di voti o di peso?
(da Dagoreport)

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“VOGLIAMO LUCA ZAIA REFERENTE PER IL NORD”: DOPO LA RACCOLTA FIRME A BRESCIA, LA PROPOSTA ARRIVA DALLA LEGA LOMBARDA E INCASSA PURE IL SOSTEGNO DEL GOVERNATORE FONTANA (“IPOTESI DI GRANDE SIGNIFICATO”)

Dicembre 4th, 2025 Riccardo Fucile

SALVINI FA MURO E FA CAPIRE DI NON AVER NESSUNA INTENZIONE DI APPORTARE CAMBIAMENTI NELL’ORGANIZZAZIONE DELLA LEGA

Nata come «appello al segretario federale Matteo Salvini per la nomina di Luca Zaia a referente del Nord», l’iniziativa lanciata dal segretario della sezione leghista di Brescia città Michele Maggi rischia di diventare un atto ufficiale della Lega lombarda.
La raccolta firme partita dal basso e che si sta allargando in altri territori della regione, sarà al centro del confronto del consiglio direttivo della Lega lombarda il prossimo 11 dicembre. Il segretario Massimiliano Romeo l’ha messa all’ordine del giorno perché vuole capire se è condivisa anche dalle strutture del partito e se può diventare una richiesta ufficiale da rivolgere al segretario federale.
Di sicuro, l’ipotesi piace al presidente leghista della Regione Lombardia. «Sono una persona che ritiene che si debbano
sempre valorizzare le richieste, le esperienze, le proposte che vengono dal territorio — ha spiegato Attilio Fontana ieri mattina a margine di una iniziativa pubblica — e quindi anche questa è una richiesta, una proposta del territorio che penso debba essere esaminata, valorizzata e capita. Credo che su questo si possa fare qualche discussione»
Il presidente lombardo non fa esplicitamente il nome di Luca Zaia, ma si dice convinto che la strada sia già tracciata perché non inedita in casa leghista. «È anche un’ipotesi che ha un grande significato, perché come è stato nominato per il Sud, credo che altrettanto e forse a maggior ragione debba essere nominato per il Nord».
Il nome del presidente uscente del Veneto, uscito trionfalmente dalle elezioni che lo hanno visto raccogliere oltre 300 mila preferenze, è il nome più gettonato, se non quello obbligato, visto anche che al momento ha un solo impegno istituzionale, quello da consigliere regionale, che non dovrebbe impegnarlo più di tanto. Lui stesso, all’indomani del voto, aveva detto: «Adesso che ho più tempo a disposizione, mi dedicherò al partito».
Per ora, quindi, Zaia sta alla finestra anche se viene tenuto costantemente informato sull’evolversi della raccolta firme. I promotori si attendono un cenno di riscontro. L’iniziativa di Romeo e le parole di Fontana potrebbero imprimere un’accelerazione.
Ma Salvini finora non ha raccolto e, anzi, ha fatto capire di non aver nessuna intenzione di apportare cambiamenti nell’organizzazione della Lega. Il leader ha già bocciato la proposta di adottare il modello Cdu-Csu. La proposta partita da Brescia è più soft, ma non sembra comunque convincere Salvini.
(da Corriere della Sera)

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CHI È L’IMPORTANTE MANAGER PUBBLICO, UOMO DI FIDUCIA DI GIORGIA MELONI, CHE È STATO VITTIMA DI REVENGE PORN DA PARTE DI UN CAMERIERE 20 ANNI PIÙ GIOVANE?

Dicembre 4th, 2025 Riccardo Fucile

I DUE SI SONO CONOSCIUTI NEL 2013 IN UNA TRATTORIA DI ANZIO: DOPO UNA BREVE FREQUENTAZIONE, IL MANAGER PROMETTE AL RAGAZZO DI “SISTEMARLO”… I DUE SI PERDONO DI VISTA E TORNANO A FREQUENTARSI DOPO 10 ANNI. A QUEL PUNTO IL CAMERIERE REGISTRA UN LORO RAPPORTO SESSUALE. DOPO ALCUNI GIORNI, INSIEME A UN COMPLICE, MOSTRA IL FILMATO AL MANAGER E LO MINACCIA CON UN PISTOLA: “SE NON MI DAI 300 MILA EURO LO PUBBLICO IN RETE” – DOPO LA DENUNCIA, IL “FURBETTO” È STATO CONDANNATO A TRE ANNI

Una relazione che sfocia in una tentata estorsione. Da un lato c’è il manager pubblico, uomo di fiducia di Giorgia Meloni, con un curriculum pieno di ruoli al vertice di grandi aziende. Dall’altro, un cameriere di un noto ristorante di Roma nord, venti anni più giovane.
È lui ad aver girato un filmato erotico di nascosto. Poi il ricatto: se il dirigente non avesse pagato 300mila euro, sarebbe stato diffuso in rete. O almeno è questo che ritiene il tribunale, che ieri ha condannato l’uomo a tre anni di reclusione e 1200 euro di multa.
Una storia nata tra i tavoli di un locale e finita tra i corridoi di piazzale Clodio. È il 2013 quando il manager conosce l’imputato in una trattoria di Anzio. Tra una portata e l’altra, sboccia una frequentazione che sfocia in un impegno: il manager avrebbe promesso all’amante di “sistemarlo economicamente”. I due, però, si perdono di vista e per dieci anni non si sentono. Ma la promessa rimane un punto fisso nella mente del futuro indagato.
L’opportunità si presenta nel giugno del 2024, quando lo schermo del telefono del cameriere viene illuminato da una notifica: “Ciao, sei sparito. Come stai?”. È un messaggio del
manager. I due si incontrano di nuovo. Durante uno dei rapporti sessuali, l’indagato sfrutta un momento di distrazione per riprendere di nascosto la scena.
Poco importa, il filmato è registrato e l’imputato coinvolge nella vicenda un complice, un’altra conoscenza del dirigente pubblico: “Sapevo che i due avevano già discusso in passato – spiega – e che lui aveva paura di confrontarsi con quest’altra persona”.
Così l’indagato concorda un nuovo appuntamento con il manager, all’Eur. All’incontro è presente anche il complice, che dopo essere salito nella macchina della vittima, estrae una pistola: dice di fare parte di un gruppo criminale ben ramificato e che non è un tipo con cui scherzare. I due, comunque, a bordo dell’auto intimano al dirigente di pagare una somma di denaro, altrimenti i video hard sarebbero stati diffusi online.
Le richieste continuano nei giorni seguenti, tramite messaggi. Il manager inizialmente propone 50mila euro di pagamento. L’imputato rifiuta: “con il costo della vita non si compra neanche una casa con quella somma”, la frase registrata agli atti. Un tira e molla di contrattazioni che arriva alla cifra definitiva: 300mila euro da inviare con bonifici bancari.
Il manager a quel punto denuncia. Da qui le indagini, il processo e le sentenze. Prima nei confronti del complice, condannato con rito abbreviato, e adesso per il cameriere: tre anni di reclusione per il reato di tentata estorsione e assoluzione per il reato di possesso di arma da fuoco
(da Repubblica)

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IL CARDINALE BATTAGLIA: “ALTRO CHE LA MADRE CRISTIANA DEI MIEI STIVALI

Dicembre 4th, 2025 Riccardo Fucile

L’ARTICOLO DELL’ARCIVESCOVO DI NAPOLI

“E voi che sprofondate nelle poltrone rosse dei parlamenti, abbandonate dossier e grafici: attraversate, anche solo per un’ora, i corridoi spenti di un ospedale bombardato; odorate il gasolio dell’ultimo generatore; ascoltate il bip solitario di un respiratore sospeso tra vita e silenzio, e poi sussurrate – se ci riuscite – la locuzione «obiettivi strategici». Il Vangelo – per chi crede e per chi non crede – è uno specchio impietoso: riflette ciò che è umano, denuncia ciò che è disumano.
Se un progetto schiaccia l’innocente, è disumano. Se una legge non protegge il debole, è disumana.
Se un profitto cresce sul dolore di chi non ha voce, è disumano. E se non volete farlo per Dio, fatelo almeno per quel poco di umano che ancora ci tiene in piedi. Quando i cieli si riempiono di missili, guardate i bambini che contano i buchi nel soffitto invece delle stelle. Guardate il soldato ventenne spedito a morire per uno slogan. Guardate i chirurghi che operano al buio in un ospedale sventrato. Il Vangelo non accetta i vostri comunicati “tecnici”. Scrosta ogni vernice di patria o interesse e ci lascia davanti all’unica realtà: carne ferita, vite spezzate.
Non chiamate «danni collaterali» le madri che scavano tra le macerie. Non chiamate «interferenze strategiche» i ragazzi cui avete rubato il futuro. Non chiamate «operazioni speciali» i crateri lasciati dai droni.
Togliete pure il nome di Dio se vi spaventa; chiamatelo coscienza, onestà, vergogna. Ma ascoltatelo: la guerra è l’unico affare in cui investiamo la nostra umanità per ricavarne cenere. Ogni proiettile è già previsto nei fogli di calcolo di chi guadagna sulle macerie. L’umano muore due volte: quando esplode la bomba e quando il suo valore viene tradotto in utile.
Finché una bomba varrà più di un abbraccio, saremo smarriti. Finché le armi detteranno l’agenda, la pace sembrerà follia. Perciò, spegnete i cannoni. Fate tacere i titoli di borsa che crescono sul dolore. Restituite al silenzio l’alba di un giorno che non macchi di sangue le strade.
Tutto il resto – confini, strategie, bandiere gonfiate dalla propaganda – è nebbia destinata a svanire. Rimarrà solo una domanda: «Ho salvato o ho ucciso l’umanità che mi era stata affidata?».
Che la risposta non sia un’altra sirena nella notte.
Convertite i piani di battaglia in piani di semina, i discorsi di potenza in discorsi di cura. Sedete accanto alle madri che frugano tra le macerie per salvare un peluche: scoprirete che la strategia suprema è impedire a un bambino di perdere l’infanzia. Portate l’odore delle pietre bruciate nei vostri palazzi: impregni i tappeti, ricordi a ogni passo che nessuno si salva da solo e che l’unica rotta sicura è riportare ogni uomo a casa integro nel
corpo e nel cuore.
A noi, popolo che legge, spetta il dovere di non arrenderci. La pace germoglia in salotto – un divano che si allunga; in cucina – una pentola che raddoppia; in strada – una mano che si tende. Gesti umili, ostinati: “tu vali” sussurrato a chi il mondo scarta. Il seme di senape è minimo, ma diventa albero. Così il Vangelo: duro come pietra, tenero come il primo vagito. Chiede scelta netta: costruttori di vita o complici del male. Terze vie non esistono”.
Mons. Domenico Battaglia
Cardinale e Arcivescovo metropolita di Napoli

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TRUMP È CIRCONDATO DA UNA CORTE DI ADULATORI SENZA SENSO DEL RIDICOLO: DURANTE L’ULTIMA RIUNIONE DI GABINETTO ALLA CASA BIANCA, LA SEGRETARIA ALLA SICUREZZA, KRISTI NOEM, HA RINGRAZIATO TRUMP: “PRESIDENTE, LEI HA SUPERATO LA STAGIONE DEGLI URAGANI SENZA CHE SI VERIFICASSE UN URAGANO. HA TENUTO LONTANI GLI URAGANI. GLIENE SIAMO GRATI”

Dicembre 4th, 2025 Riccardo Fucile

PAROLE DELIRANTI ALLE QUALI IL TYCOON HA REAGITO CON UN SORRISO COMPIACIUTO, MENTRE SI È UDITA QUALCHE RISATA TRA I PRESENTI

«Presidente Trump, lei ha superato la stagione degli uragani senza che si verificasse un uragano. Ha tenuto lontani gli uragani. Gliene siamo grati»: a parlare così, rivolgendosi al Presidente degli Stati Uniti durante l’ultima riunione di gabinetto dell’anno alla Casa Bianca, è stata Kristi Noem, la segretaria alla Sicurezza Usa.
Una frase che ha suscitato qualche risata tra i presenti. Noem è stata derisa online per i commenti in cui sembra aver attribuito a Trump la previsione degli uragani e la deviazione del loro corso.
I commenti della segretaria alla sicurezza Usa hanno comunque scatenato un’ondata di scherno sui media: in molti hanno parlato di un estremo livello di ossequiosità per il team di Trump nei confronti del presidente.
(da agenzie)

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PUTIN NON VUOLE GLI EUROPEI FRA I PIEDI PERCHÉ LI TEME. L’AMBASCIATORE STEFANINI: “L’INCONTRO DI MOSCA CON WITKOFF HA DI FATTO MESSO FINE AL TENTATIVO DI MEDIAZIONE DI TRUMP TRA PUTIN E ZELENSKY

Dicembre 4th, 2025 Riccardo Fucile

PUTIN ATTACCA GLI EUROPEI. PERCHÉ L’EUROPA, CON TUTTE LE SUE FRAGILITÀ, È L’UNICO OSTACOLO RIMASTO ALLA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA

Vladimir Putin non ama l’Europa. Non è una novità. Lo è l’aggressività con cui ne parla. Per paura. L’aggressione nasce sempre dalla paura. Malgrado i passi falsi di Bruxelles, paralizzata dal Belgio e dalla Bce sull’uso dei fondi russi per evitare il collasso finanziario dell’Ucraina a mesi data, il presidente russo teme l’effetto Europa sulla guerra e, soprattutto, sulla Russia.
Del resto, la prima invasione russa dell’Ucraina (2014) fu innescata dalla controversia sull’accordo di associazione fra Kiev e l’Ue, con la Nato allora molto bassa sull’orizzonte di Kiev.
L’avversione di Putin all’Europa è cresciuta in misura direttamente proporzionale al proseguire “dell’operazione speciale” in Ucraina e inversamente proporzionale alla nascente amicizia con gli Stati Uniti di Donald Trump. Putin non vuole gli europei fra i piedi.
Non nell’incipiente dialogo con Washington, non mentre cerca di chiudere la partita con Kiev. Ma c’è di più della contingenza
geopolitica o di sicurezza che mette obiettivamente in antitesi le posizioni russe con gli interessi del resto del continente.
Putin teme l’Europa perché non la capisce e non sa come prenderla, mentre sa benissimo come prendere Trump, Xi, Erdogan, Modi. Sa come confrontare la Nato ma non come tenere a bada l’Ue. Dunque, vuole tenere lontana dalla Russia.
A margine dell’incontro fiume, ma senza apparente risultato, con Steve Witkoff e Jared Kushner, il presidente russo ha detto due cose. Prima di vederli, «se l’Europa vuole la guerra, noi siamo pronti». Dopo, Trump «deve scegliere, o la Russia, o l’Europa». In un’Europa che non vuole guerre, tanto meno con una superpotenza nucleare, che si guarda bene dal minacciarle, la prima ha fatto i titoli di ieri.
Che era quanto voleva il presidente russo. Spaventare. La seconda ha fatto correre un brivido sulla schiena dei ministri degli Esteri della Nato che si riunivano ieri a Bruxelles. Assente il più importante: Marco Rubio. Dovendo pensare minaccia dal Venezuela, ha delegato quella dalla Russia al suo vice, Christopher Landau.
Il segretario di Stato americano di turno non saltava una ministeriale Nato da una ventina d’anni. La dice lunga.
Trump deve quindi scegliere fra la Russia e gli europei, nemici della Russia. Ma dove sono questi nemici? Ce ne furono due grandi.
Dell’uno rimangono le ceneri, custodite nella solennità dell’Hotel des Invalides; i resti dell’altro giacquero alla rinfusa in una cassa
di munizioni dell’Armata Rossa a Magdeburgo, per poi essere completamente eliminati ad opera di agenti del Kgb, pare nelle acque dell’Elba, per ordine di Yuri Andropov, brevemente segretario generale del Pcus negli anni ‘80 – forse proprio Putin, allora in servizio nell’allora Ddr, al secolo Germania Est, ne sa di più.
Difficile ravvedere sembianze napoleoniche in Emmanuel Macron o hitleriane in Friedrich Merz. O il benché minimo istinto bellico in opinioni pubbliche europee allergiche alla denominazione “riarmo” incautamente affibbiata dalla Commissione Ue al programma di finanziamento delle spese per la difesa degli Stati Membri, con capacità militari in sofferenza.
No, pur ossessionato dalla storia, il presidente russo deve avere altro in mente. Perché Putin spara a zero sugli europei, non li vuole al tavolo di qualsiasi trattativa – persino sulla sicurezza “europea” gli basta parlarne prima con i soli americani – cerca continuamente punti deboli risentendosi che l’Italia grazie a Mario Draghi e Giorgia Meloni non lo sia, si rallegra delle brutte notizie europee dagli scandali ai crolli di edifici andando contro a tutte le regole di buone maniere internazionali?
Per due motivi. Uno ideologico, l’altro pratico. Ideologico: l’incomprensione del fenomeno politico e istituzionale dell’integrazione europea. L’idea stessa della condivisione di sovranità gli è totalmente aliena. E non rispetta chi la pratica. In questo il presidente russo è coerente. Lo disse in tempi più felici delle relazioni di Mosca con l’Occidente, elaborando la teoria della Russia come “democrazia sovrana”.
Pratico. A questo punto della sua “operazione speciale”, alla soglia di un accordo con Trump che gli dia via libera in Ucraina, ecco l’imbelle Europa che gli si mette di traverso e gli rompe le uova nel paniere. Già due volte gli europei si sono precipitati a fermare Donald Trump che stava per cedere alle richieste russe sull’Ucraina: prima e dopo il vertice di Anchorage; sui 28 punti del piano russo-americano trasformati, grazie all’intervento ucraino-europeo, in 19 punti che Kiev aveva accettato pur inghiottendo qualche boccone amaro.
Adesso basta. Dopo averli rinviati al mittente, ribadendo che le condizioni dette direttamente a Trump – che Mosca chiama lo “spirito di Anchorage” – il presidente russo avverte Trump che deve scegliere fra lui e gli europei.
L’incontro di Mosca ha di fatto messo fine al tentativo di mediazione di Trump tra Putin e Zelensky. L’ha trasformato in un “o la Russia amica o l’Europa nemica”. Senza nulla per l’Ucraina, se non il nyet russo, a Witkoff non rimaneva che annullare l’incontro con Zelensky. E rimettere la scelta nelle mani di Donald Trump.
Ma qualsiasi cosa il presidente americano decida, o non decida, Putin intanto attacca frontalmente gli europei. A ragione. Perché l’Europa, con tutte le sue fragilità, è l’unico ostacolo rimasto alla capitolazione dell’Ucraina. Sull’Ucraina Trump è malleabile; gli europei no. Per questo Vladimir Putin li teme.
(da La Stampa)

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