Dicembre 5th, 2025 Riccardo Fucile
IN REALTA’ HA SOLO DETTO “SONO A DISPOSIZIONE”… E’ NORMALE CHE LA SEGRETARIA DEL PRIMO PARTITO DI OPPOSIZIONE SI DICHIARI “DISPONIBILE”, COME SAREBBE AUSPICABILE CHE CONTE DICESSE SE CI TIENE PURE LUI… COSI’ SI VA SU UN TERZO NOME CHE SAREBBE LA COSA MIGLIORE SE SI VUOLE VINCERE
Era evidente dalle regionali in poi: Elly Schlein ha iniziato la sua corsa per palazzo
Chigi. O meglio, la corsa per essere incoronata, nel suo campo, come la “sfidante”. Ieri lo ha detto, apertis verbis, al tg di Enrico Mentana. Non «prima il progetto, poi i nomi» ma «sono a disposizione». Eccomi.
L’operazione di “legittimazione mediatica”, attraverso la polarizzazione con Giorgia Meloni, è parte integrante del percorso
Tra una settimana una chiuderà Atreju, l’altra l’Assemblea nazionale del suo partito. È stata convocata apposta, la prima e l’unica volta in un anno.
Tutto questo tramestio ci racconta certo dell’ambizione, legittima per il segretario del principale partito di opposizione, di giocarsela. Ci racconta, secondo l’andazzo dei tempi, di una forte personalizzazione. Ci racconta però anche di una fragilità e della scelta di un terreno insidioso. La fragilità riguarda innanzitutto la leadership: una leadership forte, anche del sostegno pieno del suo partito, contende il consenso all’avversario su un progetto per il paese. Qui si usa la polarizzazione “fuori” anche per chiudere il dibattito “dentro”, dove il solito andazzo non è stato spezzato.
L’insidia principale riguarda l’autoreferenzialità: spariti dalla discussione i temi reali. Non è colpa delle iene dattilografe se il Pd va sui giornali solo per correnti, statuti, percorsi per scegliere il leader. Attenzione: poiché l’orologio è tarato sulle primarie (anche se ancora non si sa se mai ci saranno), quel negoziato tra la segretaria e il suo partito è destinato a ravvivarsi.
Se la partita è “Schlein contro Conte”, è tutt’altro che scontata perché l’ex premier ha una sua forza personale, come dicono i sondaggi. Se invece è tra Pd, col suo intero corpaccione, contro Conte, è molto più agevole. In altri termini, la segretaria ha dovuto fare patti coi cacicchi per vincere le regionali, al dunque dovrà farli anche con le varie Montepulciano per vincere le primarie sennò rischia lo scherzetto.
Ecco, Conte. È l’altra insidia, perché questo terreno “testardamente” scelto per l’incoronazione ad “anti-Meloni” incrina l’elemento “unitario”: se Conte viene percepito come un cespuglio di un nuovo Ulivo, perde voti e forza. Deve marcare l’autonomia su contenuti e leadership.
Sul tema, vedrete, si pronuncerà solo alla fine e nulla è scontato. E questa competizione si accentua su una coalizione ancora non pronta come proposta. La questione della leadership cioè non segue il progetto comune, ma lo anticipa e dunque lo stressa peraltro prima ancora di capire come si vota. Occhio che nell’ossessione delle primarie si rischia di perdere di vista le secondarie.
Alessandro De Angelis
per “La Stampa”
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Dicembre 5th, 2025 Riccardo Fucile
L’ERRORE STA ALL’ORIGINE: CHE C’ENTRA ISRAELE (E NON SOLO) CON L’EUROPA?
Israele partecipa all’Eurovision dal 1973, è stato il primo Paese non europeo a essere ammesso alla competizione, da allora l’ha vinta quattro volte. Adesso quattro nazioni tra le fondatrici del festival canoro internazionale si rifiutano di partecipare all’edizione dell’anno prossimo dopo che un voto segreto ha confermato l’ammissione dello Stato ebraico: l’invito era stato messo in dubbio dopo gli oltre due anni di guerra a Gaza e gli oltre 70 mila palestinesi uccisi.
La Spagna, l’Irlanda, la Slovenia e l’Olanda hanno già annunciato il boicottaggio, il Belgio e l’Islanda ci stanno pensando. Isaac Herzog, il presidente israeliano, ha elogiato la decisione di permettere la presenza israeliana: «La nostra nazione merita di essere rappresentata su qualunque palcoscenico nel mondo».
Alla sua esuberanza fin troppo ottimista replicano le parole degli olandesi: «La cultura unisce, ma fino a un certo punto. Questo lungo periodo di guerra ha testato i limiti di quello che è accettabile. Il rispetto dell’umanità e della libertà di stampa sono stati danneggiati».
L’Irlanda ha definito la partecipazione «moralmente impossibile». Mentre la Germania e l’Austria, che ospita l’edizione avendo vinto l’anno scorso, hanno minacciato di essere loro ad andarsene, se venisse impedita l’esibizione di Israele.
La Spagna è tra gli sponsor finanziari più grandi dello show e la sua assenza metterebbe a rischio tutta l’organizzazione. «Eurovision è una competizione, ma i diritti umani non lo sono», hanno commentato i dirigenti della tv pubblica da Madrid.
(da agenzie)
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Dicembre 5th, 2025 Riccardo Fucile
IL 94,2% DEGLI ITALIANI È CAUTO NELLE SPESE E TENDE A RISPARMIARE PER AFFRONTARE EVENTUALI MALATTIE O CONDIZIONI DI NON AUTOSUFFICIENZA… IL 72,6% DEGLI ATTUALI PENSIONATI VORREBBE POTER CONTINUARE A LAVORARE, MA SENZA PENALIZZAZIONI FISCALI
Il 43,2% dei pensionati garantisce regolarmente aiuti economici a figli, nipoti o
parenti. Il 61,8% ha versato (o ha intenzione di farlo in futuro) un contributo economico a figli o nipoti per sostenere spese importanti, come l’anticipo per l’acquisto della casa.
D’altra parte, il 54,2% degli italiani ritiene giusto indicizzare all’inflazione anche le pensioni di valore superiore ai 2.500 euro lordi: idea che riflette la consapevolezza che le pensioni non sono rendite eccesive, perché danno supporto anche a figli e nipoti. Lo indica il rapporto Censis nel capito sul Welfare.
I longevi italiani appaiono sobri nella gestione delle risorse: il 94,2% è cauto nelle spese e tende a risparmiare per affrontare eventuali malattie o condizioni di non autosufficienza, l’89,7% si dichiara attento nella gestione dei propri risparmi a causa della persistente incertezza economica, l’82,2% esercita un controllo accurato e costante del bilancio familiare, monitorando le entrate e le uscite. Si registra inoltre la disponibilità di molti anziani a restare attivi anche dopo il pensionamento: il 72,6% degli attuali pensionati vorrebbe poter continuare a lavorare, ma senza penalizzazioni fiscali.
(da agenzie)
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Dicembre 5th, 2025 Riccardo Fucile
SALTANO LO STOP ALL’AUMENTO DELL’ETÀ PENSIONABILE E IL TAGLIO DEL CANONE RAI, PROPOSTI DALLA LEGA, MA ANCHE LE CAMPAGNE PER LA NATALITÀ VOLUTE DA FRATELLI D’ITALIA. IL MOTIVO: COPERTURE SBALLATE, IN ALCUNI CASI ASSENTI
La matita rossa dei tecnici del Mef cerchia decine di emendamenti alla manovra. Dallo stop all’aumento dell’età pensionabile, rivendicato dalla Lega, alle campagne per la natalità allestite da Fratelli d’Italia. Coperture sballate, in alcuni casi addirittura assenti. Ma nel documento sullo stato dell’arte delle richieste della maggioranza, che Repubblica ha potuto visionare, spunta anche la contrarietà dei ministeri.
Ecco perché nella colonna che abbozza i pareri del governo, la voce più ricorrente va dritta al punto. Recita così: «Invito al ritiro per oneri privi di copertura finanziaria assentibile»
La dicitura non ammette il ripescaggio, come invece avverrà per alcuni temi che saranno riformulati. Né tantomeno gli emendamenti in questione potranno sperare di finire «in istruttoria», come sono quelli che hanno più possibilità di entrare nella legge di bilancio.
A pagare il conto è tutta la coalizione di governo. Di più la Lega, per il peso politico delle rinunce. A iniziare proprio dall’emendamento che chiede di bloccare l’incremento dei requisiti per andare in pensione nel 2027 e 2028. Il giudizio è senza appello: la copertura è inadeguata e la misura costa troppo, con «un picco di 2,5 miliardi nel 2028”
Sono colorate di rosso anche le righe sulle coperture dell’emendamento del Carroccio che chiede di tagliare il canone Rai, da 90 a 70 euro, nel 2026. Lo stesso vale per l’allungamento del bonus per l’acquisto degli elettrodomestici ad alta efficienza energetica nel prossimo biennio.
Non va meglio al Fondo per gli indennizzi ai risparmiatori coinvolti dai crac bancari, così come alla detrazione dei premi per le polizze sanitarie veterinarie relative agli animali da compagnia. Brutte notizie anche per i maestri di sci: le agevolazioni fiscali costano troppo e sulla parte contributiva – si legge nel documento – «l’Inps ha formulato un parere fortemente critico».
Anche i senatori di Fratelli d’Italia non hanno troppe ragioni per gioire. Tra gli emendamenti in rosso ci sono le campagne informative a sostegno della natalità, il fondo per le tv locali e l’incremento del tetto di spesa per l’acquisto di dispositivi medici.
Problemi anche per il museo nazionale del vino a Verona. A dire addio al rifinanziamento della legge sulla partecipazione dei lavoratori nelle imprese è invece Forza Italia. Gli azzurri sono invitati anche a ritirare la detrazione per l’acquisto dei libri di scuola, gli incentivi all’acquisto di case con classe energetica elevata e la maggiorazione dei bonus edilizi.
(da agenzie)
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Dicembre 5th, 2025 Riccardo Fucile
RAPPORTO CENSIS: LA RICCHEZZA REALE DELLE FAMIGLIE ITALIANE DAL 2011 E’ SCESA DELL’8,5%… GLI STIPENDI REALI SONO PIU’ BASSI DI 4 ANNI FA
La ricchezza si è concentrata sempre di più nelle mani di pochi, in Italia, mentre chi
era già in difficoltà diventava sempre più povero. Tra l’inizio del 2011 e l’inizio del 2025, in media, la ricchezza delle famiglie italiane è diminuita dell’8,5%. Si parla di ricchezza reale: hanno più soldi, ma i prezzi sono saliti e così il loro potere d’acquisto è sceso.
Il dato viene dal nuovo rapporto Censis, pubblicato oggi. E lo stesso rapporto mette in luce anche gli aspetti più problematici del nuovo boom di occupazione avvenuto negli scorsi anni. Uno su tutti: a trovare lavoro non sono più i giovani. Un altro, sollevato dall’Istat: gli stipendi reali sono ancora molto più bassi che in passato.
Nove famiglie su dieci impoverite, i più ricchi guadagnano
Per quanto riguarda la ricchezza, come detto, quella reale è scesa dell’8,5% rispetto a quattordici anni fa. Questo è il dato generale, ma la realtà è più sfaccettata. Se si immagina di prendere tutte le famiglie italiane, metterle in ordine di ricchezza, e poi dividerle in dieci gruppi uguali, la metà più povera delle famiglie (i primi cinque gruppi) ha visto la propria ricchezza calare del 23,2%. Molto al di sopra della media.
Perché non riusciamo a tassare i super ricchi?
Ancora peggio è andata – in percentuale – per chi è nel sesto, settimo o ottavo gruppo, e quindi è relativamente benestante. Per loro, il calo del patrimonio è andato dal 35,3% al 24,3%. Anche il nono gruppo, che è al secondo posto per ricchezza
complessiva, ha avuto delle perdite: -17,1%. Qui però arriva l’inversione di tendenza. Dal 2011, mentre il 90% della popolazione di fatto si impoveriva, il decimo gruppo, quello che contiene gli italiani con il patrimonio più alto, si è arricchito: +5,9%.
La situazione, così, è che quel decimo gruppo di super benestanti da solo possiede il 60% della ricchezza nazionale. Se si restringe ancora di più il campo, guardando solo al 5% delle famiglie più ricche in assoluto, il loro patrimonio vale il 48% del totale. Quasi la metà. Al contrario, la metà più povera delle famiglie si spartisce il 7,3% della ricchezza nazionale. Una percentuale che si è abbassata rispetto al 2011, quando era dell’8,7%.
Gli italiani spendono di più per comprare meno
A questo impoverimento della popolazione ha contribuito anche il picco dell’inflazione registrato negli scorsi anni, arrivato subito dopo la pandemia da Covid-19. Dal 2019 al 2024 il prezzo del carrello della spesa – cioè i prodotti alimentari, quelli per la pulizia della casa e l’igiene personale – è salito del 23%. Entrando nello specifico: +31,6% per la verdura, +27,2% per la frutta, +25,2% per il pane, +21% circa per carne e pesce.
Le famiglie sono state costrette a spendere di più per comprare meno. La spesa per gli alimentari è aumentata del 22,2%, ma la quantità di prodotti effettivamente acquistati è scesa del 2,7%. Lo stesso è successo per l’abbigliamento.
Boom dell’occupazione, ma i salari sono più bassi del 2021
Di fronte al caro vita, negli ultimi anni il governo ha rivendicato soprattutto un aumento dei posti di lavoro. Il tasso di occupazione è arrivato al 62,7%, il dato più alto di sempre per l’Italia, anche se ancora lontano dalla media Ue. Il rapporto Censis, in questo caso insieme al nuovo rapporto “Le prospettive per l’economia italiana nel 2025-2026” dell’Istat, solleva però dei punti critici.
Innanzitutto, su 833mila nuovi occupati risulta che oltre 700mila (l’84,5%) abbiano più di 50 anni. In generale il boom ha privilegiato chi è in età più avanzata, e la cosa è diventata ancora più evidente nel 2025. Da gennaio a settembre ci sono stati 251mila nuovi occupati. Ma in realtà sono state 446mila persone over 50 a trovare lavoro, mentre 110mila nella fascia di età 35-49 anni e circa 85mila under 35 perdevano il lavoro. Nello stesso periodo, tra i più giovani sono aumentati gli inattivi, ovvero quelli che non hanno un impiego e nemmeno lo cercano.
L’altro aspetto problematico sono gli stipendi. È vero che negli ultimi anni sono arrivati nuovi rinnovi dei contratti collettivi, che per molti hanno portato aumenti in busta paga. Ma non è bastato. Rispetto al 2021, per l’Istat, gli stipendi reali sono ancora più bassi dell’8,8%. Nel 2024 e nel 2025 questo margine si è ridotto di pochi decimi percentuali: di questo passo, servirebbero decenni per tornare in pari con il periodo prima dell’inflazione.
(da Fanpage)
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Dicembre 5th, 2025 Riccardo Fucile
PROPOSTO COME SOLUZIONE PER AFFITTI BREVI: “COME HA POTUTO OTTENERE L’AGIBILITA’?”
Ricorda il monolocale nella scena cult del film, “Il ragazzo di campagna”, un piccolo cubo tutto pannelli scorrevoli, con tavolo, sedie e letto a saliscendi alternati, che l’agente immobiliare affitta a Renato Pozzetto per un milione e mezzo di lire al mese, convincendolo che “la finestra è sorpassata, cosa se ne fa se ha riscaldamento, aria fredda e deumificatore elettrici?”.
Anche Firenze si adegua al mercato immobiliare delle grandi capitali europee, soprattutto Parigi: nei volantini e annunci di un network immobiliare è comparsa l’offerta di un monolocale di 12 metri quadrati in zona Santa Croce, stanza con cucina elettrica e bagno, in vendita a 130 mila euro, 11 mila euro a metro quadro.
“A segnalarcelo – racconta Massimo Torelli, portavoce del Comitato Salviamo Firenze e animatore delle battaglie contro gli affitti brevi turistici, le keybox e l’overtourism che ha trasformato radicalmente la città del Giglio – è stata una nostra associata che vive in Santa Croce. Un alloggio di 12 metri quadri senza finestre, in vendita a 130 mila euro. Non c’è solo il prezzo folle, la prima domanda è come abbia fatto questo monolocale, che sembra più una ‘cantina’, ad avere l’abitabilità”.
Il regolamento comunale
Se si trattasse di una casa dove il potenziale acquirente avesse intenzione di viverci, sarebbe la domanda essenziale. Ma Torelli aggiunge un altro dettaglio che accende luci diverse su quell’annuncio di monolocale pezzettino. “Il network immobiliare ha messo in grande rilievo il fatto che l’alloggio ha il Codice Identificativo Nazionale per gli affitti brevi turistici, obbligatorio per legge dal settembre 2024. Ma il Comune di Firenze ha approvato il regolamento sugli affitti turistici, fissando 28 metri quadri come limite minimo di superficie degli alloggi da affittare. Il Cin non può essere ceduto ad altri e il Comune aveva anche annunciato la nascita di una task force per i controlli su chi violava il regolamento. La task force è attiva?” chiede il portavoce di Salviamo Firenze come epilogo.
E dopo aver segnalato l’annuncio alla stampa, Massimo Torelli ha già inviato una Pec al comando della Polizia Municipale di Firenze e alla questura, segnalando quel monolocale senza finestre e chiedendo risposte sull’abitabilità dei 12 metri quadrati in zona Sana Croce. In vendita a 130 mila euro.
(da agenzie)
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Dicembre 5th, 2025 Riccardo Fucile
SEGNALAZIONI DEL CODACONS AD ANTUTRUST, ENAC E MINISTERO DEI TRASPORTI
Più di tremila euro per tornare in Sicilia in aereo durante le festività natalizie. È il
conto salatissimo che deve affrontare una famiglia di quattro persone per l’ormai tradizionale impennata delle tariffe aeree che si registra nei periodi di maggiore traffico soprattutto nelle rotte verso gli aeroporti del Sud.
Da giorni le principali associazioni dei consumatori denunciano rincari da record. Assoutenti ha calcolato che «per volare in Italia durante le festività, partendo il 24 dicembre e tornando il 6 gennaio, si spende un minimo di 505 euro per andare da Torino a Palermo, e 492 euro per volare da Pisa a Catania”.
E ancora: da Torino a Catania, nelle stesse date, servono 422 euro, che scendono a 411 euro da Milano a Palermo, stesso prezzo della tratta Verona-Palermo. Da Milano a Crotone la spesa minima è di 390 euro (con partenza il 23 dicembre). A seconda della compagnia scelta e dell’orario del volo, i biglietti di andata e ritorno possono superare quota 800 euro, come nel caso del collegamento Milano Linate – Catania che raggiunge il record di 841 euro, ovvero più di un volo intercontinentale.
Il Codacons che ha inviato una segnalazione ad Antitrust, Enac e ministero dei Trasporti parla di aumenti «fino al 900% in più rispetto alle normali tariffe aeree. Da Milano a Catania il biglietto del 23 dicembre costa 178 euro, il 790% in più rispetto ai 20 euro del 13 gennaio».
L’Autorità della concorrenza e del mercato ha aperto un’istruttoria sul caro voli, in particolare sui collegamenti con Sicilia e Sardegna e dopo un rapporto preliminare pubblicato nel luglio scorso ha aperto un confronto con l’Unione Europea per modificare le norme sulla continuità territoriale.
Nel frattempo, però, il ritorno a casa per lavoratori e studenti meridionali fuorisede si trasforma in un salasso. «Un’ingiustizia – scrive il sindaco di Siracusa, Francesco Italia, che ricorda che la sua città è fra quelle con la più alta percentuale di studenti universitari fuori sede – Si parla moltissimo di inclusione, di un Paese che non lascia indietro nessuno, di giovani che devono avere le stesse opportunità da Nord a Sud, si parla moltissimo
anche di quanto sia in crisi l’istituzione famiglia. Ma poi, nei fatti, permettiamo che la mobilità diventi un lusso e consentiamo che tantissimi giovani (e anche tanti non più giovani) trascorrano le festività più intime lontano dai loro cari. Chi può permetterselo vola diretto.
Gli altri si arrangiano: Varsavia, Cracovia, Malta, ore e ore in aeroporti stranieri pur di risparmiare cento euro oppure decidono di rinunciare. È questa l’idea di uguaglianza che vogliamo trasmettere?».
Mentre il responsabile Coesione e Sud della segreteria nazionale del Pd, il deputato Marco Sarracino, ha presentato un’interrogazione al ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, la Regione Sicilia continua la sua politica di sconti per i residenti nell’Isola. Un taglio dei costi pari al 25% per tutti i siciliani e del 50% per alcune fasce protette. Bonus che hanno, però, due limiti: escludono i fuorisede che hanno trasferito la loro residenza al Nord o all’estero e prevedono un tetto rispettivamente di 75 e 150 euro per un biglietto di andata e ritorno che riduce l’efficacia dello sconto proprio nei periodi di tariffe alle stelle.
La giunta Schifani, in più, per il secondo Natale consecutivo ha organizzato con Treni turistici italiani del gruppo Fs il “Trinacria Express” a prezzi calmierati. I biglietti che partono da 29,90 euro sono destinati a 500 fortunati che il 20 dicembre dalle stazioni del Nord potranno arrivare in Sicilia dopo un viaggio di quasi 24 ore. Il ritorno è previsto il 5 gennaio.
Unica eccezione, ma sempre per i residenti in Sicilia, è l’aeroporto di Comiso dove da novembre è attiva la continuità territoriale gestita da Aeroitalia con collegamenti per Roma e Milano con prezzi fra 56 e 72 euro a tratta che viaggiano sempre pieni. Così, nel pieno del caro voli, fa discutere l’annuncio del deputato ex meloniano Manlio Messina, di recente passato al Gruppo misto in polemica con Fratelli d’Italia, della nascita di una nuova compagnia aerea tutta siciliana, la Etna Sky che dovrebbe iniziare a volare entro la prossima estate.
Messina afferma di essere a capo di una cordata di imprenditori catanesi e lombardi che in cinque anni porteranno la compagnia ad avere 15 Airbus e coprire tratte nazionali e intercontinentali «con prezzi super speciali per i nostri conterranei». Una sfida già vista nei cieli siciliani, da Air Sicilia e WindJet, fino ad oggi durata solo pochi anni.
(da Repubblica)
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Dicembre 5th, 2025 Riccardo Fucile
PD: “CHIAREZZA SUL PREZZO DELLA CASA. COME E DA CHI SONO STATE PAGATE LE PRESTAZIONI DEL PROFESSIONISTA?”
L’acquisto di una villa da 674 metri quadrati a un prezzo stracciato, il notaio leghista che firma il rogito e che è lo stesso che ha vergato l’atto di riaccensione della società Stretto di Messina Spa. Su questi due punti l’opposizione, dopo le inchieste di Domani, passa al contrattacco e ha depositato un’interrogazione indirizzata proprio a Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture, e ad Adolfo Urso, titolare del dicastero del Made in Italy.
Il testo inizia elencando il disagio abitativo che riguarda una larga fetta della popolazione italiana e il piano casa più volte annunciato dal governo e mai realizzato. «Il combinato disposto ùdei bassi redditi, della carenza di case in affitto e gli elevati costi di acquisto fanno sì che l’emergenza casa in Italia riguardi oltre 4 milioni di persone», scrivono i deputati dem, Andrea Casu e Anthony Barbagallo, per poi entrare nel merito dell’affaire di villa Salvini: «Si chiede di sapere se non appare del tutto incoerente l’azione del ministro e del governo rispetto al tema casa e se non si evidenzi un enorme conflitto di interessi».
Puntando sul groviglio di rapporti pubblici e privati tra Salvini e il notaio Becchetti, leghista, nominato in una società pubblica dal ministero del Made in Italy e, appunto, che ha firmato il verbale di assemblea che ha riacceso la società che si occupa di realizzare il Ponte sullo Stretto.
Il villone
Sull’acquisto il ministro Salvini è intervenuto : «Mi stanno stressando perché ho avuto l’ardore e l’ardire di trovare casa su Immobiliare.it. Quindi ho avuto questo favore: sono andato come qualche altro milione di italiani su immobiliare.it. Peraltro da fesso, pagando esattamente la cifra richiesta», ha detto Salvini ai cronisti commentando le rivelazioni di questo giornale.
L’operazione immobiliare è diventata un caso. Il ministro, insomma, si lamenta per aver pagato precisamente il prezzo richiesto dai venditori. Eppure anche tra i sostenitori del Capitano l’acquisto di una villa (classificata A7) da 674 metri quadrati, in tutto 28 vani al costo di 2mila euro a metro quadrato, ha suscitato sentimenti ambivalenti: qualche mugugno, molti sorrisi, un certo scalpore. Soprattutto perché lontana anni luce dall’immagine che il leader leghista ha costruito negli anni: il politico tra la gente, diviso tra sagre e feste paesane, che rivendicava di vivere in un bilocale a Milano, che militava nel partito diventato del “Roma ladrona”.
Ora più che ladra, è la città in cui Salvini si trova a suo agio. In quel sistema di potere che abita proprio negli atti di compravendita della magione acquistata con la compagna Francesca Verdini.
Le venditrici, infatti, sono le sorelle Acampora, figlie di Giovanni Acampora, scomparso lo scorso anno. Avvocato e affarista condannato, insieme a Cesare Previti, ex ministro e fondatore di Forza Italia, per corruzione nei processi Imi-Sir e Lodo Mondadori. La villa che fu del sodale di Previti ci riporta a una girandola di società che arrivano fino al paradiso fiscale del Lussemburgo.
Da questo intreccio da Prima Repubblica, quando Salvini era un giovanissimo militante padano, l’immobile ora vive una seconda vita con nuovi proprietari sempre di alto profilo, come sono Salvini e Verdini.
Nonostante le lamentele del ministro, nella zona di Roma nord dove c’è la sua villa alla Camiluccia, in un comprensorio esclusivo e ambito, le case costano in media 3.800 euro al metro quadro, il leghista ne ha spesi appena 2mila.
Il rogito infatti indica quale prezzo finale dell’acquisto 1,35 milioni di euro per, appunto, 674 metri quadri. Lo studio legale Previti, fondato proprio dall’ex berlusconiano e ora gestito dal figlio e da un team di professionisti, ha avuto una procura finalizzata a rappresentare le sorelle Acampora di fronte al notaio, Alfredo Maria Becchetti.
Becchetti è stato coordinatore cittadino a Roma e candidato, non eletto, alla camera dei Deputati per la Lega. Ora guida Infratel, società di Invitalia, quest’ultima interamente posseduta dal ministero dell’Economia e delle Finanze. E, nel 2023, ha firmato l’atto con il quale è stata riaccesa la società Stretto di Messina spa, con a capo Pietro Ciucci.
L’interrogazione
Da qui l’interrogazione del Partito democratico firmata dai deputati Casu e Barbagallo. Scrivono di «un enorme conflitto di interesse» e, a questo proposito, chiedono di sapere il ruolo e i rapporti con il «notaio, già candidato alle elezioni politiche nelle liste del partito di cui il ministro è segretario nazionale, che ha riesumato la società del Ponte sullo Stretto, che attualmente è alla guida di una società pubblica e che cura affari privati dello stesso ministro».
In attesa della risposta, le opposizioni hanno criticato Salvini anche per l’annunciata riforma dell’edilizia. «Porta il condono in Consiglio dei ministri», ha attaccato Angelo Bonelli, leader di Alleanza Verdi-Sinistra. Il riferimento è alle norme che
dovrebbero introdurre una nuova sanatoria per gli abusi storici e prevedere procedure semplificate. In fondo, è noto, la destra ha sempre avuto una certa passione per la materia. Oltreché per gli affari immobiliari.
(da Editoriale Domani)
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Dicembre 5th, 2025 Riccardo Fucile
ECCO LA LEGGE ELETTORALE CHE FA VINCERE I SOVRANISTI
Sulla legge elettorale il centrodestra fa sul serio. Sottotraccia, l’accelerazione per
cambiare le regole del gioco è già stata impressa. Uno studio riservato è sulla scrivania dei principali esponenti di FdI, FI e Lega da qualche settimana. Repubblica, che l’ha visionato, è in grado di svelarlo. Il dossier, curato dagli uffici parlamentari della maggioranza, s’intitola così: “Analisi sulla legge elettorale per il 2027”. Vengono scandagliati i possibili risvolti delle prossime elezioni Politiche, attraverso tre diversi sistemi di voto: l’attuale legge elettorale, il Tatarellum con un listino bloccato e poi la terza ipotesi, il proporzionale con maxi-premio di maggioranza. L’analisi non è asettica
Spulciando il rapporto, una decina di pagine, si intuisce quale sia l’idea prevalente ai vertici della coalizione di governo. L’opzione numero tre, il proporzionale con un premio del 15% per chi arriva primo e prende il 40% dei voti.
Secondo lo studio, con l’attuale legge elettorale, sondaggi alla mano, per la maggioranza «è evidente che si corrono grandi rischi» di stabilità. Lo stesso discorso vale per il secondo scenario analizzato. È una versione rivista e corretta del Tatarellum, modello che è stato utilizzato per l’elezione dei presidenti di Regione insieme ai consigli regionali. Verrebbero cancellati tutti i collegi uninominali attualmente in vigore. Nella formula attenzionata dal centrodestra, è prevista l’indicazione del candidato premier e c’è un listino di coalizione, vale a dire un elenco di nomi blindati, che senza preferenze o collegi plurinominali strappano il seggio se sono appaiati alla coalizione che ha più consensi. Anche questa ipotesi sembra però già essere stata scartata a destra. O almeno, confermano fonti azzurre, sembra suscitare più tentennamenti che entusiasmi. Il motivo sembra essere tutto politico, come si legge nel dossier: si rischiano tribolate «trattative con gli alleati» per decidere come spartire i posti nel listino. Il quale per altro, è una considerazione che viene riportata, rischia di essere un paracadute a vantaggio dei partitini della coalizione, più che per le forze politiche principali.
È il terzo scenario quello che il centrodestra dunque sembra
pronto a sposare, senza troppe trattative (che in teoria dovrebbero ancora cominciare): via tutti gli uninominali, sì a un sistema con un proporzionale puro. Si prevede che la coalizione che otterrà «il 40% dei voti validi» incassi «il 55% dei seggi». Non compare il listino, in questo scenario. Mentre, c’è scritto, sarebbero riproposti i collegi plurinominali, con le ripartizioni territoriali disegnate dal vecchio Rosatellum, il sistema con cui si è votato nel 2018. Per vincere, sarebbe necessario ottenere «100 collegi alla Camera e 52 al Senato». Anche con questo marchingegno elettorale, è Palazzo Madama il cruccio della coalizione di governo. Perché per Costituzione, articolo 57, il Senato è eletto su base regionale, a differenza della Camera. Per evitare rischi, viene già suggerita un’asticella: il premio deve essere «di almeno 29 seggi» a Palazzo Madama. Altro dettaglio chiave: la soglia di sbarramento ipotizzata è «il 3% sia per i partiti coalizzati che non coalizzati». Sarebbe una buona notizia per Carlo Calenda e la sua Azione, che intende correre fuori dai due blocchi.
Il documento mostra che lo stato delle interlocuzioni tra i partiti di maggioranza è molto avanzato. In maniera informalissima, sono stati messi a parte dello studio anche alcuni maggiorenti dell’opposizione. Non Elly Schlein. La segretaria del Pd ieri faceva capire che però qualche margine di negoziato c’è: «Non ci hanno fatto vedere nulla, ma se e quando arriverà una proposta in Parlamento la valuteremo, siamo una forza seria». Non è
un’apertura di credito sbilanciata: «La legge elettorale perfetta non esiste – dice la leader del Pd – ma il presupposto sbagliato è il premierato». E in un’intervista al TgLa7 va all’affondo: «Il governo risolva i problemi degli italiani, non i suoi».
(da agenzie)
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