Dicembre 18th, 2025 Riccardo Fucile
“LE PRIMARIE SONO UN ERRORE, UN SEGNO DI DEBOLEZZA: UNA COALIZIONE DEVE AVERE IL CORAGGIO DI INDICARE PROGRAMMA E PREMIER”… “NON PARTECIPERO’ MAI ALLE PRIMARIE: DOVREI PASSARE A MESE A PARLARE BENE DI ME E QUINDI MALE DEGLI ALTRI? BEL CAPOLAVORO, GLI ALTRI SONO UNITI E LA SINISTRA PASSA IL TEMPO A SPARARSI ADDOSSO?”
A sinistra “serve la capacità di accettare un leader. Mentre a destra un leader forte
unisce, a sinistra si fatica ad accettarlo”. Silvia Salis ha le idee chiare.
In un’intervista rilasciata a Repubblica, la sindaca di Genova cerca di prevedere il futuro del centrosinistra. Soprattutto in ottica Politiche 2027: “Se il campo progressista va unito alle elezioni, fa già paura così, a livello matematico. Mancano due cose e Schlein su questo sta facendo lo sforzo più grande di tutti: la volontà di non differenziarsi a ogni costo e l’idea che, per una vittoria collettiva, serva un sacrificio dei singoli ego. In questo campo non è la somma che fa il totale. L’ho visto a Genova. Presentare un leader convincente, con dietro un gruppo che sta unito e non dà segni di cedimento ha un potere espansivo che il
centrodestra non ha. Meloni ha preso voti che stavano già nella sua area, non ha guadagnato consensi”.
Lei, però, si sfila dalla corsa a leader federatore del campo largo: “Io non farò mai le primarie. Al di là che sono la sindaca di Genova, le trovo proprio sbagliate come strumento, anche per scegliere il leader del Pd. La sinistra deve smetterla di farle, il messaggio che devi dare alla tua base è che la dirigenza – che sia di coalizione o di partito – ti propone un programma e un leader per vincere. Nelle primarie invece io devo spiegare per un mese perché sono meglio degli altri e quindi ne devo parlare male. Bel capolavoro: in campagna elettorale la destra si unisce per vincere e la sinistra passa il tempo a spararsi addosso”.
(da agenzie)
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Dicembre 18th, 2025 Riccardo Fucile
AD ATREJU GLI INTERVISTATI PEGGIO DEI TRINARICIUTI DI GUARESCHI
Sono tornato ad Atreju, un anno dopo. Sono tornato alla festa di Fratelli d’Italia 365 giorni dopo che il presidente del Senato e seconda carica dello Stato Ignazio La Russa cercò di cacciarmi perché avevo osato chiedere se per lui fosse arrivato (finalmente) il momento di dichiararsi antifascista.
Spoiler: secondo lui non era ancora giunto quel momento, mi insultò, si avvicinò e mi abbassò la telecamera, poi disse che avrebbe risposto più tardi ma ovviamente non lo fece. E dopo che sempre lo scorso anno mi fu impossibile, fra decine e decine di persone intervistate, trovarne una che semplicemente, senza orpelli e distinguo, si dichiarasse semplicemente “antifascista”, come la Costituzione italiana.
Questa era la premessa. Il fatto invece è che sono tre anni (e più) di governo incontrastato (nei numeri) di Giorgia Meloni. Quattro leggi di bilancio e oltre tre anni di governo in cui ha potuto fare tutto quello che ha voluto, conscia e consapevole di una maggioranza granitica (almeno al momento dei voti in aula), costituita da 30 senatori e senatrici in più al Senato rispetto alla somma di tutte le opposizioni, e addirittura di 74 deputati e deputate in più alla Camera.
Sono tornato ad Atreju dopo oltre tre anni di governo di Giorgia Meloni, dicevo. E l’ho fatto con un dato in tasca, direttamente dal Ministero dell’Interno: i reati commessi in Italia, dal 2022 a oggi, sono aumentati del 5,5%. In pratica: tre anni di governo Meloni e ogni anno la criminalità nel Paese è aumentata rispetto all’anno precedente. Brutto dato, ho pensato, per qualsiasi governo. Ma per un governo che addirittura ha fondato il suo essere sulla
parola “sicurezza”, impostando le campagne elettorali sulla “sinistra che non fa abbastanza”, dovrebbe essere un dato (per loro) sconcertante. O almeno questo ho pensato io, prima di andare a sentire che cosa ne pensassero.
E qui la sorpresa: ad Atreju pensano che l’aumento dei reati in Italia non sia colpa loro, ma di qualcun altro.
E, doppia sorpresa, chi sarebbe questo qualcun altro? Chiunque altro. C’è chi se la prende con “le persone che sono impazzite”, perciò “colpa della società” e “della salute mentale”. Onestamente arduo, pensare a un furto o a una rapina come conseguenza di un problema di salute mentale. Anche perché, se si seguono i processi, non è mai questa la linea difensiva di chi commette un furto o una rapina.
C’è poi chi incolpa il Covid, che di problemi ne ha causati effettivamente molti, ma è difficile comprendere la relazione con le lesioni dolose o le violenze sessuali, tra l’altro anni dopo.
C’è chi incolpa “la sinistra” perché l’aumento dei reati oggi sarebbe l’effetto delle scelte del passato (quando però la sinistra non ha mai governato, al limite il centrosinistra con il Governo Gentiloni, meno di due anni negli ultimi quattordici anni di governi in Italia).
C’è chi incolpa “i sindacati”, che (seguite bene il ragionamento, o almeno il suo tentativo), utilizzerebbe gli scioperi per aumentare la rabbia delle persone contro il governo e di conseguenza le persone commetterebbero poi più reati.
Io di attacchi ai sindacati e al diritto di sciopero ne ho ascoltati tanti, in vita mia, ma questo vola dritto al primo posto per
fantasia.
Nella gara della fantasia, insedia il primato della colpa data ai “sindacati” quella di chi attribuisce la colpa ai “criminali più di sinistra che commettono un maggior numero di reati quando c’è un Governo di centrodestra per farlo sfigurare”. Questa non mi sento neanche di commentarla.
Poi un grande classico: la colpa affibbiata alla magistratura e ai giudici che “non si mettono nei panni di noi genitori”.
Poi un altro grande classico, ingiocabile: la colpa data agli immigrati. Che però, attenzione: non sono aumentati. Sono “gli immigrati portati dalla sinistra negli anni passati e che hanno iniziato ora a delinquere”.
Ma c’è chi si spinge oltre, incolpando dei reati i poveri e le persone senza casa. Ma quando gli chiedo se allora sono aumentati i poveri, durante il governo Meloni (spoiler: sì, sono aumentati, ora sono 5,7 milioni), quella stessa persona fugge dalla risposta.
E poi, per chiudere in bellezza (si fa per dire), la colpa data alle vittime dei reati aumentati (violenze sessuali, rapine, furti, lesioni dolose), perché durante i Governi di centrosinistra le vittime non denunciavano e lo fanno invece ora per fare aumentare le statistiche contro il governo di centrodestra di Giorgia Meloni.
Riassumendo: ad Atreju 2025 la carta del vittimismo scomposto è la più giocata. Non è mai colpa loro, neanche se governano da oltre tre anni e neanche sui temi a loro (solo teoricamente) più cari, come la questione sicurezza nel Paese. C’è sempre un altro
colpevole per Fratelli d’Italia, un nemico esterno da individuare, qualcuno che impedisce loro di fare le leggi nonostante siano proprio loro a governare da anni e con una maggioranza ampia e fino a questo momento mai mancata.
Io dopo due anni di Atreju ho imparato questo: non sono antifascisti (guai a chiamarli così!) ma non sono neanche “per la sicurezza”. Almeno durante il Ventennio si erano ridotti i crimini
(da Fanpage)
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Dicembre 18th, 2025 Riccardo Fucile
IL GOVERNO UNGHERESE È ACCUSATO DI AVER COPERTO VIOLENZE NEI CONFRONTI DEI DETENUTI DI UN CARCERE MINORILE DI BUDAPEST: A MAGGIO, L’ALLORA DIRETTORE PÉTER PÁL JUHÁSZ E’ STATO ARRESTATO CON L’ACCUSA DI AVER COSTRETTO ALCUNE RAGAZZE A PROSTITUIRSI: DOPO L’ARRESTO NON È STATO RINVIATO A GIUDIZIO PERCHÉ SAREBBE STATO PROTETTO DAL GOVERNO
A Budapest non si parla d’altro: lo scandalo degli abusi nei riformatori statali rischia
di tradursi in un terremoto politico per Viktor Orbán, già indietro nei sondaggi in vista delle elezioni di aprile. La crisi di fiducia, dopo anni di piglio autoritario e casi di corruzione, è ora aggravata dal «caso Szolo», dalla via dell’istituto di correzione minorile teatro dei soprusi.
Abusi coperti dal governo, denuncia l’opposizione: mentre il primo ministro promuove leggi liberticide con la scusa di proteggere i bambini dalla propaganda gay, molti iniziano a
pensare che l’unica «famiglia» che il governo protegge davvero è la cerchia ristretta di Orbán.
Sabato scorso in 50 mila sono scesi in piazza davanti alla sede del premier nel Castello di Buda dopo la diffusione di un video che mostra il direttore di quel riformatorio picchiare un ragazzino: la sua testa sbattuta sulla scrivania, poi per terra calciata da chi dovrebbe «rieducarlo».
Il caso è scoppiato nel maggio scorso, quando l’allora direttore Péter Pál Juhász e la sua compagna Aisah sono stati arrestati con l’accusa di aver costretto alcune ragazze a prostituirsi. Ma dopo l’arresto non è seguito il rinvio a giudizio, perché lui, un fedele di Orbán, secondo i detrattori, avrebbe trovato protezione negli ambienti governativi.
Per tentare di soffocare le critiche, il ministro della Giustizia aveva dichiarato che nell’indagine in corso «non sono coinvolti minori». Ma quel video divulgato la scorsa settimana proverebbero il contrario: nel filmato si vede il direttore ad interim, Karoly Kovacs-Buna, nominato per sostituire quello incarcerato a maggio che picchia un adolescente. Anche lui ora è stato arrestato ma non incriminato
Eppure le immagini, riprese delle telecamere di sorveglianza alcuni anni fa, erano note da mesi alla polizia, assicura Peter Juhasz, l’attivista dell’opposizione che le ha diffuse sui social. Per tutta risposta il governo ha messo tutti i centri di detenzione minorile statali sotto la supervisione della polizia: così sarà ancora più difficile ottenere testimonianze dai ragazzi dentro. Ieri si è dimesso anche il nuovo il direttore ad interim, Balázs
Varga. «Pure lui è sospettato di violenze fisiche nei confronti di minori» spiega al Corriere Stefano Bottoni, docente di storia all’università di Firenze, che si trova a Budapest per promuovere il suo libro L’Ungheria dagli Asburgo a Viktor Orbán : «Questo caso è solo la punta dell’iceberg e si intreccia con lo scandalo del febbraio 2024», quando la presidente della repubblica Katalin Novák, ex ministra della Famiglia («tradizionale») si dimise per aver coperto uno scandalo di pedofilia: si scoprì che aveva graziato il vicedirettore di un istituto condannato per aver insabbiato abusi nei confronti dei bambini.
«A Budapest si dice ci sia un’ampia rete di pedofili, si temono ripercussioni politiche ai massimi livelli» considera Bottoni. Che il problema sia molto esteso lo si evince da un rapporto ufficiale del 2021, rimasto finora riservato, in cui si conclude che un quinto dei minori nelle strutture pubbliche ungheresi è stato vittima di abusi, anche sessuali.
(da Corriere della Sera
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Dicembre 18th, 2025 Riccardo Fucile
BASTA TRARNE LE CONCLUSIONI
Nuovi e pericolosi strumenti di disinformazione, ma anche armi efficaci per costruire campagne di propaganda politica, capaci di colpire un avversario con un video di pochi secondi. Sono i deepfake: video e immagini generate dall’intelligenza artificiale che hanno ormai invaso i nostri feed social. Proprio su questo tema e sulle ricadute che può avere nel dibattito politico, oggi, 18 dicembre, i siti di informazione online Pagella Politica e Facta hanno organizzato una conferenza stampa. All’iniziativa hanno preso parte tutti i partiti politici, ma con una grande assenza: la Lega di Matteo Salvini.
I punti dell’appello
Il partito del Carroccio ha infatti scelto di non sottoscrivere l’appello presentato dalle due testate a tutte le forze politiche, con cui si chiedeva ai diversi gruppi di impegnarsi a non creare né diffondere contenuti mediali deepfake, «anche quando non costituiscono reato ai sensi della legge», nonché a rimuoverli o segnalarli qualora pubblicati inconsapevolmente, informando e sensibilizzando i propri iscritti sul tema. Per la maggioranza erano presenti invece i deputati Augusta Montaruli, per Fratelli d’Italia, e Paolo Emilio Russo, per Forza Italia.
Cosa sono i deepfake?
Dal punto di vista tecnico – riprendendo la definizione del Garante della Privacy – quando parliamo di deepfake ci riferiamo a contenuti – foto, video o audio – creati tramite software di intelligenza artificiale che, a partire da materiali reali, riescono a modificarli o ricrearli in modo estremamente realistico, riproducendo fedelmente le caratteristiche, i movimenti di un volto o di un corpo e persino una determinata voce. È un tema che sta interessando sempre di più la politica.
Una conferma è arrivata anche la scorsa settimana alla kermesse di Fratelli d’Italia: dal palco di Atreju è stato infatti organizzato un panel dedicato proprio al fenomeno dei deepfake. Tra gli ospiti, anche l’attore Raoul Bova.
La ragione per cui il leader della Lega potrebbe aver scelto di non aderire – in assenza di una conferma ufficiale da parte del Carroccio – potrebbe ricondursi all’Ungheria del suo «amico» e alleato nella famiglia europea dei Patrioti, Viktor Orbán. Nell’appello viene infatti richiamato il caso ungherese: lo scorso ottobre Balázs Orbán, consigliere politico del primo ministro, ha diffuso un video deepfake in cui faceva dire al leader dell’opposizione, Péter Magyar, che avrebbe tagliato le pensioni. Il video è stato pubblicato a meno di sei mesi dalle elezioni parlamentari, che potrebbero rivelarsi le più difficili per Viktor Orbán da quando è entrato in carica nel 2010, in un contesto segnato dalla stagnazione economica. Balázs Orbán non ha mai chiesto scusa per la diffusione del contenuto, mentre Magyar ha sporto denuncia.
(da agenzie)
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Dicembre 18th, 2025 Riccardo Fucile
IL MONDO DEL TRUMPISMO “MAGA” TIFA APERTAMENTE PER IL PARTITO POST NAZISTA: CHE LA DESTRA AMERICANA STIA LAVORANDO (E FINANZIANDO?) AFD, PER DESTABILIZZARE L’UE, È NOTO DA TEMPO
«Cancelliere Merz: butti giù il muro!». La citazione di Ronald Reagan rimbomba tra
le colonne del Cipriani Wall Street. Dovid Holtzmann sta tenendo la laudatio a Markus Frohnmaier, ospite d’onore dei Maga e spitzenkandidat dell’Afd alle prossime elezioni in Baden-Württemberg.
È il momento clou della serata di gala newyorchese dei “Young Republicans”. E si scioglie in un applauso scrosciante. I giovani trumpiani si sono preparati per settimane ad accogliere l’ultradestra tedesca sabato scorso a New York – anche con slogan inequivocabili: “Afd über alles”, ad esempio -. Un omaggio alla strofa dell’inno tedesco, proibita dopo il nazismo.
Sono gli stessi Maga, del resto, finiti di recente nella bufera per le chat in cui inneggiavano a Hitler e scrivevano, a proposito delle partite di basket dell’Nba, che «se voglio vedere le scimmie vado allo zoo». Ma il senso della citazione di Reagan […] è chiaro: nel 1987 il presidente americano si rivolse a Gorbaciov e lo invitò a buttare giù il Muro di Berlino. I Maga chiedono a Merz di abbattere il cordone sanitario verso l’Afd e sdoganare uno dei partiti più radicali e isolati in Europa.
Che i trumpiani abbiano un debole per l’Afd è stranoto. Basti pensare al sostegno di Elon Musk all’ultradestra durante la campagna elettorale tedesca e la surreale intervista del patron di
X ad Alice Weidel culminata nel celebre «Hitler era comunista!».
A febbraio, poco dopo l’insediamento di Trump, il vicepresidente JD Vance venne alla Conferenza di Monaco a insultare l’Europa: l’accusò di minare la libertà di parola e la civiltà occidentale. Vance concesse appena 20 minuti all’allora cancelliere in pectore Friedrich Merz, mentre volle incontrare lungamente Weidel in un ristorante di lusso.
Non è un caso allora che da mesi alcuni parlamentari dell’Afd viaggino regolarmente negli Stati Uniti. E che la scorsa settimana una delegazione di quaranta esponenti del partito sia volata a Washington e a New York per elaborare convergenze con i Maga, studiare le loro tecniche di propaganda, farsi fotografare con lobbisti e parlamentari, incontrare riservatamente sottosegretari di Trump, ordire piani per la conquista del potere in Germania e assicurarsi il loro sostegno per scongiurare una messa al bando del partito.
E adesso Frohnmaier ha invitato i Maga in Germania, in concomitanza con la Conferenza di Monaco del prossimo febbraio.
La politologa dell’Università di Kiel Paula Diehl ci spiega […] che «per i tedeschi, soprattutto quelli cresciuti nella Germania Ovest, gli Stati Uniti sono sempre stati il “fratello maggiore”, non c’è un antiamericanismo radicato e antico come in Francia o in Italia. Quindi l’endorsement di quel “fratello maggiore” all’Afd è una legittimazione importante».
La settimana del tour americano dell’Afd è stata anche quella in cui la Strategia per la Difesa americana ha scosso la Ue: un documento in cui Trump si impegna nero su bianco a sostenere la resistenza delle destre contro i governi attuali. Maximilian Krah, uno dei leader dell’Afd, si è precipitato su X a festeggiarlo come la «Perestroika per Merz & Co». L’ex candidato alle Europee che dichiarò a Repubblica che «le SS non erano tutte criminali» fu cacciato nel 2024 con l’intero partito dal gruppo europeo di Marine Le Pen e Matteo Salvini. Ma la reietta Afd sta rientrando nel giro dei grandi grazie al sostegno sfegatato dei Maga americani.
A conferma, una fonte autorevole dell’Afd ci rivela a microfoni spenti che «anche dall’entourage di Salvini sono arrivati segnali di grande distensione e interesse verso Weidel».
E la stessa fonte racconta che nella Cdu – storica alleata dei Repubblicani – «c’è un enorme nervosismo per i nostri buoni rapporti con i Maga: prima del viaggio di Merz a Washington, alcuni maggiorenti della Cdu hanno fatto sapere ai Maga di non avere alcuna intenzione di vietare l’Afd. E c’è una parte del partito di Merz, com’è noto, che lavora a un’alleanza con noi».
Una delle pioniere dei legami coi Maga è la vicecapogruppo dell’Afd Beatrix von Storch. Da anni coltiva rapporti con l’ala trumpiana del partito, era tra le poche “elette” in Europa invitate all’inaugurazione di Trump e insieme a suo marito Sven tiene stretti legami anche con le destre sudamericane.
Siamo andati a trovarla nel suo ufficio parlamentare, alle pareti sono appesi ritratti di Reagan, Papa Wojtyla e Claus von Stauffenberg, l’aristocratico ufficiale delle SS che tentò di
ammazzare Hitler. Von Storch stessa è una baronessa dell’antico casato degli Oldenburg, il nonno fu ministro delle Finanze nella Repubblica di Weimar e poi nel Terzo Reich.
Storch ci racconta che «i partiti tradizionali hanno cercato di diffamarci in ogni modo. Ma queste campagne contro l’Afd sono fallite e ci hanno solo rafforzati».
Trump, grazie alla sua palese simpatia per Putin, ha sciolto anche le contraddizioni di un ex partito atlantista poi divenuto putiniano: l’Afd può ora può serenamente conciliare la sua predilezione per l’America e la Russia senza cadere in contraddizione. «Noi vogliamo mantenere sovrane le democrazie. Siamo per l’Occidente cristiano, per la nostra cultura e identità. Sul fronte opposto ci sono la sinistra, i socialisti, i sostenitori dell’isteria sul clima e dell’agenda woke, delle frontiere aperte e dell’abolizione degli Stati nazionali». Più trumpiani di così.
(da agenzie)
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Dicembre 18th, 2025 Riccardo Fucile
DUE ANNI FA ESTEBAN AVREBBE “ABUSATO DELLA SUA SITUAZIONE DI SUPERIORITÀ PER CERCARE DI RESTARE DA SOLO CON IL GIOVANE E COMPIERE MOLESTIE SESSUALI SENZA IL SUO CONSENSO”
Javier Esteban, responsabile delle reti sociali della forza ultraconservatrice spagnola Vox, ha rassegnato le dimissioni e si è autosospeso dal partito dopo che il quotidiano Abc ha pubblicato la notizia di una denuncia per molestie sessuali, presentata da un militante di 16 anni, affiliato all’organizzazione giovanile Revuelta.
Secondo la denuncia, presentata alla polizia lo scorso 12 dicembre e riportata oggi dai media iberici, Esteban avrebbe “abusato della sua situazione di superiorità in Vox e Revuelta”
per cercare di restare da solo con il giovane – che aveva 16 anni al momento dei fatti, avvenuti due anni fa – per “insinuarsi” e compiere molestie sessuali senza il suo consenso
Nel suo tweet di dimissioni, Esteban ha negato le accuse, parlando di un attacco personale legato a una faida interna a Vox, e annuncia però le dimissioni “per non danneggiare” il partito.
(da agenzie)
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Dicembre 18th, 2025 Riccardo Fucile
MA SE VUOI UN PARTITO “LIBERALE” NON PUO’ ESSERE ALLEATO CON SOVRANISTI E RAZZISTI, QUESTO RIMANE L’EQUIVOCO DI FONDO , IL RESTO SONO CHIACCHIERE
La sala è stracolma e si intravedono almeno ventidue parlamentari di Forza Italia.
Roberto Occhiuto, vicesegretario e governatore della Calabria, che con l’aiuto di Andrea Ruggieri ha organizzato un convegno intitolato “In libertà” a Palazzo Grazioli, nelle stanze che erano abitazione romana e ufficio politico del fondatore.
Si discute di svolta liberale e di liberalizzazioni e lui, Occhiuto, dissimula: «È stato detto che oggi nasce una corrente. Non è così. Questa vuole essere una scossa».
L’accordo per l’intervista, però, è di spingersi oltre le necessarie accortezze retoriche e politiche di un’iniziativa pubblica. Ed è qui che emergono, definendosi, le ambizioni di Occhiuto.
In tutto il suo intervento ha citato tre volte la premier Giorgia Meloni e mai Tajani.
«Non volevo che la mia iniziativa fosse qualificata come una corrente. Premetto che a Tajani va la riconoscenza mia e di tutti, perché ha guidato Forza Italia nel momento peggiore della sua storia, dopo la scomparsa di Berlusconi. L’obiettivo però resta di arrivare almeno al 20 %. Noi lo condividiamo e siamo qui per impegnarci, perché al momento il partito galleggia attorno all’8%. Per questo ho parlato di scossa liberale».
Tajani ha detto che a breve ci sarà il congresso e che correrà di nuovo per la segreteria. Lei si candida?
«A prescindere se io mi candiderò o meno, dobbiamo usare il tempo che ci separa dal congresso per proporre un profilo più smart, moderno e aperto del partito, riattualizzando il progetto di Berlusconi».
Ci sta girando intorno.
«Aprire il partito, questo è l’obiettivo. Ho dimostrato che il coraggio non mi difetta. Sono pronto, se necessario».
Tra i tanti presenti c’erano il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, il viceministro Francesco Paolo Sisto e Manlio Messina, che ha rotto con FdI. Assenti tutti i parlamentari più vicini a Tajani. Le è dispiaciuto?
«Un po’ sì. Se avessero partecipato la polemica sulla presunta corrente e sul futuro del partito non ci sarebbe stata»
Recentemente ha incontrato Marina Berlusconi, c’è lei dietro la sua iniziativa?
«Assolutamente no: l’ho organizzata in autonomia. Certo, gliene ho parlato. Incontro e sento spesso Marina Berlusconi, ma questa iniziativa nasce sotto la mia responsabilità».
La incontra e la sente spesso perché stanno puntando su di lei per il futuro?
«Nessun endorsement. I fratelli Berlusconi desiderano che la creatura a cui il loro papà teneva possa godere della migliore salute possibile»
Pier Silvio è stato chiaro: FI deve rinnovarsi, nelle forze, nelle facce, nelle idee.
«Va fatto quello che fece Berlusconi: aprire il partito a esperienze diverse, cercando il nuovo non solo tra i dirigenti dei territori, ma anche fuori dalla politica. Credo che parte del loro auspicio sia questo».
Sfrattando Tajani?
«No. Sarebbe un piano poco ambizioso se si limitasse alla sostituzione del leader».
E se scendesse in campo Pier Silvio?
«Sarebbe bello per gli italiani ci fosse un Berlusconi da votare di nuovo. Solo il suo nome apre un immaginario. Ma non mi pare ci sia l’intenzione. Detto questo, qualunque cosa dicano i
Berlusconi suscita una grandissima attenzione. Non è banale».
§Mentre lei parlava, Giorgia Meloni interveniva alla Camera. Cosa ha sbagliato in tre anni di governo la premier?
«La domanda da farsi è: al centrodestra basta Meloni? Bisogna rafforzare l’ala liberale della coalizione. Gli ingredienti per spingere sulle riforme, liberalizzare e modernizzare il Paese sono tanti».
Ho sentito parlare di diritti civili, eutanasia, cittadinanza agli immigrati, di portare più migranti per le imprese, di lotta alle corporazioni. Come fa a convivere con Meloni e Matteo Salvini? «Perché siamo la colonna liberale. In Italia abbiamo la cattiva abitudine di pensare che il significato di destra e sinistra sia scritto sulla pietra. I miei figli di 19 e 23 anni considerano centrodestra iperconservatore. Su alcuni argomenti bisogna osare, va presa la ricetta liberale e aggiornata ai tempi. Ci sono cose che non ti fanno prendere voti subito, ma ti modificano il profilo e ti rendono sexy. Per esempio, a me ha colpito la vittoria di Mamdani a New York…»
«Mamdani è lontanissimo da me per cultura politica, ma che un musulmano, figlio di un’indiana e di un ugandese sia diventato sindaco della più importante città del mondo fa riflettere. È un modello di inclusione che hanno inventato gli Stati Uniti? No. Lo abbiamo inventato noi con l’impero romano.
E dunque va bene che il governo combatta in tutti i modi i trafficanti di morte e usi tolleranza zero con i migranti che delinquono ma bisogna anche contrastare l’inverno demografico dell’Italia. Gli imprenditori chiedono più migranti. Che
facciamo? Io in Calabria sto valutando di portare i centri per l’impiego in Tunisia».
Ma è alleato con FdI che parla di sostituzione etnica.
«E io sono il vicesegretario del partito che aveva come leader Berlusconi che si è commosso davanti al cadavere di una bambina a Lampedusa».
Lei è sotto inchiesta per corruzione. Non pensa sia inopportuno rilanciarsi sul piano nazionale con questo peso?
«Non mi sono fatto condizionare prima e non lo faccio ora. Ho l’assoluta certezza di non aver commesso reati. In un Paese civile la magistratura fa il suo lavoro, e la politica – mentre le indagini vanno avanti – il proprio: questo è il cuore del garantismo. Il motivo per cui mi sono ricandidato in Calabria e ho vinto».
Berlusconi è stato accusato di aver usato la politica per sfuggire ai magistrati.
«Ero già deputato e in tanti anni di politica non avevo mai ricevuto un avviso di garanzia».
Politica estera: Donald Trump.
«Non è il mio ideale politico ma nemmeno un nemico da liquidare: è il presidente di un pilastro dell’Occidente. Restiamo alleati degli Usa senza per questo idolatrare Trump».
I messaggi d’amore tra Salvini e il Cremlino.
«Salvini sta dimostrando una certa coerenza, nonostante i fatti della storia, e cioè l’invasione dell’Ucraina, dovrebbero metterla in dubbio».
(da La Stampa)
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Dicembre 18th, 2025 Riccardo Fucile
PARLA IL GOVERNATORE DELLA CALABRIA E SEMBRA DI SENTIRE MARINA & PIER SILVIO: “BASTA GALLEGGIARE INTORNO ALL’8%. MELONI NON È SUFFICIENTE AL CENTRODESTRA. BISOGNA RAFFORZARE L’ALA LIBERALE DELLA COALIZIONE” – A FAR TRABOCCARE LA PAZIENZA DELLA FAMIGLIA BERLUSCONI È STATA LA PROSPETTIVA DI UN CONGRESSO NAZIONALE CHE AVREBBE DATO A TAJANI, GASPARRI E BARELLI IL POTERE DI COMPORRE LE LISTE PER LE POLITICHE NEL 2027… LA MINACCIA DI TOGLIERE DAL SIMBOLO DEL PARTITO IL NOME “BERLUSCONI”, CHE VALE OLTRE LA METÀ DELL’8% DI FORZA ITALIA
Cosa ha spinto il governatore calabrese e vice segretario di Forza Italia, Roberto Occhiuto, a scendere in campo per sfrattare Antonio Tajani e i suoi due compari, il capogruppo alla Camera, Paolo Barelli, e il capogruppo al Senato, Maurizio Gasparri?Come largamente anticipato, il convegno di Occhiuto nel salone di Palazzo Grazioli, ex dimora e centro di comando di “Papi” Silvio, non poteva nascere senza il beneplacito di Marina e Pier Silvio Berlusconi, che del ciociaro Tajani hanno piene le scatole.
Non si contano le volte che l’Ad di Mediaset, in qualsiasi occasione pubblica, ha chiesto un secco cambio al vertice mettendo in risalto “i valori incarnati dal partito fondato dal Cavaliere di Arcore, che “devono essere portati a ciò che è oggi la realtà, cioè all’anno 2025’’. Per il futuro servono quindi “facce, idee nuove e un programma rinnovato”.
E va detto che il presidente della Regione Calabria ha il profilo giusto: 56 anni, è appena stato riconfermato con il 57% dei voti, di cui il 13% dalla sua lista personale, e, da perfetto erede della Buonanima di Arcore, è pure finito indagato per corruzione, nel mirino della procura di Catanzaro.
All’esplicito avviso di sfratto degli eredi del Biscione, Tajani ha sempre fatto orecchie da mercante, fregandosene dei ripetuti “consigli” ricevuti da Marina.
La “Cainana”, nelle sue visite meneghine, ha intimato al segretario di togliersi dal braccio il tovagliolo di cameriere di Casa Meloni, e quindi di sostituire i capigruppo alla Camera (Barelli) e al Senato (Gasparri), rispettivamente con Deborah Bergamini e l’avvocatessa della “Berluscona”, Cristina Rossello.
Dire che la Cavaliera di Arcore sia stufa di essere presa per i fondelli dal paraculismo parolaio romano è mero eufemismo. Così è sbottato con “Domani” un “volto nuovo” della Famiglia: “Non bastano più gli incarichi “fuffa” che stanno distribuendo. Non basta mandare in tv qualche volta Simone Leoni (segretario di Forza Italia giovani, ndr) o Livia Bonacini (vicesegretaria junior di Forza Italia Roma, ndr) o incaricare Giorgio Mulè di occuparsi del referendum sulla separazione delle carriere
Secondo la presidentessa di Fininvest, la governance tajanea è del tutto inadeguata per rendere Forza Italia una forza centrista di ispirazione liberale che vada al di là del misero 8% e capace di smarcarsi dal rischio di cannibalizzazione da parte della Ducetta della Sgarbatella. Tutti concetti ripetuti, tali e quali, ma con accento calabro, ieri da Occhiuto al suo convegno romano.
La goccia che ha fatto traboccare il vasino della pazienza della Famiglia, e dare il via libera a Occhiuto, è stata la scoperta che, a fine gennaio 2026, i tre caballeros hanno pianificato i congressi regionali e poi quello nazionale per blindare le loro poltrone al vertice di Forza Italia con l’obiettivo di scegliere i nomi della lista dei candidati alle politiche del 2027.
A finire relegata a spettatore, manco ci pensa la Famiglia “proprietaria” con oltre 90 milioni di fidejussioni del partito. Caro Tajani, le liste elettorali le facciamo noi e solo dopo ‘’il rinnovamento del partito secondo gli ideali liberali di Silvio Berlusconi”, vale a dire dopo che ti sei tolto dai piedi.
A spazzare via qualsiasi velleità dei tajanei, è arrivata da Milano la minaccia di togliere dal simbolo elettorale del partito il nome “Berlusconi”, che vale oltre la metà dell’8% di Forza Italia, il cui utilizzo è nelle mani del tesoriere del partito, Fabio Roscioli, che negli ultimi anni è stato il legale personale del Cav e anche dei figli in diverse cause civili.
E non è un caso che Roscioli, oscuro alle cronache romane, ieri sia atterrato a Roma per assistere, in nome e per conto di Marina e Pier Silvio, alla scesa in campo di Occhiuto.
Mentre la fedelissima della Cavaliera, Deborah Bergamini, al pari dell’Eminenza Azzurrina Gianni Letta, per non dare adito a voci di trame e complotti, si è tenuta lontana da Palazzo Grazioli, con la scusa di una missione all’estero.
Da un lato il duplex Marina-Occhiuto, dall’altro le velleità politica di Pier Silvio segnalate dai sempre più numerosi viaggi a Roma, scortato dall’uomo chiave del gruppo MFE-MediaforEurope (ex Mediaset), Stefano Sala: i giorni di Tajani sono contati…
(da Dagoreport)
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Dicembre 18th, 2025 Riccardo Fucile
DA QUASI 15 ANNI SALVINI E MELONI PROMETTONO DI ABOLIRLA, ORA CHE GOVERNANO RENDONO ANCORA PIU’ LONTANA LA PROSPETTIVA DELLA PENSIONE, UN MONUMENTO ALLE BUGIE DELLA POLITICA
Come passa il tempo quando ci si diverte: e infatti, sono passati esattamente 14 anni
e qualche giorno da quel 6 dicembre del 2011 in cui venne varata quella riforma che passo alla storia come Legge Fornero sulle pensioni, contenuta nel più ampio pacchetto di misure che l’allora presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti battezzò come Salva Italia.
Nel presentare quella riforma che prevedeva, tra le altre cose, il passaggio al sistema contributivo per tutti, l’aumento dell’età pensionabile e la fine delle pensioni per anzianità tutti si ricordano le lacrime della ministra Elsa Fornero, ma pochi ricordano le sue parole, quando parlava di “vincoli finanziari severissimi”. Parole che, nei fatti, volevano dire solo una cosa: che quella riforma era l’unico segnale possibile che si poteva dare ai mercati sulla sostenibilità del nostro bilancio pubblico nel medio termine e di conseguenza, sul tasso d’interesse dei nostri titoli di Stato. Giusto per ricordacelo: meno di un mese prima, il 9 novembre, lo spread aveva toccato quota 573 e i titoli di stato un rendimento del 7%, quello che aveva portato al punto di non ritorno Grecia, Portogallo e Irlanda.
L’unica cosa certa di quella storia, comunque la pensiate, è che la riforma Fornero ha di fatto salvato l’Italia dal fallimento, con lo spread che scende a 375 e lo Stato italiano che riesce a rifinanziare il suo debito. Da quel momento in poi è stato un affastellarsi di bugie e di proclami che a rileggerli tutti assieme fanno spavento.
Ci perdonerete se sintetizziamo le dichiarazioni di Salvini nello spazio di un paragrafo, ma se dovessimo riprendere tutte le promesse che ha fatto sull’abolizione della Fornero, non basterebbe un libro: nell’ordine l’ha definita “una schifezza”, “immorale”, “ingiusta”, “disumana”, e ha detto che cancellarla sarebbe stato un”impegno morale”, un “atto di giustizia”, la “prima cosa da fare una volta al governo”. Ha detto anche che se non l’avesse cancellata saremmo stati liberi – bontà sua! – di
“spennacchiarlo”. Ha anche detto – quello che oggi piange di fronte alla morte di Charlie Kirk e che si spaventa per l’odio politico – che quando vede la Fornero “gli prudono le mani”.
Nel frattempo, al governo, Matteo Salvini ci è andato tre volte, da allora, ma la Legge Fornero sta sempre lì. Anche perché abolirla – vi basti questo articolo come bigino – è davvero complicato, senza far crollare tutto.
E che dire di Giorgia Meloni? Sebbene da parlamentare votò a favore di quella legge- che a dire il vero si chiama Sacconi-Fornero e nella sua prima formulazione fu proposta dal governo Berlusconi di cui faceva parte (toh) anche la Lega – più volte negli anni seguenti disse che si era pentita di averla votata. Non disse che l’avrebbe abolita e nemmeno che si sarebbe potuti tornare allo stato delle cose precedente. Però, bontà pure sua, disse che era “una legge fatta male”.
E quindi “per farla meglio”, l’ha modificata più volte, buon ultima con questa legge di bilancio, arrivando a renderla ancora più restrittiva , intervenendo sulle pensioni anticipate e sul riscatto della laurea, allo scopo di raggranellare qualche miliardo di euro per uscire dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo e avere accesso alle linee di credito per aumentare la spesa della difesa.
Oggi tutti raccontano che sono cambiate le condizioni, che le promesse di quattordici anni fa non contano nulla, che tutti in campagna elettorale promettono cose a caso. Alcuni arrivano pure ad elogiarli, Meloni e Salvini, ché finalmente la destra è diventata seria, e non fa più promesse a vanvera
Il problema è che sulla clamorosa presa in giro della riforma Fornero, che “si poteva evitare”, che “non bisognava votarla”e che “si poteva cancellare al primo consiglio dei ministri”, l’attuale maggioranza di governo ha costruito la sua sopravvivenza e il suo successo dopo la caduta di Berlusconi del 2011. Di più: al pari della propaganda contro gli stranieri – altra clamorosa presa in giro, visti i numeri di sbarchi e rimpatri – la promessa di abolire la Fornero è stato il vero motivo che ha consentito alla destra di mietere consensi senza trovare ostacoli, sbandierando promesse irrealizzabili e nemici immaginari.
Il risultato ce l’abbiamo sotto gli occhi: una crescita demografica asfittica, una crescita economica al palo, stipendi che non crescono, i conti pubblici dell’Inps che peggiorano di anno in anno a causa di essa e che impongono correzioni di rotta e viti da stringere, per non far saltare il banco. E un’opinione pubblica smemorata, che si dimentica di chiedere conto di tante bugie tutte assieme, e della fiducia che ha accordato loro.
L’augurio è che serva di lezione per il futuro. Anche se, visto l’andazzo, non ci giureremmo.
(da Fanpage)
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