DECISIONE STORICA NEL REGNO UNITO: LA CAMERA DEI COMUNI HA APPROVATO LA PROPOSTA DI LEGGE SUL SUICIDIO ASSISTITO
IL DISEGNO È SOLO PER I MALATI TERMINALI: A DIFFERENZA DELL’EUTANASIA, SARÀ IL PAZIENTE CHE, DA COSCIENTE, DOVRÀ ASSUMERE I FARMACI LETALI. LA DECISIONE DOVRÀ ESSERE SUPERVISIONATA DA DUE MEDICI INDIPENDENTI
Questa vittoria è per mia sorella Jo Cox. Senza di lei, non sarei mai entrata in politica e oggi non sarei qui». Incontriamo Kim Leadbeater, 49 anni, nel Parlamento di Westminster, dopo un voto storico. La sua proposta sul suicidio assistito è legge, o quasi: ai Comuni è passata anche in terza lettura, manca solo un ultimo check dei Lord.
È stata una settimana straordinaria per la deputata: laburista come sua sorella Jo assassinata il 16 giugno 2016 da un estremista di destra, a una settimana dal referendum della Brexit. Jo Cox era una europeista convinta, come Kim, che nel 2021 è stata eletta a Spen Valley. Proprio la circoscrizione della sorella.
Fuori dai cancelli intanto si accalcano decine di manifestanti pro-vita e pro-scelta. Alla fine i Comuni dicono sì: 314 a 291 voti. Ora, dopo ore di dibattito in Parlamento, il disegno di legge tornerà ai Lords.
In base alla proposta, i pazienti che richiederanno il suicidio assistito dovranno essere registrati con un medico di base in Galles o Inghilterra da almeno un anno e aver ricevuto una diagnosi di malattia terminale con non oltre sei mesi di vita rimanenti. Devono avere la capacità mentale di prendere una decisione informata, senza pressioni, e firmare due dichiarazioni davanti a testimoni.
Il disegno di legge, a differenza degli altri sei Paesi europei (Svizzera, Olanda, Spagna, Lussemburgo, Belgio e Austria) che legalizzano il fine vita, è solo per malati terminali.
Non è un’eutanasia perché non è il medico che “somministra” la morte al paziente. Ma quest’ultimo che, da cosciente, dovrà assumere i farmaci letali. La decisione dovrà essere supervisionata da due medici indipendenti. Un panel di esperti scelti da giudici, infine, interrogherà uno dei due medici e il paziente, e solo dopo il loro ok si potrà procedere. «Non è questione di vita o di morte», continua Leadbeater, «ma di poter scegliere come morire».
(da agenzie)
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