PER ARRIVARE ALLA TREGUA IN IRAN, TRUMP S’È VENDUTO ZELENSKY : PUTIN, INSIEME ALL’EMIRO QATARINO AL THANI, AVREBBE AVUTO UN RUOLO DI PRIMISSIMO PIANO NEL PRESSING SU TEHERAN PER ARRIVARE ALLA TREGUA
“MAD VLAD” HA TUONATO CONTRO L’IPOTESI DI UN CAMBIO DI REGIME: PER LUI SAREBBE LA PERDITA DELL’ULTIMO ALLEATO REGIONALE, DOPO LA DESTITUZIONE DI ASSAD… IN CAMBIO DELL’IMPEGNO A TENERE BUONO KHAMENEI, IL PRESIDENTE POTREBBE ESSERE RIPAGATO CON CONCESSIONI IN UCRAINA (E INFATTI, AL VERTICE NATO DELL’AJA, TRUMP HA PARLATO DI UN ACCORDO CON LA RUSSIA)
I passaggi che hanno portato in poco più di due giorni dal bombardamento Usa dei tre siti nucleari di Teheran a una (precaria) tregua tra Iran e Israele portano il marchio della spregiudicata diplomazia muscolare di Trump […] ma anche quello dell’efficace opera di mediazione del Qatar, Stato cerniera che ospita basi americane ma ha rapporti molto stretti col regime degli ayatollah
Un ruolo di persuasione nei confronti di Tehran potrebbe, poi averlo avuto anche Vladimir Putin, una volta ottenuta l’assicurazione da Trump della rinuncia a un regime change in Iran, anche se sulla sua rete sociale il presidente aveva ipotizzato il contrario.
Il puzzle di quanto avvenuto dietro le quinte della guerra è ormai abbastanza definito, anche se manca ancora qualche tessera: dai dubbi sulla reale volontà di Netanyahu di rispettare la tregua a come una catena di comando iraniana devastata dalle uccisioni mirate degli israeliani e con la Guida suprema asserragliata in un bunker sia arrivata a decidere il cessate il fuoco
Una settimana fa il tentativo americano di negoziare direttamente coi leader iraniani a Istanbul (era pronto a partire per la Turchia il vicepresidente JD Vance) era fallito anche per l’impossibilità dei capi superstiti di raggiungere Ali Khamenei. Ora i collegamenti sarebbero stati ripristinati, magari usando «pizzini» fisici anziché reti elettroniche di comunicazione, facilmente intercettabili.
Poi la decisione di Trump di attaccare i tre siti nucleari iraniani di Fordow, Natanz e Isfahan con i micidiali ordigni penetranti da 14 tonnellate Gbu 57 che solo gli Stati Uniti posseggono.
Ma subito dopo il bombardamento (o addirittura prima, secondo alcune indiscrezioni uscite dalla Casa Bianca), Trump ha fatto sapere all’Iran che con quell’attacco […] l’intervento militare americano era da considerare concluso e si poteva riprendere a parlare di tregua. A caldo la risposta di Teheran è stata: «Prima la vendetta, poi vedremo».
Abbas Araghchi, ministro degli Esteri di un Paese isolato e messo alle corde dall’offensiva di Netanyahu, è volato a Mosca per consultazioni con l’«alleato strategico» russo.
Ma Putin non è andato oltre la condanna politica dell’attacco all’Iran: niente sostegno militare (non fa parte degli accordi ha fatto sapere il Cremlino).
Putin potrebbe aver giocato un ruolo importante nel premere su Teheran per la tregua: era stato minaccioso, evocando l’apertura di vaso di Pandora in caso di regime change a Teheran che per lui avrebbe significato la perdita di un altro alleato, dopo la Siria di Assad.
Secondo questa versione, ottenuto da Trump l’impegno a non rovesciare gli ayatollah, Putin si sarebbe impegnato per evitare un’espansione del conflitto. Nella speranza di essere ripagato dal presidente Usa con concessioni sul fronte ucraino.
Ieri, però, interrogato su questo, Trump è stato tranchant: «Putin mi ha chiesto se avevo bisogno di aiuto per l’Iran. Gli ho risposto di no. Ho bisogno di aiuto, invece, per quello che sta facendo lui. Spero di arrivare a un accordo anche con la Russia perché quello che accade è vergognoso: altri seimila morti la scorsa settimana».
Il resto è stato guerra-spettacolo: i 14 missili iraniani lanciati contro la base Usa di Al-Udeid in Qatar. Con un preannuncio finalizzato ad evitare vittime americane che ha consentito l’abbattimento di tutti gli ordigni meno uno, finito in una zona disabitata.
Trump ha ringraziato Teheran per questa reazione «puramente simbolica e preannunciata» ed ha escluso ulteriori rappresaglie Usa. Poi ha chiesto la tregua immediata. Mentre l’emiro e il premier del Qatar condannavano l’attacco missilistico avviando, al tempo stesso, la mediazione diplomatica Teheran-Washington, Trump ha chiesto anche a Netanyahu la sospensione degli attacchi.
Probabilmente il leader israeliano si è piegato malvolentieri, ma dopo l’intervento Usa non poteva dire di no: non un grande sacrificio, visto che l’Idf gli ha comunicato di aver ormai centrato quasi tutti gli obiettivi del piano di attacco all’Iran. Poi l’ultima scaramuccia dopo l’inizio della tregua, stroncata da Trump con un duro intervento soprattutto su Israele.
(da Il Corriere della Sera)
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