DIETRO LA MOSSA DEL RICONOSCIMENTO DELLO STATO DI PALESTINA DA PARTE DI MACRON, C’E’ UN PIANO CON L’ARABIA SAUDITA PER ARRIVARE A UNA CONFERENZA INTERNAZIONALE CHE SANCISCA LA SOLUZIONE DEI “2 STATI” NEL CONFLITTO MEDIORIENTALE
L’ELISEO PUNTA A COINVOLGERE REGNO UNITO E CANADA ENTRO L’ASSEMBLEA ONU DI SETTEMBRE, DOVE ANNUNCERÀ IL RICONOSCIMENTO FORMALE DELLA PALESTINA, E A OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DI ISRAELE DA ALCUNI PAESI ARABI (TRA CUI ARABIA SAUDITA, KUWAIT E QATAR)
La svolta annunciata da Emmanuel Macron è il frutto di scambi diplomatici intensi condotti insieme all’Arabia Saudita. È nell’asse strategico con Riad che il leader francese vuole tentare di creare un movimento reciproco: il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di diverse nazioni occidentali, in cambio del riconoscimento dello Stato di Israele da alcuni leader del mondo arabo.
Parigi e Riad lavorano da mesi all’organizzazione di una conferenza internazionale per la messa in opera della “soluzione dei due Stati” nel conflitto mediorientale.
Previsto inizialmente a metà giugno, il summit è stato rinviato a causa dei raid israeliani contro l’Iran ma anche perché i tempi non sembravano maturi. L’aggravarsi della crisi umanitaria a Gaza insieme allo stallo nei tentativi di mediazione degli Usa con Israele, hanno invece convinto Macron a compiere il passo.
Il leader francese è per ora da solo tra i grandi del G7, ma spera di coinvolgere Regno Unito e Canada entro l’Assemblea generale dell’Onu di settembre, dove annuncerà il riconoscimento formale. Ed è in quel momento che si svolgerà anche la conferenza che Francia e Arabia Saudita preparano da mesi.
A maggio Regno Unito, Canada e Francia avevano aperto la strada a un possibile riconoscimento in una dichiarazione congiunta che denunciava le «azioni scandalose» del governo Netanyahu nella Striscia assediata e affamata. Tutto si è fermato, anche per l’opposizione degli Usa.
I ministri britannico e canadese degli Esteri saranno già questa
settimana a New York insieme al collega francese, Jean-Noël Barrot, per una riunione che dovrebbe consolidare gli obiettivi del piano franco-saudita. Secondo l’Eliseo, una quindicina di Stati sono pronti a sostenere una «road map per la pace» che, nella visione di Macron, punta a isolare Hamas, ottenere la liberazione degli ostaggi, proporre una missione internazionale di stabilizzazione nella Striscia e porre le fondamenta di uno Stato palestinese con una governance credibile e inclusiva.
Un documento comune dovrebbe essere diffuso a breve e si aggancia a una lettera di Mahmoud Abbas in cui il presidente dell’autorità palestinese promette, tra l’altro, di organizzare nuove elezioni e avviare riforme. Per evitare di ripetere lo scenario del 2006 — quando il voto dei palestinesi consegnò il potere a Hamas — Parigi vuole definire un quadro normativo che escluda ogni forza politica che non riconosca Israele o non rinunci esplicitamente alla violenza.
Nel piano di cui discutono Parigi e Riad ci sarebbe anche il possibile riconoscimento dello Stato di Israele da parte di alcuni paesi del Golfo, tra cui appunto l’Arabia Saudita, ma anche Kuwait e Qatar. Si tratterebbe di una contropartita diplomatica di grande portata. Ma Benjamin Netanyahu, sempre più isolato a livello internazionale, potrebbe rifiutare. Quel riconoscimento arabo sarebbe infatti subordinato alla creazione di uno Stato palestinese, opzione che il premier israeliano continua a respingere categoricamente.
Un alto diplomatico francese che partecipa agli scambi di queste settimane confida a Repubblica che la svolta di Macron risponde a tre sollecitazioni: l’orrore a Gaza documentato sul terreno, la
pressione dell’opinione pubblica e la perdita di influenza nel Sud globale dove viene denunciato il “doppio standard” occidentale tra conflitto mediorientale e l’aggressione russa in Ucraina.
Le ambasciate francesi segnalano da mesi al Quai d’Orsay una perdita di credibilità in India, Brasile e Sudafrica. Macron si sente forte del suo rapporto con Mohammed bin Salman. Il leader saudita, che prima del 7 ottobre sembrava pronto a firmare gli Accordi di Abramo, spinge adesso per la creazione di uno Stato palestinese, ma è comunque prudente per non rompere con l’alleato americano. «Lascia che sia la Francia a esporsi in prima linea, a incassare le critiche, mantenendosi sullo sfondo».
La Francia, confida il diplomatico con lucidità, resta un attore rispettato nello scacchiere mediorientale, ma ormai secondario. «Non può più, da sola, cambiare il corso degli eventi, anche se conserva una particolare credibilità in Medio Oriente, soprattutto agli occhi di Riad».
(da La Repubblica)
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