I “COLONNELLI” CONTRO IL GENERALE: A PONTIDA I GOVERNATORI E I BIG DEL CARROCCIO HANNO LANCIATO BORDATE CONTRO VANNACCI, CHE SI E’ PAPPATO IL PARTITO
PER LUCA ZAIA “VANNACCI PUÒ ESSERE UN VALORE SE FA IL LEGHISTA”. ATTILIO FONTANA SI RICHIAMA A UMBERO BOSSI: “IL FEDERALISMO RESTA LA PROSPETTIVA DEL FUTURO”. E GIORGETTI AVVERTE: “LA LEGA HA UN SOLO LEADER NAZIONALE PER VOLTA” … IL CAPIGRUPPO RICCARDO MOLINARI: “LA LEGA NON HA BISOGNO DI RIFARSI A IDEOLOGIE CHE NULLA C’ENTRANO CON LA NOSTRA STORIA”
Giù le mani da Pontida, giù le mani dalla Lega. Il giorno dopo i
cori dei giovani padani «C’è solo un generale, c’è solo un generale», così calorosi da costringere un Matteo Salvini ancora dolorante per i calcoli renali a presentarsi sul “sacro pratone” per non lasciare al solo Roberto Vannacci il palco del sabato sera, ci pensano i decani del Carroccio a riportare nei ranghi lo straripante vice segretario nostalgico della Decima Mas, i suoi team che assomigliano tanto a un partito dentro al partito (a Pontida hanno uno stand tutto per loro ma in seconda fila) e le sue temute velleità di Opa sulla creatura politica fondata da Umberto Bossi
Un primo indizio arriva dagli striscioni: quello con la scritta “Il mondo al contrario” nei caratteri tipici del Ventennio e il gemello “In generale tutto benissimo” con tre punti esclamativi, sono appesi alle transenne dalle prime ore del mattino, ma vengono presto spostati per fare spazio agli Alberto da Giussano rossi (logo ufficiale di Pontida 2025 per omaggiare i colori della Lega lombarda che fu) e alle bandiere con il leone di San Marco.
Ma sono soprattutto le parole dei governatori e degli altri big del Carroccio a far capire che il generale eletto all’Europarlamento avrà pure preso 560 mila preferenze e sarà pure stato nominato vice-segretario di via Bellerio, ma la “vannaccizzazione” della Lega non è certo all’ordine del giorno.
Tutti parlano di federalismo, autonomia e persino di un nuovo modello di partito che prenda ispirazione dal rapporto fra Csu bavarese e Cdu in Germania. «Vannacci può essere un valore se fa il leghista» mette in chiaro il presidente del Veneto Luca Zaia, appena arrivato sul pratone e subito assediato dai cacciatori di selfie.
E ai cronisti che gli chiedono se il generale sarà la Lega dei prossimi dieci anni risponde: «Perché dovrebbe esserlo? In Lega abbiamo un sacco di persone in gamba, i segretari si scelgono nei congressi e coinvolgono il popolo della Lega». Quindi la battuta: «Noi legalizziamo tutti».
Il segretario lumbard Massimiliano Romeo, impegnato a raccogliere firme per la sua Carta per la Lombardia (in estrema sintesi “Meno Roma in Lombardia, più Lombardia a Roma”), è della stessa opinione. Dice che i nuovi arrivati possono dare una mano «coinvolgendo elettori che magari non si avvicinano alla Lega per varie ragioni» ma che deve esserci rispetto per «la storia della Lega, le nostre regole e i nostri valori».
Il presidente del Trentino Maurizio Fugatti spiega a chi fra il pubblico incrocia le braccia mimando la X della Decima Mas che i principi dell’autogoverno e dell’autonomia sono principi «anticomunisti e antifascisti», mentre il governatore della Lombardia Attilio Fontana mostra un video con il Senatur che firma la Carta per la Lombardia e attacca la «palude romana».
Persino il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti, di solito poco incline a mettere becco nelle dispute politiche, ricorda che la Lega sopravvive solo se ha «un capo nazionale, un capo regionale, un capo provinciale e un capo a livello di Comune» e che è necessario avere «rispetto per la gerarchia». Un messaggio chiaro a chi avesse in mente fughe in avanti.
Quando è il suo momento di parlare Vannacci sembra aver capito l’antifona. E così, più che a “vannaccizzare” i leghisti, questa volta è lui a dar prova di volersi “leghistizzare”. «…Chi nell’ora dei rischi è codardo, più da voi non isperi uno sguardo e senza nozze consumi i suoi dì…» esordisce recitando un verso di Giovanni Berchet dedicato al giuramento di Pontida del 1167 contro il Barbarossa che ispirò il Senatur.
Poi cita il gran lombardo Alessandro Manzoni, a suo dire “futurista” nell’immaginare un’Italia che rischia di svendersi agli stranieri. E da leghista sono anche gli slogan, a partire dal celebre «Padroni a casa nostra» che ripete almeno quattro volte.
Più tardi, intercettato dai cronisti, propone che il giuramento di Pontida venga insegnato nelle scuole insieme alle gesta degli eroi della Decima Mas. La reazione del pubblico è tiepida, in linea con quella destinata un po’ a tutti gli speaker in un’edizione che certo non brilla per numeri ed entusiasmo. I militanti storici preferiscono riderci sopra.
(da La Stampa)
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