MEDITERRANEA, SECONDO FERMO ANNULLATO DAI GIUDICI: “E’ ILLEGITTIMO”. LA ONG: “SCHIAFFO A PIANTEDOSI”
INVECE CHE SALVARE VITE UMANE QUALCUNO PERSEGUITA CHI LE SALVA, MA VERRA’ IL GIORNO CHE NE RISPONDERANNO
Il fermo di Mediterranea, la nave dell’omonima ong è totalmente illegittimo e per
questo deve essere sospeso.
Senza neanche convocare l’avvocatura di Stato per ascoltare la tesi del Viminale, il tribunale di Agrigento ha annullato “inaudita altera parte” il fermo ordinato dopo l’ultima missione, perché – emerge dal provvedimento – mancano i presupposti legali di base.
Fermo privo di presupposto legale
Il nodo è la reiterazione, contestata al comandante e all’ong, per imporre uno stop di venti giorni e una multa di 10mila euro. Peccato che nessuno dei precedenti fermi che hanno raggiunto la nave, sia quando era in mare come Sea Eye4, sia da quando è diventata Mediterranea, sia mai diventato definitivo.
Una vittoria per l’ong italiana, che da agosto, quando ha inaugurato la sua nuova omonima nave, per due volte è andata in missione e per due volte è stata fermata, con provvedimento in seguito annullato dai giudici.
Due missioni, due stop entrambi sospesi
Il pretesto per il fermo è sempre stato il medesimo: non aver rispettato il porto sicuro assegnato. Genova, la prima volta. Livorno, la seconda. Peccato che, nel primo caso, quella decisione – ha stabilito il giudice con un provvedimento d’urgenza che nel merito sarà discusso il 17 dicembre – sia stata presa “esclusivamente per motivi solidaristici” e per “tutelare la vita delle persone”, bene anche giuridico che merita speciale tutela al pari dei diritti di chi, come l’equipaggio di una nave di
soccorso, lavora per salvaguardarla.
Nel secondo caso, lo stop ha avuto del surreale: il fermo per non aver rispettato il porto assegnato è arrivato nonostante i provvedimenti di due procure- quella per i minorenni di Palermo, a firma di Claudia Caramanna, e quella di Agrigento, con ordine del capo dell’Ufficio, Giovanni Di Leo – che hanno ordinato lo sbarco a Porto Empedocle. Mediterranea incassa l’ennesima vittoria che disinnesca quella che definiscono “la vendetta” del Viminale.
Mediterranea: “Uso arbitrario del decreto Piantedosi per arrivare alla confisca”
Ma nell’ong c’è preoccupazione perché – si spiega – alla luce di quanto successo negli ultimi mesi, “il reiterato abuso, arbitrario e addirittura illegale, dei poteri sanzionatori previsti dal Decreto Legge Piantedosi” non sarebbe per nulla casuale o occasionale ma figlio di una strategia: “violando qualsiasi regola vogliono arrivare alla definitiva confisca della nave”. L’obiettivo ultimo, denunciano, è “togliere di mezzo testimoni scomodi che denunciano quotidianamente le violazioni dei diritti delle persone migranti e la distruzione sistematica del diritto internazionale, marittimo e umanitario, in mare”. Nel mirino, si ragiona nel mondo del soccorso in mare, non è solo la nave dell’ong italiana, ma tutta la flotta civile.
Fermata anche Humanity1
Ventiquattro ore fa, anche Humanity1, che a dispetto del tempo pessimo aveva diligentemente raggiunto il porto assegnato di Ortona, è stata fermata per venti giorni e multata per diecimila euro. Motivo? Non aver comunicato con la Guardia costiera libica, che contro quella nave in passato ha sparato, di recente lo
ha fatto contro Louise Michel e per un attacco a Ocean Viking con spari e raffiche di mitra, durato oltre venti minuti, è al centro di un’inchiesta della procura di Catania.
Crimini noti, al pari di torture, abusi e violenze finite al centro non solo di rapporti di agenzie delle Nazioni Unite e ong, ma anche dell’inchiesta delle Corte penale internazionale che coinvolge l’ex comandante libico Almasri, costata al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e altri membri del governo un’indagine a carico, che solo per il no della maggioranza all’autorizzazione a procedere non si è trasformata in un processo. Ma per il ministro dell’Interno, che ieri ha rivendicato il fermo di Humanity con un tweet, però “il coordinamento nelle attività di salvataggio in mare assicurato dagli Stati è essenziale per tutelare al massimo la vita umana”. Incluso con la Libia.
“L’Europa cambi rotta”
“Qualcosa è andato pericolosamente storto quando chi difende i diritti umani viene punito, mentre chi li viola viene protetto e attivamente sostenuto dall’UE e dai suoi Stati membri”, afferma Janna Sauerteig, di Humanity, una delle ong della flotta civile entrata a far parte della Justice fleet, rete di tredici sigle che ha deciso di darsi comuni linee legali e operative, a partire dal rifiuto di ogni contatto con la Guardia costiera libica. “Non ci faremo costringere a rivelare le nostre posizioni operative a milizie armate finanziate dall’UE che sparano contro persone in cerca di protezione e contro i nostri team di soccorso”.
La strategia del silenzio
Crimini su cui – è preoccupazione condivisa fra chi si occupa di soccorso a terra e a mare – si sta tentando di imporre il silenzio. Con i fermi, certo. Ma anche con i nuovi regolamenti e direttive
in discussione in Ue, a partire da quella sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che per la prima volta esclude la “scriminante umanitaria”. In concreto, significa che, anche chi fornisce supporto umanitario a chi attraversa le frontiere di mare e di terra, può essere legalmente considerato e processato come trafficante.
Il provvedimento è in via di definizione, ma ha già allarmato le Nazioni Unite, che con un duro comunicato del panel of experts hanno criticato la bozza in circolazione, invitando l’Ue a tornare sui propri passi. “I difensori dei diritti umani e la società civile sono sempre più soggetti a procedimenti penali, in un contesto in cui lo spazio della società civile in Europa si sta restringendo – si legge nella nota – Garantire la tutela dei diritti umani in tutte le azioni intraprese per combattere il traffico di migranti è un obbligo legale ed è vitale per un’efficace protezione della vita e dei diritti delle persone in movimento”. Ma anche loro, dovesse essere approvata la nuova direttiva sui “diritti delle vittime” potrebbero essere ridotti al silenzio. Con le modifiche in discussione, infatti, per i migranti senza documenti che denuncino crimini o abusi non è prevista alcun tipo di tutela, rinviata al massimo a decisioni tutte nazionali in sede di conversione in legge. “In tutta Europa – spiega Louise Bonneau, dell’ong europea Picum – le persone prive di documenti si trovano già di fronte alla scelta impossibile tra sopportare abusi o rischiare la detenzione e la deportazione se cercano aiuto. Questo accordo rafforza quella paura segnalando che alcune vittime sono meno meritevoli di protezione, minando l’uguaglianza davanti alla legge e i diritti fondamentali che l’UE afferma di sostenere”.
(da agenzie)
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