LA LEZIONE SPAGNOLA A SYRIZA E AI CINQUESTELLE
PODEMOS E CIUDADANOS RIESCONO A INCIDERE TRATTANDO SUL LORO PROGRAMMA
Questa settimana, in Spagna, si sono concluse le investiture dei governi dei numerosi municipi e comunità autonome dove, poco più di un mese fa, sono state celebrate elezioni.
Lo spettro di una generalizzata ingovernabilità dovuta alla rottura del tradizionale sistema bipartitico è stato allontanato, almeno per il momento.
Le due formazioni emergenti, Podemos e Ciudadanos, hanno adottato in questo senso un’attitudine costruttiva: hanno dimostrato, cioè, di essere disposte a scendere a patti con il Partito socialista (Psoe) e il Partito popolare (Pp), differenziandosi quindi dalla linea ostruzionista tipica dei Cinque Stelle italiani.
Al tempo stesso, hanno dato prova di una notevole abilità nel dettare l’agenda politica. Non solo infatti sono riuscite a imporre al centro del dibattito pubblico le questioni del «cambiamento» e della «rigenerazione democratica», ma sono anche state in grado di sfruttare al massimo quello che si potrebbe definire come il loro «potenziale di ricatto»: pur di ottenere il loro appoggio, indispensabile per governare in pressochè tutte le principali località , il Psoe e il Pp si sono infatti visti costretti ad accogliere delle cospicue e composite serie di condizioni.
Emblematico a tal proposito è il caso della Comunità di Madrid, in cui i popolari hanno finito per accettare una lista di ben 82 punti proposta da Ciudadanos che, oltre a misure riguardanti la gestione della cosa pubblica come ad esempio l’arresto al processo di privatizzazione del settore sanitario, include persino l’impegno a democratizzare la vita interna del Pp attraverso la celebrazione di primarie per la designazione dei suoi dirigenti.
Ne consegue che quello raggiunto attualmente è un equilibrio quanto mai fragile, la cui capacità di tenuta dipenderà dalle tattiche che nei prossimi mesi i vari partiti decideranno di seguire con vista alle generali di novembre
Per quanto riguarda Ciudadanos e Podemos, occorre tener presente che si trovano comunque in due situazioni diverse.
Il primo, infatti, il 24 maggio scorso ha ottenuto dei risultati che, per quanto positivi, sono stati al di sotto delle sue aspettative e non è riuscito ad affermarsi in nessuna località come primo partito.
Nella maggior parte dei casi — eccezion fatta per l’Andalusia, dove sostiene il Psoe – ha optato per fornire il proprio appoggio condizionato al Pp, ma restando all’opposizione.
Non ha perciò responsabilità governative, il che potrebbe essere un vantaggio, permettendogli di presentarsi in autunno come l’unica forza «pura», non contaminata dalla prova dei fatti.
D’altra parte, continua a presentare un’elevata ambiguità e una scarsa definizione programmatica – appella semplicemente al «buon senso» —, due elementi intrecciati tra di loro che, sebbene abbiano funzionato relativamente bene fino ad ora, se protratti eccessivamente potrebbero diventare fattori di debolezza.
L’avvenire di Ciudadanos dipenderà anche dall’evoluzione che sperimenteranno i popolari: il Pp al momento è in subbuglio e, se le richieste di rinnovamento avanzate da alcuni suoi leader come Cristina Cifuentes — la nuova governatrice della Comunità di Madrid — dovessero prevalere, non è escluso che riesca a riassorbire parte dell’elettorato che a maggio si è orientato verso il partito di Albert Rivera.
Podemos invece, oltre ad appoggiare il Psoe in diversi municipi e comunità autonome, per mezzo di liste civiche ad esso collegate è alla guida del governo in numerose località , tra cui spiccano Madrid e Barcellona.
È ancora presto per fare un bilancio dell’attività svolta, dato che le nuove sindache delle due principali città spagnole — rispettivamente Manuela Carmena e Ada Colau – sono entrate in carica da circa due settimane.
Tra gli obiettivi che si sono proposte per i loro primi cento giorni di mandato vi sono misure di marcato carattere sociale, come lo stop agli sfratti e l’implementazione delle mense popolari per i minori.
Carmena si è già incontrata con rappresentanti delle banche per dimostrare loro che intende assumere un atteggiamento dialogante e che non vi è il rischio, paventato dalla destra, dell’instaurazione di un modello chavista.
Di particolare interesse in questi giorni è stato il definitivo rifiuto, da parte di Podemos, di arrivare a un patto con Izquierda Unida, la coalizione guidata dal Partito comunista.
Pablo Iglesias, segretario generale di Podemos, in polemiche dichiarazioni rilasciate a Pàºblico, ha affermato che la creazione di una nuova maggioranza non passa attraverso accordi con un vecchio partito che in questi anni, pur di difendere la sua identità ormai sorpassata, si è accontentato di una esigua percentuale di voti.
Iglesias, in un’ottica più generale, nell’intervista ha voluto prendere chiaramente le distanze dalla cultura della sinistra tradizionale, caratterizzata da «pessimismo esistenziale» e che ormai si rivolge solo a un gruppo minoritario fatto di persone tristi, noiose e amareggiate.
Non bisogna infine dimenticare che gli scenari futuri saranno influenzati anche dagli sviluppi di quella che si è ormai profilata come una vera e propria Tangentopoli spagnola, che quotidianamente miete nuovi indagati tra le fila del Psoe e, soprattutto, del Pp, continuando così a minare la credibilità di questi due partiti.
Emanuele Treglia
assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Politiche della Luiss Guido Carli (Roma) e membro del Centro de Investigaciones Histà³ricas de la Democracia Espaà±ola (Madrid).
(da “La Stampa”)
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