LA FAVOLA DELL’ALBISSOLA, LA LEICESTER DELLA RIVIERA LIGURE
LA SQUADRA DI STUDENTI E DOPOLAVORISTI CHE HANNO CONQUISTATO TRE PROMOZIONI CONSECUTIVE, FINO AL SOGNO DELLA SERIE C… CHI LAVORA IN OFFICINA, CHI IN LABORATORIO, CHI STUDIA
Per molti milanesi (e torinesi), piccolo borghesi e operai, è stata una classica cartolina dalle vacanze che si riceveva dalla nonna o dai cugini in estate e pure in inverno: Albissola, alle porte di Savona, uno dei quei tanti borghi che si allineano a Ponente, nella Liguria più popolare e meno patinata.
E solo in un contesto del genere, similbritannico quasi come le fabbriche di ceramica (un altro vanto del luogo) lungo il torrente Sansobbia, poteva nascere la leggenda del Leicester della Riviera, l’Albissola calcio: una squadra di studenti, lavoratori e una manciata di professionisti che in tre anni ha scalato tutte le categorie, arrampicandosi dalla Promozione alla Serie C, per la prima volta nella sua storia, dopo un’entusiasmante cavalcata in D con ben dieci vittorie consecutive.
Per di più, mettendo fine ad antichissime rivalità di campanile: Albissola infatti con due esse è quella Marina, 5000 abitanti e confina con Albisola con una esse sola, divise solo dal fiume e dalla vocazione, la prima i turisti, la seconda le industrie. Avevano provato a unirsi con un referendum, nel 2006, bocciato.
«La nostra impresa li ha messi d’accordo tutti, i tifosi di entrambe le cittadine si sono incontrati sul ponte per festeggiare la promozione. E Albissola, al di là delle esse, è stata una cosa sola» racconta Lorenzo Barlassina, direttore tecnico della squadra dal lontano 1993, insieme al presidente Mirco Saviozzi.
Quando l’Albissola «era una delle tante squadre che affollavano la terza categoria e i nostri tesserati erano solo trenta. Ma sognavamo di diventare il Chievo, un giorno».
E l’uomo delle favole è Gianpiero Colla, big dell’alluminio a Torino che ha incrociato la strada dell’Albissola tre anni fa: un incontro anch’esso balneare «Ci siamo conosciuti giù ai bagni, voleva investire nel settore giovanile. Poi si è innamorato del progetto ed eccoci arrivati in C».
Ma senza alcun genere di follie, assicura il direttore sportivo Mimmo Nuzzo: «Il nostro stipendio massimo arriva a 30.000 euro all’anno per i due o tre professionisti che abbiamo in squadra come gli argentini Gargiulo e Garbini. Il resto è tutta gente che concilia studio, lavoro e calcio, sacrificandosi non poco».
Vedi il capitano Davide Sancinito, 30 anni: al mattino armeggia su telai e vernici nella carrozzeria dei genitori ad Albenga, al pomeriggio va ad allenarsi nel campetto in erba sintetica: «Adesso la stanchezza inizia a farsi sentire, anche se poi passa, pensando a questa promozione, per me che ho giocato in tante squadre liguri minori, una soddisfazione enorme».
Vedi Riccardo Piacentini, anni 27, che si occupa di microscopi a Genova in un laboratorio di precisione: «Forse là ho affinato l’arte di fare gol all’angolino, scherza. Di sicuro, una delle cose che mi rende più fiero e che i ‘foresti’ ovvero i milanesi-torinesi che vengono qui tutte le estati non ci conosceranno più solo per i bagnasciuga».
(da “La Repubblica”)
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