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MAMME “ILLEGITTIME” A PADOVA: COSA NON TORNA NELLA DECISIONE DELLA PROCURA E CHE SUCCEDE ADESSO

“LA SOLUZIONE A UN VUOTO NORMATIVO NON PUO’ ESSERE LA DISCRIMINAZIONE”

«Le coppie a Padova sono sotto choc, come se fosse passato uno tsunami sulle loro vite». A dirlo a Open è Alessia Crocini, Presidente della Famiglie Arcobaleno dopo la decisione della procura di Padova di impugnare per «illegittimità» gli atti di nascita di 33 bambini e bambine, figli di coppie di due madri, registrati dal sindaco Sergio Giordani dal 2017 fino ad oggi. La procuratrice Valeria Sanzani, che ha messo la firma sulle impugnazioni, chiede che venga modificato il certificato di nascita attraverso la «cancellazione» del nome della madre non biologica e la «rettifica» del cognome attribuito alla figlia, tramite il depennamento di quello della “seconda mamma”. «Parliamo di bambini che hanno certificati anche da sei anni in alcuni casi. Se dovessero essere cancellati dai giudici significa togliergli la loro identità familiare. Come si spiega tutto questo a un bambino?», chiede Crocini ricordando come i bimbi coinvolti siano stati concepiti all’estero con fecondazione eterologa (tecnica permessa solo alle coppie eterosessuali sposate o conviventi) e poi riconosciuti in Italia come figli di entrambe le madri. Ma su cosa fa leva la decisione della Procura di Padova? «Su una giurisprudenza purtroppo consolidata», spiega invece l’avvocato Alexander Schuster, esperto di diritti civili e difensore dei diritti della comunità lgtbtq+.
La decisione della procura di Padova
«Ci sono quasi una decina di sentenze della Cassazione – benché a sezioni semplici – che da ormai tre anni a questa parte affermano che il consenso prestato alla fecondazione eterologa da parte della compagna di colei che partorirà non vale nulla», dice Schuster sottolineando come il riconoscimento del bambino nato dalla volontà di due madri dovrebbe essere «un’applicazione non discriminatoria di quello che è il diritto italiano rispetto alle coppie eterosessuali». In sostanza, la coppia che deve ricorrere a gameti esterni, cioè lo spermatozoo e l’ovocita o ad entrambi e quindi «l’uomo che dice sì alla fecondazione eterologa e dunque a un percorso che vedrà la nascita di un bambino grazie al patrimonio genetico, sarà vincolato da quel “sì” a essere padre», dice Schuster. Non solo in termini di diritti, ma anche di doveri. «Una volta che nasce il bimbo, l’uomo non può dire ci ho ripensato. Tu l’hai voluto, quindi tu diventerai genitore, non puoi sottrarti alle tue responsabilità. Ma la domanda è – continua -: perché lo stesso bambino che nasce dalla volontà non di un compagno ma di una compagna, ma è la stessa volontà, lo stesso sì, non ha gli stessi diritti?». La legge in Italia «ci piaccia, oppure no» è chiara: «Le coppie lesbiche – continua – non possono rivolgersi a un medico o a una clinica per fare un percorso di eterologa». Tuttavia, ciò che la legge non dice è «cosa occorre fare dei bambini che comunque nascono». Ed ecco che allora c’è un vuoto normativo: «se queste coppie vanno all’estero, in una clinica danese, austriaca, francese, spagnola o maltese a fare questo percorso per poi tornare in Italia, cosa facciamo? Gli daremo due genitori. Ed ecco il caso di Padova e di altri sindaci e giudici». La soluzione non può essere una discriminazione: «Un bambino che nasce – continua – ha diritto ad avere due genitori perché non è che togliendo la seconda madre, questo bambino avrà un padre, ma rimarrà al contrario con un solo genitore». Per la Cassazione, però, «visto che c’è il divieto di effettuare questo percorso in una clinica italiana, allora il bambino non potrà mai essere tutelato dalla nascita da un secondo genitore che sarebbe la seconda madre».
La sentenza del 2022 richiamata dalla circolare di Piantedosi
Non è del tutto chiara, però, la decisione degli uffici giudiziari di Padova che sembrano propagare l’attuale confusione della maggioranza di destra. La procura ritiene infatti che sulla questione di due madri che iniziano il percorso di fecondazione eterologa all’estero e poi partoriscono in Italia debba essere applicata la sentenza del 30 dicembre 2022 a Sezioni Unite, richiamata dalla circolare di Piantedosi, «che riguarda tutta un’altra cosa», spiega Schuster. «In primis riguarda la gestazione per altri, la surrogazione di maternità, e poi è una sentenza che nasce da una coppia gay ma interessa tutte le coppie che fanno la surrogazione di maternità perché il problema – ribadisce l’avvocato – è la surrogazione di maternità, non chi la fa. Se c’è un problema presunto di sfruttamento della donna – continua – non è che c’è sfruttamento se la fanno i gay o l’uomo singolo e non c’è se la fa la coppia eterosessuale». In questo senso, «non si capisce perché la Procura di Padova citi la questione della surrogazione di maternità che non c’entra assolutamente nulla, perché due donne fanno l’eterologa come la fa una coppia eterosessuale e il figlio lo fanno per sé. Non è che le due donne poi lo danno a qualcun altro; chi partorisce vuole essere madre e chi ha dato il gene e ha voluto quel bambino vuole essere la seconda madre, il secondo genitore», ribadisce.
La retroattività al 2017 e il vuoto normativo
La sentenza sulla quale ha fatto leva il ministro dell’Interno a gennaio di questo anno per vietare la trascrizione dei figli delle coppie omogenitoriali risale al 30 dicembre 2022. In questo contesto, però, esiste una retroattività fino al 2017, ovvero quando in sindaco di Padova Sergio Giordani iniziò a registrare i certificati di nascita dei figli con due madri. «Si tratta di un’interpretazione», spiega l’avvocato. «La legge non c’è, tutto questo è frutto della giurisprudenza. No al genitore intenzionale in caso di GPA, no alle due mamme perché il consenso della donna non vale nulla a differenza di quello dell’uomo. Quindi è tutto un’interpretazione, possiamo dire che è come se la legge venisse interpretata retroattivamente e la retroattività in questo caso – continua l’avvocato – è come una sorta di interpretazione autentica se lo fosse quella della Cassazione che in realtà decide solo il caso concreto».
Il «copia e incolla» della Procura su storie diverse
C’è un ulteriore elemento su tutta questa vicenda che sembra non essere stato preso in considerazione dalla Procura di Padova, ovvero le storie dei 33 bambini. «Forse qualcuno ha perso una madre in questi sei anni, forse qualche coppia è andata in crisi», ricorda l’avvocato. Eppure, sembra che la Procura di Padova abbia fatto «un copia e incolla», ovvero «un ricorso che vale per il bambino che ha un mese, come per il bambino che ha sei anni», dice Schuster. Ad essere responsabile però è «una cultura che è lontana dalle famiglie e da questi bambini – continua -. Togliere una madre non lascia spazio alla retorica della famiglia tradizionale, perché non c’è un uomo alla porta che a quel punto verrà fatto entrare e darà un secondo genitore al bambino. Da due genitori si passa a uno, punto».
I prossimi passi e le alternative
Ora si dovrà aspettare la pronuncia del Tribunale che ha fissato l’udienza per la discussione del ricorso il 14 novembre prossimo. «Tre giudici al Tribunale di Padova dovranno trovare una soluzione che sarà molto dura. Per la procuratrice Sanzani la decisione non pregiudica il benessere del bambino o della bambina, ma io ho qualche dubbio», dice Schuster. Ciò che è chiaro però «è che tutte le famiglie coinvolte che non trovano un sindaco disponibile o chi cade sotto la falce di una giustizia che copia ciecamente il pensiero dominante nella Suprema Corte di Cassazione dovrà correre ai ripari in caso di “sconfitta”». In caso di annullamento del certificato di nascita un genitore diventerebbe infatti sconosciuto per il diritto. «Io dico come la vicina di casa. Perché questo è quello che succede: non diventa una madre un po’ più attenuata o un parente di secondo grado. Diventa una sconosciuta per il bambino, al pari della vicina di casa, della persona che passa in quel momento in strada e dovrà ricorrere all’adozione», permessa in casi particolari al genitore non biologico.
I problemi delle adozioni
Sulla (delicata) questione delle adozioni c’è ancora molta strada da fare. «Il problema dell’adozione è che tu per un tot di anni non sei nulla e per il bambino cosa vuol dire? Che non puoi chiedere il congedo parentale, noi puoi chiedere la maternità, non puoi chiedere i permessi. Se il bambino avrà solo una persona per il diritto che lo accudisce, solo una persona potrà utilizzare gli strumenti che lo Stato italiano prevede per aiutare il genitore nel dovere di cura del bambino», spiega l’avvocato sottolineando, inoltre, che «se dovesse morire la persone “riconosciuta” legalmente non c’è un’eredità che va data se non fa un testamento e se lascerà tutti gli averi al bambino, il bambino è come se ricevesse tutto da uno sconosciuto con un’imposta di successione abnorme. Insomma sono vulnerabilità che stanno emergendo in questi giorni», dice l’avvocato. Vulnerabilità che conosce bene anche la presidente delle Famiglie Arcobaleno, Alessia Crocini. «La Corte costituzione ha detto che la Stepchild Adoption è lunga, farraginosa, discriminante e parziale e che bisogna fare una legge in Parlamento per mettere al sicuro i diritti di questi bambini. La risposta di questo governo qual è stata? Impugnare tutti i certificati e dire che la strada è la Stepchild che non volevano nel 2016? La stessa per cui FdI e Meloni, Roccella chiedevano l’abrogazione della legge sulle unioni civili e hanno fatto di tutto per stracciarla e ci sono riusciti. Oggi a distanza di 7 anni dalla Legge Cirinnà scoprono le meraviglie della Stepchild Adoption. Ma che cos’è un gioco?», conclude Crocini.
I timori delle famiglie di Padova
Il timore che possa accadere anche ad altre famiglie arcobaleno, magari di altre città, è evidente. «C’è da quando è stata inviata la circolare Piantedosi. È la prima volta che in Italia parte una circolare da un ministero dell’Interno verso le prefetture, verso i sindaci. A questo punto capiamo che ha avuto un effetto anche sulle Procure, cosa che non doveva accadere perché dovrebbero essere indipendenti dai ministeri. Fatto sta che a Padova per sei anni la procura ha sempre avuto tutti i certificati che venivano fatti dal sindaco Giordano, così come da tutti gli altri sindaci, e inviati in Procura dal momento in cui venivano redatti. Quindi che la Procura dopo la circolare Piantedosi abbia richiesto 33 certificati al Comune, come lo dobbiamo leggere? Non dovrebbero essere l’uno la conseguenza dell’altra. Dovrebbero essere poteri divisi e indipendenti. Questo dovrebbe preoccupare chiunque, anche le persone che non amano le nostre famiglie. Perché oggi siamo noi, domani potrebbe essere qualcun altro», sottolinea Crocini secondo cui è evidente l’appoggio delle persone: «sono dalla nostra parte – dice -, ma ci devono essere anche organizzazioni e nomi importanti che prendono posizione e che parlano altrimenti lasciamo il campo a una destra che sta sempre più assomigliando a quella ungherese, polacca e russa».
(da Open)

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