A CHI TOCCA LA PROSSIMA BOMBA
DOPO LE MOSCHEE E LA CHIESA ORTODOSSA, ORA ISRAELE SPARA ANCHE ALLE CHIESE CATTOLICHE
Anche il prete di Gaza che quasi ogni sera riceveva una telefonata da papa Francesco ha avuto il suo colpo di artiglieria, nell’impazzimento progressivo della politica di Israele. Tre delle persone rifugiate in quella chiesa sono morte.
Risulta sinistramente comico, come in precedenti occasioni, il comunicato del ministero degli Esteri: “Israele non prende mai di mira chiese o siti religiosi e si rammarica di qualsiasi danno arrecato a un sito religioso o a civili non coinvolti”.
Molte moschee sono state bombardate a Gaza, la chiesa ortodossa di San Porfirio distrutta (diciassette morti); quanto ai “civili non coinvolti”, ne sono stati uccisi decine di migliaia, compresi bambini.
L’altro giorno era toccata alla Siria la sua dose di bombe, “per proteggere gli amici drusi”. Domani chissà quali altri obiettivi militari e civili verranno risucchiati nel parossismo bellico seguito al 7 ottobre, e largamente preceduto, in ogni modo, da una annosa politica di annessione territoriale aggressiva e ingiustificata.
In molti ci domandiamo: come è possibile che accada? Possibile che non ci sia modo di fermare il massacro? Si aggiunge una forma specifica di malessere e di sbalordimento: per molti Israele rappresenta un esperimento di democrazia e di regole in un contesto — diciamolo con un eufemismo — meno abituato. E ognuno ha ben presente la condizione di minaccia nella quale gli israeliani vivono da sempre.
Ma questa condizione deve considerarsi, a questo punto, un’aggravante: lo sperpero di un doppio status, quello di paese democratico e quello di comunità assediata. La violazione dei diritti umani vale allo stesso modo chiunque la commetta: ma commetterla dall’alto di una (presunta) migliore qualità etica e politica è decisamente un’aggravante.
(da repubblica.it)
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