A SALVINI RODE CHE CI SIA AL MONDO CHI AIUTA CHI SCAPPA DA GUERRE, VIOLENZE E PERSECUZIONI
MARONI: “SENZA ACCORDI CON I PAESI DI ORIGINE, DI RIMPATRI SALVINI NON NE FA NEANCHE UNO”… COSA SUCCEDE REALMENTE NEI PAESI DI PROVENIENZA DEL FLUSSO MIGRATORIO: PROMEMORIA PER GLI IGNORANTI
Il neo ministro dell’Interno anticipa le prime mosse. “Per i clandestini è finita la pacchia. Martedì ci sarà la riunione dei ministri dell’Interno europei, con la pazzesca proposta all’Italia di accogliere altre 100mila persone, noi diremo no”, ha detto nel corso di un comizio a Vicenza.
Tanto coerente che ha già detto che non ci andrà , nel timore di venire spernacchiato: meglio raccontare due balle a qualche vaccaro padagno che confrontarsi con altri ministri competenti.
“Sulle ong stiamo lavorando e ho le mie idee: quello che è certo è che gli Stati devono tornare a fare gli Stati e nessun vice scafista deve attraccare nei porti italiani”, ha aggiunto.
Nella logica demenziale del clandestino dell’umanità chi aiuta chi scappa da guerre e violenze è un vice-scafista.
La parola d’ordine è: “A casa loro”, l’aiutiamoli scompare o, quanto meno, diviene un accessorio del tutto secondario: “Ora la situazione è tranquilla perchè c’è il mare grosso, ma le difficoltà arriveranno” ammette Salvini, che già domani sarà nei porti della Sicilia a monitorare gli sbarchi perchè “serve un lavoro durissimo”.
Migliorare gli accordi con i Paesi di origine (e con quelli di transito): una cosa, facile, è dirlo, altra cosa, molto più complicata e onerosa, è farlo.
Perchè su questo versante non esistono spazi, giuridici prim’ancora che fattuali, per imporre soluzioni unilaterali.
La maggior parte dei migranti che sbarcano sulle coste italiane proviene da paesi dell’Africa subsahariana, vediamo la situazione in dettaglio.
Nigeria: in Italia il maggior numero di migranti, il 19%, proviene da questo Paese. La situazione lì è davvero grave, soprattutto nel nord, minacciato dal terrorismo islamico di Boko Haram. Non che a sud la situazione migliori, dove persiste una guerra intestina legata al controllo dei pozzi petroliferi del Delta del Niger.
Eritrea: dall’ex colonia italiana nel Corno d’Africa proviene il 13% dei migranti che sbarcano in Italia. Qui c’è una dittatura militare da cui fuggono molti giovani per evitare il militare a tempo indeterminato.
Sudan: i migranti di origine sudanese sono circa del 7%. In questo Paese c’è una feroce dittatura e persiste una situazione politica e sociale gravissima. Devastata da una guerra civile ufficialmente terminata nel 2005 ma in realtà ancora esistente, il Sudan, ex colonia inglese, combatte ancora per raggiungere una sua tranquillità , purtroppo ancora molto lontana.
Gambia: il 7% dei migranti in che arrivano in Italia è originario di questo Paese della costa occidentale dell’Africa, governato da Yahya Jammeh, salito al potere con un colpo di stato. La situazione è terribile: secondo le associazioni per i diritti umani nel paese si verificano rapimenti, detenzioni arbitrarie e torture ed ecco i motivi principali della fuga.
Costa d’Avorio: il 7% dei migranti arriva da qui, un paese che fa da sfondo a conflitti civili interni.
Somalia: il 5% delle persone che arrivano sulle coste italiane viene da un Paese considerato uno “Stato fallito”. Nell’ex colonia italiana nel Corno d’Africa continuano le lotte interne e le guerre civili in atto dagli anni ’80.
Percentuali minori di rifugiati provengono da Paesi come Pakistan, Afghanistan, Senegal, Mali, Ciad, Egitto e Siria.
L’Italia non deve accordarsi con tutti, ma con i principali Paesi di origine, sì.
Se ci si sofferma sul 2017, sempre secondo i dati dell’Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2017 sono sbarcate in Italia 119.247 persone.
Un dato in netta diminuzione rispetto al 2016, quando arrivarono 181.436 persone (-34%).
I Paesi di provenienza più rappresentati nel 2017 sono stati: Nigeria (16% degli arrivi, circa 18 mila persone), Guinea, Costa d’Avorio e Bangladesh (tutti tra l’8 e il 9% degli arrivi, circa 9-10 mila persone a paese).
Seguono Mali, Eritrea, Sudan, Tunisia, Marocco, Senegal, Gambia.
Al Viminale prima di Matteo Salvini, era entrato dalla porta principale un altro leghista: Roberto Maroni.
Le sue considerazioni nascono dall’esperienza di governo: “Senza accordi con i Paesi d’origine, di rimpatri non se ne fa neppure uno!”, aveva rimarcato l’ex governatore della Lombardia al Sole24Ore all’indomani del raid razzista di Macerata.
La politica dei rimpatri per Maroni — ministro degli Interni del governo Berlusconi ai tempi dell’accordo bilaterale con la Libia del colonnello Gheddafi – è invece molto ostica.
Anche perchè il rimpatrio deve avvenire nel Paese d’origine e non in quello di provenienza. “Significa che ci deve essere un accordo con quel Paese, altrimenti neppure possiamo atterrare….”.
E l’accordo è quasi sempre molto oneroso perchè oltre a dover pagare il viaggio di ritorno “ti chiedono anche le spese per il reinserimento sociale! Ricordo quando a Lampedusa c’erano 800 tunisini che volevamo rispedire a casa e il governo di Tunisi pretendeva 500mila euro per ciascuno”
(da “Huffingtonpost”)
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