AL VERTICE DI SAN PIETROBURGO SI SONO PRESENTATI SOLO 16 CAPI DI STATO DEL CONTINENTE NERO: ALLO STESSO VERTICE, NEL 2019, ERANO 43
LA RUSSIA IN AFRICA È UN PARTNER ECONOMICO MARGINALE, PRESSOCHÉ IRRILEVANTE
L’ultima «mossa del grano» di Vladimir Putin, cioè la promessa di fornirlo gratis all’Africa, nasce da una paura: quel continente gli sta voltando le spalle. Il campanello di allarme è suonato in occasione del summit Russia-Africa che si sta svolgendo […] a San Pietroburgo, proprio nella città di Putin. A questo importante summit […] si sono presentati solo 16 capi di Stato africani, cioè meno della metà rispetto ai 43 che parteciparono al primo vertice con questo formato che si tenne a Sochi nel 2019.
Altri dieci paesi hanno declassato la propria partecipazione mandando a San Pietroburgo i loro primi ministri; ma anche aggiungendovi questi il totale rimane molto al di sotto rispetto a quattro anni fa.
I numeri deludenti sono una bocciatura per l’attivismo della diplomazia russa, a cominciare dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov. Quest’ultimo aveva moltiplicato gli sforzi (incluse molte visite sul continente nero) per mobilitare la partecipazione degli statisti africani.
Il calo dei partecipanti al summit Russia-Africa sembra dimostrare che a qualcosa sono servite le pressioni americane ed europee, pur senza determinare svolte clamorose.
Il grosso del danno all’influenza russa in Africa in realtà lo ha inflitto lo stesso Putin. I governi del Grande Sud sono sensibili alla propaganda russo-cinese che denuncia i vizi neo-colonialisti e imperialisti dell’Occidente; però sono anche sensibili ai numeri. E i numeri dicono che la Russia in Africa è un partner economico marginale, pressoché irrilevante.
Inoltre Putin ha accumulato le promesse tradite e la sua credibilità ne risente. Come documentano i dati raccolti in un servizio del Washington Post, al summit del 2019 Putin si impegnò a espandere il commercio con l’Africa fino a raggiungere più del doppio del livello di partenza, portandolo in cinque anni da 16,8 a quasi 40 miliardi di dollari.
Secondo i dati dell’agenzia di stampa ufficiale Tass, che attinge al ministero del commercio estero russo, nel 2021 l’interscambio con l’Africa era salito pochissimo, a 17,7 miliardi, per lo più concentrato su armi e grano. Per capire la modesta entità di queste cifre bisogna paragonarle all’interscambio tra l’Unione europea e l’Africa che è di 295 miliardi di dollari annui, a quello tra Cina e Africa a quota 254 miliardi, infine a quello degli Stati Uniti pari a 83,7 miliardi.
Quando Putin annuncia che fornirà grano gratis ai paesi dell’emisfero Sud, anche questa promessa viene accolta con scetticismo alla luce dei precedenti. Come donatore di aiuti umanitari la Russia è tra i più avari del mondo. Riesce ad essere perfino meno generosa di paesi molto più poveri. Le donazioni fatte da Mosca al World Food Program, l’agenzia Onu che combatte la fame nel mondo, sono state di soli 6,5 milioni di dollari quest’anno cioè inferiori a quanto hanno donato l’Honduras, la Guinea Bissau e il Sud Sudan.
Può darsi che stavolta sul grano Putin voglia mantenere la promessa, ma in tal caso si tratta di una mossa tattica a fini commerciali: l’agricoltura russa soffre di sovrapproduzione.
Dato che la Russia ha un peso economico minuscolo, sia nel commercio che negli investimenti, in passato aveva compensato quella debolezza con la sua presenza militare. Come security provider, cioè come fornitore di sicurezza armata a questo o quel governo africano, Putin ha offerto i propri servizi di protezione prevalentemente attraverso il Gruppo Wagner.
Il recente tentativo di insubordinazione della milizia di mercenari contro le forze armate regolari di Mosca, ha gettato un’ombra anche sull’effettivo peso militare della Russia. Questo si aggiunge al bilancio fallimentare della «operazione speciale» che doveva conquistare l’Ucraina in pochi giorni e invece ne ha già consumati 500 senza veri successi.
Sarebbe prematuro concludere che l’Africa è pronta a uscire dal suo non allineamento. I consensi verso l’Occidente non aumentano in modo molto visibile. Il calo d’influenza della Russia può andare a beneficio della Cina, dell’Arabia Saudita, dell’India, della Turchia, gli altri attori geopolitici interessati alla posta in gioco. Resta da registrare che le batoste subite da Putin non passano inosservate neanche in quei paesi africani dove lui pensava di avere ancora una sponda benevola.
(da agenzie)
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