ALTRO CHE UNITA’ INVOCATA DA MATTARELLA, IL FLASHMOB SOVRANISTA E’ SOLO UNO SFOGATOIO STRUMENTALE CONTRO IL GOVERNO
TUTTI ACCALCATI CON MASCHERINE AL VENTO A LAMENTARSI DOPO CHE IL GOVERNO HA STANZIATO 55 MILIARDI PER MANTENERE ANCHE SOGGETTI DEL GENERE… PERCHE’ PAPPALARDO E’ STATO DENUNCIATO E SALVINI, MELONI E TAJANI NO?
“Se questa è una manifestazione simbolica io sono un Santo”, afferma sconsolato un sostenitore di Forza Italia che si chiama Angelo e fa l’imprenditore ed è venuto fin qui da Nettuno.
Ecco, Angelo è fra i pochi moderati e prima di imboccare Largo dei Lombardi e tornare sconsolato a casa ammette: “Questo non è il mio centrodestra”.
Da pochi minuti sono passate le 11 e 30, il flashmob del 2 giugno, festa della Repubblica, si è trasformato in una curva di uno stadio: tutti assembrati, tutti senza mascherina, e tutti infervorati contro il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il Capo dello Stato, Sergio Mattarella.
Sintesi della mattinata: “Elezioni, elezioni, elezioni” e “Conte, Conte, vaffa….”. Altro insomma che manifestazione pacifica di 200/300 persone rispettando le regole e le disposizioni sanitarie. Altro che lo spirito costituente e l’unità morale per il bene della Nazione richiesto dall’inquilino del Quirinale.
Che il corteo del destracentro sarebbe sfuggito di mano ad Antonio Tajani, Giorgia Meloni e Matteo Salvini lo si comprende alle 9 del mattino a piazza del Popolo a circa un’ora dal fischio di inizio. C’è già il pienone.
“Dobbiamo mandarli a casa, a questi incapaci”. Ma l’appello di Mattarella? “Non so nemmeno cosa ha detto”, si vanta un leghista di Tor Pignattara che in passato ha avuto simpatie per Forza Nuova.
Ernesto Picozzi, operaio del settore edile di origine casertana, è lì dalle sette del mattino: “Questa manifestazione è uno sfogo per gli italiani. Non si può andare avanti con Conte, Di Maio e Mattarella. Sono un leghista e dico a voce alta: se ne devono andare a casa”.
Le forze dell’ordine sono preoccupate. “Dai primi attimi non sembra un flashmob”, è il refrain che rimbalza da un poliziotto all’altro. Non a caso pochi metri più in là c’è Ignazio La Russa, altissimo dirigente di Fratelli d’Italia, che sussurra: “Non era quello che avevamo pensato. Ce n’è di più di quella che pensavamo”.
Angelo Rinaldi, europarlamentare di via Bellerio, euroscettico per definizione, camicia celeste, pantalone beige e sneakers da barca, pascola e sparge pessimismo sui Recovery Fund: “Ma voi siete sicuri di tutto quello che ha detto Ursula Von der Layen”.
Claudio Durigon, salviniano laziale, scalda le truppe: “Chi sono i più svegli dei nostri per tenere il Tricolore che mostreremo su via del Corso?”
La rabbia prevale su tutto. Sentite cosa dice Carmelo cinquantenne di Tor Bella Monaca, tifosissimo della Meloni, che non lavora da 12 anni: “Mattarella è uno zombie. Conte è un incapace. Se ne devono anna’ “. Amen.
Gli fa eco l’amico Virgilio: “Conte, Conte, vaffa….”. Iniziano a materializzarsi i leader del destracentro. Il primo è Antonio Tajani. L’ex presidente dell’Europarlamento indossa la mascherina, cerca di rispettare il distanziamento sociale, si muove con passo felpato.
Ecco le prime parole del numero due degli azzurri: “Questa piazza è un messaggio positivo. Ora serve lavorare per utilizzare tutti gli strumenti che ci vengono offerti dalla Ue”. Gli replica a pochi metri La Russa che si mostra dubbioso sugli strumenti messi in campo dalla commissione Ue: “Noi utilizzeremo tutti gli strumenti a patto che non danneggino il Paese”. Ma tant’è.
Il fischio di inizio è imminente. E proprio mentre Durigon sta per dare il là al corteo, ecco spuntare dal Pincio Azione libera italia, frangia di Forza Nuova. Alla tolda di comando Daniele Cipressi, megafono in mano e ghigno infuriato: “Governo Conte, dimissioni. Conte, Conte, Conte, dimissioni”.
La presenza della sigla di estrema destra non era prevista. Le forze dell’ordine corrono ai ripari si avvicinano a Cipressi e company chiedendo cortesemente di allontanarsi. Ma il leader dei ribelli di destra non ci sta: “Questa è una dittatura filorossa. Noi siamo qui pacificamente. Non lo potete fare”. Dettaglio finale: uno degli scagnozzi di Cipressi minaccia i giornalisti con le telecamere colpevoli di fare le domande.
Nel frattempo il corteo di Fi, FdI e Lega con in testa Meloni, Salvini e Tajani parte da piazza del Popolo. Tutto è pronto per lo srotolamento del maxi-Tricolore lungo 500 metri. Il Capitano leghista è il più ricercato e viene preso d’assalto per una selfie.
Si crea un assembramento che viola ogni regola di sicurezza. Tra troupe, militanti che si vogliono immortalare con il leader di via Bellerio le distanze sono praticamente azzerate. Poche le mascherine. Cambia la natura del corteo che metro dopo metro si infiamma, insulta, pretende le elezioni subito: pare insomma di trovarsi nella curva di uno stadio.
Per non essere da meno Salvini tutto tronfio – se fosse stato per lui avrebbe manifestato al Circo Massimo già oggi – si abbassa la mascherina: “Siamo qui soprattutto a nome degli italiani dimenticati”.
Si alternano cori contro il presidente del Consiglio “Conte, Conte, vaffa….” a “elezioni, elezioni” all’Inno di Mameli. A un certo punto un manifestante viene allontanato dalle forze dell’ordine che urla la sua intenzione di fare il saluto romano.
Si scorgono tante mascherine nere ma calate sotto il mento. E’ una folla più di destra che moderata. I parlamentari azzurri sono imbarazzati e stanno a debita distanza dal corteo.
Tajani si difende: “Nessun intento divisivo, vogliamo fare proposte concrete per dimostrare ai tanti italiani in difficoltà che non sono soli. Questo è lo spirito con cui noi di Forza Italia vogliamo dare una testimonianza qui”. Ma lo spirito maggioritario non è certo quello del vicepresidente degli azzurro.
La folla non vuol sentire la parola unità e urla a squarciagola: “Conte, Conte, vaffa…”. Il vaffa che è stato un must della narrazione grillina diventa il manifesto di questa corteo. Francesca che non vuole rivelare il cognome è fra le più infervorate: “E’ un governo di quattro imbecilli. C’hanno sequestrato per tre mesi. Se l’avesse fatto Salvini avrebbero detto che è un fascista”.
Un ex missino intona il coro contro l’avvocato del popolo: “Conte, Conte, vaffa…”. Il clima è questo. E nella mischia c’è anche chi, come Adriano, falegname del Serpentone, nel pomeriggio è pronto a manifestare con i gillet arancioni: “E’ un Paese totalitario. Dove sta il Capo dello Stato? Io stamane sto con Salvini e Meloni, e nel pomeriggio andrò dal generale Pappalardo”.
In questo clima di fuoco si giunge all’altezza di via Antonio Canova. I tre leader dichiarano alle telecamere, i sostenitori della destra sovranista sono sempre più infervorati e c’è un imbarazzo generale che attanaglia diversi dirigenti di Fratelli d’Italia: “Giorgia aveva invitato i cittadini a restare a casa e a seguire via social”.
Non le hanno dato ascolto. Per non parlare della facce dei dirigenti di Silvio Berlusconi. Sono tanti gli azzurri che si rifugiano nei vicoli e assistono basiti alla bolgia. “Noi l’avevamo detto che sarebbe stato opportuno evitare”. Ma ormai il dado è tratto. L’assembramento sul Tricolore è riuscito. Il flashmob è degenerato in una ressa in barba all’unità del Paese e al protocollo sanitario. E per completare la giornata Salvini si dedica agli amati selfie. Si forma la fila. E la lunga attesa porta un manifestante a urlare: “E basta con questi selfie, non servono a niente…. Vieni a parlare con il popolo: non ho più una lira…”.
(da “Huffingtonpost”)
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