ANCHE IL M5S DUBITA SU DI MAIO: “PERCHE’ SE HA LAVORATO IN AZIENDA COME DICE NON L’HA INDICATO NEL CURRICULUM?”
PERCHE’ I GENITORI DECIDONO DI DARE LA SOCIETA’ IN EREDITA’ AI FIGLI? COME FA DI MAIO A NON SAPERE CHE C’E’ UNA CAUSA IN CORSO?
La prima anomalia è la presenza di Luigi Di Maio nella società , la Ardima Srl.
Lo racconta bene sul Corriere Alessandro Trocino: ereditata dal padre gestore e dalla madre titolare, Paolina Esposito, nel 2012. E finita proprio al futuro vicepremier, titolare del 50 per cento delle quote, insieme alla sorella Rosalba. A gestire il tutto, il terzo fratello, Giuseppe.
Un mosaico familiare decisamente ingarbugliato.
Molti deputati non sapevano neppure che Di Maio fosse socio dell’azienda. Titolarità non dichiarata nei curricula ufficiali.
«Molti di noi – ragiona un parlamentare al secondo mandato – hanno mollato società e lavori per evitare conflitti d’interesse. Lui non ci lavorava, d’accordo, ma forse avrebbe fatto meglio a sbarazzarsene per tempo».
Anche perchè Di Maio non è un parlamentare qualunque: è il ministro del Lavoro. Da lui dipende, per esempio, l’Ispettorato del Lavoro, che potrebbe dover intervenire sull’azienda di sua proprietà .
Conflitto d’interesse potenziale. In capo al leader del Movimento che combatte da anni lancia in resta contro i conflitti d’interesse.
Ma non è l’unico dubbio. Il sospetto più pesante che sorge a un certo punto è che Di Maio abbia lavorato in nero nell’azienda di suo padre e poi sua. Solo un sospetto, avanzato dalle Iene.
Perchè a sera Di Maio si presenta a «Di Martedì» e spiega: «Ho lavorato poco e regolarmente con mio padre. Esibirò tutte le carte».
Ma le domande rimangono. Perchè, si chiedono nel Movimento, il padre e la madre decidono di dare la società in eredità ai figli? Generosità genitoriale o altro? E come fa Luigi Di Maio a non sapere che c’è una causa in corso? Interrogativi non oziosi, che per ora non hanno risposta.
Il vicepremier ieri ha ricevuto alcuni parlamentari del Movimento e si è sfogato con loro: «Non posso essere io a pagare le colpe di mio padre, per storie vecchie di dieci anni. Io non ne sapevo nulla. Che cosa c’entro con questa storia?».
Con il padre non si parla più, dopo la litigata. «Tenere famiglia, è quello il problema», dice un deputato campano.
In Parlamento per ora sono tutti con lui. «Accuse ridicole», dice il capogruppo Francesco D’Uva. «Ma come fanno a paragonarlo alla Boschi», dice Alessio Villarosa. Ma i malumori avanzano.
E i suoi cercano una strategia: si va in tv e si contrattacca.
Basterà ?
(da “NextQuotidiano”)
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