ASPETTANDO MARA: COSA SI MUOVE AL CENTRO TRA RENZI, CALENDA, BONINO E PARISI
CARFAGNA E’ L’UNICA A POTER FEDERARE LE VARIE ANIME DEL CENTRO, MA PRIMA DI USCIRE ALLO SCOPERTO VUOLE VEDERE CHE LEGGE ELETTORALE SARA’ ADOTTATA
Il Pd verso la possibile alleanza strutturale con i Cinquestelle. Forza Italia in piazza al fianco dei sovranisti di Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
E il centro che rimane scoperto, oggetto di una vera e propria corsa che per il momento, però, è ancora senza vincitori.
In questi giorni impazziti non tutto è perduto, perchè esistono ancora personalità politiche del fu centrodestra che non alimentano rabbia e risentimento popolare, che non costruiscono consenso sull’odio, che non diffondono fake news, che non strizzano l’occhio a populisti e sovranisti, che non si piegano alle più malsane teorie della cospirazione, che non si adeguano al tempo dei Trump e dei Putin, che non vogliono affondare le barche dei migranti, che si indignano per le sofferenze dei curdi, che difendono la libertà di stampa, che si battono contro i femminicidi,
La domanda, in fondo, rimane la stessa. Chi sarà in grado di ereditare la parte principale dei voti moderati di centrodestra? Gli elettori che, per intenderci, un tempo sceglievano in massa il Popolo delle libertà e Forza Italia. O anche, seppur ovviamente in misura minore, partiti come l’Udc
Con un’avvertenza, quella che lo storico e politologo Giovanni Orsina ha consegnato qualche giorno fa a Formiche.net: “Ricordiamoci sempre che si tratta di un’area piuttosto ridotta: i cittadini ormai vanno conquistati con provocazioni, con parole d’ordine forti. La scena pubblica è così rissosa che bisogna strillare. E strillare dal centro non è mai stato facile”.
Chi ha fatto chiaramente intendere di puntare al centro, o a quello che ne resta, è Matteo Renzi che domenica scorsa, dal palco della Leopolda, ha spiegato le sue ambizioni macroniane e rivolto un appello inequivocabile ai dirigenti azzurri delusi dalle ultime decisioni del Cavaliere: “A chi crede che c’è spazio per un’area liberale e democratica dico di venire a darci una mano. Italia Viva è aperta”. Certo, il centro che immagina Renzi sembrerebbe rimanere ancorato, almeno per ora, al centrosinistra, se non altro per il fatto che Italia viva è uno degli azionisti fondamentali della maggioranza guidata da Giuseppe Conte.
Discorso diverso per Carlo Calenda che proprio in virtù della decisione di dar vita al governo giallorosso ha deciso di abbandonare il Pd per fondare un nuovo soggetto politico in tandem con l’altro ex democratico Matteo Richetti. Nome e simbolo sono ancora in fase di gestazione ma una data ipotetica c’è. “A metà novembre lancio il mio partito”, ha annunciato qualche settimana fa l’ex ministro dello Sviluppo economico. Che nel frattempo si muove in cerca di possibili compagni di viaggio.
In quest’ottica non è un mistero che Calenda sia sempre stato legato da un rapporto di stima a Emma Bonino e Benedetto Della Vedova di + Europa, di cui avrebbe potuto far parte in occasione della campagna elettorale del 2018 quando, infine, scelse di non candidarsi e poi, a qualche giorno dal voto, di iscriversi al Pd.
Un partito che però ad oggi, e salvo improbabili ripensamenti, non è più il suo e dal quale si è ormai allontanata definitivamente pure + Europa orgogliosamente all’opposizione del governo Conte.
Il partito di Bonino e Della Vedova — che nelle ultime settimane ha perso i deputati Bruno Tabacci e Alessandro Fusacchia, entrati entrambi in maggioranza — rimane tra i più attivi per creare una casa comune liberale e popolare. In questo senso lavora, ad esempio, Piercamillo Falasca che l’11 ottobre scorso ha promosso a Napoli un incontro pubblico, dal titolo simbolico “Un’alternativa c’è”, al quale
hanno partecipato Calenda, Bonino e anche Stefano Parisi.
In questi giorni il leader di Energie per l’Italia ha criticato la scelta berlusconiana di presentarsi in piazza San Giovanni al fianco di Lega e Fratelli d’Italia ma, a differenza di Calenda e Bonino, ha una caratteristica: quella di essere da sempre parte del centrodestra verso il quale spesso non ha lesinato parole polemiche in questi anni, senza però mai mettere in discussione la propria partecipazione a quel fronte.
Un dato che, a seconda di come si comporrà la prossima geografia politica, potrebbe risultare non indifferente. Perchè un conto è immaginare che nasca un centro autonomo e contrapposto al centrodestra e tutt’altro che possa rinascere la gamba moderata del centrodestra, oggi sempre meno rappresentata da Forza Italia. Anche se poi molto dipenderà dalla prossima legge elettorale
Per questa ragione in molti guardano a Mara Carfagna — che a piazza San Giovanni non è andata — come possibile federatrice di un nuovo partito popolare e centrista.
“Vogliamo dare voce a quella parte di Forza Italia che non si rassegna a diventare succube del sovranismo”, ha affermato qualche giorno fa da Bianca Berlinguer su Rai Tre la vicepresidente della Camera. Che poi però ha aggiunto: “Pensare di abbandonare Forza Italia è fuori discussione. Sono nata e cresciuta lì. È casa mia”.
Al momento, dunque, Carfagna non saluterà gli azzurri. Ma, se dovesse accadere, sarebbe probabilmente lei la candidata naturale a guidare un nuovo partito di centrodestra di stampo, però, liberale e popolare. Sempre che, nel caso, non sia troppo tardi.
La prudenza di Mara Carfagna contrasta con l’irruenza di Renzi, ma non ci sono elezioni in vista, non sappiamo nemmeno con quale legge elettorale andremo a votare e non serve affrettare i tempi, almeno per ora. Carfagna fa bene a giocare la partita interna dentro Forza Italia, anche se il movimento fondato da Silvio Berlusconi non è un partito contendibile, ma sono lì i voti da recuperare ai nazionalpopulisti.
Prima o poi, però, Carfagna dovrà fare una scelta, tra ricostruire una casa moderata e liberale dentro il vecchio centrodestra e liberarsi una volta per tutte del rapporto con sovranisti, filorussi e razzisti. Ovviamente molto dipenderà dalla legge elettorale, perchè più sarà maggioritaria più sarà difficile tagliare il cordone ombelicale con l’ex Polo.
Ma se il metodo dovesse essere proporzionale, come da vago accordo di governo, la trama potrebbe davvero mutare
(da agenzie)
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