ASSEGNI DI ANEMONE PER 520.000 EURO AL CAPOSTRUTTURA DI MATTEOLI: UNA CASA PER LA FIGLIA DI ERCOLE INCALZA
IL PREZZO REALE DI VENDITA ERA DI 900.000 EURO, DICHIARATO SOLO 390.000, LA DIFFERENZA IN NERO CON 52 ASSEGNI DA 10.000 EURO L’UNO….INCALZA FU ARRESTATO NEL ’98 PER MANIPOLAZIONE DI APPALTI QUANDO TANGENTOPOLI TRAVOLSE IL CLAN SOCIALISTA “NECCI-PACINI BATTAGLIA”…CONSIGLIERE DI LUNARDI, ORA BRACCIO DESTRO DEL MINISTRO MATTEOLI
Lo avevamo scritto due giorni fa: a breve sarebbe scoppiato un altro caso relativo alle sospette regalie di Diego Anemone a funzionari e politici.
Dal sequestro di 52 assegni da 10.000 euro ciascuno, per un totale di 520.000 euro, stava infatti muovendo l’indagine della Guardia di Finanza per stabilire tempi, mode e forme per l’acquisto di un appartamento in via Emanuele Gianturco al civico 5, cinque vani più cantina, al secondo piano di uno splendido palazzo a ridosso del Lungo Tevere, a cinque minuti a piedi da Piazza del Popolo.
I venditori dell’appartamento, Maurizio De Carolis e Daniela Alberti, hanno confermato che il prezzo reale di vendita è stato di 910.000 euro: 390.000 regolarmente registrati dal solito notaio Napoleone, il 7 luglio 2004, ovvero il giorno successivo a quello dell’atto messo a punto per la casa di Scajola, altri 520.000 euro in nero con 52 assegni da 10.000 euro forniti da Anemone, tramite il solito architetto Zampolini e passaggi ala Deutsche bank.
Stesso copione usato il giorno precedente per Scajola.
Ma chi sarebbe stato il beneficiario del regalo di Anemone?
Alberto Donati, marito della figlia di Ercole Incalza, braccio destro del ministro alle Infrastrutture Altero Matteoli.
L’ing .Incalza è una vecchia conoscenza socialista della Tangentopoli di Lorenzo Necci e Francesco Pacini Battaglia.
Un manager, allora socialista, naufragato nelle inchieste degli anni 96-98: già presidente della Tav e direttore generale del Ministero dei Trasporti, fu arrestato il 7 febbraio del 1998 per “far parte di una struttura organizzata composta da manager pubblici e privati che manipolava appalti Tav per creare fondi extracontabili pr erogare tangenti”.
Nel 2004 Incalza rientra nel giro e si pone sotto la protezione del ministro Lunardi, di cui diventa consigliere fidato.
Nel 2008 Matteoli lo vuole con sè alle Infrastrutture, questa volta in un ruolo tecnico ed apicale, capo della struttura tecnica di missione e di fatto suo braccio destro.
Come ci si possa fidare di un soggetto con tali precedenti, non ci è chiaro: invece che gridare al complotto sarebbe bene che certi politici guardassero prima, tanto per restare in argomento abitazioni, chi si mettono in casa. L’inchiesta, almeno per ora, non sfiora Matteoli, ma coinvolge politicamente la gestione di un altro ministero di questo governo.
E il ceto politico non può sempre autoassolversi, se poi va a scegliere come principali collaboratori personaggi addirittura arrestati pochi anni prima per aver taroccato appalti.
La legalità la si dovrebbe imporre prima all’interno delle Istituzioni: troppo facile pretenderne il rispetto solo dagli italiani comuni.
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