BERLUSCONI ROMPE CON SALVINI: “IL VINCOLO LO HAI ROTTO TU CON GLI ELETTORI CHE AVEVANO VOTATO UN PROGRAMMA DI CENTRODESTRA CHE TU HAI TRADITO, NON RAPPRESENTANDOLO”
IL CENTRODESTRA E’ SCOPPIATO, FORZA ITALIA CONVINTA CHE L’ACCORDO SIA L’EMBRIONE DI UNA ALLEANZA ORGANICA TRA SALVINI E DI MAIO
Erano giorni che Silvio Berlusconi covava una certa insofferenza, ben prima dello schiaffo di Aosta al suo alleato, apostrofato come un novello Lassie da far tornare a casa, anzi nella casa del padre padrone perchè “il premier sono io”.
Insofferenza non solo verso un negoziato che non lo ha mai visto come protagonista, anzi come un partner debole costretto a un “via libera” al governo gialloverde per paura di tornare al voto anticipato.
Allibito dai contenuti delle prime bozze del programma, infastidito per rassicurazioni private da parte di Salvini che si infrangevano di fronte a pubblici “tradimenti”, già un paio di giorni fa, mentre era a Sofia per il vertice del Ppe il Cavaliere ha alzato la cornetta per scandire (urlare dice qualcuno) parole di fuoco verso Salvini reo di non rappresentare, al tavolo della trattativa, il programma del centrodestra nel suo insieme e di giocare solo con la casacca della Lega.
Ad Aosta, oggi, lo strappo perchè l’uomo, si sa, è così.
Quando pensa una cosa, alla fine, la dice. E più cova, più la reazione è incontrollabile. L’ultima versione del contratto ha avuto l’effetto di un amplificatore della rabbia: c’è il conflitto di interessi, c’è un capitolo sulla giustizia che recepisce ogni richiesta potrebbe essere titolato “più manette per tutti” . E c’è un’impostazione complessiva che ha davvero poco delle battaglie e dei principi del centrodestra, per come l’abbiamo conosciuto finora.
Anche sulla sicurezza, tema sul quale Berlusconi non ha mai cavalcato la deriva securitaria della caccia all’immigrato o delle ruspe sui campi rom.
Lo ha spiegato, nel corso di una telefonata assai concitata stamattina, a Salvini. Telefonata i cui toni accesi sono più forti delle smentite di circostanza affidate agli staff: “Caro Matteo — è sbottato Berlusconi – altro che vincolo di mandato. Il vincolo lo hai rotto tu, con gli elettori che hanno votato un programma di centrodestra che tu non hai rappresentato. Tradendolo”.
Ecco. Il re è nudo.
Con quella parole “tradimento” che diventa accusa reciproca per giustificare la rottura, anche da via Bellerio perchè “è lui che tradisce, noi non siamo dei Dudù”.
Il re, dicevamo, è nudo.
Si squarcia l’ipocrisia di una coalizione da separati in casa in campagna elettorale con tre leader che avevano, di fatto, tre programmi diversi; poi da separati in casa nel dopo voto perchè, diceva Berlusconi, “noi mai con chi a Mediaset non pulirebbe i cessi” e Salvini che li considerava gli unici interlocutori affidabili; da separati, nell’ultimo funambolico passaggio, con il Cavaliere che dà la “benevola astensione” a un governo dove il suo alleato entra col “nemico”.
Game over, perchè a questo punto Forza Italia è all’opposizione se nascerà il governo, come il Professor Brunetta aveva previsto sin dal primo minuto. “Se”, perchè per quanto il processo appaia ormai scontato, è chiaro che la mossa di Berlusconi rappresenta l’ultimo tentativo per far saltare l’operazione, mandando Salvini alla stretta finale della trattativa da leader solo del suo partito e non più di tutto il centrodestra. Non è poca cosa considerato che da quelle parti gira ancora il nome di Di Maio come possibile premier, perchè gli altri sono stati fatti cadere in questi giorni come birilli. E anche tra i parlamentari della Lega aleggia un certa inquietudine in materia: “Che cosa farà adesso Salvini — è la domanda — alla stretta finale sul nome ora che va a trattare come capo di un partito che vale la metà di Di Maio? Riuscirà a tenere il no?”.
Dalle parti di Arcore ormai è convinzione radicata che il processo che si è messo in modo è ineluttabile: sta nascendo, su un programma che rinnega e archivia il ventennio berlusconiano, una “Cosa penta-leghista”, “gialloverde”.
Le due forze sono unite non da un innamoramento passeggero ma da una solida cultura di fondo, profondamente anti-establishment: non è un fatto di questo o quel provvedimento, è linguaggio, mentalità , cultura della disintermediazione, nuovo populismo.
Magari le giunte del nord reggeranno ancora, ma sul governo “gialloverde” cambia la mappa della geografia italiana.
Governo e opposizione sono alternative e compito delle opposizioni è far cadere i governi, non sostenerli. E, a sua volta, il governo cementa le alleanze, come sa bene Berlusconi che dal governo fece il Pdl, con Forza Italia e An che, da dentro la stanza dei bottoni si fusero in nuovo partito.
È presto, troppo presto per cucinare ricette per l’osteria dell’avvenire.
Ma non è presto per decretare la fine del ’94, in ogni sua possibile declinazione e nel mutare dei rapporti di forza.
Quel modello di centrodestra non c’è più. C’è il suo fondatore, pezzo rilevante dell’establishment nazionale già ai tempi di Craxi, all’opposizione, diciamo così azzurra moderata.
C’è un alleato, la Meloni, all’opposizione, diciamo così, populista e tricolore.
E Salvini al governo gialloverde . La sua nascita è un punto di non ritorno.
(da “Huffingtonpost”)
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