BOSSI, SALTO DI QUALITA’ DEL DELIRIO: “IL NORD FARA’ FUORI MONTI”
E’ GIUNTO IL MOMENTO DI FERMARLO: NON C’E’ BISOGNO DEL CARCERE, BASTA UN RICOVERO COATTIVO
Sono molti anni che a Bossi e ai suoi discepoli viene concessa un’ampia licenza verbale e non solo verbale.
Pernacchie, dito medio, gesto dell’ombrello; annunci di pallottole contro i Bingo Bongo, di valligiani pronti a imbracciare il mitra, di autobus separati per gli immigrati e di carta igienica tricolore.
Ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori, al punto che al cospetto dell’oratoria padana anche gli scontri tra berlusconiani e antiberlusconiani sembravano pagine di bon ton. S’è sempre lasciato fare, e c’era perfino chi sorrideva.
Tanta tolleranza per due motivi.
Il primo è perchè – va riconosciuto – i militanti leghisti hanno dato sempre l’impressione di essere personaggi folcloristici, ma mai pericolosi; finora, insomma, nessuna camicia verde ha mai provato a tradurre in opere il verbo del capo.
Il secondo motivo è che, specie negli ultimi tempi, Bossi ha goduto di una certa umana pietà per le sue condizioni di salute.
In ogni caso, comunque, siamo abituati a reagire dicendo che con quella bocca può ruttare ciò che vuole.
C’è però da chiedersi, ora, se si possa continuare a lasciar perdere.
Dire che Monti deve stare attento perchè il Nord lo farà fuori (chissà di quale Nord parla Bossi) è, diciamo così, un discreto «salto di qualità » anche nell’ambito del delirio.
È vero che l’Italia ha corso pericoli ben più gravi di quanti ne passi adesso (pensate a quando chi pronuncia simili bestialità era addirittura ministro), ma stiamo comunque vivendo un tempo difficile, pieno di tensioni, di insoddisfazioni e di rabbia crescente; di proteste di piazza, di violenze.
Profetizzando, con evidente compiacimento, l’assassinio del presidente del Consiglio, Bossi ha passato ogni limite.
E quindi è forse il momento di sospendere quella licenza di cui quest’uomo ha sempre goduto, e fermarlo.
Non dovrebbe esserci neanche bisogno del carcere: basta un ricovero.
Michele Brambilla
(da “La Stampa”)
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