CACCIARI CONTRO PICIERNO: IL NUOVO INVECCHIA ALL’ISTANTE
LA RENZIANA INCAPACE DI REPLICARE AL FILOSOFO DIMOSTRA IL VUOTO PNEUMATICO DEL “NUOVO CHE AVANZA”
Una giovane donna, sorridente politica di nuovo conio e un vecchio, barbuto filosofo. Lei è Pina Picierno; lui — ex sindaco di Venezia — Massimo Cacciari. Il vecchio e il nuovo in onda su La7 nel programma di Lilli Gruber, temporaneamente in prestito a Giovanni Floris (Otto e mezzo, lunedì, 20.30).
Di antico in verità Cacciari ha poco: non i capelli, ancora neri e folti all’età di 68 anni. E ancor meno le idee, che flette coi tempi, anticipando le tendenze.
Ma di sicuro è un’immagine da Prima Repubblica — anche se defilata e critica — cui si contrappone quel “dopo” che ora governa il Pd.
E la Picierno — neorenziana — oltre all’età di nuovo ha quanto meno il sorriso. Modernissimo sorriso. Che l’accompagna, con arrembante e conciliante strategia inclusiva, nei molti contenitori televisivi che la ospitano.
Il nuovo per definizione non è sperimentato, e quindi ispira fiducia.
La sorridente luminosità della Picierno, appunto.
La quale però inizia a parlare, e un po’ di fiducia si smonta.
Se poi alle prime parole seguono le seconde e le terze, anche la sensazione di nuovo si perde.
E sotto la vernice che riluce appaiono le rughe e le opacità retoriche della vecchia politica.
Fra i due, quasi un dialogo dell’assurdo, demenziale, una scena alla Ionesco, in cui a un personaggio che interroga risponde l’altro, con logica propria, insensata.
Succede che Cacciari chieda qualcosa, una prima, una seconda volta, e che l’interlocutrice risponda altro.
Non si sa se per incapacità di comprendere o replicare.
Un pò come i maestri democristiani del passato. Detentori della sapiente arte del declamare senza dire.
Avendoli un po’ studiati, anche lei ci prova. Ma è maldestra. E confonde la logica con la dialettica. Pessima dialettica.
Il filosofo la incalza, incredulo per le frasi di lei che slittano altrove.
E gli cresce l’insofferenza, mentre progressivamente si sgonfia la “novità ” della neorenziana.
Cacciari: “Ma se è ininfluente l’art. 18, perchè Renzi lo tira in ballo, perchè cerca lo scontro?”
E la Picierno: “Questa è una riforma epocale, noi stiamo dalla parte dei lavoratori…”.
Alla parola “epocale” il corpo dell’accademico si ribella: chiude gli occhi, porta le mani ai capelli, sbuffa, scuote il capo, si dimena, geme.
Una gestualità che denuncia il desiderio di fuga, per abbandonare quell’imbarazzante dibattito.
Forse — chissà — pensa anche lui al nuovo e al vecchio. A quanto sia ridicolo contrapporre la modernità a un passato da rottamare.
A quanto sia difficile conquistarlo e interpretarlo, il nuovo. Tanto che a sentire chi si atteggia a suo interprete, viene voglia di rigettarlo.
Perchè il nuovo in politica dovrebbe parlare una lingua nuova, e non scimmiottare lo strutturato nonsense dell’antica.
E avere il coraggio dell’onestà . E di fronte a una domanda semplice e insidiosa, cui proprio non si può sfuggire, evitare lo zelo a tutela del re e dire che no, non ha alcun senso aggredire l’articolo 18, dal momento che è considerato “irrilevante”.
Perchè dalla logica, se elementare ed evidente, non si sfugge. Nel caso invece la si voglia evitare, si sappia che il prezzo da pagare è proprio il “nuovo” che si indossa. Perchè si diventa vecchi, all’istante. Vecchissimi.
Perfino in ritardo per la rottamazione.
Luigi Galella
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