CASO GIULI, LOTTE DI POTERE E INFAMI: FDI COME UNA SANTABARBARA
IL CASO DELLA CULTURA E’ SOLO UNA SPIA: CROSETTO SFIDA MANTOVANO PER LE NOMINE DEI CARABINIERI
L’immagine del partito granitico, tutto compatto dietro alla leadership di Giorgia Meloni, è ormai evaporata. Perché quando il potere arriva di colpo allora ribalta persino gli aforismi e finisce a logorare chi ce l’ha. Lo sanno bene in Fratelli d’Italia, dove non si contano liti e fazioni. A differenza di altri partiti, dediti alla lotta in pubblica piazza, qui i dissidi rimangono di solito sottopelle per mesi, in attesa di un fiammifero che li faccia esplodere.
Neanche a dirlo, la miccia più recente è il disastro al ministero della Cultura, dove Alessandro Giuli, arrivato coi favori di Arianna Meloni, si è inimicato mezzo partito quando ha deciso di rimuovere Francesco Gilioli da capo di gabinetto per sostituirlo con Francesco Spano. Il primo, a lungo mandarino del Senato, è amico di Ignazio La Russa, non a caso adirato con il neo-ministro per come ha trattato Gilioli medesimo; il secondo, costretto alle dimissioni dopo dieci giorni, come svelato dal Fatto ha subito l’onta di insulti omofobi nelle chat di FdI e ha subito quella parte di partito che fa da raccordo con la galassia Pro-Vita. Per dire un nome: la sottosegretaria Isabella Rauti.
In questo contesto Giuli si è scontrato duramente con Giovanbattista Fazzolari, braccio destro di Meloni che al ministero della Cultura ha orecchie e occhi fidati, come quelli del capo della segreteria tecnica Emanuele Merlino. Il ragionamento di Giuli è presto fatto: o mi fate fare il ministro, senza “ministri ombra”, o me ne vado. Solo che questo discorso lo ha fatto all’altro sherpa di Palazzo Chigi, Alfredo Mantovano, colui che lo ha incontrato nel giorno delle dimissioni di Spano.
Fin qui la faida al ministero, cui resta una coda non trascurabile: la rissa sfiorata l’altro giorno alla Camera tra l’onorevole Federico Mollicone e Antonella Giuli, conosciutissima componente della comunicazione FdI già portavoce di Francesco Lollobrigida nonché sorella del ministro della Cultura. È noto che Mollicone sperasse di fare il ministro o quantomeno il sottosegretario, ma è rimasto in panchina come gran parte della sua “corrente”, l’ala dei Gabbiani che fa riferimento a Fabio Rampelli. Nonostante la lunghissima militanza romana alle spalle, ormai si tratta di una costola di partito messa ai margini, quasi un’opposizione interna.
È anche per questo che Meloni non si fida più. La lite tra Antonella Giuli e Mollicone alla vigilia di possibili nuove rivelazioni di Report segue lo sfogo in chat della premier contro gli “infami” del suo partito, colpevoli di spifferare troppe cose ai giornalisti: “Mollerò per colpa vostra”. Come sempre in questi casi, illudersi di scovare le talpe è inutile. Meloni ha troppa esperienza per non saperlo, ma quel che conta è mandare un messaggio al partito che ribolle.
Un partito dove peraltro cambiano i rapporti di forza. Giovanni Donzelli, per esempio, ha gestito la macchina nel periodo cruciale dell’ascesa fino alla vittoria del 2022, ma oggi – lo si è appena visto – molti altri hanno strappato quote di potere, in primis Arianna Meloni, militante da una vita ma mai così in primo piano. Tra i primi a dare solidarietà a Meloni contro gli “infami” c’era stato Guido Crosetto, che però a sua volta ha dato più di una preoccupazione alla premier negli ultimi mesi, soprattutto per i toni usati contro i Servizi nella vicenda del presunto dossieraggio ai suoi danni. E ora i dissidi con Alfredo Mantovano, che ai Servizi ha la delega, potrebbero accentuarsi in occasione della nomina del prossimo comandante generale dei carabinieri: il ministro punta su Salvatore Luongo, Mantovano su Mario Cinque. Qualcuno, tanto per cambiare, ne uscirà malissimo.
(da ilfattoquotidiano.it)
Leave a Reply