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INTERVISTA A GIULIANO FERRARA, LO SCALFARI DELLA PITONESSA: “SILVIO FARA’ L’AYATOLLAH”

Luglio 14th, 2013 Riccardo Fucile

“BERLUSCONI E’ PIU’ GARIBALDI CHE CAVOUR”…”HA CAPITO CHE LA FINE DELLA SUA PERSECUZIONE COINCIDE CON LA FINE DELLA SUA MANIA DI PERSECUZIONE”

Ancor prima del Trenta Luglio in Cassazione, Silvio Berlusconi non vuole farsi stritolare dal Pitone (Sallusti) e dalla Pitonessa (Santanchè): “Spero solo che i giudici non si incazzino per l’eccesso di urla e di titoli di giornale”.
Lo dice, B., proprio al quotidiano pitonesco, il Giornale.
Poi la solita smentita: “Mi riferivo a chi urla dall’esterno del movimento, il partito è unito”.
Una frittata con uova di pitone.
Giuliano Ferrara ride. Il direttore del Foglio alias l’Elefantino cesella una tripartizione pennuta per il Pdl: falchi, colombe e polli.
“Nel cortile di B. ci sono molti polli, tanti galli che cantano”.
Polli, non pitoni. La faccia di Sallusti quando ha impaginato l’intervista a B.
E la firma dell’intervistatore?
Paolo Guzzanti.
Quello che aveva indicato Berlusconi come capo della mignottocrazia, ma si rende conto?
Dialettica liberale.
La verità  è che a Berlusconi non gliene importa nulla. Ed è una persona che non nutre risentimento.
Aspetta il Trenta Luglio come una colomba appollaiata. Da statista, più nobilmente.
Berlusconi è come Garibaldi, ha fatto un sacco di pasticci. Non a caso si dice “alla garibaldina”. Poi alla fine B. cede e dice: “Obbedisco”.
A cosa?
Ai compromessi. È la sua storia politica. È un uomo di umori, un condottiero con un senso avventuroso dell’esistenza. Più Garibaldi che uno statista come Cavour.
Stavolta è la paura a fargli dire “Obbedisco”.
È vero che ha paura, come qualunque imputato. Ma il suo errore è stato sempre mescolare la paura con il suo mestiere di politico.
Adesso fa finta di non mescolare.
Non fa finta. È proprio così. In questo è la persona più trasparente del mondo. Lui ha sentito tutti e poi ha deciso. Per lui la pacificazione è un evento epocale.
Una conversione come quella di San Paolo.
Ha capito che la fine della sua persecuzione coincide con la fine della sua mania di persecuzione.
E i falchi?
Falchi e colombe continueranno a levarsi in volo. Noi del giro di Berlusconi diciamo sempre quello che pensiamo. Lui lascia correre, sente tutti, verifica e poi tira una linea. Pensa all’ultima campagna elettorale.
Contro il governo Monti.
Una campagna da ultra-irresponsabile. Dopo ha fatto le larghe intese. È un imprenditore lombardo. Lui aveva già  Montanelli e volle prendersi anche Scalfari. Gli dissero che non poteva comprarsi tutti.
Il Caimano
Voi ne siete ossessionati, ma B. è un uomo normale che ha staccato un assegno di 500 e passa milioni di euro a De Benedetti.
Normalissimo
La realtà  non è la fiction di Cordero, del cui stile sono un sostenitore, oppure la profezia ridicola di Moretti, con il tribunale di Milano in fiamme.
Se la colomba è condannata?
Vorrà  dire che recupererà  la sua vita privata, che la politica gli aveva tolto.
Provocazione alla Ferrara.
Berlusconi è condannato a essere Berlusconi. Lei sa dov’è Qom?
In Iran.
È la città  santa dei teologi. Sono loro che comandano, nei palazzi di Teheran ci sono solo pupazzi.
Arcore nuova Qom.
Senza un seggio senatoriale e senza la libertà  personale, Berlusconi farà  l’ayatollah. Lo vedo nel salottino, in tuta blu, a fare telefonate, prendere appunti, costruire il consenso elettorale.
Un ayatollah in tuta blu. Non è meglio la fuga?
Io che faccio distinzione tra legalità  e giustizia, suggerisco sempre all’imputato di andare all’estero.
Il caso Craxi.
Esatto. Ma non faccio l’indovino, non so cosa accadrà . In ogni caso mi pare più probabile la soluzione dell’ayatollah.
I pupazzi del Pdl continueranno a litigare e a dividersi.
Il cortile o la corte di B. è il luogo dove si esprime la classe dirigente del Pdl. Berlusconi sa giudicare le persone ma sbaglia moltissimo.
Per Il Foglio la Pitonessa è strepitosa.
Io sono lo Scalfari della Santanchè, scrivo per il Giornale della domenica. Daniela è una senza remore a differenza degli altri.
Gli altri chi?
Tutti. Sallusti ha delle remore perchè stava con Mieli quando arrivò a B. il famoso avviso di garanzia, il mio amico Vittorio Feltri perchè dirigeva giornali giustizialisti, io perchè sono una vecchia pantegana del Pci. La Santanchè no, quando c’è lei in tv non passa nessuno.

Fabrizio d’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano“)

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FERRARA CONTROCORRENTE: “BERLUSCONI DA SANTORO? HA VINTO LO SHOW MA HA PERSO SUL PIANO POLITICO”

Gennaio 13th, 2013 Riccardo Fucile

IL DIRETTORE DE “IL FOGLIO” BACCHETTA IL CAVALIERE: “TROPPO TARDI PER RESUSCITARE CON UNA COALIZIONE MESSA INSIEME CON LO SPUTO”….E RICONOSCE I MERITI DI MONTI

Day-after-after. Dopo due giorni si parla solo di lui. Di quel Berlusconi che ha vinto il “triello” contro Santoro e Travaglio.
Tutti, anche a sinistra, hanno riconosciuto la vittoria netta del Cav nello scontro televisivo.
Tutti, tranne poche eccezioni.
Una è quella di Giuliano Ferrara. La più rumorosa.
Nel suo editoriale l’Elefantino ha sì riconosciuto la supremazia scenica e mediatica di Silvio ma lo bacchetta sul lato politico.
Quello che conta di più.
Sul Foglio Ferrara racconta di un Cavaliere che dallo scontro “è uscito tonificato, facendo subire ai suoi avversari una lezione di energia, di vitalità , di passione, di allegria, di strafottenza e di sapienza tetarale”.
Ma subito avvisa: “Forse è troppo tardi”.
Secondo Ferrara il Cav “lascia impregiudicata la questione maggiore, la questione politica”.
Berlusconi secondo il dierttore de Il Foglio nonostante lo show non ha mostrato consapevolezza del suo programma politico.
Ferrara sostiene che la performance di Servizio Pubblico non regge al cospetto “di delusioni strategiche, di promesse, di promesse mancate, di una coalizione messa su con lo sputo, rabberciata all’ultimo su posizioni leghiste”.
Poi arriva l’affondo al Cav e una carezza al Prof: “I risultati della cura Monti-Draghi-Merkel, diciamo la verità , un pò si vedono. L’imprenditrice allucinata di Santoro, diceva l’altra sera con sinistra soavità  che nel Veneto vivono in macchina e si suicidano in massa. Nello spirito apocalittico e nell’attacco rognoso a Monti c’era una convergenza netta e neutrale, ma può essere questa caricatura macabra la base di una forte affermazione di un berlusconismo resuscitato?”.
Tradotto il Cav da Santoro avrà  pure vinto il match in tv, ma per Ferrara ha comunque perso quello politico.

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IL FEROCE TRAMONTO DI SILVIO ASSEDIATO: DAI DIOSCURI A CONFINDUSTRIA, IL CONSENSO SI SGRETOLA

Settembre 20th, 2011 Riccardo Fucile

FERRARA E MINZOLINI COME I RISERVISTI MANDATI AL FRONTE QUANDO ORMAI LA BATTAGLIA E’ PERSA… ADESSO NESSUNO PIU’ SOGNA, NEL BUNKER NON SI RESPIRA

Assediato in casa, chiuso nel bunker, braccato: povero Silvio.
Guardi sovrapporsi sullo schermo della serata informativa del Tg1 il faccione solare e tonitruante di Giuliano Ferrara e i tentativi di lettura del gobbo, tentati dal diafano Augusto Minzolini.
Ferrara è pirotecnico, Minzolini sempre accompagnato da un che di vagamente dislessico.
Ferrara chiama alla battaglia per la difesa del voto popolare con la lingua fluente e gli occhiali inforcati per recitare Lincoln; Minzolini è lugubre, con gli occhi in giù, la fronte corrugata, e le parole che si sfarinano in bocca, assieme agli enjambement stentati di una lettura da dettato di scuole elementari.
Guardi Minzolini e Ferrara, nella loro stupefacente complementarità , come i riservisti mandati al fronte a fine battaglia.
Capisci che i due editoriali sono scritti con la carta carbone del mantra rassicurante: “Berlusconi non si deve dimettere”.
Li guardi, in questa fine epoca catodica. E capisci che le due interpretazioni divergenti si annullano al grado zero.
Un tempo gli editoriali sparati dalle corazzate orientavano le masse a difesa del leader, come dei manzoniani squilli di tromba: adesso sembrano accompagnare la sua disfatta con il contrappunto dell’adrenalina e rendere visibile il suo accerchiamento.
Il premier è solo, gli manca l’aria.
Il voto sull’autorizzazione a procedere di Marco Milanese trasformerà  ancora una volta Montecitorio in una roulette russa al cardiopalma, in cui il tamburo gira con un colpo in canna.
Guardi anche quello che nessun tg riesce più a occultare.
C’è un sindaco del nord che dice: “Se passa questa manovra il governo porterà  i comuni al fallimento”.
Non è un primo cittadino del Pd, ma il sindaco di Verona Flavio Tosi.
C’è un altro uomo in fascia tricolore che grida: “Roma è in pericolo, è un errore se Berlusconi si ricandida!”.
Non si tratta di Walter Veltroni o di Francesco Rutelli, ma di Gianni Alemanno.
C’è un presidente di Regione con i capelli brizzolati che si indigna: “Così non va, con queste risorse saremo costretti a tagliare i servizi per giovani e anziani”.
E chi è, Vasco Errani? Macchè, è Roberto Formigoni, un altro che ha già  archiviato l’era del Cavaliere .
C’è un importante banchiere che dice: “Attenzione, non c’è da scherzare: per l’Italia c’è un rischio default”.
Eppure non è il banchiere prediletto della Quercia, Giovanni Consorte, ma l’amministratore delegato del più importante istituto di credito italiano, Corrado Passera (numero uno di Banca Intesa San Paolo).
C’è una donna che grida: “È stata minata la credibilità  dell’Italia!”. E non è mica Susanna Camusso, nè una dama con palloncino rosa del comitato di “Se non ora quando”, ma la confindustriale Emma Marcegaglia.
Poi ci sono i giornali internazionali (tutti), poi ci sono le procure che vogliono processare il premier e quelle che lo vogliono ascoltare come testimone (e lui deve rifuggire da entrambe).
Poi il processo Mills che ritorna incombente perchè il collegio ha accettato di tagliare i testimoni superflui, vanificando la grottesca controriforma de “il processo lungo”. Curiosa beffa: promulgare una legge che compromette mezzo milione di processi, per salvarne uno solo.
E per giunta senza riuscirci.
Ogni giorno che passa, in questo infinito, iridato e feroce tramonto dell’età  azzurra, un frammento del blocco di consenso che costituiva il cuore del berlusconismo si sgretola.
C’è la Banca d’Italia che rifà  i conti con la matita rossa e blu, c’è la Banca centrale europea che detta ultimatum via lettera, ci sono alleati pulviscolari che pongono veti, c’è Umberto Bossi che proclama per l’ennesima volta la fine dello Stato nazione (il fatto che sia una panzana non diminuisce la gravità  e la comicità  dei vaniloqui secessionistici), e ci sono i dioscuri di un tempo, oggi annichiliti.
Il sorriso da faina di Denis Verdini, che fu spacciato per l’emblema di un banchiere mediceo, e per l’orgoglio di un solido capo di partito, è tornato il ghigno un ex macellaio prestato alla politica.
L’eminenza cotonata di Gianni Letta, che fu celebrata come il vessillo di un illuminato di Palazzo, e tornata oggi invisibile; l’eroe dei due mondi Guido Bertolaso si è tolto il maglioncino inutilmente a girocollo, ha finito di dare lezioni agli Usa, e si è accoccolato nel silenzio delle proprie strategie difensive.
L’iracondia dentata di Renato Brunetta prima raccoglieva solo applausi, adesso catalizza solo pernacchie. Il ciuffo bianco di Giulio
Tremonti ieri si era ammantato di carisma profetico, quando il suo best-seller da aspirante sciamano,
La paura e la speranza, scalava le classifiche.
Adesso la speranza si è spenta nel balbettio delle paghette versate a Milanese per pagare appartamenti con soffitti affrescati.
È rimasta solo la paura.
Finire braccato vuol dire correre da Giorgio Napolitano trafelato per annunciare un decreto risolutivo che il capo dello Stato non firmerà  mai.
Significa perdere il sonno per inseguire il segnatempo delle intercettazioni a orologeria, passare ore ad approntare inverosimili ricostruzioni difensive, significa vivere senza leggerezza, senza più sorrisi, senza il conforto delle guasconate che facevano incazzare mezza Italia e sognare l’altra.
Adesso nessuno più sogna, nel bunker non si respira, il tono orgoglioso del ghe-pensi-mi si è virato nello spettro di una sopravvivenza commissariata a Palazzo Chigi. Povero Silvio.
Quando tutto il senso di quello che hai voluto essere si dissolve nel suo contrario, la permanenza senza prospettiva diventa solo un doloroso male di vivere.

Luca Telese blog

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I SERVI CI SONO, I VOTI NON PIU’: L’ADUNATA VOLUTA DA FERRARA, INCHINATI A UNA SAGOMA, MA DIVISI SU TUTTO

Giugno 9th, 2011 Riccardo Fucile

PRIMARIE O MENO, SUCCESSIONE O MENO: TRA FISCHI ED APPLAUSI SFILANO DIRETTORI DI GIORNALI, POLITICI E FANS ALLA “LIBERA ADUNATA DEI SERVI DEL CAVALIERE”….FERRARA PROVA A SUONARE LA CARICA TRA TANTI TROMBONI

Ci voleva il geniale e innegabile talento coreografico di Giuliano Ferrara.
E il clima di amichevole competizione nella tavolata di direttori-big (Ferrara, Sechi, Belpietro, Feltri e Sallusti) tutti aspiranti consiglieri del Principe.
Ci volevano gli ospiti molesti. E poi l’aria agrodolce e adrenalinica del crepuscolo, la platea di pantere grigie un po’ incazzate, l’odore di Napalm al Capranica di mattina presto, il crepitare della competizione e lo spettro della successione per la “libera adunata dei servi del Cavaliere”.
E poi — ovviamente — ci voleva Lui: convitato di pietra, anzi di cartone con Alessandra Mussolini che finito l’intervento corre a baciare esterrefatta quella sagoma del beneamato premier che fa bella mostra di sè sul palco: “Oddio! Oddìo che orrore! È anche sgranato. Se sapesse che lo avete fatto così piccolo!”.
E ci voleva il direttore del Foglio che risponde con sublime e perfida ironia: “Veramente è a grandezza naturale!”.
Allora bisognerebbe parlare di quella sagoma: forse era una citazione, e Ferrara aveva in mente il poster di Lenin formato uno a uno (anche lui non era un gigante) in piedi di profilo che furoreggiava nelle case degli anni Settanta: forse era un altro divertissement.
Ma effettivamente era una foto con capigliatura rada pre-trapianto che l’occhio vigile di Mity Simonetto avrebbe sicuramente cassato.
Però Mity è andata in pensione (e questo è un segno dei tempi), Mamma Rosa non c’è più, e Silvio stesso non si sente affatto bene.
Al Capranica Berlusconi non è venuto, e in questa miscela umana la Festa per il caro amico Silvio, che fino al giorno prima doveva essere un seminario preparatorio per “tornare allo spirito del ’94”, ha finito per trasformarsi in un helzapoppin picaresco, un (in)volontario rito funebre del berlusconismo, in cui forse non tutti erano consapevoli, ma in cui si suonava come nei funerali di New Orleans.
Una cerimonia in cui ognuno aveva una sua diversa idea dello scomparso e di come gestire l’eredità , e quella sagoma diventava per tutti la foto del “Caro estinto”.
Una metafora così chiara, a fine mattinata, che Vittorio Feltri, con la consueta schiettezza, ammoniva strappando la risata: “Uè! Non si può fare un funerale senza la salma!”.
E in cui la solita Mussolini diceva: “Bisogna riesumarla”.
Insomma, un festa wedding & funerals, ma anche un po’ balcanica, come un film di Emir Kusturica in cui qualcuno ridendo prima o poi tira fuori il kalashnikov e spara.
E quindi ci volevano anche le contestazioni furibonde alla giornalista di sinistra “infiltrata” Marina Terragni, così ispida nella provocazione: “Per i giovani di Milano Berlusconi è vecchio. Per loro Berlusconi è muffa!”.
Boato di rabbia dalla platea: “Sarai vecchia tu!!!”. Ululato dal loggione: “Ma chi è ‘sta stronza?”. Signora imbufalita in prima fila: “Taci, racchia!”.
Anche Ferrara tira fuori la pistola. Prima per placare gli indignados azzurri. Poi si incazza a sua volta con la Terragni, che picchia sul beneamato leader come un trapano: “Scusa Marina! Ti ho invitato perchè facessi una pacata e provocatoria analisi della sconfitta di Milano, non un violento comizio antiberlusconiano!”.
E che dire di Ritanna Armeni? Eroicamente vuole spiegare alla platea dei “Servi”: “Perchè serpeggia la delusione nei vostri elettori? Un intero mondo è venuto meno! Il berlusconismo è finito e non tornerà ”.
A chi lo spiega, Ritanna? Al signore con il bandierone sei per tre autoprodotto? (“No ai Pacs, con Storace, Rauti e Berlusconi in difesa della famiglia naturale”).
Difficile stabilire un feeling: “Tu non sei nemmeno iniziata!”. E Ferrara: “Lasciala finire!”. E il contestatore: “Io non sono d’accordo”. Il direttore: “È la tua idea, non la sua!”.
Chissà  se l’Elefantino se lo era immaginato così, l’intervento dei suoi “ospiti”. O se il modello che aveva in testa era quello di Piero Sansonetti che esordisce così: “Visto che avete fischiato la Terragni e la Armeni, vi pregherei di fare altrettanto con me…”. Ma poi l’ex direttore di Liberazione (oggi a Calabria ora) si aggiusta il ciuffo e cede al suo demone narcisista: “Dirò una cosa che vi farà  piacere e due che non vi fanno piacere”.
Invece ne dice una che strappa applausi scroscianti: “Berlusconi ha un grande merito: quello di aver portato in Italia la cultura garantista. E poi quello di essersi opposto allo strapotere dei magistrati” (sono già  due cose).
E una sola “negativa” (si fa per dire): “Berlusconi è l’uomo che ha ridisegnato il volto della destra. Ma anche della sinistra”.
Capirai, lo applaudono ancora di più.
Insomma tutto questo spettacolo mette in ombra il canovaccio iniziale.
Ovvero l’esercitazione di “frondismo” classico di Ferrara: “Non ti ingessare. Non aver paura. Non temere di diventare una statua di cera, torna a combattere!”.
Con i consigli, anche bruschi: “Ti abbandoni a noiosissimi monologhi, ma il paese si è stufato!”.
E con la novità  del giorno: “Primarie libere — grida Ferrara — generali, semplici: il 20 ottobre”. Macchè. È d’accordo Mario Sechi, ma non Belpietro.
E nemmeno Sallusti, che dice: “Berlusconi è un monarca e il berlusconismo una monarchia. E se tu, Giuliano vuoi sottrargli alcuni poteri, metti a rischio la monarchia. E quindi meriti di essere punito con la pena di morte”. Ride. Ma solo dopo averlo detto. La Santanchè è con lui.
La Meloni è incazzata (con la Polverini). Galan non si capisce cosa voglia.
Alla fine della fiera: uno dei più applauditi è Sansonetti: vuoi vedere che se si fanno le primarie del centrodestra le vince lui?

Luca Telese

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A CENTO SI CANDIDA CON LA LEGA, A FINALE EMILIA COL PD: CHI E’ TIZIANO PIRANI, IL GIANO BIFRONTE DELLE AMMINISTRATIVE

Maggio 15th, 2011 Riccardo Fucile

ASSESSORE NELLA GIUNTA DI CENTO PRIMA CHE VENISSE COMMISSARIATA, EX CRAXIANO, IN POLITICA DA UN VITA. E’ UNO DEI “GRANDI ACQUISTI” DELLA LEGA EMILIANA… MA NON DISDEGNA DI APPOGGIARE ANCHE LA LISTA DI SINISTRA NEL PAESE DI ORIGINE DELLA MOGLIE

Tiziano Pirani, in politica da sempre, fino a qualche giorno fa, prima del commissariamento, era seduto nella giunta di Cento, retta dal pluri inquisito Flavio Tuzet che fa parte di un altro schieramento ancora, quello degli ex An. Adesso oltre alla “città  del carnevale” (dove si presenta in quota Carroccio) vuole un posto anche a Finale Emilia, vicino a Modena, paese di origine della moglie. Qui sostiene il Pd, visto che la destra ha pochissime probabilità  di farcela
Candidarsi per due liste civiche che sostengono schieramenti opposti, la Lega Nord a Cento di Ferrara e il centrosinistra a Finale Emilia, in provincia di Modena.
Il Giano bifronte delle amministrative è Tiziano Pirani, 56enne funzionario dell’anagrafe con un passato di militanza nel Psi di Craxi e un presente come assessore nella Giunta centese di centrodestra dell’ormai ex sindaco Flavio Tuzet.
Il tentativo di accedere a due diversi consigli comunali, tecnicamente possibile in assenza di tessere partitiche, sta ovviamente regalando le ultime polemiche, o meglio dire ironie, prima del voto di domani e lunedì.
Ma Pirani non si scompone: “Sostengo in entrambi i casi quello che ritengo essere il bene della comunità  locale. Mia moglie è di Finale, dove ho pure amici e parenti e dove vado spesso, abito a Reno Centese (paesino al confine fra le due province) e a Cento lavoro, anche se fra sei o sette mesi andrò in pensione. Credo sino in fondo alla logica delle liste civiche e le sostengo sia da una parte che dall’altra”.
Alle critiche dei candidati di Sinistra per Finale Stefano Lugli e del Movimento 5 Stelle Carlo Valmori la lista di centrosinistra che sostiene Fernando Ferioli assieme a Pd, Idv e Sel, replica che “il candidato sindaco era a conoscenza della situazione, già  discussa con tutta la coalizione: la lista civica di Pirani è composta da non iscritti a partiti, quindi non è incompatibile la sua candidatura”. Se il caso ha creato un certo imbarazzo a Finale Emilia, dove Ferioli dovrà  vedersela anche con Maurizio Poletti (Pdl, Lega Nord più due civiche) e con il coordinatore provinciale dell’Udc Fabio Vicenzi, a Cento il caos era già  totale, non solo per i nove aspiranti sindaci in lizza.
Il Comune ferrarese, retto da un ventennio dal centrodestra, è stato commissariato nei giorni scorsi dopo le dimissioni in blocco di 12 consiglieri anche di maggioranza al culmine di un lungo braccio di ferro con il sindaco Tuzet (area ex An), imputato di istigazione alla corruzione e violenza privata per una sorta di campagna acquisti fra le minoranze.
Il commissario Pinuccia Niglio, inviato dal Prefetto, gestirà  la situazione per le elezioni fino al 3 giugno.
A Cento il centrodestra rigetta nella mischia Paolo Fava, sindaco per due legislature prima di Tuzet, con un’alleanza che abbraccia Pdl, Udc e La Destra più liste civiche, per sbarrare la strada a Piero Lodi e al suo centrosinistra ricompattato (con Pd, Sel, Psi, Federazione della Sinistra e Idv).
La Lega Nord, consumata la rottura con il Pdl, corre da sola con l’immobiliarista Marco Amelio sostenuto da tre liste civiche che pescano nello schieramento avverso.
Oltre a Claudio Tassinari, ultimo segretario centese dei Ds, c’è la presenza del ‘doppio candidato’ civico Pirani.
Nel valzer delle poltrone, è passato inosservato.

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ARRIVA GIULIANO FERRARA E I TELESPETTATORI CAMBIANO CANALE: IN 10 GIORNI PERDE 4 PUNTI DI SHARE E 1,3 MILIONI DI UTENTI

Marzo 28th, 2011 Riccardo Fucile

IMPOSTO DAL PREMIER AL MODICO PREZZO DI 3.000 EURO A SERA, FERRARA TRASMETTE LA VOCE DEL REGIME: RUBY E’ DIVENTATA UNA MARTIRE, I MAGISTRATI DEGLI SPIONI, BERLUSCONI UN PERSEGUITATO POLITICO…MA I TELESPETTATORI DOPO IL TG1 CAMBIANO SUBITO CANALE E TORNANO QUANDO “RADIO LONDRA” E’ TERMINATA

Con il suo eloquio evangelico ha sparato contro Luigi De Magistris e Michele Santoro ed è riuscito a nascondere il vizio nucleare di un governo già  pregno di peccati.
In dieci giorni Ferrara ha fatto molto per guadagnarsi i suoi 3 mila euro al giorno e giustificare il contratto triennale con la Rai, però, il pubblico l’ha bocciato: in due settimane ha perso 4 punti di share e 1,3 milioni di spettatori. Qui Radio Londra ha esordito su Raiuno lunedì 14 marzo con il 21,1 per cento di share e 6 milioni di spettatori (e chiuso con una media di 5,9 milioni): durante i cinque minuti del suo monologo, 500 mila italiani hanno cambiato canale.
Giovedì sera il direttore del Foglio ha toccato il punto più basso: 17,06 per cento di share e 4,7 milioni di spettatori.
Venerdì sera ha miracolosamente recuperato perchè il programma è durato 3 minuti anzichè 5 e mezzo (dunque non c’era tempo per scappare) e precedeva la partita Slovenia-Italia che ha stravinto la serata televisiva con oltre 8 milioni di italiani e il 28,6 per cento di share.
Qui Radio Londra va male anche se può sfruttare un momento televisivo fortunato: il Tg1 di Minzolini in tempi di guerra viaggia ben oltre i 25 per cento di share e passa la linea a Ferrara con una media di oltre 7 milioni di spettatori.
Al debutto la Rai aveva spezzato il telegiornale e Ferrara con un blocco pubblicitario di 4 minuti, poi l’ha ridotto a tre minuti e poi ancora di meno. Perchè?
Per evitare la fuga di massa: anche se passano soltanto due minuti, quasi 2 milioni di spettatori cambiano canale mentre Ferrara sta per andare in onda e ritornano appena finisce.
Ogni sera l’Elefantino allontana il pubblico dal primo canale del servizio pubblico e aiuta Striscia la notizia a trionfare su Canale 5.
Forse ai dirigenti Rai non interessa la concorrenza.
L’importante è partecipare, tanto chi vince è sempre lo stesso.

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FERRARA VA IN ONDA E I TELESPETTATORI CAMBIANO CANALE

Marzo 16th, 2011 Riccardo Fucile

COME APPARE DOPO IL TG1, UN MILIONE DI UTENTI CAMBIA CANALE… QUANDO FERRARA LASCIA POSTO AI PACCHI TORNANO ANCOR PIU’ NUMEROSI… NESSUNO, DOPO IL TG, ERA RIUSCITO A FARE PEGGIO (20,63% DI SHARE) MA VERRA’ PAGATO PER DUE ANNI E ALTRE 200 PUNTATE PER 600.000 EURO

Il Tg1 lascia in eredità  al direttore de Il Foglio quasi sette milioni di utenti, ma l’Elefantino ne fa scappare un milione.
Che poi tornano per vedere i pacchi.
Giuliano Ferrara ha fatto peggio di tutti.
La prima puntata di Qui Radio Londra, ha ricevuto in eredità  dal Tg1 6 milioni 881 mila telespettatori (25,70 per cento di share) riuscendo a farne scappare subito un milione e attestandosi al 20,63% di share.
Nessuno, nella striscia quotidiano post telegiornale, aveva fatto peggio. Anche Riccardo Berti nel ciclo di Batti e Ribatti nel 2005 registrò il 24,61% alla prima puntata, mentre il ciclo condotto da Pierluigi Battista nel 2004 conquistò oltre otto milioni di spettatori (28,94% di share).
E nel 2006, l’allora direttore del Tg1 Clemente Mimun alla puntata d’esordio del Dopo Tg ottenne il 26,71%.
Senza citare i dati dello storico Il Fatto di Enzo Biagi.
Se non è un flop quello di Ferrara gli somiglia parecchio.
E sarà  pure dovuto alla scelta del tema trattato, la paura sul nucleare, ma persino i pacchi di “Affari tuoi” che sono andati in onda dopo di lui hanno fatto meglio dell’Elefantino registrando il 21,4%.
E in prime time, il Commissario Montalbano è stato seguito da quasi dieci milioni di spettatori (9 milioni 561 mila), il 32,60 per cento di share con punte del 38%.
Quasi il doppio di Ferrara. Il direttore de Il Foglio ha tre anni di contratto per rifarsi. 200 puntate a 3mila euro l’una.
A prescindere dai risultati.
Come sottolinea Loris Mazzetti, storico braccio destro di Enzo Biagi, “se la trasmissione di Ferrara sarà  un flop la Rai sarà  costretta a pagare lo stesso”, commenta.
“Non sono in grado di dire ora se è giusto o sbagliato perchè il guadagno dovrebbe essere commisurato agli ascolti e alla raccolta pubblicitaria del programma, in onda dal 14 marzo. Ferrara manca dalla tv da qualche anno e, se non vado errato, l’ultima stagione su La7, a Otto e mezzo, fu un mezzo disastro. Quindi è paradossale avergli fatto un contratto di due anni. Mi auguro non sia a scatola chiusa perchè si parla di 200 puntate”, ha aggiunto il capostruttura della Rai.
“Mi auguro che il suo contratto abbia una clausola che preveda la risoluzione automatica, in caso di ascolti non in linea con la media di rete. E, nel caso di successo, qualche soldo in più per lui. Sono convinto che in questo momento ci sia comunque uno che brinda: Antonio Ricci con Striscia la notizia”.
Sì, il Gabibbo, infatti, ha battuto Ferrara registrando il 24,09 per cento.

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QUANTO CI COSTA SILVIO: DUE ANNI DI CONTRATTO A GIULIANO FERRARA A 500.000 EURO L’ANNO

Marzo 4th, 2011 Riccardo Fucile

C’E’ PURE L’OPZIONE PER UN TERZO ANNO: FINIRA’ CHE FERRARA DURERA’ PIU’ DEL SUO PADRONE…INIZIA IL 14 MARZO “QUI RADIO ARCORE”, LA PROSECUZIONE DELLA TV DI REGIME DOPO IL TG1 DI SCODINZILINI

Qui Radio Londra, il nuovo format del direttore del Foglio, inizia le trasmissioni il 14 marzo.
Il giornalista guadagnerà  tremila euro a puntata
Giuliano Ferrara completerà  la legislatura, Silvio Berlusconi chissà .
Il direttore del Foglio firmerà  un contratto di due anni (e l’opzione per il terzo) con la Rai: Qui Radio Londa inizierà  tra due settimane e finirà  a marzo 2013, nei giorni di campagna elettorale salvo dimissioni e ribaltoni a Palazzo Chigi.
Ferrara può prolungare al 2014 il suo editoriale quotidiano, per centinaia di serate avrà  l’ultima parola in coda al Tg1 di Augusto Minzolini.
La burocratica Rai con l’Elefantino ha scoperto un’efficienza che mancava da tempo: l’incontro di ieri a viale Mazzini è durato pochi minuti, però, il servizio pubblico investe su Ferrara per i prossimi tre anni e per circa 1,5 milioni di euro.
Qui Radio Londra sarà  in onda per cinque giorni a settimana dal lunedì al venerdì, senza pubblicità  (e dunque senza ricavi per la Rai) appena si chiude la sigla del Tg1.
Per ogni puntata l’ex ministro berlusconiano guadagnerà  poco più di 3 mila euro lordi e, calcolando che le serate saranno oltre 150 l’anno, l’ingaggio annuale sarà  di 500 mila euro.
Il compenso di Ferrara è inferiore al minimo garantito di Bruno Vespa, in linea con lo stipendio di un     responsabile di rete, ma è un’enormità  rispetto a Travaglio e Vauro che lavorano per Annozero senza contratto da sei mesi.
In un’azienda piegata da tagli e crisi, per nessuno è facile strappare un accordo triennale e avere carta bianca per un programma sperimentale con il rischio che sia un fallimento.
Il direttore generale Masi per Ferrara ha superato se stesso: studi pronti in un attimo, via vecchie scenografie, trattativa comoda e Cda all’oscuro di tutto, nonostante il palinsesto sia stato approvato cinque settimane fa.
Per spiegare il significato dell’avvento di Ferrara basta citare il caso di Lucia Annunziata: il suo speciale sul Potere, un settimanale di sei puntate, da mesi avanza e arretra nei progetti di viale Mazzini.
E mentre Qui Radio Londra è al via, l’Annunziata aspetta: “Il mio programma doveva già  partire a ottobre. La data prevista è ora il 28 marzo, ma il dg non ha firmato ancora la scheda di programma. Non si capisce per quale motivo”. E c’è una differenza tra Ferrara e l’Annunziata: Potere impegna Rai3 per sei settimane, Ferrara occuperà  uno spazio sensibile di Rai1, tra il telegiornale più seguito e il varietà  per le famiglie.
L’Elefantino avrà  quel pezzetto di palinsesto che fu del Fatto di Biagi e che da sempre Berlusconi guarda con attenzione.
L’Annunziata racconta un episodio inedito di qualche anno fa: “Quando ero presidente Rai (dal marzo 2003 al maggio 2004, ndr), mi svegliarono alle 4 di mattina spiegandomi che c’era l’accordo su chi affidare lo spazio dopo il Tg1: una settimana a Vespa e una settimana a Ferruccio de Bortoli, che era stato allontanato dal Corriere da Berlusconi.
Un’intesa raggiunta — spiega la conduttrice di In mezz’ora — dopo una lunga trattativa, che mirava a garantire il massimo di equilibrio. Poco prima del Cda, però, un consigliere mi disse che era stato a Palazzo Chigi e che lui gli aveva detto che non avrebbe mai consentito a chi gli aveva messo contro il Corriere della Sera di avere quella visibilità . L’accordo saltò e lo spazio fu affidato a Pierluigi Battista”.
Ora il vento è diverso e l’equilibrio vale zero.
La nuova Rai con Ferrara, Vittorio Sgarbi e Bruno Vespa in prima serata sarà  un bottino per Mauro Masi da spendere con il Cavaliere per decidere la sua prossima destinazione, una poltrona nei Cda di enti pubblici come Eni, Enel, Terna e Finmeccanica che saranno rinnovati ad aprile.
Ieri Masi è stato ricevuto a Palazzo Chigi, ufficialmente per illustrare le dirette Rai per i 150 anni dell’Unità  d’Italia che cominciano il 16 marzo con un evento al Quirinale.
Ma nemmeno per le celebrazioni di rito c’è posto per volti sgraditi: sarà  Vespa con Pippo Baudo a raccontare ai telespettatori com’era l’Italia e com’è oggi.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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NON BASTAVA MINZOLINI, LA TV DI REGIME PROSEGUIRA’ CON L’ATEO DEVOTO (AL PREMIER)

Febbraio 26th, 2011 Riccardo Fucile

FERRARA TORNA IN VIDEO SULLA RAI PER PROLUNGARE LA PENA DOPO IL TG1…L’OCCUPAZIONE DEI MEDIA DA PARTE DEI BERLUSCONES PROSEGUE…I TALEBANI ALL’ATTACCO DELLA RAI

La stretta berlusconiana sull’informazione continua.
Dopo l’approdo di Bruno Vespa e Vittorio Sgarbi in prima serata, è il turno di Giuliano Ferrara. Che di fatto prende il posto che fu di Enzo Biagi.
“Ho avuto l’offerta di rifare la mia vecchia rubrica Radio Londra e l’ho accettata” conferma Ferrara.
Per il direttore del Foglio si sta pensando a un programma che andrebbe in onda dopo il Tg1 delle 20, nella collocazione che anni fa era del Fatto’ di Enzo Biagi.
La trattativa è condotta dal direttore generale della Rai, Mauro Masi, e vede coinvolto anche il direttore della rete Mauro Mazza.
Il ritorno in video di Ferrara arriva a coronamento del ritrovato attivismo del giornalista al fianco del premier.
Dopo un lungo periodo in cui Ferrara sembrava tenersi a margine dell’entourage berlusconiano, improvvisamente, il direttore del Foglio è sceso in campo in prima linea.
Prima con una serie di editoriali, poi con la scelta di firmare articoli sul Giornale.
Ed ancora con l’intervista fiume sul Tg1 di Minzolini a difesa del Cavaliere. Infine la manifestazione di Milano per Berlusconi e contro “moralisti” e i giudici.
Adesso l’arrivo in Rai e una nuova prevedibile raffica   di polemiche legata alla delicata situazione sia del servizio pubblico, sia della situazione politica.
La scelta, inoltre, apre nuovi interrogativi sul ruolo di Masi.
Da giorni infatti si rincorrevano voci sulla sua possibile sostituzione.
Voci che davano il direttore generale in drastico calo di gradimento da parte del Cavaliere.
Sarà  per questo che in ambienti Rai la notizia viene commentata come un segnale della solidità  di Masi.

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