Agosto 19th, 2025 Riccardo Fucile
PIAZZATI I FEDELISSIMI E GLI AMICHETTISSIMI (LA PROSSIMA SARÀ LA DIRETTRICE VENEZI IN ARRIVO ALLA FENICE), LA DESTRA MELONIANA NON È RIUSCITA A INTACCARE NÉ LO STRAPOTERE BARONALE DELLE UNIVERSITÀ NÉ LE NOMINE DIRIGENZIALI DEL MIC
Camaleontica e gattopardesca, la cultura dell’Italia delle destre è così simile a quella
della cinquantennale egemonia culturale della sinistra che fatichi a distinguerle. L’industria culturale – editoria, festival e dintorni – resta sempre in gran parte in mano alla Sinistra, ma nelle due aree culturali dove la politica può incidere, ovvero docenza universitaria e direzione di musei e teatri, il Governo Meloni non ha, per ora, apportato cambiamenti metodologici.
A comandare, ove possibile, è sempre l’amichettismo – per cui via la Melandri arriva Giuli, via Cicutto o Baratta e arriva Buttafuoco… prima o poi anche la direttrice del lato B Venezi andrà a posto (voci insistenti la danno in arrivo alla Fenice di Venezia). Poi mancherà ancora Ludovico Casellati, ma i La Russa e molti altri sono ormai a posto.
Quando non sono nomine dirette, nel rispetto costituzionale a comandare sono i cosiddetti concorsi (universitari e di direzione del Mic), i cui bandi e regole sono scritte per far continuare le logiche baronali in università e il trionfo di un “anonimo” deep-state in soprintendenze, musei, parchi archeologici…
All’inizio della sua avventura politica, Berlusconi aveva tentato, con qualche intellettuale bendisposto, un timido approccio di cultura liberale: libere università, scuole aziendali, chiamate indipendenti ai Beni culturali (Mario Resca veniva da McDonald’s), coinvolgimento dei privati e degli apparati confindustriali.
Ma tutto, presto si arenò, privilegiando la televisiva cultura dell’intrattenimento, un corrispettivo moderno degli alberi della cuccagna che portava più voti di festival letterari, pagine culturali, mondo di scrittori, architetti, teatri di prosa, cinema… insomma dell’intera cittadella culturale lasciata presto ancora in mano alla sinistra (da cui i vari Saviano, Murgia, Veronesi, Valerio e compagnia bella).
Piazzati i fedelissimi, gli amichettissimi, pare che la destra meloniana ormai da anni al potere non riesca, o non intenda, tracciare – dopo un Piano Mattei – anche un… che so Piano Olivetti o, almeno, un pianoro o un falsopiano culturale. Per attestarlo basta guardare i bandi di concorso di università e quelli per le nomine dirigenziali del Mic.
Nel primo caso non si è messo mano allo strapotere baronale che agisce per cooptazione: si continua a scegliere il figlio di…, l’amante di…, la studentessa-segretaria e li si avvia al cursus
honorum con inutili pubblicazioni, dottorati pilotati, borse post-doc fatte arrivare all’uopo, posto da ricercatore a tempo determinato, poi indeterminato ecc.
E pensare che, per modificare questo perverso meccanismo basterebbe una semplice regola: per ogni chiamata di un personale già strutturato ogni ateneo deve mettere in ruolo uno studioso non strutturato (magari con abilitazione scientifica) o individuo di chiara fama proveniente dal mondo del lavoro.
Stessa cosa per la direzione di musei e teatri. I bandi – di settimana scorsa quelli per la direzione di venti musei – continuano a richiedere (art.2, punto e) una esperienza quinquennale alle dipendenze della pubblica amministrazione, parametro sostanzialmente sine-qua-non per diventare direttore di un museo.
Quindi, niente chiamate di nomi che si ritengono adatti, meritevoli o di fama, che so… Obrist per un museo d’arte contemporanea, un grande editore o scrittore ai Beni librari.
Qui è il deep-state a dare le carte con la longa manus dei ministri che nominano le commissioni di selezione, in genere formate da archeologi e avvocati già alle dipendenze del ministero.
Quando le commissioni non piacciono, a volte le si cambia senza nemmeno avvisare i commissari che stanno lavorando (è successo). Si è visto l’esito di questi concorsi nel caso dell’assegnazione di “128 risorse dirigenziali di seconda fascia” (ovvero direttori di archivi, biblioteche e musei) del 26 maggio scorso: un trionfo di burocrati promossi o spostati a seconda di vaghi desiderata (la direttrice dei Beni librari della Lombardia, Annalisa Rossi, nota oppositrice all’abbattimento dello stadio di San Siro, per esempio è stata spostata in Toscana).
I giornali non ne hanno parlato perché il burocratume che ingessa il Paese è incomprensibile e va bene sia alla destra (che non sa cercare i meritevoli) che alla sinistra (i burocrati sono per lo più suoi).
Così come giornali o magistratura non hanno certo i fari accesi sui baroni che “brindano a champagne” nell’accordarsi su chi deve vincere un concorso (di medicina, per giunta!): rinviati a giudizio vengono assolti, premiati con ruoli di rettori o di presidenti di società pubbliche.
È chiaro che, così, non si fa alcuna politica culturale e si procede nel solco dell’egemonia culturale della sinistra. Tanto che sarebbe meglio togliere l’aggettivo culturale e parlare di una semplice e perenne egemonia dell’amichettismo e della burocrazia.
(da Dagoreport)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 19th, 2025 Riccardo Fucile
DOPO IL BILATERALE PUTIN-ZELENSKY (FORSE IL 22 AGOSTO), C’È CHI VEDE POSSIBILE UN TRILATERALE CON TRUMP NELLE PRIMA SETTIMANA DI SETTEMBRE, MA SONO TANTI I PUNTI DELLA DISCORDIA, A PARTIRE DALLE IMPORTANTI CONCESSIONI TERRITORIALI PRETESE DA PUTIN (L’INTERO DONBASS E LE ZONE OCCUPATE DI KHERSON E ZAPORIZHZHIA)… TUTTO DIPENDE DALLE GARANZIE DI SICUREZZA FORNITE A ZELENSKY
La luce in fondo al tunnel della guerra è destinata ad apparire nei primissimi giorni di settembre. È Donald Trump a individuare la finestra temporale nella quale si definirà il percorso verso la fine del conflitto in Ucraina che dura da quasi tre anni e mezzo. «Tra una o due settimane, sapremo se risolvere questa situazione o no, e continueremo a impegnarci al massimo per porvi fine. Sembra ci siano due parti interessate, e di solito questa è una buona notizia», avverte il presidente americano.
C’è chi vede nell’arco temporale delle due settimane la data da cerchiare sul calendario per il trilaterale del presidente americano con Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Prima tuttavia, è l’anticipazione a sorpresa del tycoon, ci sarà un bilaterale tra i presidenti ucraino e russo (forse già il 22 agosto).
Sia Zelensky che il presidente Usa concordano nel volere il
trilaterale il prima possibile, perché avrebbe la «ragionevole possibilità» di far finire la guerra in Ucraina.
Tuttavia, sono tanti ancora i punti di discordia, in particolare la questione dei territori ucraini da cedere a Mosca. Putin sarebbe disposto a congelare il fronte della guerra nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhia in cambio dell’intera regione del Donbass.
Per Zelenskyy la possibilità di ritirare le truppe dal Donbass non è fattibile, tuttavia sarebbe disposto a trovare dei compromessi per porre fine alla guerra, senza rinnegare i sacrifici – e tutti i morti – di questi tre lunghi anni di guerra.
In particolare, una questione molto importante per gli ucraini sono le garanzie di sicurezza da parte degli Stati Uniti e dell’Europa per evitare un possibile nuovo attacco russo in futuro. Fra queste, secondo Zelensky, è categorica la necessità di riarmare le truppe ucraine. Sotto questo punto di vista, il Cremlino ha sempre spinto per la smilitarizzazione del Paese e auspica un cambio di governo, ovvero la rimozione di Zelensky dal potere.
Altro tema: Trump ha già affermato che il ritorno della Crimea a Kiev e l’entrata dell’Ucraina nella Nato non sono temi discutibili per ottenere una pace, ma il tycoon di New York ha aperto alla possibilità d’inviare truppe europee, persino americane, sul suolo ucraino per poter garantire la durata della pace. Elemento questo che richiederebbe un cambio di passo, ma questa volta d parte di Putin che non gradisce l’idea di vedere truppe di Paesi della Nato (pur senza l’ombrello dell’Alleanza) a ridosso del territorio sovrano russo.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 19th, 2025 Riccardo Fucile
AL POSTO DEL MINISTRO, POTREBBE FINIRE, NONOSTANTE I CONFLITTI DI INTERESSE, IL FARMACISTA MELONIANO MARCELLO GEMMATO CHE È IL RESPONSABILE POLITICO DELLA VICENDA … LE MANOVRE DI LEGA E FDI PER INDEBOLIRE SCHILLACI (CHE HA L’APPREZZAMENTO DI MATTARELLA MA NON DI FAZZOLARI)
Un pasticcio con conseguenze che possono prolungarsi fino a Natale. Partendo dalla
nomina, e dal conseguente scioglimento, del gruppo tecnico consultivo nazionale sulle vaccinazioni (Nitag) avvenuto in questi giorni, per arrivare alla legge di Bilancio, che sarà chiusa a dicembre.
Al ministero della Salute, la posizione del titolare, Orazio Schillaci, non è più salda come qualche settimana fa. Il caso del Nitag ha lasciato tossine difficili da smaltire, facendo addirittura presagire un cambio di guardia. In questo caso si aprirebbe il dilemma per Giorgia Meloni su chi piazzare al suo posto.
Le ambizioni del sottosegretario Marcello Gemmato non sono un mistero negli ambienti governativi. Ma su di lui pesano le polemiche sui conflitti di interessi per la sua professione di farmacista.
Dall’inner circle di Schillaci professano ottimismo e respingono le voci di una rottura irreparabile. Ma se proprio le cose dovessero precipitare, il ministro avrebbe competenze per trovare subito una ricollocazione.
La scelta di sciogliere il Nitag per la presenza di Eugenio Serravalle e Paolo Bellavite (sotto accusa per le loro tesi sui vaccini), gli ha permesso di salvaguardare la reputazione. E un eventuale futuro lontano dalla politica.
L’aria tesa di questi giorni, però, è solo l’antipasto di quanto avverrà in autunno. Le prossime settimane si annunciano altrettanto movimentate. In ballo non ci sarà la composizione di un organismo consultivo, comunque secondario, ma le risorse economiche della manovra. Schillaci ha chiesto per la sanità almeno altri due miliardi di euro da destinare a nuove assunzioni. Altrimenti il settore va in affanno.
Il fronte della guerra interna diventa perciò la manovra: non accogliere le richieste del ministro della Salute equivarrebbe a un siluramento. Con tutte le conseguenze annesse di un governo che va in tilt sulla sanità.
Un segnale pessimo dal punto di vista mediatico e un assist all’opposizione, che sulla sanità ha lanciato una campagna politica, oltre che uno sgarbo al capo dello Stato, Sergio Mattarella, che ha sempre apprezzato Schillaci. E soprattutto porterebbe Meloni a compiere un passo che non ama molto: cambiare la squadra in corsa.
Resta il fatto che alla presidenza del Consiglio hanno perso la pazienza nei confronti del ministro della Salute, che ha osato sfidare il sottosegretario, Giovanbattista Fazzolari. Fosse un’operazione indolore, lo avrebbero “dimissionato” volentieri. Il consigliere principe di Meloni aveva suggerito di congelare la questione del Nitag e riprenderla al rientro dalla pausa estiva.
Anche perché dentro FdI c’è una certa accondiscendenza verso i No-vax, soprattutto sul tema dell’obbligatorietà vaccinale. Il gesto di Schillaci è sembrato quasi un affronto che ha provocato la reazione di Meloni in prima persona
E se sulla manovra potrebbe essere trovato un punto di
equilibrio, sull’Agenas è pronta la ripicca della premier: l’agenzia per i servizi sanitari regionali è stata commissariata di recente con Amedeo Cicchetti. Tra qualche mese bisogna nominare un nuovo direttore. Schillaci vorrebbe Marco Mattei, attuale capo di gabinetto al ministero (ed esponente di Fratelli d’Italia), ma intorno alla poltrona ci sono più appetiti.
Al ministero il clima è pesante. Il disastro sul Nitag coinvolge varie figure apicali legate ai vertici di Fratelli d’Italia. La pratica è passata sulla scrivania della capa del dipartimento prevenzione del ministero, Maria Rosaria Campitiello, diventata di recente la moglie di Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri e fedelissimo di Meloni.
Il comitato consultivo sui vaccini viene proprio istituito – come si legge nel decreto – presso il dipartimento oggi guidato da Campitiello, che non ha sollevato alcuna obiezione sui nomi.
Molto probabilmente, come raccontano a Domani, perché la lista era stata preparata dalla numero uno della segreteria di Schillaci, Rita Di Quinzio, longa manus meloniana alla Salute, con lo schermo politico del sottosegretario Gemmato. La cinghia di trasmissione Di Quinzio-Campitiello ha dunque avuto un ruolo centrale. Mettendo spalle al muro l’ex rettore di Tor Vergata
(da “Domani”)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 19th, 2025 Riccardo Fucile
IL GOVERNATORE DI FORZA ITALIA, CHE VOLEVA AFFIDARE L’INCARICO ALL’ATTUALE SEGRETARIO GENERALE DELL’AUTORITA’, LUCA LUPI, IMPUGNA LA NOMINA DAVANTI AL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO E ACCUSA IL MINISTRO DEI TRASPORTI DI “ASSENZA DI CONCERTAZIONE”
Se ne parlava ormai da mesi prefigurando uno scontro tra alleati dalle conseguenze tutte da valutare. Così la nomina di Annalisa Tardino, ex europarlamentare ed ex coordinatrice della Lega in Sicilia, a commissario dell’Autorità portuale della Sicilia occidentale ha fatto scoppiare il caso. Al presidente della Regione siciliana Renato Schifani, sembrava naturale che al posto di Monti arrivasse il segretario generale dell’Autorità, Luca Lupi.
Così la notizia della nomina di Tardino a commissario, da parte del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, ha provocato quello scontro che tutti si aspettavano.
La reazione del presidente della Regione non si è fatta attendere:
«Ove formalmente confermata, il Governo regionale procederà immediatamente a impugnare, davanti al tribunale amministrativo, il relativo provvedimento del ministero delle Infrastrutture, chiedendone la sospensione in via cautelare.
La decisione è motivata da due profili di illegittimità evidenti – spiega Palazzo d’Orleans -: da un lato, la totale assenza di concertazione con la Regione siciliana […] e, dall’altro, la mancanza dei requisiti soggettivi richiesti dalla normativa per l’assunzione dell’incarico
(da ilsole24ore.)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 19th, 2025 Riccardo Fucile
IL PERSONALE HA MINACCIATO DI NON PRESENTARSI AL LAVORO SE IL BURINO RIPULITO DELL’OHIO SI FOSSE PRESENTATO … VANCE SI TROVAVA IN VACANZA NELLA REGIONE INGLESE DELLE COTSWOLDS, DOVE HA FATTO INCAZZARE I RESIDENTI A CAUSA DEI BLOCCHI STRADALI E CONTROLLI DI POLIZIA
Un insolito ammutinamento del personale ha costretto la direzione di The Bull, un
celebre pub del XVI secolo, con un Bib Gourmand Michelin, nelle Cotswolds, una regione collinare nel sud-ovest dell’Inghilterra, a rifiutare la prenotazione di JD Vance. L’episodio avviene poche settimane dopo che lo stesso locale aveva accolto Kamala Harris. Secondo quanto riportato dalla newsletter Popb, i dipendenti hanno minacciato di non presentarsi al lavoro se la locanda avesse confermato la cena del politico statunitense.
Il rifiuto è tanto più clamoroso considerando che la ex vicepresidente americana aveva cenato nello stesso luogo, durante il party pre-matrimoniale di Eve Jobs, figlia del cofondatore di Apple. L’evento, descritto da un abitante come “la cosa più eccitante accaduta qui da tempo”, aveva suscitato entusiasmo e curiosità tra i residenti.
Un membro dello staff, interpellato dalla stampa, ha dichiarato di non poter rilasciare commenti sulla vicenda e ha indicato come referente il Public House Group. Pure i rappresentanti di Vance non hanno voluto esprimersi sull’accaduto. Nel frattempo, nella piccola città di Charlbury e nel vicino borgo di Dean, dove Vance e la sua famiglia alloggiavano, i cittadini hanno organizzato una protesta colorata chiamata “Dance Against Vance”, con cartelli che lo definivano “criminale di guerra” e meme ironici sulla sua immagine.
(da lavocedinewyork)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 19th, 2025 Riccardo Fucile
GIUSTAMENTE SCHILLACI NON VUOLE IN UNA COMMISSIONE DUE MEDICI NO VAX, MA I SOVRANISTI DEVONO TUTELARE IL PROPRIO ELETTORATO DI COMPLOTTISTI… A QUANDO UNA COMMISSIONE CHE INDAGHI SU QUANTI ITALIANI HANNO AMMAZZATO I NO VAX DIFFONDENDO IL VIRUS?
«Qui non ci sono dei dogmi e da un comitato consultivo di 20 persone azzerare chi non la pensa come il mainstream non mi sembra scientificamente corretto. Detto questo, il Ministro ha deciso, ha deciso di testa sua, cioè prima ha nominato la Commissione, poi se l’è auto azzerata».
Queste le parole del vicepremier e ministro delle infrastrutture Matteo Salvini commentando l’azzeramento della commissione vaccini da parte del ministro Schillaci. «Evidentemente al ministero c’è qualcosa che non funziona perché o si è distratto prima o si è distratto dopo delle due l’una, visto che le ha firmate lui e li ha rimossi lui», ha proseguito Salvini, che ha poi aggiunto: «Secondo me aver azzerato la Commissione è stato un pessimo segnale anche dal punto di vista scientifico e culturale». Schillaci aveva azzerato i 22 componenti dell’organismo centrale per elaborare le politiche vaccinali (Nitag), perché due di questi, l’ex ematologo Paolo Bellavite e il pediatra Eugenio Serravalle, erano accusati di sostenere posizioni no vax o comunque controverse sui vaccini.
Una critica, quella di Salvini contro Schillaci, che non è isolata. Stamane a Il Foglio il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida ha dichiarato: «La storia insegna che non sempre il pensiero scientifico dominante è quello giusto. Lo è statisticamente ma lasciare spazio a tesi diverse e non soffocarle è la strada maestra. Gli organismi plurali servono a contenere idee differenti». E se Giorgia Meloni bolla (non senza irritazione) la scelta del ministro come «autonoma e non condivisa», Lollobrigida aggiunge: «Beh, ora gode di ampio consenso anche tra le opposizioni a quanto ho letto». E sull’appoggio giunto al ministro della Sanità dalla forzista Licia Ronzulli, risponde «se per questo anche Gasparri lo ha difeso, quindi Schillaci gode del 100% dei consensi».
Sull’ipotesi di eventuali dimissioni del ministro e la nascita o meno della nuova commissione sui vaccini, il ministro spiega che «sicuramente a queste domande saprà rispondere il collega, non certo io».
Ronzulli difende il ministro Schillaci: «Atto di responsabilità»
«È stato un atto di responsabilità e tutela verso i cittadini», ha spiegato stamane a La Stampa, la vicepresidente del Senato Licia Ronzulli, esponente di Forza Italia. «Era giusto e doveroso sgombrare il campo da ogni ambiguità, per non minare la fiducia collettiva nel sistema sanitario – rimarca -. Credo sia fondamentale che chi siede in organismi così delicati abbia una storia di coerenza con i dati scientifici». A settembre si dovrà stilare una nuova lista di componenti del Nitag. «Quando si parla di salute pubblica e di vaccini bisogna affidarsi solo alla scienza e a chi ha competenze riconosciute. Non potranno esserci esponenti portatori di visioni che mettono in dubbio uno degli strumenti più efficaci di prevenzione e di tutela della salute pubblica – sottolinea -. Il Nitag non deve essere visto come un tavolo di confronto fra diverse opinioni, né come espressione di varie posizioni politiche individuali dei partiti, ma come uno strumento tecnico di lavoro». «La scienza è basata sulle evidenze e non sulle opinioni. La sicurezza e l’efficacia delle campagne vaccinali devono poggiare su basi scientifiche solide, riconosciute e condivise dalla comunità medico-scientifica
internazionale», ha aggiunto. A settembre rischia di esserci una battaglia nel centrodestra? «Mi auguro sinceramente che non accada. La nuova commissione deve nascere con serenità, perché il suo compito è troppo delicato per essere messo in discussione da logiche di scontro. Parliamo di un organismo tecnico, che deve basarsi su competenze qualificate, indipendenza e credibilità scientifica. È questo che garantisce autorevolezza alle decisioni e genera fiducia dei cittadini». E infine: «Sono convinta che, proprio per l’importanza del tema, si riuscirà, come abbiamo sempre fatto, a lavorare tutti con responsabilità, evitando polemiche e contrapposizioni».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 19th, 2025 Riccardo Fucile
“A MONDELLO ME LA SONO VISTA BRUTTA”… NEL MIRINO ANCHE I TASSISTI
Ha 22 anni, è bolognese e da pochi mesi guida Più Europa. Matteo Hallissey è
diventato il volto più riconoscibile della battaglia contro le concessioni balneari, con i suoi blitz in spiaggia che spopolano su TikTok e su Instagram. «A Mondello me la sono vista brutta: erano parecchio violenti», racconta a Repubblica.
E aggiunge: «Su cento euro di fatturato i balneari ne versano uno allo Stato. Mondello è il caso più clamoroso perché lì dal 1909 una sola società gestisce i lidi, salvo due minuscoli».
Blitz con ombrellone e telecamera
Il suo modus operandi, dice, è semplice: «Usare il corpo. Anteporre l’azione alla posizione. Se fai un comunicato non ti fila nessuno». Così insieme a Ivan Grieco si presenta negli stabilimenti con un ombrellone, sfida la definizione di “spiaggia privata” e documenta tutto con una telecamera.
«Non è possibile che ne vietino addirittura il passaggio», protesta. Le immagini delle sue incursioni fanno milioni di visualizzazioni: «Un dodicenne mi ha fermato dicendomi: tu sei quello che fa i reel su TikTok».
L’unicum italiano
Hallissey respinge la tesi che gli stabilimenti siano un tratto unico dell’Italia: «Non è proprio così. È vero che abbiamo troppo poca spiaggia libera e che i lidi vengono gestiti in maniera ereditaria, ma i lidi ci sono anche all’estero. La differenza è che noi siamo gli unici che non fanno i bandi».
Per lui la soluzione è applicare la Bolkestein, cioè la direttiva europea che impone la concorrenza nel settore dei servizi, aprendo anche alla possibilità di trasferire le attività da uno Stato all’altro: «Le licenze devono essere messe a gara. Sarebbe un vantaggio anche per loro, perché vivono nella precarietà».
Nel mirino anche i tassisti
Non solo mare. Hallissey ha puntato il dito anche contro i tassisti: «A Fiumicino abbiamo offerto un trancio di pizza a una categoria che dichiara appena 1200 euro al mese e combatte la concorrenza di Uber e Bolt». Risultato: «Mi vogliono menare entrambi (sia tassisti che balneari, ndr)». Le sue battaglie, però, non si scontrano solo con interessi corporativi. «La destra li protegge, ma lo fa anche la sinistra. Portano voti. Minacciano. Fanno lobby. Ad Alassio mi hanno raccontato di un patto balneari-amministrazione». Unica eccezione, a suo dire, il sindaco di Roma: «Gualtieri ha messo coraggiosamente a gara la spiaggia di Ostia, ma solo per due anni per l’incertezza normativa». Il suo attivismo intanto comincia a produrre effetti: «A Lavinio hanno tolto le insegne “spiaggia privata”. E in Sicilia la Regione ha abolito tornelli e recinzioni. Abbiamo vinto».
Chi è Hallissey
Figlio di un insegnante d’inglese e di una dipendente pubblica, nessun precedente in politica in famiglia, Hallissey ha un fratello di 18 anni e una vita scandita da blitz, viaggi e dirette social. Ai genitori, ammette, non dice più dove va «perché si preoccupano». E mentre racconta di essere diventato presidente di Più Europa dopo aver battuto Benedetto Della Vedova «grazie a un lavoro di squadra con i miei coetanei», ricorda che non ha ancora l’età per candidarsi alle politiche.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 19th, 2025 Riccardo Fucile
L’ITALIA DETIENE IL RECORDO EUROPEO DI LIDI PRIVATI… TRA EROSIONE, CAMBIAMENTI CLIMATICI E CONCESSIONI COSTOSE, TROVARE UN TRATTO LIBERO PER IL BAGNO DIVENTA SEMPRE PIU’ DIFFICILE
In Italia, paese con ottomila chilometri di coste, le spiagge libere sono comunque un lusso. Secondo l’ultimo censimento dell’Ispra (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale), riportato oggi da La Repubblica, le coste sabbiose ammontano a soli 120 chilometri quadrati, meno dell’estensione di Ostia. La profondità media delle spiagge è di appena 35 metri, spesso ridotta dall’erosione e dalle mareggiate. Solo il 41% della costa nazionale è sabbiosa, e una parte significativa di questi tratti è in concessione ai privati. «La situazione italiana non ha
paralleli in Europa. Stabilimenti costosi, spiagge libere scarse. I prezzi alti e la scarsità di spiagge pubbliche rendono la vacanza con ombrellone sempre meno accessibile.
I dati sulle concessioni
I dati sulle concessioni sono oggetto di dibattito. La mappatura ufficiale del governo, aggiornata a ottobre 2023, indica che solo il 33% delle coste è in concessione, ma come sottolinea il Report Spiagge 2024 di Legambiente, «tiene conto del totale della costa italiana, non delle sole aree balneabili e di costa bassa», includendo tratti rocciosi ed edificati. In alcuni comuni di Liguria, Emilia-Romagna e Campania, invece, le spiagge private arrivano fino al 70%, mentre la start up Coste360 calcola l’81%. Tra i Paesi europei, solo l’Ungheria supera l’Italia con il 100% delle spiagge lacustri privatizzate. Grecia (15%), Croazia e Portogallo (5%), Francia e Spagna (2%) restano molto più libere.
Le spiagge e la questione climatica
Il turismo balneare soffre anche per motivi climatici. Stefano Ciafani, ingegnere ambientale e presidente di Legambiente, spiega: «Anche al mare ormai fa troppo caldo. Non puoi fare il bagno per l’intera giornata e fuori dall’acqua trascorrere una vacanza a 40 gradi diventa sgradevole. Si rischia di restare tutto il tempo in stanza con l’aria condizionata». L’estate sottotono ha lasciato aperta la speranza di un settembre ricco di prenotazioni, che invece premia le mete di montagna. La crisi climatica ha conseguenze economiche evidenti: secondo il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici del dicembre 2023, un aumento della temperatura di 2 gradi ridurrà il turismo del 6,6%, gli arrivi internazionali del 15% e farà perdere all’Italia 17
miliardi di euro l’anno. «Tra mareggiate e innalzamento dei mari, fra qualche decennio non ci saranno più tante spiagge da dare in concessione», aggiunge Ciafani.
«Imprenditori abbandonati dal governo»
Anche le incertezze legali sulle concessioni danneggiano il settore: «Gli stessi imprenditori balneari sono stati lasciati nel limbo da questo governo. Senza una direzione chiara, i primi a soffrire di una politica di scelte rimandate o scaricate sugli enti locali sono proprio loro», osserva il presidente di Legambiente. Le spiagge pubbliche, poi, non se la passano meglio. Spesso occupano tratti meno appetibili della costa e possono essere inquinate. Secondo il monitoraggio di Goletta Verde della scorsa settimana, 220 chilometri di spiagge italiane si trovano vicino alle foci dei fiumi. «Il 56% delle foci monitorate da noi e risultate inquinate ha nelle vicinanze una spiaggia libera», conclude Ciafani.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 19th, 2025 Riccardo Fucile
LA PROCURA DI GENOVA HA APERTO UN FASCICOLO PER OMICIDIO COLPOSO
Quattro scariche elettriche hanno colpito Elton Bani, 41 anni, residente a Genova.
Poco dopo il suo cuore ha smesso di battere. È morto domenica 17 agosto, nel pomeriggio, nella sua abitazione di via 4 Novembre a Manesseno, frazione di Sant’Olcese, nell’entroterra del capoluogo ligure. Secondo quanto riporta il Secolo XIX la Procura di Genova ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. Due carabinieri sono indagati. L’uomo, di origini albanesi, viveva da anni in Italia e lavorava come muratore. Era seguito dal Sert per tossicodipendenza e aveva avuto precedenti penali. Proprio per questo stava beneficiando della misura della messa in affidamento nell’azienda del fratello, con cui viveva e con il quale seguiva cantieri tra Chiavari e Rapallo.
L’intervento delle forze dell’ordine
Domenica i vicini hanno chiesto aiuto, dopo averlo visto rientrare dopo le 23 in macchina in stato confusionale. Dapprima sul posto è arrivato il 112, ma non riuscendo a calmarlo, è stato richiesto l’intervento delle forse dell’ordine. Quando i militari sono arrivati, hanno trovato Bani fuori controllo. Avrebbe reagito con violenza, rifiutandosi di farsi identificare. Uno dei carabinieri ha impugnato il taser. Il primo colpo non ha avuto
effetto. È scattata così una seconda scarica, poi una terza. L’uomo continuava a muoversi. È seguito un quarto impulso, a contatto diretto, perché la pistola elettrica non aveva più cartucce. Le scariche, ravvicinate, hanno provocato un crollo improvviso. L’ipotesi è quella di scompenso cardiaco provocato dalle scosse.
Il racconto del vicino: «Non si può morire così, bastava calmarlo»
Thione Diongue, dell’interno 9 è vicino di casa a Elton Bani, detto “Flori”. Ha visto tutto, dall’arrivo dei primi soccorsi alla morte. E al Secolo XIX racconta: «Non si può morire così. Non ci ho dormito la notte. Bastava calmarlo. Non aveva un coltello in mano, non stava picchiando nessuno. Non stava bene, vero, sembrava un po’ fuori. Ma non meritava di morire. Si vedeva che aveva preso qualcosa, magari cocaina, alcol, non lo so. Ma questo non autorizza a scaricare quattro volte un taser su una persona. So cosa ho visto e ho visto questo. In un’ora è stato l’inferno».
Secondo quanto raccontato da Diongue una mossa dei carabinieri lo avrebbe mandato in escandescenza. «Servono telecamere sulle divise così si saprebbe subito cos’è avvenuto era alterato. Faceva a zig zag con l’auto qui davanti prima che arrivassero le pattuglie. Finché c’era solo la prima la situazione era ancora tranquilla. Poi l’arrivo dei rinforzi: era seduto sui gradini, stava bevendo dell’acqua, gli agenti gliel’hanno scaraventata via. Questo ha innescato tutto: è stato come gettare della benzina sul fuoco. Ha dato in escandescenze. In mano aveva 20 euro, il bancomat e le chiavi. Sulle scale lo hanno preso
per le gambe, tirandolo con forza, è caduto, poi lo hanno girato per ammanettarlo. Lo hanno colpito sulle gambe e sulla nuca, devo dire quello che ho visto, perché non riuscivano a mettergli le manette. Uno di loro poi ha tirato fuori il taser. La prima scossa lo ha colpito di striscio e ha colpito anche un carabiniere, con la seconda è caduto, si è rialzato e la terza volta si era già un po’ più calmato. E poi la quarta scarica, la più lunga. È caduto a terra. I sanitari hanno provato a rianimarlo per 40, 45 minuti. È poi morto in ambulanza».
Il tentativo di salvarlo da parte dei medici
Subito dopo che Bani è stato visto barcollare e crollare a terra è stata chiamata un’ambulanza della Croce d’Oro di Manesseno. Quando i soccorritori sono arrivati, l’uomo era già incosciente. Sono state avviate le manovre di rianimazione, poi è stato trasferito in ospedale. Ma poco dopo Bani è deceduto. Nei giorni scorsi il giudice aveva autorizzato un viaggio in Albania, come conferma il suo avvocato Cristiano Mancuso. Ora, la Procura, con il sostituto Paola Calleri, vuole ricostruire ogni fase. Si indaga sia sulla gestione dell’intervento, sia sulla tempestività e l’adeguatezza dei soccorsi. «L’atto di iscrivere due militari nel registro degli indagati è un atto dovuto», spiegano gli inquirenti. Saranno disposti accertamenti tecnici e l’autopsia per chiarire se la morte sia stata causata direttamente dalle scariche o da patologie pregresse.
Un caso simile pochi giorni fa a Olbia
La morte di Bani arriva a poche ore di distanza da quella di un altro uomo, morto a Olbia dopo l’utilizzo della pistola elettrica in un fermo da parte dei carabinieri. Per Gianpaolo Demartis, 5anni
era stato richiesto l’intervento delle autorità dopo che, in forte stato di alterazione per consumo di alcolici o droghe, importunava i passanti. All’arrivo dei militari, li avrebbe aggrediti, colpendone uno al volto. Così i carabinieri per immobilizzarlo hanno utilizzato il taser, ma l’uomo si è accasciato a terra e poco dopo è morto in ambulanza per un arresto cardiaco.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »