Ottobre 8th, 2025 Riccardo Fucile
ORA CHI RISPONDERA’ DELLE PALATE DI FANGO CONTRO LA FLOTILLA GETTATA DA QUESTI CRIMINALI?… PACKING LIST, FOTO E VIDEO… ISRAELE DIMOSTRI PIUTTOSTO CHE LE 40 TONN. DI AIUTI NON SE LO SONO FREGATO LORO AD ASHDOD
Ogni volta che qualcuno cerca di rompere l’isolamento di Gaza, si attiva una macchina
di disinformazione. Succede da anni: alle testimonianze sul campo si risponde con la delegittimazione, alle immagini documentate con smentite ufficiali, alle denunce con accuse di estremismo.
Negli ultimi mesi, influencer, blogger e youtuber sono stati inviati in tour “umanitari” nei territori occupati per raccontare al mondo che a Gaza non manca cibo, che le proteste sono propaganda e che le denunce sono esagerate: c’è chi ha mostrato bar affollati, ristoranti pieni, famiglie felici, sostenendo che non esistono bambini affamati e che il genocidio è una messinscena. Strategie comunicative ben collaudate, coordinate dai vertici politici e militari israeliani, costruite per screditare ogni forma di attivismo internazionale e oscurare le violazioni sistematiche dei diritti umani. Parallelamente, attiviste, attivisti e organizzazioni umanitarie vengono dipinti come “terroristi di Hamas” o come “minacce alla sicurezza”, giustificando così arresti, sequestri e violenze illegali.
Le accuse israeliane e la risposta della Flotilla
Anche questa volta, il messaggio arriva direttamente da una
fonte ufficiale: “Non c’erano aiuti umanitari sulle barche della Flotilla. Solo propaganda”, dice Dean Elsdunne, portavoce internazionale della polizia israeliana. Nei primi giorni di ottobre, Elsdunne ha infatti diffuso un video girato all’interno di una nave — che sostiene appartenere alla Global Sumud Flotilla, una delle imbarcazioni sequestrate illegalmente in acque internazionali da Israele. Il filmato, realizzato dopo l’abbordaggio, mostra una stiva apparentemente vuota, qualche scatola e nessun aiuto in vista: “Niente medicine, niente cibo. Solo un’operazione mediatica”, ribadisce Elsdunne. Il video è stato immediatamente rilanciato da numerose testate e account ufficiali, diventando in poche ore la “prova definitiva” per screditare l’intera missione.
La versione di Lizzy Savetsky e le sue contraddizioni
La narrazione è stata ulteriormente rafforzata da Lizzy Savetsky, influencer americana filoisraeliana, che ha pubblicato un video in cui sostiene di essere salita a bordo dello “yacht di Greta Thunberg”, dove avrebbe trovato solo “alcol, droga, preservativi e zero aiuti”. Il geotag del suo video la collocava però a Tel Aviv, mentre le navi della Flotilla erano state portate ad Ashdod, come confermato dalle stesse autorità israeliane, smentendo così la sua versione.
Il sostegno ufficiale alla narrazione israeliana
Il messaggio di Elsdunne e Savetsky è stato rilanciato anche dall’ambasciata israeliana presso la Santa Sede, dall’ambasciatore a Roma Jonathan Peled e infine dal Ministero degli Esteri israeliano, che in un post su X (ex Twitter) ha parlato apertamente di “provocazione Hamas-Sumud” e di “aiuti mai trovati”, insinuando che l’intera operazione fosse una messa in scena; anche il partito di Giorgia Meloni, in Italia, si è allineato alla narrazione israeliana, contribuendo a diffondere la versione secondo cui “sulle navi non c’era nulla”: Raffaele Speranzon, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, ha pubblicato un post in cui affermava: “Nessuna delle 40 imbarcazioni trasportava aiuti umanitari. Vergognosi”.
Le accuse smentite dalle indagini indipendenti
È importante sottolineare che le autorità israeliane, da mesi, negano di aver bombardato ospedali, ostacolato convogli umanitari o affamato deliberatamente la popolazione civile, accuse che sono state smentite più e più volte da numerose inchieste indipendenti: documenti satellitari, video sul campo e rapporti di agenzie ONU, ONG internazionali e associazioni mediche attestano infatti che a Gaza è in corso un genocidio, che i coinvolgi umanitari vengono bloccati da Israele, i centri di distribuzione e gli ospedali bombardati e la fame è usata come arma di guerra. È proprio per denunciare questo quadro e rompere l’assedio che è nata la Flotilla.
Gli obiettivi della Global Sumud Flotilla
La Global Sumud Flotilla ha attraversato il Mediterraneo con un obiettivo preciso e dichiarato: portare simbolicamente aiuti
umanitari destinati alla popolazione palestinese affamata da mesi di assedio, bombardamenti e isolamento, rompere il blocco navale illegale imposto da Israele e creare un corridoio umanitario stabile e verificabile. A bordo delle imbarcazioni della Flotilla non c’erano solo attivisti, ma anche parlamentari, giornalisti, medici, operatori umanitari e osservatori internazionali, provenienti da ben 47 paesi diversi. Una missione dunque, profondamente politica, non solo umanitaria.
Il ruolo italiano nella Flotilla: Music For Peace
Uno degli assi principali della Flotilla è italiano: coordinata dall’organizzazione genovese Music for Peace, con oltre vent’anni di esperienza in cooperazione internazionale, la sezione italiana ha raccolto e spedito oltre 40 tonnellate di aiuti umanitari, imbarcati su quattro navi partite da Genova. I materiali sono poi stati trasportati ad Augusta, in Sicilia, dove si sono uniti al convoglio principale.
Fanpage.it ha potuto visionare e verificare le packing list ufficiali, cioè le liste di carico, tra cui quella datata 30 agosto 2025, che documenta l’invio di ben 882 pacchi famiglia contenenti alimenti a lunga conservazione, riso, zucchero, farina, pasta, tonno, legumi, biscotti, marmellata, per un peso complessivo di 15.876 kg. Si tratta solo di una parte del totale raccolto: le cifre complete parlano infatti di oltre 2.000 pacchi complessivi. La destinazione era esplicitamente indicata: Global Sumud Flotilla. Il container, sigillato e numerato, è stato caricato
sui mezzi diretti alle navi. A confermarlo, anche le fotografie scattate durante le operazioni di carico, le testimonianze dei volontari presenti in porto e i video pubblicati dalle attiviste e dagli attivisti a bordo delle imbarcazioni, prima del sequestro. Gli aiuti erano reali. I materiali, documentati. Il trasporto, tracciabile.
Ogni aspetto della spedizione italiana è supportato da prove concrete: documenti, fotografie e video, pesi, elenchi. Le immagini mostrate da Israele si riferiscono invece a una singola imbarcazione, non si sa quale, in un momento imprecisato e successivo al sequestro, senza alcun riferimento al contesto più ampio della missione.
La smentita della portavoce italiana
Maria Elena Delia, portavoce italiana del movimento, ha smentito categoricamente le affermazioni israeliane: “È tutto verificabile. Sulle barche partite dall’Italia c’erano alimenti, medicinali, carichi fotografati dai giornalisti prima della partenza. Ogni accusa è infondata e facilmente smontabile”.
Sul sito ufficiale della Global Sumud Flotilla, è possibile leggere un comunicato che contrasta direttamente la disinformazione secondo cui a bordo non ci sarebbero stati aiuti umanitari; non solo è possibile anche visionare fotografie e video che documentano i carichi prima e durante la partenza.
Il ruolo di Dean Elsdunne nella comunicazione israeliana
La figura di Dean Elsdunne, portavoce della polizia israeliana, è centrale in questa operazione di comunicazione. Oltre al suo ruolo operativo e alla stretta collaborazione con le Israeli Defense Forces (IDF), Elsdunne partecipa regolarmente a convegni internazionali dedicati alla “lotta contro la disinformazione”, dove promuove la necessità di contrastare quelle che definisce “narrazioni distorte” sull’operato di Israele. In questi contesti, denuncia una presunta rappresentazione faziosa da parte di media internazionali, ONG e attivisti nei confronti delle forze dell’ordine israeliane; il suo obiettivo dichiarato è quello di “correggere la percezione”, tentando così di ribaltare l’immagine negativa, che secondo lui è stata costruita ad arte contro le istituzioni israeliane.
La strategia di delegittimazione del ministro Ben-Gvir
Ma il suo intervento sulla Flotilla si inserisce in una strategia più ampia di distrazione e negazione, perfettamente in linea con quella del ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir, che ha definito gli attivisti “terroristi”, promuovendo una retorica securitaria estremamente aggressiva e violenta. Ben-Gvir, leader del partito ultranazionalista Potere Ebraico, è noto per utilizzare anche la delegittimazione come strumento politico: ogni voce che denuncia la crisi umanitaria a Gaza viene etichettata come ostile, ogni testimonianza internazionale come propaganda ostile, ogni azione civile come minaccia alla sicurezza nazionale.
I tour a Gaza del Ministero della Diaspora
La propaganda israeliana attorno alla Flotilla non nasce certo nel vuoto; già nelle settimane precedenti alla partenza della Flotilla, il Ministero della Diaspora aveva organizzato una serie di “tour informativi” per influencer e creator stranieri, portati in aree selezionate vicino alla Striscia per raccontare “un’altra Gaza”; i video pubblicati da Xavier De Rousseau, Marwan Jaber, Jeremy Abramson e altri presentavo una versione ripulita e normalizzata della realtà, negando la fame e il blocco degli aiuti umanitari, attribuendo ogni colpa ad Hamas o alle inefficienze delle Nazioni Unite. Una narrazione smentita in modo sistematico da fonti indipendenti, tra cui l’OCHA, l’UNRWA, il Programma Alimentare Mondiale, Amnesty International, Human Rights Watch, e anche, addirittura, organizzazioni israeliane come B’Tselem e Physicians for Human Rights Israel, che denunciano da mesi il genocidio in corso e il blocco sistematico degli aiuti da parte di Tel Aviv.
La missione della Flotilla, lungi dall’essere una messa in scena, è stata al contrario una delle poche azioni collettive internazionali che hanno cercato di rompere concretamente un assedio che dura da vent’anni. Dire, quindi che le barche erano vuote serve a cancellare le responsabilità di chi le ha sequestrate illegalmente. Definire gli attivisti “terroristi” o “irresponsabili” è un modo per criminalizzare la solidarietà internazionale e giustificare l’impunità del governo israeliano. Le tonnellate di alimenti raccolti dalle persone comuni (un carico simbolico, come le stesse attiviste e gli stessi attivisti hanno sempre dichiarato), le
bolle di carico, le immagini e i racconti delle volontarie e dei volontari a bordo parlano chiaro: quelle navi erano cariche di beni, ma soprattutto cariche di una volontà collettiva di rompere un assedio illegale, con la forza della solidarietà, della presenza fisica e della disobbedienza civile.
(da Fanpage)
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Ottobre 8th, 2025 Riccardo Fucile
FORNITURE MILITARI E MANCATA TUTELA DI ATTIVISTI: IL GOVERNO HA POCO DA SCANDALIZZARSI PER LA DENUNCIA
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, insieme ai ministri Antonio Tajani e Guido Crosetto e a Roberto Cingolani, dal 2023 amministratore delegato di Leonardo Spa, la principale azienda militare italiana, è stata formalmente denunciata davanti
alla Corte Penale Internazionale (CPI) con l’accusa di complicità in genocidio e crimini contro l’umanità legati all’invasione israeliana della Striscia di Gaza.
La notizia è stata confermata dalla stessa Meloni durante un’intervista televisiva, anche se senza rivelare i dettagli della fonte ufficiale della denuncia. Fonti indipendenti, tuttavia, hanno confermato che il documento è stato depositato dal gruppo Giuristi e avvocati per la Palestina, un collettivo che riunisce oltre 50 esperti legali, politici, attori, docenti universitari e migliaia di cittadine e cittadini italiani.
Che cosa significa essere denunciati davanti alla Corte Penale Internazionale
La CPI, con sede all’Aia, è un tribunale internazionale permanente incaricato di perseguire crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidi e crimini di aggressione. Essere denunciati alla CPI non equivale automaticamente a un’accusa formale, ma è l’inizio di un procedimento che può portare a un’indagine preliminare, seguita eventualmente da un processo. Se l’indagine formale venisse avviata, sostanzialmente, tutti i denunciati potrebbero essere sottoposti a processi internazionali e, in casi estremi, a mandati di arresto.
L’eccezionalità del caso italiano sarebbe legata al fatto che coinvolge alti esponenti di un governo democratico di un Paese membro della CPI. Ma non sarebbe, in realtà, il solo: simili denunce sono state presentate anche in paesi come la Francia e in
Australia: sia Macron che il primo ministro Thony Albanese sono stati accusati di “complicità” nel genocidio di cui è accusato Israele.
Le accuse di complicità in genocidio e il ruolo del governo italiano
Il fulcro della denuncia è che il governo italiano, attraverso le sue decisioni politiche e la stretta collaborazione militare con Israele, avrebbe contribuito direttamente e indirettamente alla commissione di crimini gravi nella Striscia di Gaza; le accuse includono la complicità in genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Nel linguaggio del diritto internazionale, la complicità non significa essere autori materiali dei crimini, ma facilitare o sostenere la loro realizzazione tramite azioni politiche, militari o economiche.
Secondo gli avvocati firmatari, il governo italiano avrebbe continuato, anche dopo l’inizio dell’invasione israeliana del 7 ottobre 2023, a fornire armi, tecnologia e supporto militare a Israele. In particolare, è contestato il ruolo di Leonardo Spa, accusata di mantenere forniture e assistenza tecnica che avrebbero alimentato la macchina militare israeliana, impiegata in attacchi contro civili palestinesi.
La Global Sumud Flotilla e la mancata tutela italiana
Un aspetto centrale della denuncia riguarda poi anche il mancato sostegno e la mancata protezione da parte dell’Italia nei confronti della Global Sumud Flotilla, la missione umanitaria indipendent composta da attiviste e attivisti italiani e internazionali partita per portare aiuti a Gaza, con l’obiettivo di rompere il blocco navale illegale israeliano e creare canali umanitari permanenti e verificabili.
La flottiglia, come è noto, è stata intercettata e sequestrata illegalmente dalle forze militari israeliane in acque internazionali, atto che è stato più volte definito “assimilabile alla pirateria”; gli avvocati sostengono che il governo italiano non solo non abbia protetto i suoi cittadini e attivisti coinvolti, ma abbia anche contribuito, con la propria politica, a legittimare il blocco e la repressione israeliana.
Questo comportamento sarebbe però solo una parte di una strategia ben più ampia di complicità nei crimini commessi nella Striscia di Gaza.
Le reazioni del governo italiano e il nodo delle esportazioni di armi
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito la denuncia davanti alla Corte Penale Internazionale (CPI) “un fatto senza precedenti” nella storia internazionale, esprimendo “grande sorpresa” per il ricorso a accuse così pesanti e accusando alcuni gruppi di strumentalizzare politicamente la questione. Il governo ha ripetutamente negato di aver fornito armi a Israele dopo l’inizio del conflitto, sostenendo che tutte le esportazioni si riferiscano a contratti stipulati prima del 7 ottobre 2023 e che siano state previste garanzie sull’uso delle armi. Ma
ammissioni ufficiali e numerose inchieste giornalistiche hanno documentato come container contenenti materiale bellico siano stati imbarcati, più volte, in porti italiani anche dopo l’inizio dell’invasione militare israeliana, alimentando un acceso dibattito sulle responsabilità italiane.
Secondo il Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), un istituto indipendente svedese specializzato nello studio dei conflitti armati, degli armamenti e del controllo degli armamenti a livello globale, l’Italia è uno dei pochi Paesi europei che negli ultimi anni ha continuato a esportare armamenti di rilievo verso Israele, inclusi elicotteri leggeri, cannoni navali e componenti per aerei da combattimento F-35, cioè sistemi ampiamente impiegati nelle operazioni militari israeliane nella Striscia.
La denuncia italiana si inserisce in un quadro di pressioni e iniziative legali sempre più forti contro Israele: la CPI ha già emesso mandati di arresto per il primo ministro Benjamin Netanyahu e per l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant per crimini di guerra e contro l’umanità, mentre la Corte Internazionale di Giustizia sta esaminando le varie cause per genocidio contro lo Stato israeliano promosse da diversi Paesi.
(da Fanpage)
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Ottobre 8th, 2025 Riccardo Fucile
“PIENA LEGITTIMITA’ DELLE SCELTE COMPIUTE DALL’EQUIPAGGIO, HA AGITO IN NOME DELLA VITA E DELLA DIGNITA’ UMANA”
Il 23 agosto scorso, la nave Mediterranea Saving Humans aveva soccorso in mare dieci
persone al largo della Libia, tra cui tre minori non accompagnati. Inizialmente era stato assegnato il porto di Genova come luogo di sbarco, ma l’equipaggio aveva deciso di fare rotta su Trapani, ritenendo il lungo viaggio potenzialmente dannoso per le condizioni fisiche e psicologiche dei naufraghi.
Questa scelta era costata alla nave una sanzione pesante da parte del Ministero dell’Interno, che aveva disposto 60 giorni di fermo amministrativo e una multa di 10mila euro. Secondo il Ministero, la decisione della ONG rappresentava una violazione delle indicazioni delle autorità italiane.
La decisione del Tribunale
A seguito del ricorso presentato dal comandante e dall’armatore della nave, il Tribunale civile di Trapani, con ordinanza cautelare firmata dalla giudice Federica Emanuela Lipari, ha disposto però
la sospensione del fermo amministrativo. Nell’ordinanza che Fanpage.it ha potuto visionare, il Tribunale sottolinea l’illegittimità del provvedimento ministeriale, almeno per quanto riguarda la proporzione della sanzione, e mette in discussione l’intero impianto giuridico dell’azione amministrativa.
La giudice riconosce soprattutto la legittimità sostanziale delle scelte compiute dalla ONG: la rotta alternativa verso Trapani è stata presa “a tutela delle persone tratte in salvo”, in particolare in considerazione della loro “vulnerabilità e fragilità, sia sul piano fisico che psicologico”. Le azioni dell’equipaggio sono dunque qualificate come mosse da “esclusivo spirito solidaristico”, e quindi perfettamente in linea con i principi del diritto internazionale marittimo.
Le condizioni a bordo: tra fragilità fisica e trauma psicologico
A sostegno delle valutazioni del Tribunale ci sono poi anche i documenti sanitari ufficiali redatti nei giorni immediatamente successivi al soccorso. Già il 22 agosto, una relazione firmata dalla Dott.ssa Colaiza, dell’Ufficio di Sanità Marittima e di Frontiera di Lampedusa, certificava la presenza di tre casi di scabbia, un uomo con tosse persistente, due con ferite lacero-contuse, e una condizione generale di forte stress psicologico tra tutte le persone migranti. La relazione invitava esplicitamente a ridurre al minimo i tempi di navigazione, per evitare un aggravamento delle condizioni mentali dei sopravvissuti.
Il giorno successivo, al momento dello sbarco a Trapani, il
Direttore dell’Unità Territoriale USMAF, Dott. Giuseppe Giugno, confermava le criticità: tre casi di scabbia, un sospetto caso di tubercolosi già isolato, e un trauma psicologico diffuso dovuto al naufragio. I migranti avevano raccontato di essere stati gettati in mare da due trafficanti libici incappucciati e di aver visto quattro compagni affogare sotto i loro occhi: “Questo trauma lo si leggeva in tutti gli sguardi”, scriveva il medico. Era stato quindi raccomandato supporto psicologico immediato e sorveglianza sanitaria attiva.
Il giudizio del Tribunale: la solidarietà sopra ogni ordine
Nella sua decisione, la giudice Lipari chiarisce che, anche ammesso ci sia stata una “trasgressione” alle indicazioni dell’autorità, questa è avvenuta per un fine superiore, ovvero la salvaguardia della vita e della salute in mare, obiettivo che ogni Stato dovrebbe promuovere in base agli obblighi del diritto internazionale. Il Tribunale afferma che trattenere la nave rischierebbe di pregiudicare le attività umanitarie e solidaristiche della ONG, considerate “particolarmente meritevoli di tutela poiché finalizzate alla salvaguardia della vita umana”.
Una sconfitta per il Viminale
Nonostante il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, avesse apertamente sostenuto la linea dura, cercando di fare del caso Mediterranea un esempio punitivo per scoraggiare tutta l’attività delle ONG, il Tribunale ha ribaltato completamente la narrativa istituzionale, riportando al centro la centralità del diritto e la
necessità di tutelare diritti fondamentali, come la vita e la dignità delle persone.
Con la sospensione del fermo, la nave di Mediterranea potrà tornare operativa. Lo farà con il riconoscimento formale che le sue scelte non solo sono state giuste, ma anche legalmente fondate e moralmente doverose. In un clima spesso avvelenato da propaganda e semplificazioni, questa sentenza rimette al centro un principio basilare, e cioè che la solidarietà non è reato.
(da Fanpage)
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Ottobre 8th, 2025 Riccardo Fucile
“MELONI SI FA INTERVISTARE DA BRUNO VESPA PER RIBADIRE CHE NON VUOLE PARLARE CON UN GIORNALISTA MANCO MORTA” … “IERI SERA STABILITO IL NUOVO RECORD PLANETARIO DI ‘DISCIAMO’”
– Sarebbe stato più corretto scrivere Bruno Vespa ospite di Giorgia Meloni
-La Corte dei Conti e l’Istat bocciano la manovra. Ok, ma non chiedete spiegazioni a Giorgia, ché è troppo impegnata a cercare il colpevole della scritta in ascensore contro Vespa.
-La meloni ha già detto che le offese a vespa sono in realtà un chiaro tentativo di colpire il governo?
-Meloni si fa intervistare da Bruno Vespa per ribadire che non vuole parlare con un giornalista manco morta
-Se fossimo un paese normale, dopo una passerella senza contraddittorio (sul servizio pubblico) come quella andata in onda ieri sera da Bruno Vespa, verrebbe giù tutto. Ma, appunto, non lo siamo. E Meloni fa ciò che vuole.
-Si è arrivati al punto che non si sa chi sia peggio tra Vespa e la Meloni. Ieri sera teatrino indegno su un canale Rai che pago io!
-Anche la pazienza dei più buoni ha un limite…
-Meloni va da Vespa, il suo sponsor, a fare il solito comizietto
farcito di palle astronomiche, mica va da chi puo’ interromperla facendo domande e metterla davanti alla realta’ fattuale.
-Micidiale la sua inadeguatezza e incapacita’ di reggere un confronto reale
-Le interviste vere, dure, di quelle che mettono nell’angolo i politici, di quelle che non si vedono più in TV
-Vespa poteva invitare la Meloni a casa sua in salotto , il posto giusto per fare due chiacchiere e sparlare del vicinato.
-Grande giornalismo. Ficcante come sempre. Tra le domande più scomode di Vespa: “Ha cambiato parrucchiere?” “Come sta la pupa?” e “Posso avere un aumento?”
-Nell’intervista fatta da Vespa al presidente Giorgia Meloni le parole dette più ripetutamente sono: Djcuamo 8975 volte Per la quale 7899 volte
-I deboli di cuore hanno evitato di vedere #portaaporta per non assistere alle domande sferzanti di Vespa alla Meloni. Ipotizzando che ci fossero dei cardiopatici distratti ha evitato di domandarle un opinione della seconda #Flotilla in arrivo alle porte di #Gaza
-Ma Vespa è capace di porre una domanda spinosa ad una Meloni in evidente difficoltà ? Domanda retorica
-“il clima si sta imbarbarendo ” detto dalla #Meloni e’ come il diavolo che dice “ma che è sta puzza di zolfo?”
-Meloni: “La tesi degli infiltrati di destra alla manifestazione è riduttiva”. A parti invertite, avrebbe parlato di un assalto di
barbari coi passamontagna rossi e gli occhi infiltrati di s@ngue.
-Quindi oggi la #Meloni era a farsi le unghie a #portaaporta da chef #Vespa
-Non le annoia da 3 anni andare soltanto dai suoi fedeli #Vespa, #Porro e #DelDebbio a cantarsela e a suonarsela senza contraddittorio?
(da Dagoreport)
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Ottobre 8th, 2025 Riccardo Fucile
L’AGITAZIONE BLOCCA LA PRIMA DI “WOZZECK”
Le Rsu e le organizzazioni sindacali dei lavoratori del Teatro La Fenice hanno
annunciato uno sciopero per il 17 ottobre, in concomitanza con la prima dell’opera Wozzeck, per protestare contro la nomina di Beatrice Venezi a direttore musicale dell’Orchestra.
«A seguito dello stato di agitazione proclamato il 27 settembre scorso – si legge in una nota – si è svolto oggi un incontro con i vertici del Teatro La Fenice, alla presenza del sindaco Luigi Brugnaro».
Durante l’incontro, durato tre ore e mezza, con le Rsu del Teatro La Fenice, il sovrintendente Nicola Colabianchi e il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, la Rsu ha ribadito «la richiesta di revocare la nomina del maestro Venezi a direttore musicale, come deliberato dall’ultima assemblea generale». Il sindaco Brugnaro ha proposto di «avviare un percorso conoscitivo con il nuovo direttore designato», confermandone tuttavia la nomina.
La Rsu e le organizzazioni sindacali (Ooss) hanno dichiarato «la propria disponibilità a intraprendere tale percorso solo a seguito della revoca preventiva della nomina».
Per questo motivo, la Rsu – insieme alle Ooss – ha proclamato lo sciopero per venerdì 17 ottobre, data in cui è prevista la prima rappresentazione di Wozzeck.
Alle 18 si terrà inoltre un’assemblea pubblica, in un luogo che sarà comunicato nei prossimi giorni, aperta anche ai lavoratori delle altre istituzioni culturali che hanno espresso solidarietà al personale della Fenice e alla cittadinanza veneziana.
(da agenzie)
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Ottobre 8th, 2025 Riccardo Fucile
“OCCORRE RIFORMARE E FINANZIARE LA SANITA’ PUBBLICA”
Il Servizio sanitario nazionale è in lento declino, e il rischio è che i cittadini restino privati del diritto alla salute: a fotografare la situazione è il nuovo rapporto Gimbe, pubblicato oggi dalla fondazione Gimbe. Non solo mancano gli investimenti pubblici, ma anche le riforme per convincere il personale sanitario a lavorare nel pubblico, e non passare al privato o andare
all’estero. Nel frattempo, la sanità pubblica cresce anche perché molti cittadini la usano per aggirare le liste d’attesa: chi non può permetterselo, spesso, rinuncia alle cure.
Il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta, ha parlato a Fanpage.it dei contenuti del rapporto e lanciato un appello indiretto al governo Meloni: “Se possiamo impegnarci a investire una certa percentuale del Pil per le spese militari, possiamo farlo anche per la sanità”.
Il taglio continuo dei fondi alla sanità
“Il Servizio sanitario nazionale oggi vive una profonda crisi di sostenibilità, che ovviamente ha delle conseguenze importanti su tutti i cittadini, costretti tutti i giorni a liste d’attesa interminabili, Pronto soccorso affollati, migrazione sanitaria, e soprattutto aumento della spesa privata fino alla rinuncia alle cure”, ha detto Cartabellotta a Fanpage.it. Uno dei motivi è il “definanziamento” che ha colpito la sanità pubblica negli ultimi quindici anni, per opera di tutti i governi.
Il rapporto Gimbe riporta che con il governo Meloni il Fondo sanitario nazionale è aumentati di 11,1 miliardi di euro in tre anni, dal 2023 al 2025, ma guardando questi numeri in percentuale del Pil si nota che il calo non si è fermato: il Fsn valeva il 6,3% del Pil nel 2022, ed è sceso al 6,1% quest’anno. Nei prossimi anni, la manovra 2025 prevede che scenda al di sotto del 6%
La richiesta al governo: “L’Italia si impegni come per il riarmo, un aumento costante dei fondi”
Nella scorsa manovra, il governo aveva respinto le accuse sul tema. In più di un’occasione, la presidente del Consiglio Meloni aveva detto che calcolare la percentuale del Pil non era un buon modo per misurare la spesa sanitaria. Una polemica a cui anche la vicepresidente della Camera Anna Ascani (Pd) ha fatto riferimento in modo indiretto intervenendo alla presentazione del rapporto Gimbe: “Invece di fare la guerra ai dati e ai numeri, bisognerebbe fare la guerra ai tagli e alla povertà, in particolare a quella che impedisce alle persone di curarsi”. Cartabellotta ha detto a Fanpage: “Se la misuriamo soltanto in termini assoluti, diamo una prospettiva di breve termine. A noi serve una prospettiva di medio e lungo termine, perché se la sanità è stata definanziata per circa quindici anni, adesso ci vuole un piano di rifinanziamento di almeno dieci-quindici anni”.
Quello che serve, al di là delle cifre di una singola legge di bilancio è “un rilancio progressivo e costante del finanziamento pubblico”. Per questo, “non basta aggiungere cinque o sei miliardi nella prossima manovra. Questa legge di bilancio, o la prossima, devono definire un progressivo rilancio del finanziamento pubblico che pubblico che a poco a poco coprirà anche il gap sul Pil” rispetto al passato. “Altrimenti ogni anno a settembre-ottobre staremo a discutere se alle sanità daremo uno, due, tre miliardi in più e questo non risolverà i problemi”.
Ad esempio, sulle spese militari e per la difesa il governo Meloni si è impegnato con la Nato a raggiungere una certa percentuale del Pil nei prossimi anni. “Dobbiamo farlo anche per la sanità. È una scelta politica che generalmente spetta al governo. Per questo noi chiediamo un patto traversale: un accordo che, a prescindere dagli avvicendamenti di governo e delle ideologie partitiche, metta il rifinanziamento e le riforme della sanità al primo posto”.
Le famiglie che passano al privato o rinunciano alle visite
Il rapporto Gimbe ricorda che, secondo i dati Istat, nel 2024 le famiglie italiane hanno speso 41,3 miliardi di euro di tasca propria per curarsi. “Il problema è che la spesa privata non solo aumenta, ma viene anche limitata da fenomeni diversi: il più noto è la rinuncia alle cure”, ha spiegato Cartabellotta. “Sono circa 5,8 milioni gli italiani che lo hanno fatto nel 2024: quasi il 10% della popolazione”.
Lo scorso anno, quasi un italiano su dieci ha rinunciato a una prestazione medica (una visita, un esame) per vari motivi, tra cui le liste d’attesa troppo lunghe o l’impossibilità di pagare. La percentuale cambia molto in base alla Regione: si arriva al 17,7% della Sardegna, ma anche al 12,6% dell’Abruzzo e al 12,2% dell’Umbria. In fondo alla classifica ci sono Trento, Bolzano e Veneto, tutte sotto l’8%.
Di fatto, ha detto Cartabellotta, a essere preoccupante non è tanto (o solo) il fatto che le famiglie debbano spendere sempre di più per le prestazioni sanitarie di cui hanno bisogno, ma soprattutto
che molte “non possano permettersi di farlo”.
Bisogna convincere medici e infermieri a lavorare nel pubblico
Un altro problema è la mancanza di personale sanitario. Questo non riguarda i medici in generale: “Secondo i dati Ocse, che includono tutti i medici in attività compresi gli specializzandi, il nostro Paese conta ben 315.720 medici, ovvero 5,4 ogni mille abitanti”, si legge nel rapporto. Siamo il secondo Paese in assoluto, nell’Ocse, in questa particolare classifica. Quello che manca, però, sono i medici in alcune specialità specifiche – specialmente nel pubblico. C’è una “fuga continua dal Ssn”.
Ma soprattutto, mancano gli infermieri. Ce ne sono 6,5 ogni mille abitanti, mentre la media Ocse è di 9,5. È una professione che attira sempre meno: per questo anno accademico, ci sono state più domande che posti disponibili per il corso di laurea in infermieristica (92 domande ogni cento posti).
“Quello che è importante che i soldi vengano utilizzati anche per rendere più attrattive, anche dal punto di vista economico, tutte le carriere nel Servizio sanitario nazionale, perché oggi vediamo una fuga dal servizio pubblico”, ha detto Cartabellotta. “Anche il tetto di spesa, di cui per tanti anni abbiamo discusso come un limite allo sviluppo del capitale umano, in realtà in alcune Regioni, in alcune ASL è quasi anacronistico: i concorsi vanno deserti, quindi anche quando ci sono i soldi non ci sono i professionisti”
Questo significa anche, peraltro, che la priorità non era eliminare
l’esame di ingresso per la facoltà di Medicina: “Il vero problema non è quanti medici ci sono in Italia, ma quanti medici non ci sono nel Servizio sanitario nazionale. Se noi ne produciamo di più, in questa situazione, rischiamo di usare denaro pubblico per formare più professionisti che però poi non resteranno a lavorare nel pubblico”.
(da Fanpage)
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Ottobre 8th, 2025 Riccardo Fucile
L’EUROPARLAMENTARE TEDESCO DEL PPE ANDREAS SCHWAB: “È STATO UN VOTO CONTRO ORBÁN PIUTTOSTO CHE A FAVORE DI SALIS. NON POTEVA VINCERE. LA MAGGIORANZA È PREOCCUPATA DA QUEL CHE FA IL GOVERNO UNGHERESE”
«Il voto è segreto. E per me rimane segreto. Quindi non posso e non voglio dire come ho
votato». Andreas Schwab è un eurodeputato tedesco del Ppe. Il suo partito in Germania è la Cdu, non esattamente un estremista di sinistra. Ed è considerato molto vicino al capogruppo popolare, Manfred Weber. E quando gli viene chiesto se fosse espresso per confermare l’immunità a Ilaria Salis non si trincera dietro la posizione ufficiale del suo gruppo ma preferisce ricordare che il regolamento prevede la segretezza del voto.
Però può confermare che i dubbi nel suo gruppo erano tanti.
«Certo che c’erano tanti dubbi. tanti colleghi ne avevano».
Si riferisce a tutti i “colleghi” o a quelli del Ppe?
«Ad esempio gli ungheresi erano inzialmente i più duri perché non volevano fornire pretesti a Orbán. Ma poi sapevano anche sarebbe stata una vittoria per lui. I polacchi anche hanno sollevato molti dubbi».
Perché?
«Anche io penso che Salis non si sia comportata bene. E con lei non ho nulla a che spartire dal punto di vista politico. Ma è stato chiaro, e i colleghi polacchi lo hanno sottolineato in diverse circostanze, che il trattamento riservato a lei non fosse stato corretto».
Dal dibattito interno al Ppe, lei ha avuto la sensazione che anche i deputati di Forza Italia coltivassero qualche dubbio?
«Non lo so. Però posso dire che molti hanno anche scelto in base alla nazionalità. Non posso escludere che questo sia capitato anche per i colleghi italiani».
Quindi non c’era la piena convinzione tra tutti voi di revocare l’immunità.
«È vero che ne abbiamo discusso molto»,
Questo è stato un voto soprattutto contro Orbán piuttosto che a favore di Salis?
«È così al 100 per cento. La maggioranza è preoccupata da quel che fa il governo ungherese”
(da La Repubblica)
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Ottobre 8th, 2025 Riccardo Fucile
IL GOVERNATORE DELLA CALIFORNIA, GAVIN NEWSOM: “GLI STATI UNITI SONO SULL’ORLO DELLA LEGGE MARZIALE”… IL 58% DEGLI AMERICANI È CONTRARIO ALL’UTILIZZO DELLE TRUPPE PER MINACCE INTERNE
Circa il 58% degli americani, inclusi sette democratici su dieci e metà dei repubblicani, ritiene che Donald Trump dovrebbe inviare truppe armate solo per affrontare minacce esterne, secondo un sondaggio Reuters/Ipsos. Un segnale di disagio poiché il presidente impiega sempre più uomini della Guardia Nazionale per sorvegliare le città americane.
Il sondaggio ha anche mostrato che il tasso di approvazione del tycoon è sceso al 40%, un punto percentuale in meno rispetto a un sondaggio di fine settembre, con il consenso in calo a causa della sua gestione della criminalità e del costo della vita per le famiglie statunitensi.
«Il dipartimento della Guerra di Trump mi ha lanciato un ultimatum: chiama i soldati o lo faremo noi», ha detto il governatore dell’Illinois J. B. Pritzker, definendo «antiamericano» mandare i militari «all’interno dei nostri confini e contro la nostra volontà». Il governatore della California Gavin
Newsom dice che gli Stati Uniti «sono sull’orlo della legge marziale».
Trump ha ordinato lo schieramento di 300 soldati della Guardia nazionale in altre due città democratiche: Chicago e Portland. In quest’ultima, un giudice ha temporaneamente bloccato l’ordine. A Chicago, il governatore e il sindaco Brandon Johnson hanno fatto causa a Trump
Nel suo recente discorso ai generali, il presidente ha detto che l’esercito è stato storicamente usato contro «il nemico interno» e ha suggerito di usare le città americane come «campo di addestramento».
(da agenzie)
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Ottobre 8th, 2025 Riccardo Fucile
I BAMBINI DEGLI ASILI NIDO SONO STATI RIUNITI PER ASCOLTARE RACCONTI SULLA VITA DEL FESTEGGIATO E HANNO DISEGNATO CARTOLINE DI AUGURI
«Mnogaya leta», che poi è la traduzione quasi letterale del latino ad multos annos,
insomma gli auguri di lunga vita e prosperità. Era questa la scritta in sottofascia che ha accompagnato gran parte della programmazione televisiva di una giornata solo in apparenza normale per la Russia.
Ieri, infatti, si celebrava il 73esimo compleanno del Caro Leader, e forse l’utilizzo del soprannome che accompagnava Kim Jong-il ha persino una sua giustificazione oggettiva. Perché se è vero che Vladimir Putin ha sempre festeggiato il proprio genetliaco in maniera sobria, in ossequio al riserbo che avvolge la su
famiglia, è altrettanto innegabile che in questi ultimi anni il culto della personalità sorto intorno alla sua figura ha assunto dimensioni quasi nordcoreane.
Sarà per la guerra che dura ormai da quattro anni, sarà perché il futuro è avvolto nelle nubi. Mai come questa volta il giubilo per la lieta ricorrenza ha assunto proporzioni così evidenti. Siccome l’augurio usato come canto liturgico è risuonato ieri nelle televisioni di tutto il Paese, proprio la Chiesa ortodossa è stata la prima a felicitare Putin.
Alle nove del mattino, il patriarca Kirill ha fatto pubblicare un messaggio a «Sua Eccellenza, profondamente stimato Vladimir Vladimirovich», augurandogli tra le altre cose, «forze inesauribili, una generosa assistenza divina e successi benedetti»
Innumerevoli basiliche e parrocchie hanno seguito l’esempio del patriarca, celebrando messe speciali, e un altro prelato ortodosso, padre Ilia, ha creato una preghiera di nuovo conio. «Signore, Iddio, manda San Michele Arcangelo per assistere il Tuo servo Vladimir sottraendolo ai nemici visibili e invisibili…».
Dal sacro al profano, nelle regioni di Belgorod, Voronezh, Samara e Ekaterinburg, in Siberia e nei territori ucraini annessi alla Russia, i bambini degli asili nido sono stati riuniti per ascoltare racconti sulla vita del festeggiato e prendere parte all’iniziativa «La mia Russia, il mio Presidente», disegnando cartoline di auguri, e mostrando cartelli con parole di saluto a lui dedicate.
E poi, l’età è solo un numero. Più vivi, più diventi giovane, diceva lo scorso settembre Putin all’alleato di maggioranza Xi Jinping prima della parata militare a piazza Tienanmen. Citando quello scambio di battute, Konstantin Malofeev, l’oligarca religioso e imperialista, si è fatto avanti per finanziare eventuali studi sull’immortalità del presidente, motivando la gentile offerta con queste parole.
La Russia ha i suoi problemi, sempre più pesanti ed evidenti. Ma come dicevano i compagni Fantozzi&Filini, Lui è pur sempre un bel presidente, un santo, un apostolo
(da Corriere della Sera)
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