Settembre 11th, 2024 Riccardo Fucile
OVVIAMENTE NON MOLLA LA CARICA DI SINDACO, ALMENO UNA POLTRONA GLI RIMANE… E’ IL PIU’ TOTIANO POSSIBILE DEI CANDIDATI, IL CULTORE DEL “FARE TANTO PER FARE”, SOSTENUTO DAI POTERI FORTI
Marco Bucci bontà sua, ha accettato: sarà lui il candidato del centrodestra alle prossime regionali in Liguria. Lo confermano fonti di partito: il sindaco di Genova ha chiamato i leader nazionali per sciogliere la riserva
Una svolta maturata nelle ultime ore: lunedì la fumata nera al tavolo nazionale, quindi la mossa di Giorgia Meloni e degli altri leader che hanno fatto di tutto per convincere il sindaco dopo il primo rifiuto incassato a maggio (aveva detto che avrebbe rispettato l’impegno preso coi genovesi fino al 2027), appena deflagrata l’inchiesta su Giovanni Toti.
Soprattutto la premier si sarebbe attivata in extremis per scongiurare una sconfitta in Liguria. Ieri Bucci, dopo aver dichiarato ai cronisti che avrebbe fatto la campagna elettorale “in ogni caso” ha chiesto ventiquattr’ore di tempo per rispondere e oggi ha detto sì.
Spazzati via in un colpo solo i tentennamenti e i veti incrociati intorno agli altri profili in campo: Ilaria Cavo, Edoardo Rixi e Pietro Piciocchi. Nessun partito voleva intestarsi il candidato e nessuna soluzione garantiva il superamento del braccio di ferro tra Lega e Fratelli d’Italia relativamente alla “spartizione” di altre regioni, Veneto in primis. Ma soprattutto tutte queste opzioni erano considerate perdenti, secondo i sondaggi dei partiti, chi più chi meno.
Bucci invece mette d’accordo tutti ed è ritenuto la possibile carta vincente. Viene considerato ancora molto forte e con un indice di gradimento alto. Nonostante il suo nome torni nelle carte della maxi inchiesta il sindaco di Genova non è indagato.
Gli scenari
Cosa succede ora? Bucci non ha alcun obbligo di dimissioni anticipate durante la campagna elettorale, anche se il suo impegno su e giù per la Liguria potrebbe tenerlo lontano sia da palazzo Tursi sia dal ruolo di commissario. Solo in caso di vittoria scatterebbero invece le dimissioni da sindaco e la giunta di Tursi verrebbe trainata dal vicesindaco Pietro Piciocchi fino a nuove elezioni nella primavera 2025. E a quel punto sarebbe proprio Piciocchi il candidato “naturale” del centrodestra alle eventuali elezioni comunali.
Una mossa rischiosa: in caso di sconfitta per il centrodestra ligure – e non solo – sarebbe un’ecatombe su tutti i fronti. Lo sgretolamento assoluto del modello Genova e del modello Liguria, col rischio di perdere tutto in pochi anni: la Liguria e il suo capoluogo. Comunque sia, finalmente può iniziare la vera campagna elettorale: da una parte Andrea Orlando, dall’altra Marco Bucci
Le reazioni
“Un atto non rispettoso verso i cittadini del Comune di Genova che cercavano risposte a problemi gravi, come la Tari più alta d’Italia, la situazione disastrosa dei servizi pubblici, penso che sarà anche questo tema di campagna elettorale. È un atto di chiarezza quello del sindaco, ma di certo non è un atto di responsabilità verso i cittadini“, è il duro commento di Simone D’Angelo, segretario genovese e capogruppo del Partito Democratico a Tursi.
Linea Condivisa chiede le dimissioni immediate: “Se Bucci intende candidarsi alla guida della Regione, è doveroso che si dimetta immediatamente dalle sue cariche di sindaco e commissario straordinario. Si tratta di una questione di correttezza nei confronti delle cittadine e dei cittadini genovesi e liguri e di rispetto verso gli altri candidati che parteciperebbero alla competizione elettorale drogata dallo strapotere del sindaco-doge, in una situazione di evidente disparità”.
“Nella lite del centrodestra hanno vinto i sostenitori della continuità con Toti e quelli delle esigenze di lottizzazione nazionale. Bucci infatti è la quintessenza della continuità con il totismo. Il modello del fare basta fare che Bucci rappresenta ha prodotto parole ma non fatti a favore di Genova. Riteniamo che l’alternativa alla destra in Regione sia oggi più percorribile e necessaria”. Così in una nota Carla Nattero, segretaria regionale di Sinistra Italiana Liguria, e Simona Simonetti, co-portavoce di Europa Verde Liguria.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 11th, 2024 Riccardo Fucile
“IL CONFRONTO CON ALTRI GIORNALISTI? L’HO CHIESTO IO”…NEL PRIMO BLOCCO DOVEVAMO RICOSTRUIRE IL CASO CON BIANCA BERLINGUER, NEL SECONDO SPAZIO AL CONFRONTO CON I GIORNALISTI. MA HO PERCEPITO SUBITO CHE NELLA RICOSTRUZIONE DEL CASO NON C’ERA INTENZIONE DI ASCOLTARE LA VERITA’ MA SOLO DI TRASFORMARE TUTTI IN GOSSIP E DIBATTITO POLITICO”… LA FRASE INFELICE DELLA BERLINGUER E LA RISPOSTA DI MARIA ROSARIA: “MA PER CHI MI HAI PRESA'”
Ha lasciato sbollire la rabbia e all’indomani della mancata partecipazione al programma È sempre Carta Bianca di Bianca Berlinguer, Maria Rosaria Boccia torna sui social per spiegare perché si sia rifiutata di presentarsi in diretta nello studio della trasmissione come solo poche ore prima aveva lei stessa annunciato in pompa magna.
L’intervista doveva esser divisa in due blocchi, ricostruisce su Instagram l’imprenditrice la cui liaison politico-sentimentale con Gennaro Sangiuliano ha portato alle dimissioni del ministro della Cultura. «Blocco 1: In studio io e Bianca Berlinguer per ricostruire il caso. Blocco 2: Confronto con i giornalisti (che ho chiesto io)».
Dunque, cosa non avrebbe funzionato nel tradurre questo progetto in realtà? Boccia lo spiega in un’altra story sul suo profilo. In cui non menziona mai la conduttrice della trasmissione di Rete 4, ma è chiaro che è che con lei ad avercela in particolare. «Ci siamo confrontate in camerino per ricostruire la vicenda da raccontare nel primo blocco, dedicato all’intervista. Ho subito percepito chiaramente che non c’era l’intenzione di ascoltare la verità, ma piuttosto di trasformare il tutto in un dibattito politico e in gossip».
Non è chiaro cos’abbia fatta incupire Boccia in quell’incontro dietro la quinta con Berlinguer. Anche se secondo i retroscena usciti stamattina su alcuni giornali l’imprenditrice non avrebbe apprezzato la battuta della conduttrice nel faccia a faccia: «Non è che mi stai registrando?». «Ma per chi mi prendi?», le avrebbe risposto la 41enne di Pompei.
I patti violati e il «placcaggio» in camerino
Quello che preme all’influencer, comunque, è sgobbare il campo dall’insinuazione che avrebbe avuto timore di confrontarsi con altri ospiti (giornalisti), sotto il prevedibile fuoco di fila delle domande. Dopo aver chiarito di avere addirittura «chiesto io» quel confronto a più voci, Boccia assicura: «Non abbiamo mai discusso del secondo blocco e del tipo di domande che avrebbero fatto. Il primo blocco era dedicato ripeto unicamente a definire i contorni chiari della vicenda. Avevo chiesto la formula dei due blocchi perché sarei entrata nel secondo solo con una base di verità solida, che avrebbe permesso di cercare la verità autentica, evitando il gossip e qualsiasi possibile strumentalizzazione politica». Qualcosa evidentemente s’è però rapidamente rotto, dopo il colloquio iniziale con Berlinguer e i suoi. A quel punto Boccia avrebbe chiarito di voler rinunciare all’ospitata e andarsene. E, denuncia ora, sarebbe stata praticamente «placcata» dagli organizzatori nel tentativo di farle cambiare idea. Boccia parla di «due ore in cui sono stata trattenuta nel camerino dalla insistente e reiterata volontà di farmi partecipare alla trasmissione e quindi contro la mia volontà». Un confronto andato avanti con ogni evidenza anche a trasmissione già ampiamente iniziata. Fino al diniego definitivo, di cui la conduttrice ha dovuto dare conoscenza, non senza imbarazzo, in diretta tv.
(da Open)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 11th, 2024 Riccardo Fucile
E LA RICERCA DI UNO SPIN DOCTOR E’ STATO UN BUCO NELL’ACQUA
Altro che tempesta passeggera. Il caso Sangiuliano ha trascinato palazzo Chigi in uno psicodramma fatto di errori di comunicazione e sindrome da accerchiamento. Il disastro provocato dallo stillicidio di rivelazioni di Maria Rosaria Boccia ha avuto un effetto diretto su Giorgia Meloni: se già prima la fiducia della premier nei confronti di soggetti esterni rispetto alla sua famiglia e alla ristretta cerchia di fedelissimi era ai minimi termini, ora si è arrivati alla caccia alle streghe. O meglio, alla caccia alle talpe.
Così, ieri, ecco l’ennesimo inciampo. La Stampa ha rivelato che Meloni ha allontanato i poliziotti deputati a piantonare il suo ufficio a palazzo Chigi. A metà giornata l’ufficio stampa della premier ha definito la notizia «priva di fondamento» e sostenuto che «la sicurezza del primo piano rimane affidata agli agenti di polizia di palazzo Chigi».
Immediata come un post su Instagram di Boccia, è arrivata però la clamorosa smentita del sindacato di polizia Silp Cgil. «Abbiamo appreso dalla stampa, e successivamente verificato, che le poliziotte e i poliziotti in servizio all’Ispettorato di palazzo Chigi sono stati allontanati», ha scritto il segretario generale Pietro Colapietro, «probabilmente per mancanza di fiducia nei loro confronti.
Meloni sul suo piano vorrebbe soltanto la scorta, ma non può essere lei a decidere chi e come deve garantire la propria sicurezza. Si tratta di una cosa gravissima». È infine seguita la precisazione che suona come una parziale ammissione: Meloni ha chiesto «di rivalutare la presenza di un agente di polizia destinato esclusivamente agli accompagnamenti in ascensore».
Peggio di così non si poteva fare a livello di comunicazione. La notizia ha scatenato le opposizioni, con Matteo Renzi, il Movimento 5 stelle e il Pd alla carica per chiedere spiegazioni di questo nuovo maldestro passo falso di Meloni, che da agosto non trova pace: prima con le dichiarazioni che avallavano una fantomatica cospirazione delle toghe a carico della sorella Arianna e ora con i dieci giorni di passione intorno all’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
A guardare bene, gli errori comunicativi hanno avuto un crescendo di confusione paragonabile solo alla débâcle dell’ormai famigerata conferenza stampa a Cutro. Tutto è cominciato con la decisione di Meloni di metterci la faccia, intervenendo in difesa del suo ministro alla trasmissione di Paolo Del Debbio per poi essere smentita in diretta da Boccia.
Poi la scelta di tenere nel limbo Sangiuliano anche davanti all’evidenza, rifiutando le sue prime dimissioni ma costringendolo a sottoporsi all’imbarazzante intervista al Tg1. Infine, la dimostrazione tangibile che Meloni si sente costretta in un fortino assediato, con l’allontanamento della polizia. Una sequela di errori, leggerezze e sottovalutazioni inaspettate da parte di una premier che, durante il Consiglio dei ministri di ripresa dei lavori, aveva parlato dell’importanza di comunicare «di più e meglio».
Il nuovo comunicatore
Archiviato il tentativo, fallito, di farsi consigliare da un giornalista esperto come Mario Sechi, la premier aveva deciso di riportare la gestione del dossier comunicazione “in famiglia” promuovendo nel ruolo di consigliere strategico l’amico e sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Ora, dopo questi giorni di fuoco, l’orientamento di Palazzo Chigi sarebbe quello di trovare un nuovo esperto esterno in grado di gestire la crisi. Fazzolari rimarrebbe al suo posto di regista della comunicazione politica, il nuovo profilo dovrebbe invece evitare che altri “casi Boccia” esplodano.
Più facile a dirsi che a farsi, perché il profilo di alto livello che Meloni sta cercando è difficile da identificare. Tra i nomi collaterali al partito (che sono sempre la scelta preferita della premier) non spuntano persone all’altezza di un ruolo del genere, e, al di fuori, nessuno si è mostrato disposto a caricarsi di un compito tanto gravoso. Reso ancora più complicato dalla necessità di districarsi nella fitta rete costituita dal “cerchio magico” della premier, composto, oltre che da Fazzolari, dalla sorella Arianna, dalla segretaria Patrizia Scurti, dalla storica portavoce Giovanna Ianniello e da pochi altri fedelissimi.
Dopotutto è anche questo uno dei motivi che ha convinto Sechi, mai davvero entrato in sintonia con il cordone sanitario meloniano, a traslocare alla direzione di Libero. Un riflesso di questo “effetto respingente” di Meloni & co. lo si vede anche in altre posizioni strategiche.
L’ex cognato e ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida fatica a trovare un capo dell’ufficio stampa dopo l’addio di Paolo Signorelli, costretto a lasciare per le sue chat con il defunto Fabrizio “Diabolik” Piscitelli. E anche in altri ministeri, come quello della Giustizia, si è assistito a un avvicendamento.
A oggi, dunque, a Roma si registra un fuggi fuggi di comunicatori e spin doctor avvicinati informalmente dallo staff presidenziale. Proprio questa penuria di figure all’altezza è ormai un’emergenza per il governo, soprattutto per le caselle appannaggio di Fratelli d’Italia. Anche per questo Meloni sarebbe intenzionata a tenere ad interim le deleghe del dimissionario Raffaele Fitto, affidandole ai suoi sottosegretari, e per sostituire Sangiuliano ha scelto la soluzione lampo di Alessandro Giuli, tra i profili più stimati provenienti dalla destra e già “bollinato” come fedele.
La lista di nomi presentabili, senza imbarazzanti rapporti col passato legato alla Fiamma e con curriculum all’altezza, è praticamente finita. Il criterio di selezione basato sulla fedeltà, anche ideologica, sta mostrando tutti i suoi limiti.
Dopo due anni di governo e mentre si comincia a discutere una Finanziaria che si preannuncia molto complicata, la fotografia è quella di una premier ossessionata dal timore di complotti e asserragliata a palazzo Chigi, circondata dai suoi fedelissimi e preoccupata che i poliziotti della sicurezza origlino alla sua porta e spifferino ai nemici i suoi segreti.
In realtà – se spifferi ci saranno – rischiano di provenire proprio dalle leggerezze inaccettabili commesse dal suo ministro della Cultura. Che ha permesso a Maria Rosaria Boccia di tenere sotto scacco la premier e, secondo alcune sue allusioni, anche le persone a lei più vicine.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 11th, 2024 Riccardo Fucile
DA CHIGI A GIULI FINO A LOLLO: PARTONO LE EPURAZIONI
Il timore, nel giro di ventiquattr’ore, si trasforma in complotto. L’asse è Roma-Cologno Monzese. Su questo si muovono i sospetti di Giorgia Meloni. E gli indiziati sono pesanti: la famiglia Berlusconi, i figli Marina e Pier Silvio. La premier, lunedì, quando ha saputo la notizia, ha preso malissimo l’ospitata di Maria Rosaria Boccia ieri sera su Rete 4 a È sempre Carta Bianca di Bianca Berlinguer. Un affronto di casa Mediaset, dopo le rivelazioni di Striscia La Notizia di un anno fa che fecero finire la sua relazione con Andrea Giambruno. Un atto di guerra, dicono da Palazzo Chigi. Poi alle 21 il colpo di scena: Boccia non si presenta in trasmissione. Arriva, si trucca ma dopo una trattativa se ne va.
Perché Boccia è stata cercata con forza dai vertici del Biscione. Venerdì, quando Sangiuliano si è dimesso, ai piani alti dell’azienda erano tutti molto delusi per l’avvicendamento immediato con Alessandro Giuli. I figli di Berlusconi, spiegano fonti a conoscenza della questione, speravano in un rimpasto o, ancora meglio, che la faccenda si allargasse ad altri ministri. Per ora non è così.
Ma l’obiettivo era cercare di intervistare Boccia ad ogni costo. Prima ci hanno provato i talk del pomeriggio – tra cui Verissimo condotto Silvia Toffanin, compagna di Pier Silvio – poi ci è riuscita Berlinguer. Pier Silvio Berlusconi lo ha saputo nel fine settimana e avrebbe dato il suo via libera senza informare la premier. A quel punto i dirigenti di Mediaset si sono impegnati a “montare” il caso: il dg dell’informazione Mauro Crippa in primis, ma anche la direttrice di Videonews Siria Magri che aveva proposto di riprendere Boccia al suo arrivo negli studi Mediaset, fare spot per annunciare la sua presenza e addirittura dei post in sala da trucco per aumentare la visibilità dell’ospitata. E che Meloni abbia preso malissimo l’ospitata di Boccia a Rete 4 lo dimostra anche il fatto che ieri pomeriggio fosse saltata temporaneamente la presenza al talk del direttore del Giornale Sallusti, recuperato in corsa. A Palazzo Chigi però c’è di più: nelle ultime ore circola la teoria e i sospetti che a mettere in trappola il ministro della Cultura Sangiuliano possa essere qualche funzionario vicino a Marina Berlusconi. Sospetti e timori che aumentano e si trasformano in paranoie. Tant’è vero che a Palazzo Chigi e in due ministeri – la Cultura dove si è insediato Alessandro Giuli e all’Agricoltura di Francesco Lollobrigida – l’ordine è stato quello di andare a caccia delle possibili “talpe” che fanno uscire all’esterno notizie che possano mettere in difficoltà il governo. A Chigi la linea è stata data dal responsabile della comunicazione del governo Giovanbattista Fazzolari che da alcuni mesi ha “blindato” con accessi privati e tracciabili note interne e il mattinale Ore 11 per evitare che uscisse sui media. E non è un caso che ieri nella riunione coi parlamentari il capogruppo di FdI Tommaso Foti abbia avvertito: “Occhio a nani e ballerine…”. Ieri a Chigi è scoppiato il caso dei poliziotti allontanati da Meloni rivelato da La Stampa: Chigi ha smentito ma è stata a sua volta rinnegata dal sindacato di polizia. La paura di “talpe” si avverte anche in due ministeri sensibili: quello della Cultura dove Giuli dovrà fare bonifiche di dirigenti, funzionari e staff di Sangiuliano e al ministero dell’Agricoltura di Lollobrigida. Boccia aveva provato ad agganciare anche il ministro meloniano ma, apparentemente, senza successo. Anche qui partirà presto un repulisti dei dirigenti e collaboratori considerati “infedeli”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 11th, 2024 Riccardo Fucile
I SOSPETTI SU MARINA, CONSIDERATA L’ISPIRATRICE DELL’ESCALATION DI TAJANI SULLO IUS SCHOLAE… LA GUERRA APERTA DEI BERLUSCONI SULL’AUMENTO DEI TETTI PUBBLICITARI PER NON ALZARE IL CANONE (IPOTESI CHE DANNEGGIA IL BISCIONE)
Voleva che Maria Rosaria Boccia non andasse in onda. Ha messo in campo una fortissima pressione su Mediaset per frenarla. A sera, il colpo di scena dell’ex amante di Gennaro Sangiuliano – la cui genesi è comunque tutta da esplorare – fa saltare l’intervista di Bianca Berlinguer. Ma non può cancellare l’intensità dello scontro in atto tra la premier e la famiglia Berlusconi. Un conflitto che fa ballare il governo.
Non c’è un modo diverso per descrivere quanto sta accadendo, se non quello di partire da un sospetto: a Palazzo Chigi, riferiscono fonti di massimo livello vicine alla premier, si è ormai fatta strada la convinzione che i fratelli Berlusconi stiano provando a sgambettare l’esecutivo. L’invito a Boccia rappresenta solo l’ultima scintilla, la superficie del veleno. Sotto, tutto diventa ancora più torbido: congiure, paranoie, polpette avvelenate. Rancori. Di certo c’è soltanto ciò che va dicendo la leader da giorni contro Marina Berlusconi, che voci del cerchio magico meloniano riferiscono senza troppo frenarsi. E l’insofferenza per l’atteggiamento di Pier Silvio.
La rabbia, prima di tutto. Meloni ce l’ha con i due figli di Silvio Berlusconi. Con Pier Silvio, innanzitutto. È venuta a sapere che l’amministratore delegato di Mediaset era a conoscenza dell’invito a Boccia, ma che ha evitato di comunicarlo a Palazzo Chigi. Nulla di dovuto, ma per la premier comunque uno sgarbo, vista la delicatezza del dossier. Sale su una ferita mai rimarginata, provocata dagli audio pubblicati da Striscia La Notizia su Andrea Giambruno, che provocarono la rottura della sua relazione con il giornalista.
Ma non basta. A Palazzo Chigi è giunta voce che l’idea di ospitare Boccia non sia certo stata estemporanea. Diversi talk del Biscione hanno provato a contattarla per la fascia pomeridiana. Alla fine, l’ha spuntata Berlinguer in prima serata.
Su Marina Berlusconi il discorso si fa ancora più scivoloso. Meloni considera la primogenita del Cavaliere la vera mente politica del gruppo. E l’ispiratrice dell’escalation portata avanti da Antonio Tajani durante l’estate calda dello ius scholae, anticipato da un altro duro intervento sui diritti civili (su questo terreno mi sento più in sintonia con la sinistra, aveva detto).
Ora che la situazione sembra sul punto di esplodere, però, ogni dettaglio assume la forma di un complotto: basta ad esempio che a Palazzo Chigi si sia venuto a sapere che uno dei più fidati collaboratori di Gennaro Sangiuliano al ministero della Cultura sia anche in ottimi rapporti con Marina, per alimentare sospetti sull’origine dello scandalo (in realtà, il dirigente sarebbe anche inviso a Boccia, dunque la tesi sembra traballare).
Da mesi, d’altra parte, Meloni va dicendo in giro di aver compromesso forse definitivamente il rapporto con gli eredi del Cavaliere. A loro imputa in privato un modus operandi codificato: alzano il prezzo (e la tensione) per pesarsi, e pesare.
Dietro, è il ragionamento, ci sarebbe il timore per l’ipotesi che il governo ritocchi al rialzo i tetti pubblicitari per non alzare il canone – opzione che potrebbe danneggiare Mediaset – oltre alla minaccia (probabilmente destinata a restare sulla carta) di privatizzare almeno una delle tre reti pubbliche. In fondo, il caso Boccia è specchio della paranoia che ha conquistato cuori e menti in Fratelli d’Italia. «Attenzione a come vi muovete e chi incontrate – ha detto ieri il capogruppo Tommaso Foti ai suoi deputati – E soprattutto: occhio a nani e ballerine…».
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 11th, 2024 Riccardo Fucile
L’IDEA DI UNA ESIBIZIONE DI ANDREA BOCELLI AL POSTO DEL CONCERTO DELL’ORCHESTRA DIRETTA DA BEATRICE VENEZI
Dopo i problemi di cuore e quelli lavorativi, per l’ormai ex ministro Sangiuliano arrivano i guai giudiziari. E la procura di Roma, a seguito dell’esposto presentato dal deputato di Avs Angelo Bonelli, l’ha iscritto nel registro degli indagati per peculato e rivelazione e diffusione di segreto d’ufficio.
Al centro dell’inchiesta, quindi, non solo le presunte spese pagate con i soldi dei contribuenti e l’utilizzo dell’auto della scorta, ma anche le informazioni che Sangiuliano avrebbe fornito all’ex amante ed ex collaboratrice.
In particolare quelle legate all’organizzazione del G7 in Campania. Così il fronte penale si somma agli accertamenti della Corte dei Conti del Lazio sulle trasferte dell’ex ministro e dell’imprenditrice Maria Rosaria Boccia.
Nelle stories Boccia condivide a raffica interviste che ha rilasciato e pubblicità di quelle che rilascerà, articoli sull’ex ministro e così via. Sempre su Instagram procede con gli attacchi alla direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, nominata dall’allora ministro della Cultura consigliere per la musica.
Durante un’intervista in tv, aveva paventato un conflitto d’interessi e Venezi annuncia una querela. L’ennesima, nell’affaire Sangiuliano-Boccia. Schermaglie. Sospetti. Allusioni che si susseguono. Botta e risposta.
C’è il fronte giudiziario, quello del j’accuse televisivo. Poi quello del G7 ormai alle porte. «Non so che dire, non mi ha chiamato nessuno». Il sindaco di Pompei Carmine Lo Sapio giura di non sapere ancora se tra otto giorni la sua città ospiterà una tappa del vertice dei ministri della Cultura. Nessuno conferma nemmeno il sopralluogo da parte dei tecnici del ministero, che dovrebbe essersi svolto ieri mattina. E nulla si è ancora mosso all’interno del Parco archeologico, dove in teoria le delegazioni straniere dovrebbero andare in visita nel pomeriggio di venerdì 20, per poi assistere a un concerto nell’Anfiteatro e cenare nella Palestra grande.
Questo il programma previsto finché Sangiuliano era saldamente alla guida del ministero e Boccia la sua aspirante consigliera per i grandi eventi, ancora sconosciuta ai più. Non è chiaro a che punto sia l’organizzazione, né quali ditte siano state individuate per l’allestimento degli spazi o per il catering.
In ogni caso, il neoministro Alessandro Giuli deve prendere una decisione: annullare l’evento o, più probabilmente, ridimensionarlo, limitandolo alla sola visita al Parco archeologico.
Anche se nelle ultime ore è spuntata la suggestione di un ingaggio di Andrea Bocelli, per un’esibizione al posto del concerto dell’orchestra diretta da Beatrice Venezi. Giuli deve decidere, anche perché le opposizioni già gli stanno col fiato sul collo: «Batta un colpo, ne va della credibilità del nostro Paese», attacca Irene Manzi, capogruppo Pd in commissione cultura alla Camera.
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 11th, 2024 Riccardo Fucile
BOCCIA GESTIVA GLI APPUNTAMENTI DEL MINISTRO E COORDINAVA L’ENTOURAGE DEL SUO “GENNY DELON”. A CHE TITOLO? I TIMORI PER L’ACCESSO ALLE CHAT RISERVATE DEL MINISTRO
«Stavamo dormendo». Quando uno dei due non rispondeva al telefono ai collaboratori si scusava così. E nel dicastero dava disposizioni e ordini. Chiedeva infatti «il ministro vuoi accompagnarlo tu?» ai collaboratori durante l’organizzazione delle trasferte. Ed è stata lei stessa a far capire all’entourage che non era una semplice professionista. Disponendo anche gli appuntamenti in agenda. E avrebbe fatto sapere in un contesto privato di avere la possibilità di accedere alle chat riservate del ministro.
«Stavamo dormendo»
A parlare del comportamento di Boccia al ministero è oggi Il Fatto Quotidiano. Sangiuliano a Gian Marco Chiocci ha detto di avere con l’imprenditrice «una relazione sentimentale di tipo privato». L’influencer, durante la sua ospitata a In Onda, non lo ha confermato.
Quando è arrivata al ministero, Sangiuliano l’ha presentata come un’amica. Mostrando nei suoi confronti da subito una particolare condiscendenza. Proprio quello «Stavamo dormendo», insieme alle foto di coppia sui social e l’attenzione a documentare il suo passaggio ha fatto insospettire lo staff del ministro. Mentre lei si è confidata in via riservata con molte fonti riguardo il suo rapporto con lui.
Le chat su Whatsapp
A una, in particolare, ha proprio detto di avere accesso alle chat su Whatsapp del ministro. Una circostanza raccontata da Domani e da lei successivamente smentita in tv. La non-consigliera da una parte ha tenuto a specificare di avere consigliato al ministro l’ormai famosa “pellicola privacy”. Per non fare vedere i suoi scambi telefonici a chi gli stava accanto.
Dall’altra ha ammesso pubblicamente di avere avuto la possibilità di accedere al telefono del ministro. Mentre nessuno del ministero si fa avanti per fornire una verità diversa da quella che Boccia garantisce essere l’unica, in attesa che le indagini facciano il loro corso. Nessuno vuole parlare: «Sono tutti spaventati».
(da Open)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 11th, 2024 Riccardo Fucile
MENTRE LUI È IN VACANZA, LA CORTE DEI CONTI E LA PROCURA DI ROMA INDAGANO PER CAPIRE SE SONO STATI SPESI SOLDI PUBBLICI PER MARIA ROSARIA BOCCIA, E LA VICENDA DIVENTA POLITICA: SE SANGIULIANO VERRÀ RINVIATO A GIUDIZIO DAL TRIBUNALE DEI MINISTRI LA PALLA PASSERÀ AL SENATO, CHE DOVRÀ DARE O MENO L’AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE
Mentre due procure indagano Gennaro Sangiuliano, l’ex ministro della Cultura nella veste di giornalista bussa alla porta della Rai. Ai vertici di Viale Mazzini Sangiuliano, che del Tg2 è stato direttore sino all’ottobre del 2022, chiede di essere reintegrato, godere delle ferie arretrate e beneficiare del telefonino aziendale.
All’ombra di due indagini appena instradate e una terza all’orizzonte Sangiuliano dunque pensa al futuro, e mira a una ritrovata «serenità », anche se il lavoro dei pm, contabili e penali, racconta che il “Sangiuliano gate” è appena iniziato.
Perché mentre i magistrati della corte dei Conti del Lazio indagano su eventuali profili di danno erariale, a poco più di 600 metri di distanza i colleghi di piazzale Clodio hanno iscritto il nome di Gennaro Sangiuliano nel registro degli indagati. E dopo aver ipotizzato il peculato e la rivelazione del segreto d’ufficio hanno trasmesso il fascicolo al tribunale dei Ministri, con allegata una nota in cui suggeriscono alcuni spunti investigativi.
Ovvero di verificare se siano stati spesi soldi pubblici (auto blu incluse) per le trasferte in cui è stata registrata la presenza di Maria Rosaria Boccia: dalla Puglia alla Liguria pur senza avere alcun incarico ufficiale. I pm romani chiederanno anche di svolgere approfondimenti sull’eventuale fuga di notizie di cui avrebbe beneficiato la manager, in particolare sul G7 della Cultura.
La partita più complessa si giocherà al tribunale dei ministri, i cui tempi non sono prevedibili. A dettare le regole del gioco è una legge costituzionale del 1989. La norma impone ai pm romani di trasmettere il fascicolo al tribunale dei ministri entro 15 giorni, «dandone immediata comunicazione» all’indagato.
A quel punto i magistrati dei ministri avranno 90 giorni per svolgere le indagini. Acquisiranno gli atti e ascolteranno le testimonianze, anche quella di Boccia, si presume.
Terminata l’istruttoria invieranno un resoconto alla procura di Roma chiedendo l’archiviazione o il rinvio a giudizio dell’ex ministro. Il rimpallo non termina qui: perché i pm della Capitale potrebbero sollecitare ulteriori approfondimenti o potrebbero sposare le conclusioni del tribunale dei ministri.
La decisione finale verrà inviata alla giunta per le autorizzazioni a procedere che poi sottoporrà la vicenda alla camera competente. Sangiuliano non è un parlamentare, quindi sarà il Senato a valutare l’eventuale autorizzazione a procedere.
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 11th, 2024 Riccardo Fucile
ANCHE IL REPUBBLICANO DURO E PURO DICK CHENEY, IL VERO ARCHITETTO DELLE GUERRE IN AFGHANISTAN E IRAQ, SI SCHIERA CON KAMALA E AFFONDA IL COLPO CONTRO TRUMP E VANCE DEFINITI “DUE MAIALI MISOGINI”… NELLA LISTA DEI REPUBBLICANI CHE NON VOTERANNO TRUMP ANCHE L’EX VICE DI TRUMP, MIKE PENCE E MITT ROMNEY
George W. Bush ha deciso, ancora una volta, che non darà il suo sostegno a Donald Trump ma neanche a Kamala Harris alle elezioni di novembre. Lo annuncia il suo ufficio a Nbc news precisando “il presidente si è ritirato dalla politica tanti anni fa”. Neppure nel 2020 l’ex presidente si era schierato per il tycoon rivelando poi di aver scritto nella scheda il nome della sua segretaria di Stato Condoleeza Rice.
Darth Vader. Così i democratici chiamavano Dick Cheney negli anni della “war on terror”. L’anima nera di Star Wars sembrava la figura perfetta per definire il vice di George W. Bush, colui che è stato considerato il vero architetto delle guerre in Afghanistan e Iraq, il politico che ha utilizzato cinicamente le idee di democrazia e libertà per promuovere gli interessi del complesso militare-industriale Usa.
Oggi Cheney è passato dall’altra parte. Spiega che “nei 248 anni della nostra storia nazionale, non c’è mai stato una minaccia più grande per la nostra repubblica che Donald Trump”. Accusando il candidato repubblicano di aver utilizzato “menzogne e violenza” per ribaltare l’esito delle presidenziali 2020, Cheney annuncia che voterà per Kamala Harris. “Il nostro compito è privilegiare il Paese, non l’appartenenza politica” spiega, giustificando così una scelta che appare scioccante.
Uno dei conservatori più duri e puri degli ultimi decenni decide di sostenere la candidata che per molti repubblicani resta una “pericolosa radicale”. L’annuncio di Dick Cheney è arrivato poche ore dopo quello della figlia Liz, altra conservatrice intemerata, altra futura elettrice di Harris. Deputata del Wyoming fino al 2023, caduta in disgrazia tra i repubblicani per aver accusato Trump di tentato colpo di stato, Liz Cheney racconta che voterà democratico perché un ritorno del tycoon alla Casa Bianca sarebbe una “catastrofe irrimediabile”. Cheney usa parole forti. Trump e il suo vice J.D. Vance sarebbero, a suo giudizio, “due maiali misogini”.
I Cheney sono solo l’avanguardia di un gruppo folto di repubblicani che ha deciso di appoggiare la democratica. Tra questi c’è l’ex deputato dell’Illinois, Adam Kinzinger. C’è John Giles, sindaco di Mesa, terza città dell’Arizona.
C’è Stephanie Grisham, ex addetta stampa di Trump. Altri hanno scelto di non votare Trump, senza però annunciare il loro sostegno a Harris. La lista dei “non allineati” è lunga. Ci sono l’ex presidente George W. Bush, l’ex vice di Trump, Mike Pence, i senatori Mitt Romney, Susan Collins, Lisa Murkowski, il governatore del Maryland, Larry Hogan.
Difficile dire quanti voti repubblicani Cheney e gli altri “RINO” sottrarranno. Secondo un sondaggio YouGov, circa il 9% dei repubblicani è pronto ad abbandonare Trump. Se fosse così, il vecchio vicepresidente non potrà essere chiamato, ancora un volta, “irrilevante”
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »