Maggio 20th, 2025 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE AMERICANO, CHE NEI GIORNI PRECEDENTI AVEVA IGNORATO LA DUCETTA, PREFERENDO PARLARE CON CHI CONTA QUALCOSA (MACRON, STARMER, MERZ), LA ACCONTENTA COME SI FA CON UN BAMBINO VIZIATO: CON UNO ZUCCHERINO PER FARLO STARE ZITTO. E COSÌ, IERI NOTTE, LA PREMIER È STATA INCLUSA NELLA TELEFONATA IN VISTA DEL COLLOQUIO CON PUTIN
Venerdì 16 maggio. Pomeriggio inoltrato a Washington, notte fonda a Roma. Giorgia Meloni entra finalmente in contatto con Donald Trump. E gli consegna una lamentela diplomatica che avrà degli effetti nei giorni a venire.
Spiega al presidente Usa che Emmanuel Macron sta giocando una partita politica a scapito dell’Italia. Che escluderla dai contatti tra europei e Casa Bianca significa indebolire la sponda conservatrice europea dei Maga.
«Hai la mia parola che non capiterà di nuovo – avrebbe risposto il repubblicano, secondo fonti italiane – la tua leadership ha il mio sostegno». È lo stesso che, senza battere ciglio, aveva “dimenticato” la premier per tre video-call nel giro di pochi giorni.
Il tycoon, comunque, si fa carico di parlare con il presidente francese. Rispolvera lo schema del Quint, in cui c’è Roma. E riporta in qualche modo
Meloni in gioco.
È l’ultimo tassello. Per capire però la portata dello scontro diplomatico che si è consumato dal 10 al 17 maggio, bisogna concentrarsi su un altro dettaglio che ha cambiato il corso di questa storia. Apparentemente minore, in realtà deflagrante.
Lunedì 12 maggio, per preparare il vertice di Istanbul, il segretario di Stato americano Marco Rubio telefona agli omologhi di Francia, Germania, Polonia, Regno Unito, Ucraina e Turchia. Non ad Antonio Tajani. Uno schiaffo, dopo quello del giorno prima a Kiev, quando Meloni era stata tenuta fuori dalla video-call tra Donald Trump e i “volenterosi” di Macron.
L’esclusione ufficializza un dato doloroso: l’amministrazione Usa – spinta o meno da Parigi, importa relativamente – sacrifica Roma al tavolo che conta. Il panico si diffonde. A Palazzo Chigi, ma anche alla Farnesina. Una preoccupazione che risale fino ai vertici istituzionali. Lambendo, trapela da fonti dell’esecutivo, il Colle. Urge una reazione.
Si attiva Tajani, si muove anche Meloni. I contatti con Ursula von der Leyen costruiscono il summit tra la presidente della Commissione e il vicepresidente Usa J.D. Vance. La tedesca, ai margini per volere trumpiano, sfrutta la mediazione della premier per tentare a sua volta di rientrare in partita.
Mentre Meloni ci lavora, succede però qualcos’altro: venerdì 16 maggio i Ventisette si riuniscono a Tirana. Sotto la regia di Macron, viene organizzata un’altra videochiamata tra i volenterosi e Trump. A dispetto delle previsioni italiane della vigilia, nuovamente senza Meloni.
La situazione diventa seria. Talmente difficile che poche ore dopo la presidente del Consiglio chiama il presidente Usa. A lui ricorda che l’Italia è un partner
strategico.
La premier preferirebbe tenere la telefonata riservata e dare centralità al vertice tra Ursula e Vance. Nelle intenzioni, è il suo schiaffo a Macron. La notizia del contatto con il tycoon, però, in qualche modo trapela (non da Palazzo Chigi, giurano).
L’effetto, sgradito, è che si torna a parlare della mediazione del presidente Usa, togliendo luce al vertice Usa-Ue. Poco dopo, nuovo colpo di scena: Meloni viene coinvolta dal tycoon anche nella call di domenica notte con i volenterosi. Non è un passaggio scontato, perché da Tirana aveva giurato: non faccio parte di questo formato perché non intendo mandare truppe italiane in Ucraina. In realtà, non di soldati discutono europei e Casa Bianca, ma di nuove sanzioni alla Russia.
Le altre cancellerie non gradiscono la mossa di Trump, ma non possono opporsi. Non Macron, ovviamente, che pure va sostenendo in privato da tempo come sia stata lei a tirarsi fuori da sola. E neanche Merz, che con un pizzico di malizia ha fatto dire ieri al suo portavoce: è Washington ad averle chiesto di partecipare.
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 20th, 2025 Riccardo Fucile
IL RIFLESSO CONTINENTALE RIPROPONE LE SCELTE STRATEGICHE NON DELLA LEGA, APERTAMENTE ANTI UE, MA DI FDI, IN BILICO TRA EUROPEISMO E SOVRANISMO. IL RISULTATO È CHE LA PREMIER E LA SUA COALIZIONE VENGONO OSSERVATI CON UNA MISCELA DI ATTENZIONE E DIFFIDENZA
La vittoria del candidato europeista Nicusor Dan in Romania suggerisce più di un
elemento di riflessione alla maggioranza italiana. Il primo è che ha perso l’esponente ipernazionalista preferito da FdI e Lega, George Simion, che pochi giorni fa aveva partecipato al raduno dei Conservatori europei in Italia.
E che diceva: «Giorgia Meloni per noi è un esempio. Come l’Italia diciamo stop alle spese per aiuti all’Ucraina», cercando impropriamente di arruolare la premier su posizioni anti Ue.
Non è la prima volta che un pezzo maggioritario della coalizione governativa italiana punta su forze rivelatesi alla fine perdenti. Era accaduto negli ultimi due anni prima in Spagna, poi in Polonia
Il riflesso continentale non riguarda solo l’esito del voto. Ripropone le scelte strategiche non della Lega, apertamente anti Ue, ma di FdI, in bilico tra europeismo e sovranismo: anche se l’aiuto di Meloni all’Ucraina non è mai venuto meno, nonostante lo smarcamento da alcuni recenti vertici.
Il risultato è che la premier e la sua coalizione vengono osservati con una miscela di attenzione e diffidenza dagli alleati delle altre nazioni europee
Parlare di isolamento dell’Italia è a dir poco esagerato.mMa si ha la sensazione che qualche errore di valutazione sia stato commesso rispetto a un gruppo di testa, definito dei Volenterosi, che vede insieme Francia, Germania, Polonia più una Gran Bretagna larvatamente pentita della Brexit, e dunque avviata a nuovi accordi parziali con l’Ue.
L’altro aspetto segnalato dal voto rumeno ha riflessi soprattutto interni. E riguarda il tema dei ballottaggi. È noto che a destra cresce la spinta a abolirli nelle elezioni per i sindaci.
Spiegazione ufficiale: al secondo turno si vota di meno, e dunque diminuisce la rappresentatività. Spiegazione ufficiosa: la destra ritiene che le opposizioni ne siano avvantaggiate.
Per questo, si accarezza l’ipotesi che possa essere eletto subito l’esponente di uno schieramento che raggiunga il quaranta per cento dei consensi. Ma la lezione rumena dice l’opposto: almeno in termini di partecipazione. Mentre al primo turno Simion aveva avuto il 41 per cento con un’affluenza al 53, al ballottaggio l’affluenza è stata del 64. E Dan ha vinto.Sia il capo dello Stato, Sergio Mattarella, sia la premier Meloni si sono congratulati con lui. Rimane, tuttavia, l’ombra della mezza investitura arrivata sei giorni fa a Simion da FdI, anche se non da FI: un’ombra rimossa dallo scontro di ieri tra alleati sul terzo mandato dei presidenti di regione, rivendicato dalla Lega.
(da “Corriere della Sera”)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 20th, 2025 Riccardo Fucile
COME SI TROVERÀ LA PRO-LGBT MUSSOLINI CON QUEL PARTITO A TRAZIONE BIGOTTA E VANNACCIANA CHE È DIVENTATO IL CARROCCIO?
Alessandra Mussolini lascia Forza Italia per la Lega. L’ex europarlamentare entrerà nel Carroccio insieme a Roberto Cantiani, più volte consigliere comunale in Campidoglio.
Lo ha annunciato una nota della Segreteria Lega Lazio: «Nei prossimi giorni incontreranno il segretario federale Matteo Salvini per formalizzare le adesioni, insieme al segretario regionale del Lazio Davide Bordoni.
Sarà anche l’occasione per scambiare opinioni, idee e fissare le prossime iniziative da portare avanti sul territorio insieme alla squadra della Lega di Roma e nel Lazio». La nipote di Benito non è stata eletta alle ultime elezioni europee.
Mussolini negli ultimi anni si era resa protagonista di una serie di battaglie “liberal”. Aveva protestato perché nel passaporto degli eurodeputati si poteva scegliere solo tra uomo e donna. Poi aveva chiesto la trascrizione anche dei bambini nati con la Gpa, entrando in contrasto con la sorella Rachele. E protestato per la mancata nomina di Anna Paola Concia in una commissione del ministero dell’Istruzione. Sui diritti civili aveva detto che il governo Meloni era rimasto indietro, denunciando presunte pressioni del Vaticano e criticando anche la legge sulla maternità surrogata. Ora entra in un partito che non sembra essere all’avanguardia sulle sue ultime battaglie.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 20th, 2025 Riccardo Fucile
LA PROCURA SCOPRE LE CARTE DIVERSI ELEMENTI GEOLOCALIZZANO L’ALLORA 19ENNE SUL LUOGO DEL DELITTO
Andrea Sempio si trovava nella villetta di via Pascoli a Garlasco nel giorno
dell’omicidio di Chiara Poggi. A dirlo non è soltanto l’esame del Dna delle
unghie della vittima. Ma altri «quattro o cinque elementi» che lo geolocalizzano sulla scena del crimine. È questa la certezza da cui parte la procura di Pavia nella nuova indagine. Che ha rianalizzato elementi all’epoca non considerati. E ne ha trovati di nuovi. Di questi, se sceglierà di rispondere alle domande dei magistrati, chiederanno conto all’indagato il procuratore aggiunto Stefano Civardi e la pm Valentina De Stefano durante l’interrogatorio fissato per stamattina. E che andrà in scena insieme a quello di Alberto Stasi. E a quello di Marco Poggi. Che però sarà ascoltato a Venezia da Giuliana Rizza.
Carte in tavola
Gli elementi che hanno portato gli inquirenti a formare la loro convinzione non sono noti, spiega oggi il Corriere della Sera. Potrebbero però diventare conosciuti all’indagato se oggi non si avvarrà della facoltà di non rispondere come è suo diritto. L’allora 19enne quella mattina del 13 agosto 2007 non era fuori Garlasco. E per qualche motivo, probabilmente collegato al malore della madre quando durante l’interrogatorio le hanno fatto il nome del pompiere Antonio B., gli inquirenti hanno la certezza che il biglietto del parcheggio non vale come prova per scagionarlo. La procura potrebbe quindi scoprire le carte. Di cui farebbe parte anche una nuova ricostruzione della dinamica del delitto. Attraverso un’analisi delle tracce di sangue che all’epoca della condanna di Stasi stabilirono che i primi colpi furono inferti a Chiara all’ingresso, per poi trascinare il corpo dentro, “finire il lavoro” e gettarlo per le scale dell
L’interrogatorio
La procura voleva interrogare di nuovo Andrea Sempio da un anno. Mentre è ancora da decidere il ruolo di Ignoto 1. Ovvero l’altra persona, di sesso maschile, che gli inquirenti sospettano possa aver partecipato al delitto. Sullo scontrino vanno analizzati attentamente gli orari. Non riporta la targa ma segna come orario d’arrivo le 10.18. Chiara Poggi è deceduta tra le 9.12 e le 9.35. La distanza tra la casa di Sempio a Garlasco e il parcheggio è di 16 chilometri. Per arrivarci ci vuole meno di una ventina di minuti. Repubblica spiega che la relazione tecnica depositata dalla difesa di Stasi dice che l’utenza di Sempio non si attiva a Vigevano, ma a Garlasco via Santa Lucia. E lui ha avuto sei contatti telefonici tra le 9.58 e le 12.18. Con Roberto Freddi e Mattia Capra.
Il Dna
Poi c’è il Dna. L’indagato sostiene che sia finito sotto le unghie di Chiara a causa della tastiera del computer di casa Poggi. Eppure lo stesso Marco Poggi ha messo a verbale di non essere sicuto che Andrea sia venuto a casa sua prima del 5 agosto. Stasi invece verrà ascoltato come testimone assistito (da un avvocato). Una condizione particolare che gli deriva dalla condanna ormai passata in giudicato. E dalla regola del ne bis in idem, il principio giuridico che vieta di processare o punire una persona due volte per lo stesso reato. Il passo successivo sarà un criminal profiling di Sempio. Saranno i carabinieri del Racis a compilarlo.
Il fratello
Quindi c’è Marco Poggi. Il fratello di Chiara potrebbe raccontare molto di più
rispetto a quello che si è detto in questi giorni. Secondo la difesa di Sempio Marco sarebbe preoccupato e dispiaciuto per quanto accaduto all’ex amico. Alcune indiscrezioni partite da persone vicine dicono l’esatto contrario. E i motivi di questo cambio di prospettiva molto probabilmente partono da convinzioni materiali ben precise. Mentre altre sono state già rivelate ai magistrati. La prima è che Poggi non ha ricevuto avvisi di chiamate perse quel giorno, mentre era in Trentino e sua sorella moriva. Sempio invece sostiene di averlo cercato al cellulare prima e dopo le telefonate all’utenza fissa, nella casa in cui in quel momento c’era solo Chiara.
Falsissimo
Infine, Fabrizio Corona. Che ha lanciato nel suo Falsissimo la sua verità: nella villetta c’erano quattro persone, è stato un omicidio di gruppo. L’ex re dei paparazzi basa la sua convinzione su una tesi circolata nei giorni scorsi. Che vede tutto partire da una festa o un ritrovo del mese precedente in cui erano presenti le gemelle Paola e Stefania Cappa e gli amici di Sempio. Tra cui c’è Alessandro Biasibetti, all’epoca fidanzato di Angela Taccia che oggi è avvocata di Sempio. E nel frattempo diventato prete.
A luglio, è la ricostruzione circolata a mezza bocca negli ambienti investigativi, Chiara Poggi ha partecipato a una festa che riuniva le due comitive di amici. Ha visto qualcosa che non le è piaciuto. Oppure ha detto “no” a qualche proposta. Ed è stata uccisa per tapparle la bocca. Ma si tratta, va sottolineato, soltanto di un’ipotesi. Sulla quale non si sa quanto gli investigatori abbiano realmente lavorato.
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 20th, 2025 Riccardo Fucile
UN SINDACO CHE NON HA LE PALLE DI AMMETTERE DI AVER OSPITATO UN RADUNO RAZZISTA
Del breve botta e risposta tra Alessandro Gassmann e il sindaco di Gallarate (il primo non ha gradito, e lo capiamo bene, che un raduno razzista si svolgesse in un teatro dedicato al padre) colpisce e quasi diverte la spiegazione che il sindaco (leghista, ovviamente) ha dato dell’accaduto. Non si trattava di un’adunata di fascisti europei, ma di «una associazione culturale di ragazzi di destra» che ha «organizzato un summit».
Cioè: un’adunata di attivisti xenofobi arrivati da mezza Europa, che ha messo in allarme la Digos e per settimane ha acceso polemiche roventi in tutta Italia, dunque perfino al di là di Gallarate; che propone il rimpatrio forzato di qualche milione di persone, non si sa come, con che soldi, con quali leggi (esistono anche le utopie nere); al sindaco di Gallarate è sembrata una iniziativa culturale di tutto rispetto, non solo perché a organizzarla era un’associazione per l’appunto culturale, per giunta animata da «ragazzi», probabilmente gli stessi che ogni anno, non lontano da Gallarate, festeggiano il compleanno di Hitler; ma perché, come spiega lo stesso sindaco, «in democrazia c’è bisogno di tutti i contributi e di tutte le componenti rispetto a fenomeni così complessi».
Ai leghisti si riconosceva, fin qui, una certa rozzezza ma anche (rovescio della§medaglia) una certa schiettezza. Ecco qui, invece, un leghista ipocrita, gesuitico, che ospita un raduno razzista, fondato sul concetto di purezza della razza da difendere dagli impuri, ma fa finta che fosse “un contributo al dibattito”.
Fu un contributo al dibattito anche la notte dei cristalli? Anche la deportazione degli ebrei? Sindaco, ci pensi. Lei ha due possibilità: o dice “sì, avrei fatto meglio a non concedere quel teatro a gente del genere”, oppure dice “sì, ho ospitato un raduno razzista e ne sono fiero”. Tutto quello che sta in mezzo è vile e patetico.
(da Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 20th, 2025 Riccardo Fucile
TROMBATI ALLE ELEZIONI, ADERENTI A FDI E CASAPOUND DIVENTANO CONSULENTI E MANAGER DI UNA SOCIETA’ CHE HA ACCUMULATO 12 MILIONI DI PERDITE
Campeggia sul sito ufficiale della Sogesid la foto della sorridente stretta di mano fra il
commissario della A24-A25 Marco Corsini e l’amministratore delegato della Sogesid, Errico Stravato. Occasione, la firma un mese fa dell’accordo con cui Corsini ha affidato alla Sogesid le «attività di supporto per gli interventi di adeguamento e la messa in sicurezza» dell’autostrada.
Nella foto lui e Corsini sembrano due vecchi amici, e in fondo lo sono. L’avvocato dello Stato Corsini era assessore all’Urbanistica di Roma Capitale all’epoca del sindaco Gianni Alemanno. Proprio mentre l’ingegnere Errico Stravato era direttore del dipartimento comunale Programmazione e attuazione urbanistica. E Massimo Cherubini, cui Sogesid ha affidato a gennaio 2024 una consulenza di 130 mila euro per «attività di informazione e divulgazione istituzionale», era il capo dello staff del summenzionato assessore Corsini. Benvenuti in questo curioso club pagato dai contribuenti.
Sogesid è un acronimo. Sta per «Società per la gestione degli impianti idrici», e già basta per chiedersi che cosa c’entra con la messa in sicurezza delle autostrade. L’idea di creare una spa per gestire la nuova legge Galli sulle acque e i lavori idrici della ex Cassa del Mezzogiorno spunta nell’aprile 1993. La società nasce però materialmente nel 1994 sul finire del governo di Carlo Azeglio Ciampi.
Per 18 anni la Sogesid vivacchia senza infamia né gloria. Finché nel 2012 il governo di Mario Monti decide che è inutile e va chiusa. Ma i governi tecnici non durano in eterno. E passata la bufera, Sogesid sopravvive assieme al suo cospicuo parco consulenze. Nel 2013 se ne contano 380. I dipendenti sono appena (si fa per dire) 73. Nel 2015, però, balzano a 443. Oggi sono 465, più gli oltre 200 consulenti.
Per trent’anni la Sogesid ha garantito soprattutto poltrone, posti di lavoro e lauti incarichi al mondo che ruota intorno ai partiti. Al riparo dai riflettori e con qualche eccezione. Ieri come oggi. Ma oggi, ed è il motivo di questo articolo, come non mai. Appena arrivato, il governo di Giorgia Meloni aumenta subito da tre a cinque il numero dei consiglieri di amministrazione. Spunta perciò uno strapuntino per Ernestina Sicilia di Forza Italia, brindisina, che ha la fiducia dell’onorevole forzista salentino Mauro D’Attis. Per il presidente Roberto Mantovanelli, leghista, candidato nel 2022 alle comunali di Verona in ticket con Federico Sboarina di Fratelli d’Italia, che sconfitto da Damiano Tommasi ora si consola politicamente consigliando il ministro dello Sport Andrea Abodi. E per il vicepresidente Massimiliano Panero, maturità scientifica, candidato in una lista con CasaPound alle Europee del 2019. Perché va bene accontentare azzurri e leghisti, ma il predominio deve andare a chi nella coalizione impugna il bastone del comando. Cioè la Fiamma, che deve senza dubbio ardere nel cuore di Stravato. E non solo.
Ecco allora nel cda un posto per la commercialista Paola Scialanga, presidente del collegio sindacale dell’Asi, l’associazione che ha raccolto l’eredità del Centro sportivo Fiamma di Pino Romualdi, repubblichino ex vicesegretario del partito fascista di Salò poi deputato e presidente del Movimento sociale. Ma l’Asi non è affatto un residuo del passato. Negli organi sociali riunisce esponenti, militanti e figure istituzionali della destra, fra governo e nostalgia. Presidente è nientemeno che Claudio Barbaro, il sottosegretario all’Ambiente, ministero al quale fa capo appunto la Sogesid. Il suo vice, Bruno Campanile, era responsabile del dipartimento Sport di Roma Capitale all’epoca di Alemanno. Uno dei ruoli più importanti, la presidenza della commissione disciplinare dell’Asi, è affidato a un dipendente della Sogesid. Si chiama
Fabrizio Penna, in passato è stato anche capo della segreteria del ministro delle Comunicazioni di An, Mario Landolfi, e ora è distaccato al ministero dell’Ambiente dove ha la responsabilità del Pnrr.
In passato Barbaro partecipava a una società insieme ad Amedeo De Francisci. Incidentalmente fratello di Gabriele De Francisci, già militante (non pentito né dissociato) dei Nar, ora titolare di una consulenza con la Sogesid di 105 mila euro per supportare l’accordo quadro firmato da Stravato con il commissario governativo alla depurazione Fabio Fatuzzo.
Ex missino, ex deputato di An, poi in Fratelli d’Italia, Fatuzzo ha condiviso con l’attuale ministro del made in Italy Adolfo Urso il progetto del movimento politico Fare Italia, poi confluito nel partito di Giorgia Meloni. Fatuzzo ora è anche consigliere di Urso. Il quale, prima di tornare al governo (dov’era già stato con Silvio Berlusconi), animava l’associazione «Èuropa» cui aderiva pure l’attuale consulente Sogesid ex Nar Gabriele De Francisci. Fra i consiglieri di Urso al ministero, a titolo gratuito, c’è Domenico Sacco, di professione farmacista. Che ha una consulenza da 100 mila euro con la Sogesid, per assistere il commissario alla depurazione delle acque Fatuzzo.
Come pure Antonio Pogliese, che a 81 anni suonati si merita una consulenza Sogesid da 51.700 euro. Ma è il padre dell’ex sindaco di Catania Salvo Pogliese, che aveva già messo Fatuzzo a capo della società comunale Sidra. Consulente Sogesid è poi Valentina Augello, figlia del compianto senatore di Fratelli d’Italia Andrea Augello, marito della vicepresidente della Regione Roberta Angelilli. La quale, per vent’anni, ha avuto un seggio
all’Europarlamento, dove si avvaleva della collaborazione dell’avvocato Fabio Magrone: assunto per chiamata diretta all’Ama all’epoca di Alemanno sindaco e poi licenziato in ordine alla vicenda nota come «parentopoli». Attualmente Magrone è in carico alla Sogesid, dipendente a tempo indeterminato. Al pari di Rocco Maio, già funzionario del dipartimento urbanistica di Roma Capitale ai tempi di Stravato e Corsini. E al pari di Francesco Montiroli, il responsabile dell’informatica aziendale, esponente di spicco di Fratelli d’Italia a Fiano Romano, dov’è candidato alle prossime amministrative.
Consulente Sogesid è anche Laura Bastianetto, già portavoce alla Croce rossa di Francesco Rocca, attuale governatore FdI del Lazio. Quindi Marcello Vernola, ex europarlamentare di Forza Italia, ex presidente della Provincia di Bari, stimatissimo da D’Attis. E per il momento ci fermiamo qui. La faccenda non è passata inosservata al collegio sindacale, che nella relazione al bilancio 2023, (l’ultimo disponibile) non manca di sottolineare «l’impatto negativo che l’aumento delle consulenze esterne registrato nel secondo semestre (il nuovo cda è stato nominato il 21 luglio 2023) può avere sulla situazione economica della società». Tanto più che la Sogesid ha già accumulato perdite per 12,1 milioni. I sindaci rimarcano che «tale incremento dovrebbe essere oggetto di opportune riflessioni sia sul capitale umano su cui si sta investendo, sia sui costi sostenuti». E ricordano che in una società pubblica sarebbe doveroso «garantire il rispetto dei principi di pubblicità, trasparenza e imparzialità nella scelta dei fornitori di beni e servizi» anche se non c’è una legge a stabilirlo. Una settimana dopo la tirata d’orecchie i sindaci in carica, scaduti, non sono stati rinnovati. Ma la nuova presidente del collegio, Stefania Viscomi, si è dimessa dopo tre mesi. E Giuseppe Farese, che l’aveva sostituita, a sua volta ha fatto le valigie dopo un mese e mezzo.
L’ecatombe dei revisori non ha ovviamente arrestato la poderosa macchina delle consulenze, che gira sempre a mille. E nel suo vorticoso girare incrocia anche soggetti di imprese che hanno avuto rapporti economici con la Gesvim srl, cioè la società di ingegneria appartenente a Stravato (45 per cento) e consorte (55 per cento).
Per esempio Daniele Lucci e Roberto De Angelis, funzionari della Astral, azienda della Regione Lazio che nell’ottobre 2023 ha assegnato un incarico da 119 mila euro alla Gesvim. Per esempio la società Pras tecnica edilizia di Massimo Calda, alleata della Gesvim in un consorzio, Pantheon consulting. Per esempio Pasquale Simonetti, che figura nell’organigramma della Gesvim come consulente tecnico. In passato Gesvim ha avuto un incarico anche dalla presidenza di Enpaia, fondazione di cui è direttore generale Roberto Diacetti, già manager di Roma Capitale al tempo di Alemanno: sua moglie Manuela Palazzo è da gennaio 2025 in forza alla Sogesid.
Fra il 2022 e il 2023 il fatturato della Gesvim è raddoppiato, da 3 a 6 milioni. E gli utili sono quadruplicati, da 80 mila a 320 mila euro. Sarà per i lavori del superbonus 110 per cento, in cui la ditta è specializzata? Quello che secondo Giorgia Meloni ha sfasciato i conti pubblici, e che, parole sua, «aiutava i ricchi».
Sergio Rizzo
(da lespresso.it)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 20th, 2025 Riccardo Fucile
LA SINDACA DI MADRELINGUA TEDESCA FA DI TUTTO PER EVITARE DI INDOSSARE LA FASCIA CHE LE VIENE DATA DAL SUO PREDECESSORE DARIO DAL MEDICO: “SICURO CHE DEVO PROPRIO?” … LUI IMBARAZZATO PROVA A CONVINCERLA, MA NON CI RIESCE… LA SINDACA PRENDE LO STIPENDIO DALLO STATO ITALIANO, SE NON LE PIACE IL TRICOLORE TOLGA IL DISTURBO
Sta suscitando polemiche in Alto Adige il gesto della neo eletta sindaca di Merano Katharina Zeller che durante l’insediamento in Municipio si è subito tolta la fascia tricolore per poi appoggiarla sul tavolo. Nella scena, immortalata dalle telecamere, si sente Zeller chiedere al suo predecessore Dario Dal Medico che le indossa la fascia: “Sei sicuro che proprio devo?”, per poi togliersela subito dicendo “mettiamola via, dai”.
Dal Medico reagisce infastidito e quando Zeller lo invita a tenere assieme la chiave della città, lui indicando la fascia dice: “Tu metti quella e io tengo questa (la chiave, ndr.)”. La sindaca ridendo risponde “Su dai, allora non la tieni”.
L’assessore provinciale Chirstian Bianchi (Forza Italia) in un primo commento parla di un “grave atto nei confronti di tutti gli italiani di Merano da parte della neo sindaca di Merano Zeller. Tutti i meranesi di lingua italiana di Merano che l’hanno votata, spero si rendano conto della considerazione che lei ha nei loro confronti. Possiamo solo immaginare quale sarà l’attenzione nei loro confronti
durante il suo mandato”. “Solidarietà e vicinanza all’ex Sindaco Dal Medico, costretto ad assistere ad una successione certamente poco degna per una città così importante”, conclude Bianchi.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 20th, 2025 Riccardo Fucile
7 CASSONI SISTEMATI (SU 93 TOTALI PREVISTI) VANNO SOSTITUITI PERCHE’ HANNO SBAGLIATO LA MISCELA DI CALCESTRUZZO, LAVORI IN RITARDO DI UN ANNO E MEZZO, EXTRACOSTI MILIONARI PERCHE’ I PALI DI SOSTEGNO DEVONO ESSERE PIAZZATI A 12 METRI DI PRONDITA’ E NON A 6, LA DITTA APPALTATRICE HA RICEVUTO GIA ‘ IL 30% DELLA SOMMA PREVISTA CON I LAVORI FERMI AL 2%
Il problema non era «la diga sì o no». Il problema è: perché tanta fretta di fare una
diga, di cui non c’era urgenza, senza avere prima pensato alla sua migliore collocazione e funzionalità nel quadro dell’imminente nuovo Piano regolatore portuale? Il Piano non viene prima dell’opera? Perché non progettare insieme
alla diga, che richiede una spesa pubblica eccezionale, le soluzioni dei tanti problemi aperti e cruciali di innovazione delle attività commerciali e industriali del porto, mirando non solo all’adeguamento tecnologico delle banchine ma anche allo sviluppo economico e occupazionale del territorio?
A questi rilievi si è aggiunta la scoperta che non è sostenibile e sicuro costruire la diga a 50 mt di profondità, per cui occorre rivederne la posizione e con ciò si possono anche risparmiare centinaia di milioni per altre opere complementari. Invece no. Si è proceduto con urgenza, per espressa volontà del clan Rixi, Toti, Bucci, Signorini e Spinelli. Perché?
Per soddisfare il monarca Aponte, dal quale a Ginevra nel 2017 erano andati insieme come uno stuolo di vassalli devoti, promettendogli tutto il possibile anche a nome del Governo nazionale, compresa ovviamente la nuova diga di fronte al terminal Bettolo di MSC per consentirne la maggiore agibilità. Una promessa che siccome tarda a realizzarsi, Aponte fa pagare al porto utilizzando il terminal nemmeno al 20% della sua capacità senza che Palazzo San Giorgio abbia niente da eccepire.
Per soddisfare l’amico Salini principale azionista di WeBuild, a cui si sono subito anticipati 253 Mlo per le sue esigenze finanziarie di gruppo e non certo per quelle operative di impresa; infatti, siamo al 2,5% del cronoprogramma ma WeBuild ha già intascato il 30%.
Addirittura, a tutela di WeBuild è stato inserito da Signorini nel contratto che gli “imprevisti” saranno a carico del committente pubblico. Quello che sta appunto accadendo, con ottima soddisfazione di WeBuild che, come previsto,
vede progressivamente aumentare il suo budget, i suoi ricavi e i suoi profitti.
Per soddisfare il sodale Spinelli, e di riflesso i vizi del suo compare Signorini, fedelissimo di Toti e raccomandato da Bucci, per cui occorreva dichiarare un termine temporale di riferimento della nuova diga per favorire la vendita, con una ricchissima plusvalenza, delle quote societarie a Hapag Lloyd.
Per soddisfare Bucci e la sua inesauribile boria di fare credere di essere l’uomo della provvidenza, capace di costruire una diga in mare aperto di oltre 6km a 40-50mt di profondità su fondo limaccioso a spese del pubblico, così come ha ricostruito un ponte metallico prefabbricato di 1km a 40mt di altezza sul greto secco di un torrente a spese del privato.
Una madornale presunzione da manager millantatore, ma solo perché gode del favore “pubblico” perché degli azionisti privati lo avrebbero già cacciato a calci nel sedere (basta immaginare che fine farebbe con una Autorità portuale trasformata in società di capitali!). Ma il supercommissario Bucci non riesce più a mistificare la sua incapacità (o peggio) neanche con le dichiarazioni di scherno rivolte alle opposizioni ogni qualvolta è costretto a rifugiarsi in reticenze e falsità sull’avanzamento dei lavori.
Ora, con questa intervista del Secolo XIX a Rixi, si scopre che, dopo avere già accumulato un ritardo di un anno e mezzo dei 4 previsti, i 7 cassoni della diga (dei 93 totali!) appena collocati andranno rifatti perché costruiti male e difettosi (la mescola del calcestruzzo è sbagliata, ma i cassoni sono fatti solamente di calcestruzzo!). Saranno rifatti naturalmente a spese dello stato, senza che Rixi neanche sollevi il problema della responsabilità tecnica e produttiva
dell’appaltatore (chi ha sbagliato la mescola?). Con ciò, altre centinaia di milioni saranno dati in aumento all’appalto di WeBuild e soci, come volevasi dimostrare. Infine, Rixi ha ammesso che il motivo degli extracosti è l’aumento della profondità dei pali di sostegno (da 6 a 12 mt, il doppio!), dovuto alla presenza dello spessore di limo sul fondale, rivelato a suo tempo dal progettista Ing.Piero Silva costretto alle dimissioni per l’onestà professionale di questa sua denuncia.
Pertanto, i tempi si allungheranno? Ma no, risponde Rixi. Mai come ora siamo andati spediti! Il giovanotto, senza arte né parte, che ha fatto carriera politica berciando slogan xenofobi contro nomadi e extracomunitari, ora approdato alla soglia del Ministero a gestire miliardi di opere pubbliche strategiche, pensa di cavarsela così. Cambiando la mescola dei cassoni, coi soldi del “popolo bue”.
A meno che non si scopra molto presto che il problema non è la mescola (la cui formula non è affatto difficile da realizzare) ma come è verosimile il cedimento del fondale. Allora sì che non basteranno nemmeno i soldi del “popolo bue” e Rixi e Bucci se ne andranno ignobilmente a casa.
Porto di Genova. Comitato per il Dibattito pubblico
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 20th, 2025 Riccardo Fucile
CHE SUCCEDE IN PORTOGALLO CON LA “NON VITTORIA” DEL PREMIER, LUIS MONTENEGRO? SERVIRÀ UN’ALLEANZA, PIÙ PROBABILI LE LARGHE INTESE CON I SOCIALISTI, TERREMOTATI ALLA RICERCA DI UN NUOVO LEADER (SULLO STILE TEDESCO)
Il Portogallo si è risvegliato a destra come non accadeva dai tempi del salazarismo. L’Alleanza Democratica del premier uscente Luìs Montenegro ha vinto le elezioni, le terze dal gennaio 2022, con il 32,7% dei voti.
I populisti di Chega hanno conteso fino all’ultimo il secondo posto ai socialisti, ottenendo il 22,6% ed è quasi parità con il partito di Pedro Nuno Santos,
crollato al 23,4%, terzo peggior risultato di sempre.
Il leader socialista ha preso atto e si è dimesso: è già iniziata la corsa interna per la scelta del nuovo segretario.
Montenegro festeggia la vittoria dicendo, polemicamente, che il popolo gli ha dato la fiducia negata dal Parlamento il giorno della caduta del suo governo, ma i numeri non gli consentono di avere la maggioranza assoluta nell’alleanza annunciata con Iniciativa Liberal, ferma al 5,53%.
Servono 116 deputati per la maggioranza assoluta e Montenegro può contare solo su 98: gli 89 di AD, i 9 di IL. La partita PS-Chega finisce in parità anche sul numero della rappresentanza in Parlamento: 58 a 58.
L’ennesimo boom di Chega, passata dall’1,3% del 2019 ai numeri attuali, apre una nuova stagione nella vita politica portoghese. “È la fine del bipartitismo, il nostro risultato è l’evento più importante dal 25 aprile 1974”, urla il leader André Ventura, sorridente e acclamato dal suo popolo dopo i due malori accusati la scorsa settimana.
La sfida al centrodestra è già iniziata. “Montenegro ha peccato di superbia. Voleva avere pieni poteri per governare e invece i reali vincitori di queste elezioni siamo noi di Chega”, le parole di Pedro Pinto, presidente del gruppo parlamentare del partito populista. Chega è ora presente in tutti i distretti principali, con l’eccezione di Bragança.
Montenegro si appella al senso dello Stato delle opposizioni, ma difficilmente troverà una sponda in Chega. Il suo messaggio si rivolge soprattutto ai socialisti, terremotati da questo voto e costretti ora a scegliere un nuovo leadUn
sottile gioco di equilibrismi attende il Portogallo per garantire la governabilità. Il Presidente della Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa, agli sgoccioli del suo mandato, inizierà nella giornata di oggi il giro delle consultazioni.
Il Portogallo ha scelto la destra, andando persino oltre il resto d’Europa con due partiti forti: i socialdemocratici e Chega. Due terzi del paese sono nelle mani dei conservatori e degli estremisti: un oltraggio a quel 25 aprile 1974 che fece cadere la dittatura e aprì le porte alla democrazia.
(da agenzie).
argomento: Politica | Commenta »