C’È POCO DA GIOIRE PER I DATI SULL’OCCUPAZIONE IN ITALIA: I LAVORATORI CRESCONO, MA SONO PRECARI E SOTTOPAGATI: SOLO DUE NUOVI ASSUNTI SU DIECI È A TEMPO INDETERMINATO: I RESTANTI VANNO A INGROSSARE LE FILE DEL PRECARIATO, CHE RAGGIUNGE UN TASSO RECORD DEL 75,7
LE CESSAZIONI AVVENGONO PER LO PIÙ PER SCADENZA NATURALE DEL CONTRATTO (53,3%), MA ANCHE PER DIMISSIONI VOLONTARIE (IL 31,1%): MOLTI LAVORATORI PREFERISCONO L’INCERTEZZA DI UN SALTO NEL BUIO CHE ESSERE IMPIEGATI A CONDIZIONI INDECOROSE
In Italia il mondo del lavoro alle dipendenze non è solo precario ma anche troppo mobile: si entra e si esce con grande rapidità alimentando l’insicurezza e rendendo vana la possibilità di crescere professionalmente.
Nonostante sia innegabile che cresce l’occupazione (nel primo trimestre del 2025 il tasso di occupazione è salito al 62,7% – +0,4 punti – mentre il tasso di disoccupazione è invariato al 6,1% e il tasso di inattività scende al 33,1% perdendo 0,4 punti), restano tutti i punti dolenti legati all’instabilità degli impieghi, a partire dai troppi contratti brevi, anche solo di pochi giorni, legati soprattutto al settori del commercio e del turismo, che vanno a ingrossare i dati.
Guardando al saldo tra assunzioni e cessazioni, nell’arco dei primi tre mesi del 2025 l’88,8% dei 15-29enni non è più in servizio per scadenza del contratto e per dimissioni. Nella stessa condizione si trova l’83,8% del 30-50enni e il 79,2% degli ultracinquantenni.
Solo due su dieci arrivano al traguardo di un posto fisso: tutte indicazioni che emergono dalla lettura dei dati dell’Osservatorio sul mercato del lavoro dell’Inps sulle assunzioni e sulle cessazioni di personale alle dipendenze in Italia tra gennaio e marzo 2025.
In Italia, in questi mesi sono stati assunti alle dipendenze 1.844.019 persone. Il 40,2% dei neo assunti sono donne; il 28,5% di nazionalità straniera. Il 33,9% ha meno di 29 anni. La
quota dei 30-50enni è la più numerosa (44,3%) mentre gli ultra cinquantenni sono il 21,7%. Nello stesso arco di tempo il 75,7% dei neo dipendenti è stati assunto con contratti precari o se si preferisce instabili.
Nell’arco di 10 anni il tasso di precarietà è salito dal 68,1% al 75,7%. A livello territoriale si va da un minimo del 72,8% nel Nord Ovest ad un massimo del 79,6% nelle Isole. Per quanto riguarda le cessazioni dei rapporti di lavoro alle dipendenze, ne sono state registrate 1.493.970.
L’osservatorio fornisce informazioni interessanti e poco conosciute sui motivi delle cessazioni. «Navigando nella Banca Dati – sottolinea l’economista Mauro Zangola che ha curato il confronto – si scopre che nel nostro Paese nei primi 3 mesi di quest’anno il 53,3% delle cessazioni si è verificato per scadenza del contratto; il 31,1% per dimissioni; il restante 15,6% per motivi di natura economica (la crisi dell’azienda vale nell’8,5% dei casi), per motivi disciplinari (3,3%) per recesso consensuale (9,7%) e per altri motivi (3,1%)».
La quota di cessazioni dovuta a dimissioni è più alta tra i 30-50enni (33,0%). Quella generata da scadenza del contratto coinvolge il 60,6% dei giovani, il 50,8% dei 30-50enni e il 47,6% degli ultra 50enni.
Sommando per ciascuna classe di età le percentuali di cessazioni dovute a scadenza del contratto e a dimissioni si scopre, appunto, che alla fine dei 3 mesi del 2025 l’88,8% dei 15-29enni non è più in servizio. Nella stessa condizione si trova l’83,6% dei 30-50enni e il 79,2% degli ultra 50enni.
Negli ultimi 10 anni, tra il 2014 e il 2024, la quota di cessazioni dovuta a dimissioni è cresciuta dal 22,5% al 27,1% con una punta del 28,9% nel 2021 mentre quella per scadenza del contratto è cresciuta in modo costante dal 51,2% al 58,8%. Per effetto di questi andamenti la quota dei lavoratori non più in servizio nell’arco dell’anno è salita in modo costante dal 73,7% del 2014 al all’85,9% del 2024.
«Sottraendo dal numero delle assunzioni da quello delle cessazioni si ottiene un valore indicativo dei nuovi posti di lavoro creati nel periodo preso in esame. Facendo questo calcolo emerge che in Italia nei primi 3 mesi di quest’anno sono stati creati 350.049 nuovi posti di lavoro, poco meno del 20% degli assunti» aggiunge Zangola. Un problema, quello della precarietà su cui insistono molto i sindacati.
«L’occupazione cresce ma il tema è la qualità del lavoro. Lo stesso Istat dice che ci sono milioni di ragazzi disoccupati, che hanno un contratto a tempo determinato o sono costretti a part time involontari che impediscono di programmare la propria vita. Oggi queste persone sono fantasmi. Se non hanno una busta paga a tempo indeterminato – ha sottolineato in più occasioni il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri – non possono costruirsi un futuro».
(da agenzie)
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