CENTRI IN ALBANIA, I NODI ALLA FINE VENGONO AL PETTINE
LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPA POTREBBE DICHIARARE NULLO IL PROTOCOLLO D’INTESA
Tra involtini di spigola e fragoline di bosco, circondati da una nutrita schiera di ministri, Edi Rama e Giorgia Meloni hanno siglato una serie di accordi bilaterali a Villa Pamphilj. Cultura, cybersicurezza, narcotraffico e un sacco di altre materie sulle quali non ci dilungheremo (16 in tutto) perché il centro di tutto erano, sono e saranno gli ormai famigerati centri per i migranti a Shengjin e Gjadër, al di là dell’Adriatico, costati quasi 700 milioni di euro più altri 70 previsti dalla nuova Finanziaria. Giorgia Meloni abbassa la voce ma non cambia i verbi a un anno di distanza da quella minacciosa cantilena di Atreju, sillabata con toni da balcone di Piazza Venezia: funzionare e funzioneranno. Sostiene la premier che quando entrerà in vigore il nuovo Patto Ue su migrazione e asilo, i centri “funzioneranno come dovevano dall’inizio. Avremo perso due anni per finire esattamente com’era all’inizio”. La responsabilità, te pareva, “non è mia, ciascuno si assumerà le sue” (attenti magistrati). E, sempre rivolta alle toghe, spiega: “Molti hanno lavorato per frenare o bloccare il progetto, ma noi siamo determinati ad andare avanti”. Il tempo non è servito a nulla, e nemmeno l’ossessiva modifica della materia a colpi di decreti: nei due dispendiosi centri ci sono una ventina di migranti, a dispetto delle magniloquenti cifre che snocciolavano all’indomani dell’intesa (tremila al mese).
Dopo questo show condito dalle solite lusinghe del premier albanese, due notizie in apparenza piccole mettono in dubbio le
certezze della premier. Il 5 novembre la Corte d’Appello di Roma ha firmato un’ordinanza di rinvio alla Corte di Giustizia Ue che chiede lumi sulla competenza dell’Italia a siglare accordi come quello con Tirana.
I giudici romani domandano se – tenuto conto del Trattato dell’Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, “in base ai quali l’Ue ha competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione può incidere su norme comuni o modificarne la portata” – l’intesa Italia-Albania sia stata legittimamente siglata: se la Corte darà ancora ragione ai giudici italiani, il Protocollo sarà nullo.
C’è poi un altro ricorso che invece riguarda la competenza delle Corti d’Appello a decidere in prima istanza sui richiedenti asilo. Come si sa, il governo ha fatto di tutto per aggirare le ordinanze dei Tribunali che avevano disapplicato i decreti “Cutro” e “Paesi sicuri” (confortati anche da una sentenza della Corte di Giustizia europea dell’agosto scorso): uno dei tanti decreti aveva spostato la competenza dai Tribunali (che giudicano in primo grado) alle Corti d’Appello (che giudicano in secondo grado). Ora la Corte d’Appello di Lecce si rivolge alla Consulta perché i migranti oggetto dei provvedimenti non possono impugnare la decisione davanti a un giudice d’Appello, quindi a un giudice di merito, ma solo davanti alla Cassazione, quindi solo per motivi di legittimità formale.
Il diritto alla difesa – che sappiamo essere molto importante per Fratelli d’Italia e parenti vari – risulta “compresso” in maniera “irragionevole”. L’impugnazione è possibile in tempi “estremamente ridotti”, cinque giorni, e appunto “solo per
violazione di legge”.
Tutto questo – dicono giornalisti e commentatori – è troppo tecnico e complicato da capire per i cittadini. Si può riassumere in una semplice frase: questo governo non riconosce l’autorità giudiziaria quando intralcia le sue decisioni e prova ad aggirare le decisioni della magistratura, che applica le leggi fatte dal Parlamento, con decreti che non hanno mai i requisiti straordinari di urgenza e necessità prescritti dalla Costituzione. Ma visto che nemmeno le forzature funzionano, arrivano le varie riforme per imbrigliare la magistratura: e addio Stato di diritto. Più semplice di così…
(da ilfattoquotidiano.it)
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