“CON LE MIE NOTIZIE FALSE HO FATTO VINCERE TRUMP”: PAUL HORNER E’ ANCHE L’AUTORE DEL FALSO SUI MANIFESTANTI ANTI-TRUMP PAGATI 3.500 DOLLARI
IL NETWORK SPECIALIZZATO NEL DIFFONDERE NOTIZIE FALSE… IL WASHINGTON POST HA SCOPERTO CHE UNO DEI PRINCIPALI AUTORI DI FAKE NEWS LO FACEVA PER DENARO
In questi primi dieci giorni trascorsi dalla vittoria di Donald Trump alle Presidenziali USA in molti hanno cercato di capire come mai Trump è riuscito a sconfiggere Hillary Clinton e perchè ben pochi analisti lo avevano previsto.
Tutto questo analizzare, verificare, certificare si traduce nella ricerca di uno o più colpevoli e per il momento ne sono stati individuati due, entrambi decisamente molto consolatori per gli elettori del Partito Democratico.
Da una parte c’è il solito discorso sull’ignoranza (e il razzismo) dell’elettore di Trump, dall’altra il dibattito sulle responsibilità dei social network (se non dell’intera Internet) nella diffusione di notizie false che sono state utilizzate per alimentare il motore della campagna elettorale di Trump.
In tutti e due i casi grazie a queste due spiegazioni quelli che non hanno votato per il candidato repubblicano, o coloro che all’estero non si riconoscono nelle sue posizioni, possono tirare un sospiro di sollievo perchè qualcuno (giornalisti, esperti di Internet e trolling) hanno certificato la loro superiorità morale (e intellettuale) rispetto agli elettori e simpatizzanti di Trump che non solo sono razzisti ma nemmeno sono in grado di riconoscere il vero dal falso.
Inoltre il fatto che la responsabilità venga addossata ad quell’entità misteriosa che è l’Internet (o malvagia, come ad esempio è Facebook) contribuisce a farci sentire migliori — perchè l’uomo deve essere per forza superiore alla macchina — e impotenti al tempo stesso.
Per la serie, che ne sarà di noi ora che grazie a Facebook possono essere elette persone come Donald Trump?
Sembra sfuggire ai più — quelli che per spiegarci come funziona la macchina infernale propaganda parlano di “plebe” e citano direttamente Goebbels — che persone come Donald Trump sono state elette anche senza l’aiuto dei social network.
Fra qualche tempo forse potremo guardare con più distacco questa elezione americana e accorgerci che Trump non aveva bisogno della Rete per mentire o per inventare storie fantasiose, lo faceva già benissimo da solo perchè il suo obiettivo non era dire le cose come stanno o come avrebbero potuto essere ma intrattenere il pubblico.
In tutto questo i social network non hanno fatto altro che amplificare a dismisura (nel senso che evidentemente non siamo stati in grado di coglierne la portata) il suo messaggio.
Si è parlato molto dell’armata di troll (anche qui si ricorre ad un termine che evoca malvagità ) che ha consentito a Trump di stabilire il suo dominio sull’Internet, e qualcuno si è spinto anche più in là nello spiegarci che hacker e altri oscuri soggetti del cyberspazio erano direttamente al soldo di Trump proprio con lo scopo di inventare, pubblicare e diffondere notizie false e contenuti virali.
Se pensiamo che poco più di 15 anni fa George W. Bush è riuscito a farsi eleggere “solo” con l’aiuto di Fox News viene da sorridere.
Anche in Italia a quanto pare esiste una centrale della propaganda del genere, almeno è quello che si evince dall’inchiesta giornalistica condotta da Jacopo Iacoboni per La Stampa che ha sostenuto di aver trovato nell’account Twitter di una certa Beatrice Di Maio la prova che la Struttura Delta della Casaleggio Associati utilizza degli account per fare propaganda su Twitter.
È interessante notare che l’esistenza della Struttura Delta, una sorta di “staff dello Staff” è stata rivelata a Iacoboni da un ex Casaleggio, Marco Canestrari.
Forse anche su quello ci sarebbe da indagare, magari come ha fatto il Washington Post che è andato ad intervistare Paul Horner, la persona che sta dietro molte delle fake news virali che hanno messo benzina nel motore della campagna elettorale di Trump.
Horner, che da una vita si occupa di scrivere, pubblicare e diffondere notizie false non lavorava per il Comitato elettorale del Presidente anzi nell’intervista concessa al Washington Post rivela che il suo intento, nel pubblicare notizie come quella degli Amish che annunciano di voler votare per Trump e soprattutto quella dei manifestanti anti Trump pagati 3.500 dollari per andare a protestare fuori dai comizi del candidato repubblicano, era esattamente l’opposto.
O meglio, lo scopo principale era quello di farci un sacco di soldi, perchè Horner si è accorto che quel genere di notizie che strizzano l’occhio all’elettorato repubblicano gli consentiva di incassare parecchio denaro tramite Google Adsense.
Una storia simile l’abbiamo avuta anche da noi con il sito anti immigrati Senzacensura.eu.
Horner però è decisamente più metodico: ad esempio per la storia dei manifestanti pagati, che è stata ripresa anche dall’Huffington Post, ha pubblicato un finto annuncio su Craiglist per fornire la “prova” che la notizia era vera e poi l’ha pubblicata su un sito di sua proprietà la cui veste grafica rispecchia quella dell’ABC News per renderla più autorevole.
Ma perchè proprio quel genere di notizia?
Paul Horner sostiene di aver semplicemente colto l’opportunità che si stava presentando: la voce che circolava tra i sostenitori di Trump era quella che i manifestanti anti-Trump fossero pagati, quindi il “terreno” per così dire era già fertile e pronto a credere in quella notizia.
Quante volte in Italia abbiamo sentito la storia del partito o del sindacato che carica sulla corriera i manifestanti offrendo loro panini e da bere e pagando il viaggio in modo da portare più gente in piazza?
Horner non è un politico, non è un agente disturbatore pagato dal Partito Repubblicano: è un uomo d’affari, un impresario delle notizie false del Web che agisce solo per il profitto. Ha visto l’esistenza di un mercato decisamente ampio, composto a suo dire da persone che non fanno “fact checking” e che condividono e cliccano qualsiasi notizia che confermi quello che già pensano o già sono disposti a credere, un fenomeno noto fin dagli Anni Sessanta con il nome di Confirmation Bias.
Non servono raffinate ricerche per scoprirlo: è lo stesso metodo utilizzato da Donald Trump nei suoi comizi (diversi giornali si sono dedicati al fact checking delle sue affermazioni, smascherando le numerose menzogne).
Funziona nel mondo “reale” e perchè non dovrebbe funzionare anche in quello “virtuale”?
Sono le persone, non le reti, a credere alle notizie false o alle bufale. La storia di Horner dimostra che le motivazioni che spingono i creatori di fake news a pubblicarle solo in parte coincidono con gli interessi di gruppi politici o “Strutture” che magari semplicemente sfruttano quello che c’è già .
Ad esempio la storia dei manifestanti pagati era stata condivisa anche da Corey Lewandowski che all’epoca era il manager della campagna di Trump.
Sì ma c’è sempre il fact checking, diranno i più intelligenti.
Molti lettori (e commentatori addirittura) si limitano a leggere il titolo di un articolo. Il lettore che “fa il fact checking” delle notizie semplicemente non esiste (e spesso nemmeno il giornalista lo fa).
(da “NextQuotidiano“)
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