CONTE E DI MAIO, LA PAURA DI ESSERE ROTTAMATI
GIRANDOLA DI TELEFONATE PER ATTUTIRE IL COLPO …E DI MAIO SENTE RENZI
La preoccupazione corre sul filo. Quello invisibile della girandola di telefonate, che ha intasato nelle ultime ore gli smartphone dei leader. Matteo Renzi ha chiamato lunedì sera prima Giuseppe Conte e poi Luigi Di Maio. “Io rompo con il Pd, ma sostengo il governo”, il messaggio recapitato a premier e capo politico M5s.
Il presidente del Consiglio non l’ha presa affatto bene. Ripetutamente i due esponenti 5 stelle si sono sentiti al telefono, anche per tutto il corso della giornata di martedì, per valutare il da farsi.
Serve una contromossa per sminare subito il terreno, la riflessione fatta tra i due.
Per il corso di tutta la giornata si è valutata l’ipotesi di convocare a strettissimo giro un vertice di maggioranza. Poi lo stop. “Avrebbe drammatizzato eccessivamente la situazione”, spiega una fonte dei vertici pentastellati. È solo un rinvio.
Perchè un punto collegiale con il pentapartito di ritorno che sostiene Conte (M5s, Pd, Leu, Italia viva e Maie) lo si farà , ma dopo la formalizzazione dei gruppi dell’ex rottamatore, attesa tra venerdì e sabato.
Intanto Montecitorio ribolle. “Se pensano di voler terremotare il governo dicendo ogni secondo che sono l’ago della bilancia arrivederci e grazie”. Un esponente dei vertici del Movimento 5 stelle tira una robusta linea rossa di confine tra quel che l’azionista di maggioranza del governo permetterà o non permetterà di fare agli scissionisti renziani. Ecco che poco più in là ne arriva uno solcando il Transatlantico: “Ora ci divertiremo. Sulla Tav che facciamo? E sulle trivelle? E sul jobs act? Daremo battaglia”.
Ride sornione. Fino al punto di far cadere il governo? Prende tempo, fa roteare le mani in aria: “No dai, fino a lì no. Adesso”.
Il giorno dopo la scissione (ma non chiamatela così, si affannano a dire gli interessati, è una nuova casa della bella politica) alla Camera dei deputati non si parla d’altro. L’onda arriva da Palazzo Chigi. Fonti vicine a Conte spiegano che, quando nella serata di lunedì Renzi ha informato delle proprie intenzioni il presidente del Consiglio, il premier abbia “espresso le proprie perplessità su una iniziativa che introduce negli equilibri parlamentari elementi di novità , non anticipati al momento della formazione del governo”.
“Nessuna rabbia, nessuna irritazione”, assicurano da Palazzo Chigi. Solo una forma di rispetto delle istituzioni, un garbo nei confronti del nuovo esecutivo che stava nascendo, il cui garante, come ama definirsi Conte, meritava di sapere l’articolazione esatta
Luigi Di Maio non commenta. O meglio, commenta dicendo di non voler commentare. “Più gli diamo spazio — il ragionamento fatto con i suoi — più facciamo il suo gioco”. Ecco allora che le chat dei comunicatori di Nicola Zingaretti sfornano un profluvio di dichiarazioni contro la scissione, minimizzanti i numeri, stigmatizzanti gli intenti.
Un profluvio di messaggi senza soluzione di continuità lungo tutto il corso della giornata. Mentre i 5 stelle quasi tacciono, di fronte a un fatto che nel bene o nel male cambia sensibilmente la natura del governo sul quale tanto hanno lavorato.
Quando Renzi spiega a Porta a Porta di aver chiamato il leader pentastellato la sua comunicazione trasecola. Tanto che in serata Di Maio è stato costretto a chiarire davanti ai suoi parlamentari: “Ieri sera mi ha chiamato Renzi. Mi ha informato di questa scissione. A Renzi ho detto che di ‘Matteo’ che ogni giorno creava tensioni nel Governo ne abbiamo già avuto uno. Ne abbiamo abbastanza. Una cosa è certa: io non tollererò tensioni di alcun tipo. Bisogna lavorare solo per gli italiani”.
È maturata una convinzione. Nel breve periodo la mossa di Renzi non sarà un problema, anzi.
“Un Pd più debole ci porta più forti ai tavoli delle concertazioni politiche”, è il ragionamento che si fa, “lo hai visto Beppe?”. È Grillo, che sul suo blog riserva quello che tutto sommato è un buffetto al senatore semplice di Rignano, definendo la sua rottura una “minchiata d’impulso”.
Tutto sommato la rottura è avvenuta nel momento di massima forza del governo, non mettendone a repentaglio la nascita nè terremotandolo su una scelta discussa o controversa.
È nel medio periodo che le preoccupazioni, vere, prendono corpo. Le chat interne dei parlamentari 5 stelle ribollono. “Come spieghiamo ai nostri quando faremo la capigruppo con la Boschi o i vertici con Renzi?”.
Un conto per gran parte della base era un patto con il “diavolo mite” Zingaretti, un altro è sedere sulle poltrone di ministri e sottosegretari che vivono grazie alla benevolenza dell’uomo più avversato nella storia recente del grillismo, che da tempo nella narrazione del vaffa ha soppiantato l’arcinemico Silvio Berlusconi
La base non l’ha presa bene, forse pure peggio di come si è schierata sulla famigerata giravolta pur benedetta dall’80% dei click di Rousseau.
“Come fate ad accettare l’appoggio al governo di Renzi ed accoliti e dal Pd? — si legge in un commento sul Blog delle stelle – Viene da chiedersi, ma è veramente un’alleanza per le poltrone, chiunque appoggia il governo per voi va bene? Che delusione”.
“Tuo padre non avrebbe mai approvato, il mio percorso con voi finisce qui” rincara la dose un elettore sotto un post con un intervento di Davide Casaleggio. Di Maio sa che la scelta del fu rottamatore è foriera di oscuri presagi sull’alba della cosa giallorossa. Lo sa e per ora tace.
(da “Huffingtonpost“)
Leave a Reply