CONTE SI GIOCA L’ULTIMA CARTA
DOMATTINA AL QUIRINALE SPERANDO DI FORMARE UN NUOVO GOVERNO… COSA SI STA MUOVENDO
Prova l’ultima spericolata mossa che lo mantenga in sella. Giuseppe Conte domani mattina riunirà alle 9 il Consiglio dei ministri e comunicherà l’intenzione di dimettersi. Poi salirà al Quirinale.
Quel che succederà quando il premier dimissionario uscirà dal portone del Colle è nelle mani di Sergio Mattarella, ma la mossa del premier nei suoi piani è funzionale a una crisi lampo e un reincarico, dalla quale uscire con una nuova maggioranza di governo.
“È convinto di avere in mano una pattuglia di senatori di area centrodestra”, spiega a sera una fonte dell’esecutivo.
L’intento è chiaro: certificare un passaggio formale a un nuovo governo che marchi la discontinuità con la maggioranza giallorossa, costruire in fretta un nuovo programma e una nuova squadra, e risalire al Quirinale per un nuovo mandato.
I margini sono strettissimi. Se è vero che proprio sulla discontinuità e l’apertura di una strada verso un Conte-Ter è stata la richiesta di molti degli interlocutori annoverati tra i possibili responsabili, è anche vero che fino ad adesso la caccia non ha dato alcun frutto.
Il premier confida nell’effetto attrattivo che confida la mossa possa avere.
Le voci di un drappello di senatori disponibili a Palazzo si rincorrono senza sosta, chi ne accredita quattro, chi otto, chi si spinge fino a undici.
L’ideale per il premier sarebbe quello di chiudere la partita in 24, 48 ore al massimo, un gruppo omogeneo che gli consenta di risalire al Quirinale con una maggioranza non posticcia e avendo sostituito Matteo Renzi al governo.
Una strada rischiosa, perchè il capo del Governo sa che le possibilità di non rimettere piede a Palazzo Chigi sono concrete. Ma è anche l’unica chance che ha per non venire travolto dal voto previsto al Senato sulle comunicazioni di Alfonso Bonafede, che ne avrebbe definitivamente azzoppato le velleità di sostituire, per la seconda volta, se stesso.
La decisione è stata tormentata. Il premier non avrebbe voluto arrivare a tale passo, perchè sa che dal momento in cui rimetterà l’incarico nelle mani di Mattarella non dipenderà più da lui il timing e il tentativo di ricomposizione della crisi.
Ma il pressing del Pd e di ampia parte del Movimento 5 stelle, e le richieste in tal senso da parte di molti fra i responsabili, senza i quali il voto sul Guardasigilli sarebbe stato letale (voto che, a seguito delle dimissioni, non si terrà ) l’hanno portato verso una decisione che l’insuccesso della campagna di reclutamento ha reso obbligato.
La mossa è studiata nei minimi dettagli. Fin dal mattino trapelano spifferi su una salita serale al Colle, l’entourage del presidente del Consiglio non si dimette, dai partiti di maggioranza parte una batteria di dichiarazioni in sua difesa che coinvolgono tutti i leader (Zingaretti, Crimi, Speranza).
Alle 19.20 gli spifferi vengono azzerati da una nota ufficiale: ”È convocato per domani mattina alle ore 9 il Consiglio dei ministri nel corso del quale il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, comunicherà ai ministri la volontà di recarsi al Quirinale per rassegnare le sue dimissioni. A seguire, il presidente Conte si recherà dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella”. È il segnale di discontinuità che i responsabili chiedevano, l’ultimo appello per cercare di far quadrare il cerchio.
“Conte passerà tutta la notte a gestire in prima persona le trattative”, spiega un esponente del governo. I contatti tra il premier e Gianni Letta non sono un segreto, un filo rosso che in questi giorni non si è mai interrotto.
Nella lista da spuntare figurano almeno due dei tre senatori dell’Udc, Binetti e Saccone, mentre sul terzo, De Poli, non si coltiverebbero speranze.
Poi i tre esponenti di Cambiamo, Romani, Quagliariello e Berutti, ai quali si unirebbero almeno cinque o sei azzurri, portando il conto a quei dieci/dodici elementi che sono fondamentali per l’operazione.
Nella migliore delle ipotesi, Conte punta a chiudere le trattative prima di salire al Quirinale, per presentare al presidente della Repubblica un quadro già delineatosi in suo favore.
Ma basta che uno delle tessere dell’azzardo salti, per far crollare il piano e aprire una terra incognita fatta di consultazioni e manovre dei partiti. Un terreno dove giocherebbe la sua partita anche Matteo Renzi, al quale oggi Zingaretti ancora una volta chiude la porta, intestandogli la responsabilità della crisi. Ma sono molti nel Pd a non voler legare il destino del governo e della legislatura alla figura del premier, e una sua sostituzione in ragione della ricucitura con l’ex rottamatore è un elemento ricorrente nei conciliaboli dei parlamentari Dem.
L’ultima carta è quella più rischiosa per Conte, al quale arrivano anche dagli ambienti a lui più affini frecciate piene di rancore: “È una crisi iniziata due mesi fa – dice un parlamentare M5s – È vero che Renzi ha fatto uno strappo senza senso, ma è anche vero che da dicembre Conte non ha fatto nulla per fermarla, si è rinchiuso nel solito immobilismo”. Nel tardo pomeriggio si riuniscono ministri e sottosegretari pentastellati, fanno il punto sulla situazione, squadernano il piano di Conte, ancora appeso ai responsabili. Uno di loro sibila: “Così comunque non arriviamo a fine legislatura”. Ma per Conte e per la sua maggioranza sarebbe già tanto capire come si arriverà a domani sera.
(da “Huffingtonpost”)
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