CONTINUANO LE ESPLOSIONI NELLA REGIONE DI BELGORAD, IN RUSSIA
GLI UCRAINI NON RIVENDICANO, MA SOSTENGONO SIA IL “KARMA”
Il fronte «segreto» della guerra continua a bruciare. Dopo i ripetuti episodi avvenuti fra aprile e maggio, quando erano stati colpiti fra le altre cose un deposito petrolifero della Rosneft e alcune installazioni militari, la regione russa di Belgorod si ritrova di nuovo al centro del conflitto, una guerra di ombre in cui a volte il colpevole è invisibile come un fantasma, altre reale come un raid militare. Importante polo logistico per l’Armata al confine ucraino, la regione è stata colpita ieri da nuove esplosioni che le agenzie di stampa moscovite hanno rapidamente attribuito a raffiche di missili ucraini.
Non meno rilevante quanto avvenuto sempre sabato: una sparatoria in un poligono della zona, con 11 morti e 15 feriti. Secondo fonti ufficiali due elementi, originari di una ex repubblica sovietica, hanno aperto il fuoco su un gruppo di riservisti e sono stati poi stati neutralizzati dal tiro di risposta. La Tass ha parlato di «azione terroristica» da parte di infiltrati mentre un’altra ricostruzione aveva ipotizzato l’azione di una coppia di soldati. In ogni caso un evento drammatico che conferma l’insicurezza del settore, segnato da colpi reali e avvolto dalla «nebbia di guerra».
Gli attacchi — come sempre non rivendicati da Kiev — avrebbero causato morti e feriti in tutta la regione, centrando una linea ferroviaria nei pressi di Novyi Oskol, a un centinaio di chilometri dal confine, che è stata sospesa per tutta la giornata, e un deposito di munizioni a Oktyabrsky, a 8 chilometri dalla frontiera ucraina.
«Le linee elettriche sono state danneggiate, i treni temporaneamente sospesi», ha comunicato via Telegram il governatore regionale di Belgorod Vyacheslav Gladkov.
Le autorità russe sostengono che i missili siano stati sparati da oltre confine, lasciando intendere l’uso di artiglieria a lungo raggio o dei missili Tochka di cui gli ucraini hanno tuttavia disponibilità limitata, ma anche dei droni kamikaze. Almeno un missile, sostiene inoltre il governatore Gladkov, sarebbe stato abbattuto dalle difese aeree.
Altre esplosioni si sarebbero verificate nella tarda serata di ieri, una particolarmente forte alla centrale termica Luch che, secondo testimonianze non confermate dai media russi, avrebbe lasciato al buio parte della regione.
Una serie di incendi ed esplosioni apparentemente «inspiegabili» si susseguono però da giorni: soltanto venerdì, Gladkov aveva accusato gli ucraini di aver colpito un condominio di 16 piani nella città di Belgorod, a 39 chilometri dal confine, senza tuttavia causare vittime. Secondo le autorità ucraine, invece, quell’esplosione sarebbe stata dovuta a un missile russo fuori controllo.
«I russi hanno lanciato un missile verso Kharkiv, ma qualcosa non ha funzionato e ha colpito un condominio di Belgorod», ha affermato su Twitter il più fidato consigliere del presidente Zelensky, Mykhailo Podolyak. «Ci sarà un’inchiesta, o una condanna? No, a Putin non importa se uccide ucraini o russi. La propaganda troverà rapidamente una finta spiegazione».
Questa dichiarazione segue le impronte di quelle rilasciate nel tempo dai funzionari ucraini, che non hanno mai confermato le proprie responsabilità appellandosi invece al «karma» per spiegare i tanti incidenti oltre confine.
Nel tempo, video e testimonianze hanno tuttavia confermato che diversi attacchi sarebbero avvenuti con droni kamikaze, con missioni dietro le linee affidate alle forze speciali e con elicotteri d’assalto Mi-24, che volando a bassa quota hanno centrato gli obiettivi e sono rientrati.
Nel tempo sono stati danneggiati basi militari, villaggi, depositi di munizioni o petroliferi, ponti, linee ferroviarie, infrastrutture: Mosca ha reagito in modo diverso a seconda delle situazioni, a volte ha incassato il colpo, altre ha accusato il nemico, altre ancora ha negato o ha ipotizzato la casualità.
(da agenzie)
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