COSA NON TORNA NELLA RISPOSTA DEL GOVERNO SULL’INFILTRAZIONE DELLA POLIZIA IN POTERE AL POPOLO
TUTTE LE INCREDIBILI INCONGRUENZE DELLA VERSIONE DEL GOVERNO
Il governo ha risposto alla prima delle tre interrogazioni parlamentari presentate dalle opposizioni sul caso dell’infiltrazione di agenti dell’antiterrorismo nelle fila di Potere al popolo, venuta fuori grazie all’inchiesta di Fanpage.it. L’infiltrazione è stata prima smentita, poi ammessa, poi ancora una volta smentita, dal sottosegretario agli interni Emanuele Prisco, di Fratelli d’Italia che ha risposto in aula all’interrogazione della 5 stelle Gilda Sportiello. In un primo momento il Ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, si era detto pronto a rispondere in aula del caso, ma alla fine ha deciso
di inviare il sottosegretario Prisco, che tra le sue deleghe annovera il dipartimento dei vigili del fuoco, il soccorso pubblico e la difesa civile.
La versione del governo: la confusione tra partito e collettivo
“Nessuna operazione sotto copertura, nessuna infiltrazione in partiti e movimenti politici, ma soltanto l’adempimento dei propri compiti istituzionali nel pieno rispetto della legge” è questa la sostanza dell’intervento di Prisco alla Camera. Un discorso che è sembrato alquanto articolato, tanto da risultare davvero poco chiaro nei concetti espressi in più di una occasione. L’operazione c’è stata, questo lo ammette anche il sottosegretario, ma sostiene poi che sia del tutto legittima, tracciandone i contorni però in modo abbastanza discutibile.
In primo luogo è dunque un dato di fatto che si è trattato di agenti di polizia della direzione centrale dell’antiterrorismo, che hanno frequentato Potere al Popolo a Milano, Bologna e Napoli per diversi mesi, regolarmente in servizio mentre partecipavano a manifestazioni, assemblee, riunioni, attacchinaggi. L’operazione c’è stata ma, dice Prisco, si tratta di “attività ordinarie per le forze di polizia che sono sempre state svolte anche in passato e rispettose dell’ordinamento vigente”. Con questo il sottosegretario agli Interni vuole dire che da sempre vengono infiltrati i partiti nel nostro paese? Si tratterebbe di una affermazione gravissima per una figura politica che lavora al Viminale con ruoli di responsabilità, tanto da doverne chiedere i dettagli di tutte le operazioni passate.
Il sottosegretario specifica però che si tratta di “movimenti studenteschi” ed in tutto il suo intervento non nomina mai la parola “partito”. Il riferimento è al fatto che i giovani agenti
dell’antiterrorismo, tutti nati nel 2004, avevano iniziato la loro attività nelle fila di Cambiare rotta, che è si un collettivo studentesco, ma è anche sostanzialmente la giovanile di Potere al popolo. Una sorta di costola del partito, come i gli stessi attivisti hanno specificato in più occasioni. Prisco omette anche alcune circostanze ben evidenti che abbiamo mostrato nelle nostre inchieste: innanzitutto che alcuni di loro, come il poliziotto infiltrato a Napoli, hanno preso parte all’assemblea nazionale di Potere al popolo a Roma, un momento di discussione interna del partito. Inoltre tutti gli agenti infiltrati hanno preso parte a manifestazioni indette direttamente da Potere al popolo, come quella a Bologna del 26 maggio scorso. Per giunta, esattamente il giorno in cui Fanpage.it aveva dato notizia del primo agente infiltrato a Napoli. In quella manifestazione, come vi abbiamo mostrato nei video, proprio mentre si parlava dal megafono del caso dell’infiltrato a Napoli, l’altro infiltrato, quello che era operativo a Bologna, era dietro lo striscione di Potere al popolo.
Insomma, si parla di collettivi studenteschi solo per confondere, omettendo volutamente che Cambiare rotta e Potere al popolo hanno un rapporto di simbiosi.
L’incredibile versione sulla “non infiltrazione”
Nel suo intervento il sottosegretario Prisco prova a smontare l’idea dell’infiltrazione, questo nonostante il caso abbia come protagonisti 5 poliziotti che dipendevano dallo stesso ufficio, la Direzione Centrale della polizia di prevenzione, e che avevano addirittura svolto lo stesso corso allievi, il 223esimo. Per Prisco non si tratta di operazione sotto copertura perché gli agenti hanno usato i loro nomi veri ed erano regolarmente iscritti
all’università. Nel corso della loro frequenza nei corsi avrebbero partecipato a “iniziative pubbliche” e quasi per caso “sono venuti in contatto con organizzazioni studentesche con connotazioni estremistiche che avevano manifestato una crescente aggressività”. Davanti a questi fatti quindi, secondo Prisco, gli agenti sarebbero stati costretti, come recitano le policy di ingaggio, ad informare le autorità competenti inviando segnalazioni.
Sostanzialmente lo scenario che delinea Prisco racconta di 5 poliziotti iscritti a quattro università, tutti dello stesso ufficio, che per puro caso mentre erano all’università si imbattevano in assemblee pubbliche, attacchinaggi, manifestazioni, contestazioni a politici e membri del governo, addirittura in assemblee tenutesi fuori dai contesti universitari. Un’ipotesi che non quadra per diverse ragioni ed è smentita dai fatti.
È stato un caso che i poliziotti infiltrati si siano recati il 30 novembre scorso alla manifestazione nazionale a Roma pro Palestina? Così come quando hanno partecipato all’assemblea nazionale di Potere al popolo. Oppure quando hanno preso parte alle iniziative contro il carovita nella stazione centrale di Milano. E ancora quando hanno tenuto loro stessi in prima persona banchetti di propaganda per le elezioni universitarie. In questa ricostruzione, in cui tutte le attività di questi agenti per ben 6 mesi, sarebbero state del tutto casuali, peraltro si omette una circostanza che abbiamo ben spiegato nella nostra inchiesta. Nessuno dei 5 si era presentato negli ambiti di Potere al popolo come poliziotto, anzi tutti avevano costruito una biografia da studente fuori sede, con tanto di condizioni sociali difficili delle rispettive famiglie. Forse avevano costruito tutti una finta
biografia simile tra di loro per puro caso?
A smentire ulteriormente la tesi del governo su una attività investigativa sostanzialmente casuale dei 5 poliziotti nelle fila di Potere al popolo, ci sono anche diverse circostanze accertate dall’inchiesta di Fanpage.it. Innanzitutto, come testimoniato dagli stessi attivisti di Potere al popolo di Napoli, l‘agente infiltrato nel capoluogo partenopeo partecipava assiduamente alle riunione della Rete S.e.t. per il diritto all’abitare. Una partecipazione assidua, sia alle riunioni, dove interveniva spesso, sia alle iniziative pubbliche.
Tutti gli agenti di polizia dell’antiterrorismo, erano poi inseriti nelle chat di Whatsapp e di Telegram dei singoli nuclei di Milano, Bologna e Napoli, entrando quindi all’interno delle discussioni riservate e non solo quelle pubbliche. Non solo, ma con delle email da loro fornite avevano chiesto di essere inseriti anche nelle mailinglist territoriali. Quindi possiamo ancora pensare che i poliziotti dell’antiterrorismo svolgessero una attività casuale incidentalmente rispetto alla loro frequenza dei corsi universitari? Essere presenti nelle chat interne, e quindi avere la possibilità di spiarle, circostanza confermata dal fatto che secondo Prisco gli agenti avrebbero inviato delle informative, alle autorità competenti, è una attività casuale? Partecipare a riunioni fuori dall’ambito universitario, addirittura con un mandato politico, è configurabile come attività casuale? E se le chat in cui gli agenti erano inserite sono state oggetto di informative di polizia, questa attività era stata autorizzata dalla magistratura?
Le contraddizioni di Prisco: “Era una attività informativa”
Mettendo in fila alcuni passaggi del discorso tenuto dal sottosegretario Prisco in aula, le contraddizioni sembrano proprio esplodere. Nella prima parte del suo intervento dice: “le tensioni internazionali connesse ai conflitti in atto hanno determinato l’incremento delle manifestazioni di protesta, con evidenti riflessi sul piano dell’ordine pubblico e un aumento del rischio di possibili derive violente”. “In questo contesto – ha aggiunto – sono maturati livelli crescenti di conflittualità nelle principali città italiane e in alcune sedi universitarie. In considerazione delle dinamiche e dei connessi rischi evidenziati, la Direzioni centrale della polizia di prevenzione della Polizia di Stato ha ritenuto necessario rafforzare gli strumenti informativi per prevenire turbative per l’ordine e la sicurezza pubblica e la conseguente commissione di condotte criminose”. Prisco quindi ammette che c’era una attività della Direzione centrale della polizia di prevenzione. Subito dopo ci racconta la storia dei poliziotti che “per caso” si sono imbattuti in attività quotidiane di militanza a cui hanno partecipato, compreso le manifestazioni nazionali e le assemblee nazionali, ma, aggiunge Prisco, solo perché si trovavano a frequentare l’università. Insomma prima l’ammissione dell’esistenza di una attività dell’antiterrorismo, poi la storia dei poliziotti che “per caso” per 6 mesi hanno partecipato alle iniziative di Potere al popolo. Ed infine conclude però sul fatto che “nessuna attività di infiltrazione in un partito o in un movimento politico è stata fatta”. Insomma le contraddizioni sono abbastanza evidenti, così come è evidente che al Viminale non hanno guardato con attenzione i materiali che abbiamo pubblicato, dove si documentano le condotte degli agenti infiltrati in maniera precisa e chiara.
Granato (Pap): “La versione del governo offende l’intelligenza
La pezza messa dal governo sembra davvero essere peggiore del buco, e lo scandalo degli infiltrati resta tutto sul tavolo, senza che le spiegazioni del governo siano state credibili e sufficienti. Intanto da una settimana circola sul web e sui social un appello firmato da oltre 1500 tra docenti, artisti ed esponenti della società civile, che chiedono al governo di fare chiarezza e dire la verità sul caso degli infiltrati in Potere al popolo. Tra i firmatari anche il fisico Carlo Rovelli, l’economista Emiliano Brancaccio, Fabrizio Barca del Forum Diseguaglianze Diversità, la scrittrice Porpora Marcasciano, il regista Andrea Segre, l’ex Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, gli europarlamentari Mimmo Lucano e Ilaria Salis, i parlamentari Peppe De Cristofaro e Gianni Cuperlo, Zerocalcare, Vauro e addirittura l’ex parlamentare di Forza Italia, Elio Vito. “Dopo il silenzio e le spiegazioni lasciate trapelare da “fonti qualificate della polizia”, abbiamo la versione ufficiale del Governo” dice a Fanpage.it Giuliano Granato, portavoce nazionale di Potere al popolo. “Devo dire che preferivamo le ricostruzioni che parlavano delle frecce di Cupido che avevano colpito il primo agente smascherato, almeno avevano un che di romantico” commenta. “Qui siamo alla semplice offesa all’intelligenza: hanno sì mandato infiltrati, ma tutto sommato non lo erano per davvero. Erano infiltrati, ma nelle organizzazioni giovanili e studentesche di Potere al Popolo, mica in Potere al Popolo! Partecipavano solo a iniziative pubbliche, ma poi erano a riunioni interne, nelle chat private, nelle mailing-list private, ufficialmente iscritti alla nostra giovanile” sottolinea Granato. “Se perfino Pinocchio alla fine dice la verità, possono farlo pure Meloni, Piantedosi e Mantovano”.
(da Fanpage)
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