DL CARCERE, L’ULTIMO EMENDAMENTO ZANETTIN: “FUORI DI PRIGIONE CHI HA CONDANNE SOTTO I 4 ANNI”
LIBERI TUTTI: IL TESTO MOLTIPLICA PER 8 IL LIMITE DI PENA ENTRO CUI SI GODE DELLA SEMILIBERTA’
Svuotare le celle moltiplicando di otto volte, da sei mesi a quattro anni, il limite di pena entro il quale si può accedere alla semilibertà, includendo anche i residui di condanna ancora da scontare.
È la soluzione proposta da Forza Italia in un emendamento al decreto carceri, il micro-intervento varato dal governo per attenuare il sovraffollamento penitenziario.
In quel provvedimento, approvato dal Consiglio dei ministri a inizio luglio, non ci sono misure capaci di far uscire subito una parte dei detenuti attualmente reclusi nel nostro Paese: in particolare, non c’è l’“indulto mascherato” proposto dal deputato renziano Roberto Giachetti, che con il suo ddl vuol risolvere il problema aumentando i giorni di “sconto di pena per buona condotta”, da 45 a sessanta o addirittura a 75 ogni sei mesi.
Quella soluzione, che aveva convinto una parte della maggioranza, è stata bloccata dalla premier Giorgia Meloni in persona. Così, ora che il testo è arrivato in Commissione Giustizia al Senato per la conversione, i berlusconiani provano un’altra strada, su cui sperano di trovare l’accordo dell’esecutivo e degli alleati di FdI e Lega: un super-potenziamento della semilibertà, la misura alternativa che consente ai condannati di uscire dal carcere durante il giorno per rientrarci la notte.
L’emendamento porta la firma di Pierantonio Zanettin, capogruppo azzurro in Commissione. L’articolo 50 della legge sull’ordinamento penitenziario, che al momento consente di scontare in semilibertà “la pena della reclusione non superiore a sei mesi”, è modificato così: “Possono essere espiate in regime di semilibertà le pene detentive, anche residue, non superiori a quattro anni”, cioè un limite otto volte più alto. Se invece la condanna, inflitta o residua, supera questa soglia, si potrà chiedere la misura alternativa in anticipo rispetto a quanto previsto adesso: basterà aver scontato un terzo della pena e non più la metà, oppure la metà – invece dei due terzi – per i reati più gravi. A decidere sarà sempre il giudice di Sorveglianza, che dovrà valutare i “progressi compiuti nel corso del trattamento” e “le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società”.
Se la modifica passasse, però, è scontato che il numero di detenuti ammessi a trascorrere le giornate fuori dal carcere si gonfierebbe a dismisura. Proprio questo d’altra parte è l’obiettivo di Zanettin, come traspare dalla relazione tecnica alla proposta: “La semilibertà è relegata a misura Cenerentola, pur costituendo il primo passaggio utile dalla detenzione alla libertà. L’elevazione del tetto di pena consente di far rientrare nella misura una fetta non trascurabile di condannati per reati di più modesto allarme sociale”, si legge. Una definizione, quest’ultima, abbastanza discutibile: l’esperienza insegna che nel nostro Paese una condanna a quattro anni si riceve solo per aver commesso delitti piuttosto gravi. Per fare un esempio, l’omicidio colposo è punito con il carcere fino a cinque anni: se l’emendamento passasse, anche con una condanna al massimo della pena, dopo appena 12 mesi si potrebbe accedere alla semilibertà.
Nella relazione si spiega come il senso della norma sia di allineare la disciplina della misura alternativa a quella della messa alla prova, causa di estinzione del reato a cui (dopo la riforma Cartabia) possono accedere gli imputati di delitti puniti non oltre i quattro anni. Secondo Zanettin, non c’è “alcuna ragione che giustifichi la differenziazione” dei due istituti. A ben vedere però la ragione c’è eccome: mentre il limite per la messa alla prova è calcolato sulla pena in astratto, e riguarda soggetti ancora sotto processo, la semilibertà “regala” l’uscita parziale e anticipata dal carcere a condannati definitivi anche per reati molto gravi. Sulla proposta del senatore c’è già l’ok informale del viceministro azzurro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto: perché dal governo arrivi il parere positivo, però, sarà necessario convincere Fratelli d’Italia e nello specifico la premier. Su cui però crescono le pressioni dal mondo del carcere: ieri la garante dei detenuti di Roma Valentina Calderone ha denunciato che nel carcere di Regina Coeli il sovraffollamento è arrivato al 180%, con 1129 presenze contro i 628 posti disponibili. “Il governo si dia una mossa, perché la situazione è insostenibile ed esplosiva”, attacca il leader di +Europa Riccardo Magi.
(da ilfattoquotidiano.it)
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