E ALFANO GIÀ METTE I PALETTI: “GRANDI COSE O SI VOTA”
VENDOLA: “NOI NON CI SAREMO”
Il nuovo governo si deve muovere nel perimetro della vecchia maggioranza. Guai se si sposta a sinistra. Inoltre non deve acquistare un carattere politico.
E infine il terzo paletto: «O si fanno grande cose o per fare piccole cose è meglio andare al voto. Angelino Alfano, ascoltata la relazione di Matteo Renzi alla direzione del Pd, prende atto che il segretario del Pd vuole arrivare a Palazzo Chigi sostenuto «dall’attuale coalizione di governo». Giusto, dice il vicepremier, ma noi vogliamo vedere cosa vuole fare.
E così, dopo il compito di “sentinella delle tasse” adesso Alfano assume un altro impegno: «Se non ci saranno le condizioni politiche per far valere le nostre istanze, se non possiamo essere gli avvocati del grande ceto medio italiano all’interno dell’esecutivo, diremo no alla nascita del nuovo governo che non dovrà essere un governo politico».
Le parole di Renzi sul perimetro dell’esecutivo, infatti, non tranquillizzano il vicepremier. Che mette le mani avanti e lo avverte: «Non siamo disponibili a un governo politico che abbia connotati politici di sinistra e di centrosinistra».
Dunque sono da escludere aperture, anche parziali a Sel.
Tocca a Roberto Formigoni fissare i paletti dell’accordo: in primo luogo, spiega ci vuole «un accordo politico e programmatico alla tedesca, cioè scritto nero su banco».
Un documento che dovrebbe contenere cose da fare. Tipo «eliminazione della legge Fornero, l’abbattimento del cuneo fiscale, la semplificazione normativa sul lavoro, i provvedimenti per la famiglia, l’innovazione».
E quelle da non fare mai: «matrimoni gay, unioni civili e cosi via».
Dunque Alfano vuole aprire una trattativa sul perimetro della maggioranza e sui contenuti.
Ma nel suo partito lo scontro cova sotto la cenere. E i dubbi sono tanti.
Espressi da un anonimo senatore: «È un errore aprire a Renzi. Se il governo poi va bene tra qualche mese siamo belli e scomparsi».
La prova provata del malessere è la frase che si è lasciata sfuggire ieri il ministro Maurizio Lupi ai compagni di partito che esprimevano le loro perplessità : «Sentite, fosse per me questo governo neanche lo farei».
Dichiarazione che davanti ai microfoni diventa: «Io un governo con Sel non lo faccio neanche morto».
Il no a possibili aperture a sinistra sono condivise anche da Udc e Popolari per l’Italia.
«Il Pd — scrivono — può cambiare il presidente del Consiglio, ma non la natura del Governo. Non si può passare da un governo di intese con la sinistra ad un governo di sinistra».
Da Scelta civica, Centro democratico e socialisti di Nencini, invece, c’è un sostanziale via libera all’operazione.
I timori su alleanze di Renzi con la sinistra però dovrebbero morire sul nascere.
Per il semplice motivo che da Vendola in giù arriva un secco no alla nascita del nuovo governo. «Per Alfano “non esiste al mondo che Ncd sia alleato di Sel”. Posso dire che per una volta nella vita sono d’accordo con lui», twitta il leader di Sinistra e libertà .
In tutta la vicenda Vendola vede «una tipica manovra di palazzo» e dice che «un dialogo col Pd sul governo è possibile solo se questo rompe qualunque compromissione con gli ambienti di destra, berlusconiani o diversamente berlusconiani».
Ma anche in Sel le acque interne sono agitate. Perchè una fetta del partito è tentata di andare a vedere le carte di Renzi.
Anche se ieri il capogruppo alla Camera Gennaro Migliore, uno degli “aperturisti” insieme a Claudio Fava, si è affrettato a dichiarare: «Un governo con Alfano non ci interessa. La questione è che bisogna anche misurarsi con le proposte concrete in campo. Mi pare che l’idea di poter cambiare il governo possa essere realizzata in maniera diversa ».
Ma che il mal di pancia esista lo ammette lo stesso Migliore che parla di «dibattito interno vivace». E lo dimostra l’ammonimento dello stesso Vendola al Pd: «Nessuno pensi di giocare in casa d’altri e reclutare qualche malpancista. Ci sarebbero conseguenze anche molto gravi sulle alleanze».
Silvio Buzzanca
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