E L’ANZIANO COMUNISTA DISSE: QUESTA RIFORMA LA VOGLIO DA DECENNI
BANDIERE, RAGAZZI CON T.SHIRT PER IL SI’, FAMIGLIOLE, GIOVANI E VECCHI: IL POPOLO DEL PD IERI IN PIAZZA
Una piazza elegante, si direbbe, e con la partecipazione straordinaria del vintage: un paio di copie dell’Unità spuntano dalle tasche delle giacche e un gruppo musicale di Terni, tutte donne, intona canti socialisti e chiude con una Bella Ciao lenta e suggestiva, un ben scandito «oh partigiano» che fa subito pensare male – oh velenosi! – a proposito di partigiani veri e finti.
Ma poi non è soltanto una posa, niente è più sorprendente della realtà specialmente se incarnata da un uomo con berretto alla Lenin e baffi alla Stalin.
Si chiama Fausto Malinverno, ha 84 anni è di Milano e si consiglia a Matteo Renzi di contattarlo perchè è uno sbalorditivo spot vivente.
Il racconto di Malinverno, seduto su una delle poche panchine di piazza del Popolo: «Mi sono iscritto al Pci nel 1946, avevo quattordici anni. Come tutti i ragazzi della mia età ero felice per la fine del fascismo e l’inizio della democrazia, e il simbolo di questa rinascita era la Costituzione. Quanto l’ho amata! Ma è da sciocchi pensare che una cosa bella sia bella per sempre. A un certo punto può rivelarsi inadeguata, bisognosa di aggiustamenti e così è la Costituzione. Soltanto uno che ragiona male può considerarla intoccabile. Ma penso che ci sia di più: è il cadreghìn che ghè piass a quelli del No, altro che la democrazia, è la poltrona, è lo stipendio. Via, tutti a casa. E pensare che li ho anche votati. Il Bersani due volte, il Cuperlo una, il Renzi mai ma adesso voto sì e alla prossima voto anche il Renzi. La cosa che mi piace di più della riforma? La fine del bicameralismo, ‘sto ping pong, non se ne può più. E io me li ricordo i discorsi nel partito: era ancora un giovanotto e già si parlava di bicameralismo da aggiustare, poi s’è mai fatto niente. Stavolta è quella buona».
Malinverno non è l’unico.
Sentite quest’altra signora, Edy Simonini, settantuno anni, segretaria del circolo San Marco Pontino di Livorno. Lei nemmeno lo chiama circolo, lo chiama ancora sezione, «mi piace di più».
È una che si emoziona se pensa alla bandiera che conserva la città , una bandiera del congresso del ’21, quello della prima di una strepitosa serie di scissioni a sinistra, «ed è una bandiera che hanno tenuto in mano Gramsci e Togliatti».
Comunque, Edy si lancia in un discorso di fiamma, basta coi cinque stelle, basta coi senatori eletti, quelli previsti dalla riforma saranno di meno e con stipendio già pagato, basta col bicameralismo paritario e così via.
E al circolo la minoranza lei non ce l’ha? «La minoranza? Sono io la minoranza! Alle ultime primarie ho votato per Cuperlo. E guadate che non sono qui per Renzi, sono qui per la riforma. La aspetto da sempre, la voglio, a tutti i costi».
Bè, non vorremmo però avervi dato l’impressione di una piazza infocata.
Per niente, tutti perfettini, con le loro belle bandiere distribuite all’ingresso, i ragazzi con le t-shirt #bastaunsì, le spillette, i gruppetti, le famigliole, i giovani e i vecchi in un dosaggio da barman, nessuna iniziativa estemporanea.
È l’organizzazione, per cui stavolta la piazza era persino pienotta, e pronta e esibire una competenza insolita.
Del resto vengono tutti o quasi dai circoli, come Simone Giglioli, 37 anni, segretario a San Miniato in provincia di Pisa, molto nemico del bicameralismo paritario ma anche del titolo V, quello riformato nel 2001 e che conferì alla Regioni poteri così mal esercitati.
«Ma questa riforma è una ovvia opera di manutenzione della carta, non è uno stravolgimento», dice Giglioli.
Però qualcosa doveva pur sfuggire a un simile rigore e non si dice tanto di Tamara, 24 anni, giordana, a Roma per studiare design, che alla domanda sul referendum risponde: «Referendum? Non so nulla».
Eppure è lì con la sua bandiera. «Mah, me l’hanno data». E che sta qui a fare? «C’è la musica, c’è il sole, gente allegra, perchè no?». In fondo ci sta.
Piuttosto diciamo di un delizioso terzetto di ragazzi fra i 20 e i 23 anni che viene da Castelfranco Veneto, Treviso.
Riccardo Pellizzon è il più saggio, dice che la riforma è un passo in avanti, «perfettibile, nel senso che non sappiamo quanto funzionerà , e se non funzionerà abbastanza bene la aggiusteremo».
Alessandro Marcìa è il più silenzioso. Matteo Benetton il più stravagante: «Io per esempio ridurrei i deputati, ne bastano dieci». Dieci? «Dieci». Dopo un po’ torna: «Forse ho esagerato, diciamo cento». Ok, vada per cento.
Mattia Feltri
(da “La Stampa”)
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