ECCO LA ROAD MAP DI SILVIO: “SI PUO’ VOTARE ANCHE IN PRIMAVERAâ€
DECISO IL DISTACCO DAL GOVERNO, MA VUOLE LA CRISI A NOVEMBRE
«Per me questo governo è già morto. Me ne sento lontano sentimentalmente. Ma non è detto sia giunto il momento di farlo cadere».
Sul tavolo dello studio di Villa San Martino adesso è adagiata una road map molto personale, della quale Silvio Berlusconi parla in queste ore con i pochi collaboratori e dirigenti ai quali si è «concede» al telefono dal ritiro di Arcore.
Ed è una strategia che mette in conto il distacco della spina all’esecutivo Letta, ma con molta probabilità non subito, non a cascata dopo il voto finale che in giunta e poi al Senato sancirà la decadenza del senatore condannato.
Così, nel calendario di cui si discute nello stato maggiore berlusconiano, le elezioni potrebbero sì essere l’obiettivo, ma non imminente, scivolando magari fino alla primavera 2014, a ridosso delle Europee.
I figli, Marina in testa, e poi Fedele Confalonieri, non gli chiedono altro in queste ore in cui tutto sembra nuovamente precipitare.
Non fosse altro che per non compromettere le sorti di un’azienda che veleggia in acque amiche a dispetto della crisi.
Ancora ieri, un nuovo balzo dei titoli Mediaset in Piazza Affari, che hanno chiuso con un rialzo del 3,73 per cento, anche grazie al report favorevole di Nomura.
Argomenti che in genere stanno molto a cuore al padrone di casa, tenuti in considerazione anche quando si tratta di adottare importanti scelte politiche.
Ieri l’ordine di scuderia, eseguito dall’intero partito – dai ministri alla Lupi e Quagliariello ai capigruppo Schifani e Brunetta, passando per senatori alla Minzolini e europarlamentari alla Ronzulli – è stato quello di far risuonare di nuovo i tamburi di guerra.
Se mercoledì il Pd darà il primo sì alla decadenza (bocciando la relazione Pdl), allora si assumerà la responsabilità della crisi.
Crisi dunque, dandola quasi per scontata, immediata, consequenziale.
È vero che l’ex premier sta valutando coi suoi consiglieri della comunicazione se non sarà il caso di presentarsi già quel mercoledì sera in tv a Porta a Porta da Vespa.
Per una sorta di «discorso alla nazione» più diretto e efficace rispetto all’algido video. In queste ore prosegue l’inabissamento.
Ieri Giorgia Meloni e Guido Crosetto hanno sperato fino a sera che Berlusconi facesse anche solo una telefonata alla loro festa di Atreju a Roma.
Attesa vana.
Il leader tace. E attende segnali che non arrivano, nè dal Quirinale nè dal Pd.
È vero che chi gli ha parlato, gli sente ripetere che se tutto precipita convoca d’urgenza per giovedì i gruppi parlamentari di Camera e Senato per ufficializzare la «dichiarazione di guerra».
Ma è altrettanto vero che Berlusconi nei colloqui privati esclude il voto in autunno. Non solo perchè il Colle farebbe di tutto per evitarlo, ma anche perchè mancherebbero con molta probabilità i tempi tecnici per sfruttare ormai quella finestra elettorale.
E allora, meglio partire da mercoledì prossimo una campagna di logoramento, preludio di quella elettorale vera e proprio, da aprire da lì a poco.
I ministri Pdl dunque sarebbero invitati a restare al loro posto, ancora per qualche settimana.
«Del resto, i pretesti per provocare una crisi di questo governo superano di gran lunga i motivi per tenerlo in vita» la butta lì ormai con distacco l’inquilino di Arcore. Anche perchè, coi tempi che corrono, provocare un terremoto politico-economico sulla scia del voto sulla decadenza di Berlusconi Silvio, rischia di essere assai impopolare. A scoraggiarlo, raccontano, anche un ultimo recapitato in Villa che registrerebbe un clamoroso 70 per cento di italiani per nulla interessato, di più, stufo dello scontro politico che da settimane ruota attorno alla faccenda personale del capo.
Il piano ideato dal Cavaliere porterebbe allora a trascinare l’esecutivo fino alle secche di questo inverno. In periodo cioè in cui sarebbe impossibile andare al voto, a quel punto mollare sì gli ormeggi, a fine anno, ritirare i ministri e lasciare il Partito democratico da solo, a sobbarcarsi la responsabilità di portare avanti per due o tre mesi un governo di scopo.
Salvo attaccarlo quotidianamente, indebolire l’avversario, fosse pure Renzi, costretto a difendere Letta e il suo governo.
Nel Pdl i falchi continuano a volare minacciosi e non manca chi, come Augusto Minzolini tra gli altri, vorrebbe fin da subito, fin da mercoledì prossimo insomma una «reazione adeguata», senza nemmeno attendere il voto finale del Senato sulla decadenza previsto per il 10-12 ottobre.
Come pure c’è chi, al pari di Daniela Santanchè, ritiene la «ferita ormai non più rimarginabile » e la partito col Pd chiusa.
Ieri per l’intero giorno sono sembrati tutti falchi, dentro quel partito
Il Cavaliere li ha aizzati, ma intanto lavora a una strategia più complessa.
Con un solo punto fermo. Decadenza certo, interdizione ovvio, incandidabilità ormai scontata, ma «io mantengo il controllo di Forza Italia, pure da casa» va ripetendo come per esorcizzare uno spettro.
Continuerà lui a dare le carte, a decidere destini politici, a fare le liste, dunque.
A meno che domani non ci ripensi, non cambi posizione.
«Alza il prezzo e fa bene, per mettere in guardia quelli del Pd, ma è un estremo tentativo per convincerli che si fa sul serio» ragiona un ministro annoverato tra le colombe.
Come in una bussola impazzita, ognuno tiene la sua rotta, nessuno conosce quella giusta.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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