FINI: “PROBABILE VOTO A MARZO, LA FINE LEGISLATURA NON SARA’ TRAUMATICA”
“IL PROSSIMO GOVERNO SARA’ POLITICO, MA DOVRA’ ESSERE GUIDATO DA MONTI”
La legislatura si concluderà con un mese d’anticipo rispetto alla scadenza naturale, non di più, e le ultime settimane dovrebbero scorrere senza particolari intoppi.
Ne è convinto Gianfranco Fini, presidente della Camera, ospite della videochat de La Stampa.
«Ieri in aula i discorsi erano già tutti con un tono comiziale – ammette Fini – probabilmente si voterà a marzo. La fine della legislatura non sarà traumatica e forse nemmeno accelerata. Il presidente della Repubblica ha chiesto ai gruppi di maggioranza e ai presidenti delle Camere di garantire lo svolgimento ordinato delle fasi che ci porteranno alla fine della legislatura». Anche il leader di Futuro e Libertà rivela che non si aspettava «la decisione del Pdl di mettere il governo Monti con le spalle al muro, dichiarandone esaurita la sua fase»,. spiegando però che «le motivazioni di Cicchitto e Alfano – e cioè che la loro decisione è frutto di un fallimento della politica economica dell’esecutivo- non mi convincono. Credo che ci siano motivazioni diverse e cioè che dietro ci sia il ritorno di Berlusconi».
Il discorso cade quindi sull’ex alleato: «Lui intende le sue creature politiche come un possesso personale e non riesce ad accettare che nel partito ci siano posizioni diverse».
Fini svela quindi quello che definisce «il suo più grande errore politico: non aver compreso che l’ingresso di An nel Pdl avrebbe fatto venir meno in Berlusconi la necessità di trovare un compromesso. Secondo lui, la sua opinione era quella di tutti, soprattutto in tema di giustizia. Prima, invece, quando eravamo due partiti diversi, sapeva che doveva confrontarsi con me e quindi cercavamo il compromesso».
Il progetto politico
Ma il Pdl ormai fa parte del passato. Ora Fini è al lavoro con Casini e Montezemolo per costruire una Lista per l’Italia, ma gli ostacoli non sono pochi e il progetto ancora non ha visto la luce.
«Ho invitato i miei amici ad accelerare – dice Fini – e dobbiamo coinvolgere i cittadini. Sia per quanto riguarda i programmi, sia per la scelta dei candidati». Dopo l’esperienza dei tecnici, per Fini il prossimo governo dovrà essere politico, ma «per l’interesse nazionale è utile che alla sua guida ci sia ancora Monti, che gode di grande credibilità internazionale».
Per superare la frammentazione del Centro, Fini invita a «mettere da parte i personalismi e ripartire dai programmi».
Tra i punti economici, sicuramente ci sono quelli dell’agenda Monti «nella parte del contenimento della spesa e del controllo delle finanze», ma Fini ci tiene a precisare che nel suo programma c’è anche «tutta una parte di come rilanciare l’Italia».
Il coinvolgimento dei cittadini
Il presidente della Camera vorrebbe che le questioni programmatiche («l’integrazione europea, un federalismo diverso, il welfare») fossero decise attraverso dei referendum.
E anche la scelta dei candidati «dovrebbe vedere il coinvolgimento dei cittadini».
Una sorta di primarie, quindi, anche se Fini sa benissimo che «il paragone con quelle del centrosinistra sarà tutto a nostro danno, ma perchè non provarci?».
Applausi, quindi, a Bersani e ai suoi sfidanti («è stato un bel confronto»), mentre non si può dire lo stesso delle parlamentarie del Movimento Cinque Stelle: «Non mi hanno convinto e mi pare che non abbiano convinto nemmeno i suoi militanti. C’è chi dice che ci sia stata troppa trasparenza, dopo che Grillo aveva fatto della trasparenza una bandiera».
Sul fenomeno Grillo e sul successo dell’antipolitica, infine, una battuta: «Gli italiani devono capire che non si può buttare il termometro, ma bisogna curare la febbre».
La cittadinanza agli stranieri
Per quanto riguarda i provvedimenti da adottare nella prossima legislatura, Fini è tornato a parlare di una sua vecchia proposta: dare la cittadinanza agli italiani di seconda generazione: «Bisogna cambiare la legge per garantire a chi nasce in Italia, o ci arriva piccolissimo, di diventare cittadino prima dei 18 anni, magari già dopo le scuole elementari. Non sono per uno ius solis automatico, ma per uno ius solis temperato. Però chi tifa le nostre squadre o si emoziona davanti al tricolore, è giusto che diventi italiano”.
Marco Bresolin
(da “La Stampa“)
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