GHISLERI: “IL VOTO A 16 ANNI IN ITALIA NON CAMBIEREBBE GLI EQUILIBRI, A BENEFICIARNE FDI, PD E M5S”
“I SOCIAL AVREBBERO INFLUENZA”
In Gran Bretagna si potrà votare a partire dai 16 anni. È un azzardo?
«Non lo vedo come un azzardo, perché in Scozia c’è già questa possibilità. E poi è comunque una cosa che Starmer aveva promesso in campagna elettorale».
In Italia si potrebbe?
«Bisognerebbe modificare l’articolo 48 della Costituzione. Ci vorrebbe una sperimentazione di impatto per valutarne la situazione e poi fare educazione civica. Reintrodurre il tema nelle scuole secondarie. Dovrebbe cambiare il sistema scolastico con un’istruzione apposita per prepararli. In Italia verrebbero coinvolti circa 1,6 milioni di giovani tra i 16 e i 18 anni, più o meno come in Gran Bretagna dove sono circa 1,5 milioni».
Quali le forze politiche che verrebbero avvantaggiate?
«Secondo tutti i sondaggi, dal 2019 ad oggi, sarebbero quelle che hanno già una buona tendenza: Fdi, Cinque Stelle, Pd, Lega,
Avs e poi i partiti più centristi».
Che ruolo avrebbero i social?
«Molto importante. Bisognerebbe riuscire a capire gli usi e i consumi dell’informazione di questi i ragazzi. I social e il web la fanno da padroni in questa età. Soprattutto l’influenza che potrebbe avere un loro beniamino, un cantante o un influencer. Devono avere una certa maturità, una certa consapevolezza per poter dimostrare di possedere le capacità cognitive e morali sufficienti per compiere una scelta che sia consapevole».
Sono preparati questi ragazzi?
«Sono preparati per accedere agli studi e per accedere al mondo del lavoro. È evidente che noi votiamo per avere un certo tipo di servizi, sulle tasse, sulla sanità. Siamo strutturati da una esperienza di vita che però ci facciamo sul campo. Loro, attraverso il potenziamento dell’educazione civica, con l’introduzione di moduli su partecipazione e istituzioni pubbliche, potrebbero imparare non proprio sul campo ma sui libri. Si dice che i giovani sono influenzabili, ma lo sono anche gli adulti. Non hanno esperienza di vita, ma non è un requisito legale per votare. Bisogna però renderli consapevoli».
Sarebbe dunque una cosa giusta?
«Con la giusta preparazione, sì. Permettere di votare sarebbe una modalità nuova e più contemporanea per fare un investimento sul futuro e sulla responsabilizzazione nei confronti di questa generazione».
E anche sull’ascolto?
«Il tema vero è questo. La politica parla sempre di loro e meno
con loro. Dargli il voto li metterebbe al centro dell’attenzione, perché avrebbero dei loro beniamini. Perché se affrontassero il voto, affronterebbero anche le candidature».
(da La Stampa)
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