HARD BREXIT? FACILE A DIRSI. ORA LA MAY DOVRA’ ESPUGNARE IL FORTINO DI BELFAST
GLI ALLEATI IRLANDESI DEL DUP VOGLIONO UNA VERSIONE “MORBIDA” DEL NEGOZIATO
Persa la maggioranza assoluta di seggi alla Camera dei Comuni, Theresa May governerà con l’appoggio del Dup.
Il Partito unionista democratico è la principale forza nordirlandese fedele a Londra, tradizionalmente schierata su posizioni conservatrici. Con i suoi 10 seggi, i Tories saliranno a quota 328, garantendosi la possibilità di guidare un governo di maggioranza, seppur estremamente risicato.
La soluzione alternativa, quella di un governo di minoranza, non sarebbe stata impossibile: il sistema politico britannico ha in sè gli anticorpi per digerire una soluzione del genere. Ma le sfide che si aprono sulla strada del governo conservatore hanno sconsigliato una strada che sarebbe stata assai impervia.
Ma l’indebolimento della pattuglia parlamentare della May consegna nei fatti il futuro governo alla golden share del Dup.
Questo non preoccupa in linea generale sui problemi e sui provvedimenti di ordinaria amministrazione. La lista degli obiettivi degli unionisti è lunga, ma riguarda essenzialmente questioni legate al Nord Irlanda.
Che sono riassumibili in una copertura politica delle istanze unioniste e cordoni della borsa più lenti in direzione Belfast, soprattutto per quanto concerne le politiche sociali ed economiche. Oltre al contrasto deciso delle posizioni dello Sinn Fein, il movimento indipendentista, avversario storico del Dup, sostenuto più volte in passato dal laburista Jeremy Corbyn.
Il fatto è che la strana alleanza complica maledettamente il percorso verso una hard Brexit. In quello, cioè, che è stato il motivo sostanziale per il quale la premier ha convocato le elezioni anticipate, sperando in un mandato forte da parte degli elettori.
Niente di tutto ciò è successo. E il salvataggio in corner della vita politica della May comporterà necessariamente un cambio di rotta nelle trattative con Bruxelles.
Nel Nord Irlanda il Remain ha vinto con percentuali superiori al 55%.
Un aspetto che il Dup, pur essendosi schierato per il Leave, non può non considerare. Arlene Foster, leader degli unionisti, è stata chiara: “Nessuno vuole vedere un percorso duro per la Brexit. Quello che vogliamo vedere è un piano ragionevole nel lasciare l’Unione europea. Abbiamo bisogno di farlo in modo che vengano rispettate le specifiche caratteristiche dell’Irlanda del Nord, e, naturalmente, la nostra storia comune e la contiguità territoriale con la Repubblica d’Irlanda”.
Il Dup è contrario alla proposta dello Sinn Fein di uno status speciale del Nord Irlanda una volta concluse le trattative per la Brexit. Ma d’altra parte si oppone fermamente ad una separazione netta con “l’europea” Irlanda, con la quale intesse un fitto interscambio a livello economico e di servizi.
Un approccio più morbido ai negoziati che potrebbe mettere in difficoltà la May con l’ala più oltranzista del suo partito.
Il Centre for European Reform sostiene che un accordo tra i conservatori e il Dup “sarebbe intrinsecamente instabile. I conservatori sarebbero acutamente vulnerabili alle defezioni e ribellioni di quei parlamentari conservatori determinati a portare avanti […] una netta cesura con l’Unione. Con ogni probabilità , il governo non sarebbe in grado di concordare una posizione negoziale, per non parlare di tenerle fede”.
Più ottimista Jeffrey Donaldson, tra i massimi dirigenti del Dup: “Abbiamo molto in comune […] vogliamo sia la Brexit, sia vedere l’Unione rafforzata. Penso che ci sia molto terreno comune”.
Un quadro complicatosi alquanto. Che a Bruxelles è stato accolto da un lato con timore per la rinnovata incertezza del quadro politico britannico.
Dall’altro con speranza che la centralità del Dup possa ammorbidire le posizione dei britannici. Donald Tusk sembra dare voce al primo sentimento: “Non sappiamo quando inizieranno i colloqui con Londra. Sappiamo però quando devono finire. Fate del vostro meglio affinchè non si arrivi a “nessun accordo” a causa del fatto che non si è svolta nessuna trattativa”.
Michel Barnier, capo negoziatore della Commissione, per il momento ha dato voce al partito delle colombe: “I negoziati inizieranno quando il Regno Unito sarà pronto. La posizione dell’Ue è chiara. Mettiamoci al lavoro insieme per trovare un accordo”.
C’è chi parla di “disastro annunciato” a causa di un partner negoziale debole e instabile, e chi vede un’occasione per sfruttare l’indecisione di Londra.
Ma il primo risultato del voto britannico, a neanche 24 ore dalla definizione dei risultati definitivi, sembra ormai acquisito: la blitzkrieg di primavera della May per una hard Brexit è stata respinta con perdite dall’esercito laburista. E verrà ulteriormente ridimensionata dalle ridotte dei fortini piazzati intorno a Belfast.
(da “Huffingtonpost”)
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