I “COMPAGNI†FERITI: «MAI PIÙ A VOTARE»
VIAGGIO NEI QUARTIERI “ROSSI” DI SAVONA DOVE È STATO ANNULLATO IL VOTO: “BASTA CON I MANEGGI, CI HANNO RUBATO LE PRIMARIE”
L’atmosfera è rimasta quella di un tempo: i gotti di vino sui tavoli, il mazzo di carte, il cappello appoggiato sulla tovaglia quadrettata.
«A cambiare è il colore dei nostri capelli. E anche il Pd».
Ridono amaro gli anziani delle Società di mutuo soccorso nei quartieri “rossi” della città Medaglia d’oro per la Resistenza, Savona .
Proprio i due seggi, quelli di Villapiana e Lavagnola, dove il Collegio dei Garanti ha annullato il voto delle primarie di domenica scorsa.
Una ferita dove batte ancora il cuore del vecchio Pci. Non importa se il Partito ha cambiato nome: nelle Sms sono rimasti tutti“compagni”e le feste sono quelle dell’Unità .
Ma ieri la rabbia è esplosa alla notizia del colpo di spugna sugli oltre 500 voti, raccolti nei seggi dei due quartieri popolari, dove, fra l’altro, lo scarto di Cofferati sulla Paita era notevole.
«Ci hanno preso in giro — borbotta qualcuno. — Ma a me, alle Primarie, non mi ci vedono più».
E, tra chi non riesce a chiudere con determinazione, torna in auge la proposta: «Primarie solo tra chi è iscritto al Partito da almeno un anno. Erano uno strumento democratico, ce l’hanno rovinato».
Rabbia, amarezza e persino mortificazione fra chi era nei seggi.
«Abbiamo lavorato tanto— dice Carina Savio, vicepresidente della Sms“ Mille Papaveri Rossi” — e visto che fine abbiamo fatto! Hanno annullato il voto mio, quello dei compagni di Lavagnola, quello di chi lavora da anni perchè ci crede. Io ho sempre votato alle primarie con entusiasmo, ma non so se mi fiderò ancora. Ci dovrò pensare per bene e non è detto che mi rivedano».
Sono due quartieri feriti quelli di Villapiana e Lavagnola il giorno dopo la comunicazione dei Garanti: quartieri dove, negli anni Sessanta, sono andati a vivere prima gli emigrati meridionali e poi quelli piemontesi, bene accolti dai Savonesi che lavoravano nelle allora ferventi fabbriche cittadine.
Zone operaie che mantengono intatta l’ideale del Partito con la “p”maiuscola, l’unico a cui si possa pensare, il Pci.
E digerire quelli che sono più che semplici sospetti, oggi, è dura.
«Sa perchè non sono andato alle primarie?— dice Claudio Tagliavini, al tavolo della Sms Generale di Villapiana. — Perchè me l’aspettavo che finisse così. Sapevo che, con un certo candidato, il Partito avrebbe spostato il proprio asse verso destra. Qui abbiamo visto gruppi interi di ecuadoriani, di indiani: ma cosa gli importa a una badante straniera di dire la sua su uno o sull’altro? ».
Mario Laveri si inalbera. «Io sono sempre stato di sinistra, ma questa volta taglio con tutto. Non ne voglio più sapere, una vergogna troppo grande”.
L’onta del voto annullato ha ferito anche i soci di una Sms emblematica, la XXIV Aprile. «Quando si vota per il direttivo della nostra Società — dice Giancarlo Arena — sono interpellati solo i soci: è giusto, mica posso dire la mia su una realtà che non mi riguarda. Allora perchè alle Primarie facciamo votare tutti? Se avessimo scelto così, il problema l’avremmo stroncato dal nascere».
Le parole chiave che risuonano sono le stesse: amarezza, sconforto. Tra i tanti seduti ai tavoli, anche una “testa” ancora castana: un giovane, Fabrizio Ferro, con la figlia in braccio.
«Non discuto le scelte dei Garanti — dice.— Chiedo, però, chiarezza al Partito, ai dirigenti. Siamo stati messi tutti alla berlina: chi ha votato credendoci, chi lavora da anni, da giorni, chi distribuisce i manifesti e prepara i seggi. Auspico una cosa su tutte: chi ha delle responsabilità nella dirigenza regionale se le assuma e agisca come tutti si aspettano, con le dimissioni».
Difficile per Fabrizio mantenere la calma. «Il Partito — dice — è più mio, che lavoro da anni, che della Paita. È più di quei compagni che attaccano i volantini nei portoni che della candidata vincitrice. Per questo vorremmo che il Pd andasse nella direzione che rivendichiamo noi, non quella di chi porta avanti maneggi che hanno rovinato un sistema da tutti invidiato».
«Ho 83 anni—dice Maria Mignone— e sono comunista da 70. Voglio sapere dov’è andata a finire la mia preferenza di domenica scorsa. Ho sempre votato alle primarie, quando era vivo veniva anche mio marito, sempre. Ma la prossima volta ci penserò due volte. Anzi, tre».
Alessandro di Matteo
(da “il Secolo XIX“)
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