IL 35% CHE HA VOTATO NO ALLA CITTADINANZA ABBREVIATA, LE ACCUSE AL M5S, CHE HA LASCIATO LIBERTÀ DI COSCIENZA
I NO SUL QUESITO SONO STATI UN 15-20% SUPERIORI RISPETTO AGLI ALTRI 4…. NON STUPISCE, VISTO CHE IL RAZZISMO NON E’ SOLO A DESTRA… NELLE GRANDI CITTA’ NON C’E’ STATA QUESTA DIFFERENZA, SEGNALE POSITIVO
Tre elettori su dieci vanno a votare per referendum promossi e sostenuti dal maggiore sindacato di sinistra, e dai partiti più a sinistra della coalizione di sinistra, e dunque in teoria elettori (tranne in parte i Cinque stelle) e finisce che uno su tre vota no? Uno su tre?
Sulla cittadinanza, infatti, la percentuale dei no è più alta di quella sui quesiti sul lavoro: una distanza che si amplia dall’89% di sì per il reintegro dei lavoratori licenziati ingiustamente, e scende al 65,5% dì sì al dimezzamento dei tempi per concedere la cittadinanza agli stranieri
Con una mappa, guardando i dati sul quinto quesito città per città, molto poco uniforme.
La distinzione più netta si coglie esaminando i risultati di Roma, Milano, Napoli e Torino.
Le quattro città oltre il milione di abitanti si sono espresse per il sì tra il 70 e il 76 per cento. Nella Capitale, i favorevoli alla cittadinanza più veloce sono stati il 72,6%, a Milano il 74%, a Napoli il 76,8% e a Torino il 70%. Oltre la media nazionale anche Bologna (77,6%), Firenze (74,6%) e Genova (68,1%).
Ma le differenze si misurano anche all’interno dei centri urbani. Nel cuore del capoluogo piemontese, in particolare, il sì alla cittadinanza breve è alto (90%) e collima con il sì ai quesiti sul lavoro.
Stessa tendenza, ma meno pronunciata, si osserva a Milano. Nell’area C del capoluogo lombardo dice sì a dimezzare i tempi per chiedere la cittadinanza l’80,4% dei residenti.
Insomma, la fotografia guardando dentro le città maggiori — come rileva Lorenzo Pregliasco di Youtrend — è sempre quella di un centro cosmopolita che è più progressista sui diritti civili e più liberale su temi economici, e una periferia più sensibile ai temi economici e più conservatrice su quelli sociali.
E guardando all’intero Paese? Nel Nord a trazione leghista il no ha percentuali alte in provincia di Pavia (40,55%) e di Padova (36,6%). Ma è addirittura vincente in provincia di Bolzano (52,1%). Anche in un feudo di FdI, come la provincia de L’Aquila, il no alla cittadinanza breve è oltre il 38%. Al Sud, oltre il 38% dei no lo raccolgono il Ragusano e il Tarantino. Una mappa dell’Italia divisa, dunque: quella delle città e quella
più profonda e interna.
Riccardo Magi di + Europa, dalla presidenza del comitato promotore, ha pochi dubbi: «Un pezzo del M5S è mancato. Conte ha lasciato libertà di coscienza. Ricordiamoci che è stato proprio il governo Conte I che ha raddoppiato i tempi delle procedure. E poi questo è l’unico quesito su cui il governo ha parlato contro e noi non abbiamo avuto spazio per spiegare quale sarebbe stato l’effetto del referendum. Ma almeno siamo tornati a parlare di questo tema e abbiamo creato una formidabile rete di associazioni. E ora ripartiamo dal Parlamento dove la proposta dello ius scholae, diventato ius niente, non è mai arrivata».
Il sociologo Ilvo Diamanti fa questa valutazione a caldo: «La questione immigrazione è critica per tutti, non soltanto a destra. È un tema difficile da gestire e da accettare anche tra gli elettori di centrosinistra. E glielo dice uno che sostiene da sempre l’importanza dell’accoglienza».
(da agenzie)
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