IL BLITZ DI MELONI CON RAMA COMMISSARIA I MINISTRI: IRA DI SALVINI E PIANTEDOSI
LA PREMIER ACCENTRA I DOSSIER E CERCA LO SPOT PER LE EUROPEE… SCONFESSATA LA LOGICA DEL PIANO MATTEI (ALTRA BALLA MELONIANA)
La destra di governo si infrange a Tirana. Colpa della premier, che “depista” i suoi vice. Lascia all’oscuro fino all’ultimo Matteo Salvini e Antonio Tajani dell’operazione migranti in Albania. Tratta personalmente l’accordo con Edi Rama. E quando lo firma, il governo implode.
La Farnesina chiede una bozza, inascoltata. Il segretario della Lega è furioso. Il Viminale, commissariato, sbanda. Ma non basta. Con un colpo di penna su una bozza rimasta fantasma fino a sera, Palazzo Chigi sconfessa pure la filosofia del Piano Mattei. E lancia una sfida agli alleati, destinata a trascinarsi fino alle Europee
Antefatto: vendetta di Meloni
C’è un antefatto, utile a spiegare questa storia. Risale ai giorni caldissimi degli sbarchi a Lampedusa. È estate, fa caldo. La situazione è fuori controllo. Matteo Salvini dà mandato ai suoi colonnelli di criticare Meloni per la gestione dell’immigrazione. La premier reagisce con durezza. Avoca a sé il dossier, vara una cabina di regia a Palazzo Chigi affidandola ad Alfredo Mantovano, organizza una missione con Ursula von der Leyen a Lampedusa. E, soprattutto, medita vendetta contro chi l’ha colpita nel momento di massima difficoltà. Durante la missione in barca in Albania inizia a ragionare con Edi Rama di migranti. Non informa nessuno, nel governo, ad eccezione dei due sottosegretari alla Presidenza. Il senso della sua strategia si può sintetizzare così: “Volete scaricare su di me un eventuale fallimento? E allora sarò io a gestire la partita, da sola”.
La rabbia di Salvini
Quando la premier firma l’accordo, tutti capiscono di trovarsi di fronte a un blitz. E infatti Matteo Salvini tace per quasi 24 ore, furente. Ostentatamente distante, secondo quanto riferiscono i suoi. Dal suo quartier generale, trapelano sconcerto e rabbia. In Transatlantico, il suo vice Andrea Crippa dà voce al risentimento: è un buon accordo, premette, ma non basta. E non può bastare, aggiunge, perché serve una soluzione strutturale. Quale? Il “modello Salvini”. Lo dice in chiaro il sottosegretario leghista all’Interno Nicola Molteni. È vicinissimo al leader. Parla pochissimo. E manda un segnale chiaro: “Quella di Salvini al Viminale è stata una stagione straordinaria, con una normalizzazione degli sbarchi, partenze e morti in mare azzerati”. Nel frattempo, riappare anche il leader del Carroccio. Poche righe sui social per dire: “Bene il governo. È un passo concreto e significativo. L’Italia non è il campo profughi d’Europa: Tirana l’ha capito e merita un sincero ringraziamento, Bruxelles ancora no”. È il cuore del problema: a suo avviso, la premier non riesce a scalfire la corazza continentale. E lui indica il problema, ridimensionando implicitamente ‘l’operazione Tirana’.
Piantedosi commissariato
Per non parlare di Matteo Piantedosi. Anche lui non sa nulla, fino all’ultimo. E infatti tace, a lungo. Finché nel pomeriggio di ieri, davanti al Comitato parlamentare Schengen, mette in chiaro, gelido: “Quelle previste dal protocollo siglato con l’Albania non sono Cpr, ma strutture come quella di Pozzallo-Modica” dove si trattengono i migranti per il tempo necessario all’identificazione e a processare le domande di asilo. Non dice altro, non loda l’accordo. E si espone soltanto per chiarire alcune imprecisioni delle ore precedenti, alimentate da Fratelli d’Italia.
La bozza misteriosa
Fino a sera, tutti inseguono la bozza del memorandum. Esiste? Gli uffici legislativi della Farnesina e del Viminale – trapela per l’intera giornata – inseguono l’ultima versione. A Bruxelles si attivano i canali diplomatici per comprendere cosa ha davvero in mente Roma. Qualcuno inizia addirittura a sostenere che la stesura non è ancora completata. A caldo, l’unico a commentare l’accordo è Antonio Tajani, ma è inevitabile: guida gli Esteri, Palazzo Chigi glielo chiede. Ma anche in Forza Italia lo sconcerto per l’esclusione supera i livello di guardia. A sera, iniziano a circolare indiscrezioni sul contenuto del testo, diffuse però dai media albanesi: a quel punto, il governo decide di rendere pubblico il memorandum. Soltanto che da Tirana si pubblicano anche gli allegati con le cifre, mentre gli italiani evitano di farlo.
Caccia ai voti per le Europee
Prima ancora di comprendere a pieno i dettagli giurisdizionali dell’accordo, la contropartita per Tirana, i costi del piano, inizia a farsi spazio una certezza: Meloni intende aprire i primi centri in Albania entro l’aprile del 2024. Al massimo entro maggio. Non è una tempistica scelta a caso: la presidente del Consiglio immagina di recarsi di persona a Tirana, in primavera, per tenere a battesimo queste strutture di prima accoglienza. Ma soprattutto, per mostrare al Paese di essere stata capace di costruire una soluzione concreta per contrastare l’emergenza e ridurre la pressione migratoria. Vuole farlo poche settimane prima delle Europee di giugno: in tempo per conquistare voti e consenso, ma comunque prima che i probabili ricorsi rischino di rendere inefficace l’operazione. Si tratta di un’opa ostile contro Salvini, la reazione allo sgarbo estivo sui migranti. Con l’intento di svuotare il Carroccio dall’argomento più forte: quello della linea dura sui migranti.
E il Piano Mattei?
Nel frattempo, scivola alla periferia delle politiche del governo l’annunciato Piano Mattei. Più che cooperazione e investimenti, Palazzo Chigi investe capitale politico e risorse sulla costruzione di centri in Albania. L’impressione è di un approccio emergenziale. L’obiettivo è replicare questo schema anche altrove: per Roma, il target principale è la Tunisia. Sempre che Saied si convinca.
(da La Repubblica)
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