IL GRANDE FREDDO
NELLA MAGGIORANZA ALEGGIA UN SENSO DI SOSPENSIONE
Un rumore di fondo avvolge il Palazzo, coi suoi conciliaboli informali, gli incontri per approfondire, una frenesia quasi da “pre-crisi” di governo. Al curioso sottosegretario del Sud andato a chiedere “che aria tira”, preoccupato per quel che potrà accadere, il ministro Provenzano, veloce di pensiero e di battuta ha risposto laconico: “Fa freddo”. Ed evidentemente non parlava del tempo, perchè dopo una pausa ha aggiunto: “La verità è che c’è un’aria di sospensione, magari il 9 lo svalichiamo però…”.
E c’è un motivo se anche quelli attorno a Zingaretti, con uguale disincanto, sussurrano, senza azzardare previsioni: “Nella prima Repubblica già saremmo stati alle consultazioni al Quirinale”. Perchè c’è il 9 dicembre, ennesimo D-day della politica italiana che vive di attese, col voto sul Mes, ma c’è anche il giorno dopo, con tutti i nodi ancora non sciolti e quello prima, e quello prima ancora, in cui si terrà il consiglio dei ministri sul Recovery. Pare che Conte proporrà una struttura più snella rispetto all’esercito dei trecento consulenti, ma al di là del numero il problema è capire è se il governo è ancora in grado di esprimere qualcosa in quadro sempre più “sfilacciato”.
Ecco, magari si “svalica”, perchè Mattarella ha fatto capire che non è disposto a tollerare un incidente che equivale, per rilevanza politica, a un voto di sfiducia, perchè è impensabile un pasticcio su un tema che investe la credibilità del paese, dopo mesi di trattative e di assicurazioni date ai partener europei.
Ed è impensabile ipotizzare che, inciampando sul Mes, lo stesso governo e la stessa maggioranza possano gestire il complesso dossier del Recovery, in un clima di sfiducia da parte di quelle cancellerie cui sono state date garanzie.
È per questo che il capo dello Stato ha fatto trapelare la parola “scioglimento”, in caso di incidente, minaccia estrema che storicamente il Quirinale utilizza per ricondurre a ragionevolezza un quadro impazzito, anche facendo leva sull’istinto di autoconservazione dei parlamentari.
E un primo effetto l’ha sortito a leggere le parole di Beppe Grillo, che sostanzialmente rassicura sul no all’utilizzo della linea di credito sulla sanità per favorire un sì sulla riforma del trattato: “Il problema — spiegano ai piani alti del Pd — è come scrivi questo accrocco, perchè noi un no al Mes sanitario messo nero su bianco non lo reggiamo, e non si capisce se un rinvio basta a tenere la fronda dei Cinque Stelle”.
Cinque giorni in una votazione del genere sono un’eternità , anche per capire come col gioco d’Aula si può supplire alla politica, perchè “se escono alcuni dei cinque stelle e alcuni di Forza Italia si riesce a salvare capre e cavoli”.
Però il problema resta. I famosi tavoli per discutere di programma diventati la fiera del nulla, le richieste del Pd sulla riforma elettorale lasciate cadere, la cabina di regia gestita in modo personalistico, il tema del rimpasto sprezzantemente derubricato a “vecchia politica”.
Più Conte si “arrocca”, più aumenta il malcontento: “Non ha capito — proseguono le stesse fonti — che non è una roba di poltrone ma di indirizzo politico”.
E se l’incidente, anzi l’Incidente, non è frutto di una trama perchè nessuno lo programma, può accadere che sia proprio figlio dell’incapacità di governare la complessità perchè se crei la palude ci sta che prima o poi spunta un coccodrillo.
È quel che pensano anche dentro i Cinque Stelle, dove parte del malessere sul Mes catalizza un’analoga voglia di rimpasto. E chi non lo vuole, come Stefano Buffagni è preoccupato perchè “è come se tutti aspettassero che accada qualcosa”.
Ecco, magari si “svalica”, perchè non si è mai vista una crisi in piena sessione di bilancio e in pieno picco dei morti, figuriamoci le elezioni anticipate, però quando il picco calerà , come è già evidente, molti si sentiranno liberi da questa sorta di vincolo esterno. Soprattutto chi non ha niente perdere.
Non a caso Goffredo Bettini va ripetendo ai suoi compagni di partito “occhio che stavolta Renzi va sul serio”, invitando a non sottovalutare ciò che il leader di Italia non ha detto pressochè a tutti. E cioè che “Conte o cambia squadra o cambia mestiere perchè se continua così stavolta si fa male”. E ci sta che, in quel momento, non sarà nemmeno additato come l’uomo nero che ha rotto il giocattolo. Perchè il giocattolo si sta rompendo da solo.
(da “Huffingtonpost”)
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