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IL RETROSCENA DEL CASO ALMASRI, COME SI SPIEGANO LE MOSSE DEL GOVERNO

NELLO SCAVO SU “AVVENIRE” RIVELA GLI INTRECCI CRIMINALI TRA MILIZIE LIBICHE, GOVERNO E TRAFFICANTI: “ALMASRI E’ UN INTERLOCUTORE DEL GOVERNO ITALIANO”… EVITARGLI IL PROCESSO ALL’AJA VUOL DIRE IMPEDIRE CHE PARLI DEGLI ACCORDI CON IL GOVERNO ITALIANO

Il 19 febbraio 2022 i membri di un gruppo armato guidato da Mohammed Bahroun – detto al-Far, “il topo” – sbarrano la strada costiera che scorre tra le dune verso la Tunisia, nel tratto tra Tripoli e Zawiyah. Cumuli di terra e macerie impediscono l’accesso a pedoni e veicoli. I miliziani protestano per l’arresto di un loro affiliato: Rabee Halila, trattenuto dalla Special Deterrence Force (Rada) e dalla polizia giudiziaria guidate da Jeem Osama Elmasry Habish, il futuro generale “Almasri”. Poco dopo Almasri ordina la scarcerazione di Halila.
La chiusura della via di comunicazione costiera sarebbe stato un grosso problema. La strada è attraversata giornalmente da decine di autocisterne cariche di carburante dirette in Tunisia. Tripoli e Tunisi non hanno siglato accordi di import-export nel settore degli idrocarburi, ma alla luce del sole la merce attraversa ugualmente la dogana. A controllare l’uscita dei veicoli verso il confine tunisino è un’altra milizia. Secondo gli investigatori Onu il clan è guidato dal rampante Emad Trabelsi, uno che aveva cominciato da piccolo trasportatore, poi messosi a taglieggiare furgoncini di passaggio, infine ha allargato il business imponendo il pizzo alle autocisterne: fino a 10mila dollari per carico da 40mila litri. Già nel 2018 il dipartimento di Stato Usa (presidenza Trump) nel rapporto annuale sulle violazioni dei diritti umani nel mondo confermava la ricostruzione del gruppo di esperti Onu sulla Libia. Emad Trabelsi in breve tempo diventerà vicecapo dei servizi segreti libici e oggi ministro degli Interni a Tripoli. Anche per gli Usa Trabelsi è stato «beneficiario di fondi ottenuti illegalmente».
Emad Trabelsi, ministro dell’interno di Tripoli è accusato di guidare una milizia di doganieri – undefined
Bahroun e Trabelsi sono nomi che torneranno ancora. Se il secondo diventerà la faccia della “sicurezza” interna, il primo dopo essere stato in ombra per qualche tempo (anche per questo lo chiamano “il topo”) salta fuori quando davanti all’accademia navale militare di Tripoli il 2 settembre dello scorso anno un colpo di mortaio uccide il direttore. Crivellato dalle schegge che sfondano la sua auto blindata, muore sul colpo il maggiore Abdurahman al-Milad, il famigerato comandante Bija che con Bahroun aveva costruito una carriera parallela. Bija nel 2017 era stato invitato segretamente in Italia per affrontare alcune scottanti questioni sulla gestione dei flussi migratori. Con la sua potente gang comandava il porto di Zawyah (da dove salpano petrolio di contrabbando, stupefacenti dai narcos sudamericani, armi, esseri umani). Bahroun si assicurava che la via fosse sempre libera per gli affari di quelli di Zawyah e per la facile circolazione delle autocisterne dirette in Tunisia. Sempre a Zawyah ci sono i principali centri di detenzione statale per migranti, quelli nei quali l’Onu ha documentato «orrori indicibili». Il direttore delle prigioni, Osama al-Khuni Ibrahim, dopo essere stato identificato da “Avvenire” è stato sottoposto a sanzioni internazionali dal Consiglio di sicurezza Onu; e con lui suo cugino Bija. Entrambi risulteranno poi indagati per crimini contro i diritti umani dalla procura di Palermo e dalla Corte penale internazionale.
Il comandante al-Khoja è accusato di traffico di esseri umani. Guida il Dipartimento contro l’immigrazione – undefined
Secondo il consueto canovaccio mafioso, le strade tra Bija e “il topo” a un certo punto si dividono. Barhoun viene accusato di avere ordinato l’uccisione del vecchio amico Abdurhaman. A Tripoli capiscono che sta per saltare la regione di Zawyah, dove si trova la più grande raffineria del Paese, data in concessione all’Italia. Bahroun viene arrestato dalla polizia giudiziaria e dagli uomini della Rada, guidati dal generale Jeem Osama Elmasry Habish, per tutti “Almasri”, che con il suo esercito garantisce protezione al primo ministro Dbeibah. Il rispetto della legge, però, non è la vocazione né l’obiettivo dell’operazione. In ballo ci sono altri e lontani interessi. Pochi giorni dopo l’arresto, Bahroun lascia la cella prima ancora di venire processato. Salirà su un jet privato che lo accompagnerà per un volo di sola andata diretto in Turchia, Paese che sulla Libia ha scommesso buona parte della sua influenza nel Nordafrica. Per Almasri vuol dire che in un solo colpo potrà riempire con i suoi battaglioni il vuoto lasciato da “Bija” e dal “topo”, spadroneggiando lungo tutta la ricca fascia costiera.
Il generale Almasri
La mano pesante sui migranti è affidata anche a un altro capobanda che dopo aver combattuto nella difesa di Tripoli, aggredita dalla soldataglia del generale di Bengasi Haftar, si è conquistato i galloni di fedelissimo del premier Dbeibah. E’ Mohammed al-Khoja, accusato da varie organizzazioni internazionali e dalle agenzie Onu d’essere legato al business del traffico di persone. Ora guida il Dipartimento contro l’immigrazione illegale (Dcim) che gestisce i campi di prigionia statali nei quali anche nell’ultima relazione del segretario generale Onu Antonio Guterres, firmata il 9 dicembre scorso, migranti e profughi «continuano a essere detenuti arbitrariamente in condizioni disumane».
Abdurhaman al-Milad detto “Bija” è stato ucciso nel settembre 2024 – undefined
Il governo del premier Dbeibah ha confermato a capo del Dipartimento contro l’immigrazione illegale (Dcim) il capomilizia filoturco Mohammed al-Khoja, accusato da varie organizzazioni internazionali e dalle agenzie Onu di essere legato al business del traffico di persone. Se il generale “Almasri” fosse stato portato davanti alla Corte penale internazionale, all’Aja si sarebbe finalmente potuto aprire il primo processo sulla Libia, che per regolamento può essere celebrato solo in presenza dell’imputato. Ma, oltre al terremoto internazionale per una simile eventualità, a Tripoli ci sarebbe stato un altro vuoto di potere da riempire in fretta.
E non è detto che Paesi come l’Italia abbiano pronto un nome per il dopo Almasri. Che con Roma sarà in debito per sempre.
(da Avvenire)

This entry was posted on venerdì, Gennaio 24th, 2025 at 20:20 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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