IMU, PASTICCIO INFINITO, SINDACI NEL GUADO
HANNO ALZATO LE ALIQUOTE PER SPREMERE PIÙ RIMBORSI ALLO STATO MA I SOLDI NON ARRIVERANNO E ORA SI APRE IL BUCO
Ormai la figuraccia è fatta, bisogna solo stabilire come gestirla: su questo, o meglio su chi dovrà subirla di più, dentro governo e maggioranza è in atto uno scontro.
Si parla della cosiddetta mini-Imu, vale a dire quella parte del gettito dell’imposta — all’ingrosso il 40 per cento degli aumenti varati dai Comuni sull’aliquota base del 4 per mille — che il governo non ha rimborsato ai sindaci con l’ultimo decreto: senza interventi, insomma, quei soldi dovranno tirarli fuori i cittadini interessati entro il 16 gennaio (lo stesso giorno, peraltro, scade pure la prima rata della nuova Iuc, imposta unica comunale).
La faccenda riguarda circa 2.700 Comuni — comprese tutte le città più grandi — per un esborso medio che dovrebbe oscillare tra i 30 e i 70 euro per un gettito complessivo che dovrebbe oscillare tra i 200 e i 300 milioni: il conto definitivo lo si avrà solo quando tutti i Comuni avranno fissato l’aliquota (la legge consente di farlo entro lunedì prossimo).
Come si sa, per evitare il tracollo di consensi i sindaci minacciano rivolte e gesti clamorosi contro il governo: “Eppure molti si meriterebbero il pubblico ludibrio — spiega Enrico Zanetti, deputato montiano e vicepresidente della Commissione Finanze — visto che hanno deciso gli aumenti solo dopo aver capito che gli sarebbero stati rimborsati dallo Stato e non ne avrebbero pagato il prezzo politico coi cittadini”. Anche dentro il governo e nella maggioranza in Parlamento, comunque, in molti pensano sia meglio accontentare gli enti locali e non lasciare un arma di propaganda così potente a Silvio Berlusconi.
Ma come trovare 200 milioni? Se lo chiedono al Tesoro (Fabrizio Saccomanni è radicalmente contrario a nuovi inghippi sull’Imu).
Al solito, è sulle coperture che si gioca la partita. Troppo poco tempo per trovarle con tagli di spesa corrispondenti o nuove imposte.
Due deputati renziani — Michele Anzaldi e Luigi Bobba — propongono come copertura di varare in fretta e furia una riforma della tassazione sui giochi da inserire nella legge di Stabilità : “C’è un ampio consenso di tutte le forze politiche su un provvedimento che omogeneizzi le aliquote dei giochi e allinei gli aggi delle lotterie. I presidenti delle commissioni Bilancio si sono detti interessati e abbiamo scritto all’Anci”.
Il problema c’è, visto che l’azzardo online è tassato solo allo 0,6 per cento e l’aliquota media del settore non arriva all’11, cioè meno dei titoli di Stato: “Peccato che non si farebbe mai in tempo a generare quel gettito entro il 31 dicembre — spiega ancora Zanetti — Bisognerebbe immaginare aumenti di un livello che finirebbero solo per stroncare il gioco legale”.
Secondo l’esperto di fisco di Scelta Civica l’unica soluzione — “visto che si è voluto cedere al ricatto sull’Imu di Berlusconi non facendola pagare a nessuno” — è aumentare pure l’acconto Iva del 27 dicembre (ora è all’88 per cento).
A compensare tutti questi acconti quelli Ires e Irap già decisi — ci si penserà l’anno prossimo, quando dovrebbero comunque già aumentare temporaneamente alcune accise per compensare la copertura farlocca dell’abolizione della prima rata (il famigerato condono sulle slot ha avuto un gettito ridicolo).
Il Tesoro, però, continua a fare resistenza: sull’Iva non si può fare niente e meglio sarebbe lasciare le cose come stanno. “Proveremo a trovare un po’ di fondi nella legge di Stabilità — dice un ministro — ma non è detto che ci riusciamo”.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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