INDAGINI E IMPUTAZIONI: LEGGI AD HOC PER GLI AMICI
AD PERSONAM: NORDIO E MELONI PREPARANO NORME PER SALVARE I PROPRI FEDELISSIMI
Nel 2006, intervistata dal giornalista Claudio Sabelli Fioretti, la giovane Giorgia Meloni disse: “Le leggi ad personam bisogna contestualizzarle. Sono delle leggi che Berlusconi ha fatto per se stesso. Ma sono leggi perfettamente giuste”. Diciassette anni dopo, il suo governo ha deciso di intraprendere la stessa strada del leader di Forza Italia, scomparso il 12 giugno: andare all’attacco dei giudici e fare leggi sulla giustizia che servono a difendere i propri fedelissimi finiti sotto i colpi delle inchieste giudiziarie. Insomma, adesso, rispetto al berlusconismo, cambia solo il soggetto: non più il presidente del Consiglio, ma i suoi fedelissimi.
È il caso della ministra Daniela Santanchè, finita sotto indagine per bancarotta e falso in bilancio per la malagestione delle sue società. La notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati ha fatto andare su tutte le furie sia la presidente del Consiglio Meloni sia il ministro della Giustizia Carlo Nordio.
Quest’ultimo, venerdì, ha parlato di “sconcerto” e “disagio per l’ennesima comunicazione a mezzo stampa di un atto che dovrebbe rimanere riservato”.
Così il governo si vuole muovere in due direzioni nella riforma Nordio che sta per arrivare in Senato: rendere segreto il contenuto dell’avviso di garanzia (si potrà pubblicare solo un resoconto sommario) e tutti gli atti giudiziari fino alla fine delle indagini.
Pena, multe più alte per i giornalisti che li pubblicano – fino a 150mila euro, è l’ipotesi – e sanzioni disciplinari per i capi delle procure. L’altro fronte è quello delle intercettazioni: l’obiettivo sarà evitare la loro pubblicazione durante le indagini e limitarle per i reati contro la Pubblica amministrazione alzando il tetto dei 5 anni. Una modifica che si rivolgerebbe anche a possibili intercettazioni che potrebbero emergere dall’inchiesta Santanchè. Modifiche da approvare già in Senato. Tutto sull’onda del caso Santanchè.
L’altra questione riguarda il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, per cui è stata disposta l’imputazione coatta dal giudice di Roma nonostante il pm avesse chiesto l’archiviazione per rivelazione di segreto.
“Un’anomalia”, hanno spiegato da Palazzo Chigi. “Non è possibile che il giudice smentisca un pm”, dice Nordio. Per questo l’obiettivo sarà quello di modificare anche l’istituto dell’imputazione coatta, magari abolendolo. E peccato se questo sia in contrasto con il progetto di separazione delle carriere che piace tanto al governo. Per “tutelare” un fedelissimo, val bene una contraddizione.
(da agenzie)
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