INTERVISTA AL PREMIO NOBEL GIORGIO PARISI SULL’ESCLUSIONE (POI RIENTRATA) DEL PROFESSOR ROVELLI DALLA BUCHMESSE DI FRANCOFORTE
“UNA FIGURACCIA INTERNAZIONALE E’ QUASI PEGGIO DEL MACCARTISMO”… “L’INTOLLERANZA DI CUI E’ RIMASTO VITTIMA E’ GROTTESCA E HA RADICI PROFONDE”
Ti invito, poi ti cancello dal programma, scoppia un polverone e allora ti invito di nuovo.
Il pasticcio dell’esclusione rientrata in extremis del professor Carlo Rovelli dalla Buchmesse di Francoforte, per motivi che lo stesso scienziato aveva legato al suo discorso del Primo maggio («siccome ho osato criticare il ministro della Difesa, il mio intervento è stato cancellato», ha scritto sui suoi profili social), per il Premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi rappresenta da un lato «una figuraccia internazionale, dato che una persona che doveva parlare alla Fiera non poteva più farlo perché in precedenza aveva parlato di un argomento non connesso, la guerra in Ucraina».
La prima decisione di cancellare la sua partecipazione alla Buchmesse è però anche «un tipo di censura inappropriato» in un Paese, il nostro, «che non ha conosciuto il maccartismo neanche nel periodo della Guerra fredda, quando le persecuzioni anticomuniste erano limitate agli Stati Uniti. L’episodio di Rovelli sembrava incominciare a muoversi in questa direzione».
Professor Parisi, questa vicenda mette in questione la libertà di espressione e il rapporto tra il potere e gli intellettuali in Italia.
«Non è un bel segnale. Rovelli è stato invitato dalla Fiera per parlare di argomenti contenuti nel suo libro. D’altra parte, non ha commesso reati: il Primo maggio ha solo espresso la sua opinione su temi politici, avendone, come tutti, diritto. Ricordo che, durante la Guerra fredda, gli scrittori che avevano posizioni comuniste ben precise non per questo sono stati esclusi da eventi pubblici. E poi le posizioni di Rovelli sulla guerra sono vecchie di un anno, le conosceva anche chi l’ha invitato a Francoforte. Quando parlava su Facebook andava bene mentre al Primo maggio no?».
È l’argomento sensibile della guerra a provocare queste reazioni?
«Penso ci siano posizioni molto diverse e che ci sia molta intolleranza rispetto alle posizioni altrui. Si fosse trattato di cambiamento climatico o di cuneo fiscale non sarebbe successo».
Ma perché fanno paura posizioni come quelle di Rovelli?
«Nella lettera con cui lo si eliminava dal programma, e che è stata pubblicata dallo stesso Rovelli, c’è una frase che mi ha molto stupito, quando si mette in rapporto la sua presenza dopo i concetti espressi il Primo maggio, con quella, auspicata, di un esponente che rappresenterebbe il nostro Paese al massimo livello istituzionale. Escludendo che si tratti del presidente della Repubblica, potrebbe essere un ministro, ma a questo punto sembra che le due presenze sarebbero incompatibili: come se l’assenza di Rovelli favorisse la partecipazione di questa personalità».
All’origine c’è la politica estera che ci vede, insieme alla Nato e all’Unione europa, armare l’Ucraina contro la Russia?
«C’è una notevole intolleranza verso chi manifesta opinioni critiche sul conflitto in corso, cosa che non si era verificata né per l’invasione dell’Ungheria da parte dell’Unione sovietica né per i fatti di Praga».
Secondo lei incidenti come quello di Rovelli alla Buchmesse segnalano involuzioni di tipo autoritario o derive maccartiste?
«Rispondo citando il caso di un allievo di Enrico Fermi, il fisico italiano Giancarlo Wich: negli Stati Uniti, negli Anni Cinquanta, gli chiesero di giurare che non apparteneva al Partito comunista e lui, che non aveva alcuna simpatia per il comunismo, si rifiutò di fare un giuramento del genere. Questo era il maccartismo: Charlie Chaplin che se ne andava dall’America. Però, l’intolleranza di cui è stato vittima Rovelli è cominciata assai prima di questo governo, che certamente può averla aumentata».
Viviamo in una società meno libera rispetto al passato?
«Che sia diventata meno libera direi di no, ma cominciano a esserci elementi preoccupanti, come le leggi speciali per punire comportamenti che potevano invece rientrare nella previsione di leggi già in vigore. Mi riferisco alle misure contro i rave, per esempio».
In genere fatti di questo tipo fanno rumore ma poi si dimenticano in fretta, sarà così anche stavolta?
«Bisognerà vedere se una situazione analoga si ripeterà… Certe dichiarazioni hanno effetti collaterali che non dovrebbero esserci».
Non rischia di passare una logica per cui se si esprimono opinioni diverse da quelle del governo si viene ostacolati nella propria attività?
«Che ci sia stato un intervento diretto o indiretto del governo, o che qualcuno non abbia voluto dispiacergli, il clima che si è venuto a creare non potrà che generare diffidenza. Fortunatamente la situazione si è risolta, ma sono episodi che non devono succedere».
(da La Stampa)
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